Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 aprile 2019, n. 10006

Tributi locali - ICI - Accertamento - Riscossione - Atto di identificazione catastale e concessione di diritto di superficie

 

Fatti di causa

 

In data 23 dicembre 2009 il Comune di Preganziol notificava alla S. s.r.l., società sportiva dilettantistica, l'avviso di accertamento ICI n. 1217/09 per l'anno 2004 ed in data 27.10.2010 l'avviso di accertamento ICI n. 1295/10 per l'anno 2005.

Proposto ricorso avverso detti atti impositivi, la CTP di Treviso con sentenza del 14 dicembre 2011 accoglieva i ricorsi ritenendo che le clausole della convenzione stipulata inter partes, denominata "Contratto di concessione per la progettazione definitiva ed esecutiva, realizzazione, arredo e gestione di un impianto natatorio comunale- primo stralcio- e concessione diritto di superficie" secondo cui la società doveva provvedere all'esecuzione dei lavori relativi alla realizzazione dell'opera ed alla gestione di un impianto natatorio, individuano un contratto obbligatorio atipico cosicché non si configura un diritto reale in capo alla società concessionaria.

Proposto appello da parte del Comune di Preganziol all'esito del giudizio in cui la controparte proponeva appello incidentale subordinato, la CTR del Veneto con sentenza in data 20.1.2014 accoglieva l'appello ritenendo che la S. s.r.l. fosse tenuta al pagamento dell'ICI riducendone tuttavia l'importo.

Avverso detta pronuncia la S. s.r.l. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso la controparte la quale proponeva altresì ricorso incidentale articolato in un motivo.

Parte ricorrente depositava altresì memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato "Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 3 d.lgs. n. 504 del 1992, nonché dell'art. 1140 c.c. per avere erroneamente affermato la natura reale del diritto di superficie costituito in favore della ricorrente ed aver conseguentemente ritenuto applicabile il d.lgs. n. 504 del 1992 di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o decisivo per il giudizio" parte ricorrente assumeva che la CTR aveva erroneamente ritenuto che la S. s.r.l. potesse essere qualificata quale possessore dell'area e che conseguentemente fosse tenuta al pagamento dell'imposta. Deduceva che nell'ambito del rapporto concessorio come disciplinato tra le parti assume rilievo decisivo ai fini della qualificazione del diritto, ovvero come avente natura reale o obbligatoria, la destinazione dell'opera costruita al momento della cessazione del rapporto.

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato "Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 1418 c.c. e 1346 c.c. per non aver ravvisato la nullità della clausola contrattuale costitutiva del diritto di superficie per indeterminatezza dell'oggetto e la conseguente illegittimità degli avvisi di accertamento, di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o decisivo per il giudizio" parte ricorrente assumeva l'illegittimità della pronuncia impugnata che aveva rigettato l'eccezione di nullità del contratto. Aggiungeva che dall'esame dell'art. 10 della convenzione stipulata inter partes si ricava la nullità della clausola apparentemente costitutiva del diritto di superficie e la conseguente insussistenza in capo alla società del diritto reale che costituisce il presupposto di fatto su cui si fondano gli avvisi impugnati. Aggiungeva che le parti in data 30.10.2007 avevano stipulato l' "atto di identificazione catastale e concessione di diritto di superficie" ove avevano identificato le aree concesse dovendosi pertanto ritenere che la clausola costitutiva del diritto di superficie doveva ritenersi nulla per indeterminatezza dell'oggetto.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Va rilevato, invero, che, superando la precedente normativa e interpretazione giurisprudenziale secondo cui il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su un area demaniale poteva in astratto dare luogo sia ad un diritto di natura reale, riconducibile alla proprietà superficiaria, sia ad un diritto di natura personale, l'art. 18 della I. n. 388 del 2000, modificando l'art. 3, comma 2, del d.lgs n. 504 del 1992 ha esteso la soggettività passiva dell'imposta ai concessionari di aree demaniali precedentemente non soggetti all'imposta.

Riconosciuta dall'art. 18 in esame la soggettività d'imposta del concessionario, la questione se il diritto in capo al concessionario dipenda da concessione ad effetti reali o ad effetti obbligatori diventa irrilevante, in quanto il diritto in capo al concessionario è sempre tassabile ai fini ICI, proprio perché il concessionario è divenuto soggetto di imposta. Si può, pertanto, affermare che la individuazione legislativa del concessionario quale soggetto d'imposta a norma del predetto art. 18, a datare dalla data di applicabilità della nuova disciplina, rende il concessionario obbligato non solo sostanziale ma anche formale, senza più necessità di accertare se la concessione che gli attribuiva il diritto di costruire immobili sul demanio avesse effetti reali (con la conseguenza della tassabilità degli immobili ai fini ICI in capo al concessionario) o obbligatori (con la diversa conseguenza della intassabilità). Per quanto in particolare dedotto sub specie di vizio motivazionale, deve osservarsi che lo stesso può riguardare solo un accertamento di fatto, onde sotto tale aspetto si appalesa inammissibile; il riferimento poi alla necessità di motivare sulla interpretazione dell'atto di concessione, al fine di verificare la costituzione di un diritto reale o meramente obbligatorio, non è pertinente al caso in esame in quanto tale attività ermeneutica, come sopra osservato, era imposta solo per le annualità anteriori all'applicabilità dell'art. 18 che riconoscendo l'espressa imponibilità, ai fini ICI, del concessionario, esclude la necessità di tale indagine.

Del pari infondato è il secondo motivo.

Ed invero, il requisito della determinatezza o determinabilità dell' oggetto di un preliminare di vendita di immobile non postula la specificazione dei dati catastali, trattandosi di indicazione rilevante ai fini della trascrizione, ma non indispensabile per la sicura identificazione del bene, evincibile anche da altri dati.

Nel caso di specie la convenzione ben evidenzia il terreno dato in concessione rinviando ad un atto successivo, ovvero l'atto di identificazione catastale datato 30.10.2007, solo la precisa individuazione catastale dell'area in questione.

Con l'unico motivo di ricorso rubricato "Violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1992 in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c." parte resistente assumeva l'illegittimità della pronuncia impugnata che aveva rideterminato la base imponibile dell'ICI sottraendo i contributi erogati dal Comune.

La censura è fondata.

La base imponibile dell'immobile de quo va determinata ai sensi dell'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1992, sulla base dei valori risultanti dalla contabilità della società contribuente senza che assuma rilevo la provenienza del denaro utilizzato per sostenere i costi di costruzione.

Pertanto la base imponibile è costituita dal costo di costruzione risultante dalla somma degli oneri direttamente a carico della società e dei contributi erogati dal Comune.

In conclusione il ricorso principale va rigettato, mentre quello incidentale va accolto.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384 c.p.c.. la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell'originario ricorso proposto dalla società contribuente.

In considerazione dell'esito dei giudizi di primo e di secondo grado, le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti.

La regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, disciplinata come da dispositivo, segue la soccombenza.

Ricorrono le condizioni per l'applicazione al ricorrente dell'art. 13 comma 1 quater d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale;

accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso della società contribuente.

Compensa tra le parti le spese relative ai giudizi di merito.

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2300,00.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.