Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 maggio 2019, n. 12506

Tributi - IVA - Importazione merce dai Paesi extra UE - Riscossione - Irregolare procedura di immissione in libera pratica

 

Rilevato che

 

- con sentenza n. 1395/2/2015, depositata il 9 dicembre 2015, la Commissione tributaria regionale della Liguria respingeva l'appello principale proposto dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di D. s.a.s. di S.L. e C., in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché quello incidentale proposto da quest'ultima nei confronti dell'Ufficio avverso la sentenza n. 68/04/2011 della Commissione tributaria provinciale di Genova che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla suddetta società avverso gli atti di irrogazione di sanzioni n. 19144/2008; 20765/2008; 20761/2008; 20764/2008, con i quali l'Agenzia delle dogane, ex art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, aveva richiesto nei confronti di quest'ultima, in solido con il CAD La Spezia s.r.l., quale rappresentante indiretto in dogana e con la F.V. s.p.a., quale gestore del deposito Iva, il pagamento della somma di euro 32.670,18 a titolo di Iva all'importazione, oltre spese di notifica per l'irregolare procedura di immissione in libera pratica di operazioni di importazione di merce dai Paesi extra UE risalenti agli anni 2005-2006, stante l'utilizzo meramente virtuale del deposito fiscale ex art. 50 bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

- la CTR - nel confermare la sentenza di primo grado - in punto di diritto, per quanto di interesse, ha affermato che, in base alla sentenza della Corte di giustizia del 17 luglio 2014 C-272/13, non contrastava con la sesta direttiva un regime sanzionatorio quale quello individuato dal giudice di prime cure per ritardato versamento dell'imposta ex art. 6, comma 9 bis del d.lgs. n. 471/97;

- avverso la sentenza della CTR, l'Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a un motivo cui resiste, con controricorso, la società contribuente;

- La D. s.a.s. di S.L. & C. ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. insistendo per il rigetto del ricorso;

- il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380-bis.l cod. proc. civ., introdotti dall'art. 1 - bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

 

Considerato che

 

- va, preliminarmente, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 3 e n. 6 c.p.c., palesandosi il ricorso dell'Amministrazione finanziaria autosufficiente in quanto sviluppa una sintesi chiara dell'intera vicenda processuale e mette in luce i profili rilevanti ai fini della formulazione del motivo di ricorso, con espressa menzione degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda;

- con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle dogane denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabili, nella specie, le sanzioni determinate nella misura del 3% dell'imposta dovuta, ai sensi dell'art. 6, comma 9 bis del d.lgs. n. 471/1997, in luogo che ai sensi dell'art. 13 cit.)

- il motivo è fondato;

- in materia di depositi fiscali, questa Corte ha affermato il principio secondo il quale «l'Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all'art. 50-bis, comma 4, lett. b), del d.l. n. 331 del 1993, conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all'adempimento, sebbene tardivo, dell'obbligazione tributaria nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile mediante un'autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell'IVA, realizzata dall'importatore per effetto dell'immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può mettere, pertanto, in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13, a tenore della quale detta violazione può essere punita, in relazione allo scarto temporale tra la dichiarazione e l'autofatturazione, con una specifica sanzione per il ritardo - non fissa e che può consistere anche nel computo degli interessi di mora, purché sia rispettato il principio di proporzionalità - la cui adeguata determinazione, implicando un accertamento di fatto, compete al giudice di merito» (cfr., ex multis, Cass. n. 1327 del 2018; n. 12231 del 2017; v. anche Cass. n. 15988 e n. 17814 del 2015); questa Corte ha già chiarito che «la sanzione applicabile all'importatore che si avvale del sistema di sospensione dell'IVA all'importazione senza immettere nel deposito IVA la merce extra UE va individuata alla stregua dell'art. 13 d.lgs. n. 472/1997, a nulla rilevando il contenuto precettivo dell'art. 70 d.P.R. n. 633/1972. Da un lato, infatti deve ritenersi che l'IVA all'importazione costituisca un tributo interno. E' sufficiente sul punto evidenziare che proprio la sentenza Equoland ha ritenuto che la differenza fra IVA all'importazione e IVA interna potesse impedire l'assolvimento della prima, inscrivendosi tale indirizzo nell'ordine di idee, già espresso dalla giurisprudenza comunitaria (Corte Giust., 25 febbraio 1988, C-299/86, Drexl), secondo il quale l'IVA all'importazione, richiesta dallo Stato italiano, ha natura di tributo interno. Indirizzo, quest'ultimo confermato di recente da Cass. n. 19749/2014. Pertanto legittimamente l'Amministrazione ha fatto riferimento, rispetto alla sanzione applicata, all'art. 13 d.lgs. n. 471/1997. Per altro verso, detta disposizione, inserita all'intero della legge organica di settore concernente le sanzioni amministrative in materia tributaria - art. 1 - è applicabile, salvo diversa espressa previsione, ai procedimenti di irrogazione di tutte le sanzioni tributarie non penali - art. 26 comma 3 d.lgs. ult. cit. Va ancora aggiunto che l'art. 70 d.P.R. n. 633/72 rinvia effettivamente alla disciplina sanzionatoria in tema di leggi doganali. Orbene, non rinvenendosi all'intero del testo unico leggi doganali di cui al d.P.R. n. 43/1973 o del Reg. CEE n. 2913/1992 (C.D.C.) una disposizione sanzionatoria speciale per le condotte di omesso o ritardato versamento dell'IVA all'importazione, appare corretta la sussunzione della condotta contestata alla parte contribuente nello stigma del ricordato art. 13, in questa direzione orientando in conclusione tanto il riconoscimento dell'IVA all'importazione quale tributo interno che, per altro verso, la portata generale della sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e la sua applicabilità all'omesso o ritardato versamento di qualunque tributo - Cass. n. 174361 del 2010; 18171 del 2015;

- non può, pertanto, ritenersi di essere in presenza di una violazione meramente formale per la quale l'esclusione della punibilità - Dlgs. n. 472 del 1996, art. 6, comma 5 bis (v. Cass. n. 5897/2013) - è prevista per le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio dell’attività di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo. Ipotesi non ricorrente nel caso di specie. Ad escludere tale possibilità è la stessa Corte europea, laddove afferma che "...un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un'esatta riscossione dell'IVA nonché ad evitare l'evasione di tale imposta"-p.29 sent. Equoland.

- nella specie, la CTR non si è attenuta a tali principi, avendo ritenuto che le sanzioni fossero dovute nella misura del 3% dell'imposta ai sensi dell'art. 6, comma 9 bis del d.lgs. n. 471 del 1997, in luogo di quella ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997;

- resta ancora da evidenziare che, come già ricordato, la sentenza Equoland ha espresso rilevanti principi anche in tema di proporzionalità della sanzione di cui all'art. 13 d.lgs. n. 471/1997 in relazione alla condotta di mancato versamento dell'IVA all'importazione per effetto dell'immissione virtuale dei beni in deposito IVA; questa Corte, nel fare propri detti principi, ha affermato che, in particolare, «in tema d'IVA, la sanzione prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, applicabile all'importatore che si sia avvalso del sistema di sospensione del versamento dell'imposta all'importazione senza immettere materialmente la merce nel deposito fiscale, deve essere disapplicata per contrarietà al diritto comunitario, così come interpretato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13 Equoland, ove ecceda, in ragione della percentuale fissata per la maggiorazione e dell'impossibilità di graduarne la misura alle circostanze concrete, il limite necessario per assicurare l'esatta riscossione ed evitare l'evasione, atteso che, tenuto conto della natura formale della violazione, potrebbero costituire un'adeguata sanzione anche i soli interessi moratori» (Cass., Sez. 6° - 5, n. 17814 del 08/09/2015);

- orbene, anche tali principi dovranno essere applicati dal giudice del rinvio. La CTR, in particolare, dovrà valutare in sede di rinvio la proporzionalità della sanzione applicata in relazione alla contestazione esposta dall'Ufficio, considerando la rilevanza del pagamento effettuato all'atto di estrazione della merce con le forme della autofatturazione disciplinata dal comma 6 dell'art. 50 bis d.l. n. 331/1993 e tenendo conto del tempo intercorso fra l'omesso versamento dell’IVA all'importazione e l'eventuale assolvimento dell'IVA interna - con annotazione nei relativi registri- all'atto dell'estrazione della merce - v. pp.39 e 42 sent. Equoland. Ciò anche al fine di vagliare l'applicazione alla fattispecie delle misure sanzionatone ridotte previste dal medesimo art.13 cit. in caso di ritardo nel versamento e della loro proporzionalità in relazione ai criteri indicati dalla Corte di Giustizia ai punti n. 42144 della sentenza Equoland.

- in conclusione, il ricorso va accolto; con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, per un riesame della vicenda alla luce dei principi sopra richiamati;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.