Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 marzo 2019, n. 10805

Imposte indirette - IVA - Omesso versamento - Contenzioso tributario - Sanzioni penali

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 13 giugno 2018 il Tribunale di Venezia, provvedendo sulla richiesta di riesame presentata da L.S. nei confronti dell'ordinanza del 21 maggio 2018 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con cui era stato disposto il sequestro preventivo, in via diretta e per equivalente, fino alla concorrenza della somma di euro 960.894,00, in relazione al reato di cui all'art. 10 ter d.lgs. 74/2000 (contestato alla S., quale legale rappresentante della S. Trasporti S.r.l., per avere omesso di versare l'acconto dell'imposta sul valore aggiunto dovuto da tale società per l'anno 2015, dell'ammontare di euro 960.984,00), ha annullato l'ordinanza impugnata, disponendo la restituzione dei beni sequestrati, ritenendo insussistente il pericolo di dispersione dei beni della debitrice e della indagata, sottolineando che la società aveva sostanzialmente rispettato il piano di pagamento rateale del debito tributario, posticipando solamente di tre mesi il pagamento delle ultime due rate, con la conseguente insussistenza del pericolo di occultamento dei beni della obbligata e della loro sottrazione all'adempimento della obbligazione tributaria.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, che lo ha affidato a due motivi.

2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione e l'errata applicazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 12 bis d.lgs. 74/2000, in quanto dal combinato disposto di tali disposizioni si desumerebbe la non necessarietà della sussistenza del pericolo nel ritardo per poter disporre il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto di reati tributari, che richiederebbe solamente la sussistenza di indizi di reato, ma non anche una prognosi negativa circa la libera disponibilità dei beni, che, proprio perché confiscabili, debbono ritenersi di per sé oggettivamente pericolosi. Il riferimento compiuto dal Tribunale alla mancanza di pericolo nel ritardo risulterebbe, pertanto, improprio e in contrasto con le disposizioni denunciate.

2.2. Con il secondo motivo ha lamentato ulteriore violazione ed errata applicazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 12 bis d.lgs. 74/2000, in riferimento alla affermazione del Tribunale secondo cui il parziale adempimento dell'obbligazione tributaria giustificherebbe la totale caducazione della misura cautelare, in quanto il pagamento parziale della obbligazione tributaria non determina il venir meno della confiscabilità del bene, ma consentirebbe solamente di ridurre l'importo del sequestro, in misura corrispondente alle somme versate all'Erario, in esecuzione dell'accordo concluso tra contribuente e amministrazione finanziaria, rimanendo irrilevante, per il resto, la sola assunzione dell'obbligo di provvedere al pagamento rateale delle somme residue.

3. L'indagata ha resistito alla impugnazione del pubblico ministero, con memoria depositata il 23 novembre 2018, mediante la quale ha ribadito la necessità, nel disporre la confisca facoltativa, di dare conto delle ragioni di possibile modifica, dispersione, deterioramento, utilizzazione o alienazione delle cose da sottoporre al provvedimento ablatorio, nonché del loro diretto collegamento con il profitto del reato, che nel caso di specie doveva essere escluso, in considerazione della rateizzazione del debito tributario e del pagamento da parte della obbligata delle rate concordate, con un ritardo di soli tre mesi nel pagamento di una rata.

 

Considerato in diritto

 

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.

2. Qualora, come nel caso in esame, il sequestro preventivo non abbia carattere impeditivo, ossia non abbia la funzione di evitare l'aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato o l'agevolazione della commissione di altri reati, secondo quanto previsto dall'art. 321, comma 1, cod. proc. pen., ma sia strumentale alla confisca, ai sensi del secondo comma della medesima disposizione, per poter disporre o mantenere tale secondo tipo di sequestro deve solamente essere verificato, una volta accertata la sussistenza di indizi di responsabilità, che i beni da assoggettare al vincolo rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia la valutazione del pericolo nel ritardo (che attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo), sia quella inerente alla pertinenzialità dei beni, in quanto in tale ipotesi la pericolosità della "res" non è suscettibile di valutazioni discrezionali, ma è presunta dalla legge (cfr. Sez. 3, n. 43945 del 25/06/2013, Liccardi, Rv. 257418; Sez. 2, n. 31229 del 26.6.2014, Borda, Rv. 260367; Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263408).

Poiché la confisca, diretta o per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei reati previsti dal d.lgs. 74/2000, dunque anche di quello di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto (di cui all'art. 10 ter d.lgs. 74/2000) contestato alla ricorrente, è prevista come obbligatoria dall'art. 12 bis d.lgs. 74/2000, non rileva, nella valutazione della richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo strumentale a una tale confisca, il permanere del pericolo nel ritardo, dovendo aversi riguardo solamente alla sussistenza degli indizi della commissione del reato e alla confiscabilità dei beni. Ne consegue la contrarietà alle disposizioni denunciate dal pubblico ministero ricorrente della valutazione compiuta dal Tribunale di Venezia, che ha annullato il provvedimento di sequestro impugnato dalla indagata in considerazione del venir meno del pericolo nel ritardo, che, come notato, non rileva nel caso di sequestro preventivo strumentale alla confisca.

L'ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio per nuovo esame della richiesta di riesame presentata dalla indagata, da compiere sulla scorta dei criteri e dei principi di diritto enunciati.

3. Va aggiunto, per quanto riguarda la rilevanza degli eventuali accordi conclusi dalla obbligata con l'amministrazione finanziaria e dei pagamenti parziali eventualmente eseguiti in esecuzione di tali accordi, che la disposizione contenuta al secondo comma secondo dell'art. 12 bis d.lgs. 74/2000, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro, va circoscritta ai soli casi di obblighi assunti in maniera formale, tra i quali rientrano le ipotesi di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale, di transazione fiscale, di attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda (Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266037; Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268383).

Tale disposizione deve, poi, essere intesa nel senso che la confisca - così come il sequestro preventivo ad essa preordinato - può essere adottata anche a fronte dell'impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l'evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266038, nella quale è stato chiarito che funzione del vincolo cautelare è quella di garantire che l'adottata misura ablativa, inefficace con riguardo alla parte coperta dall'impegno, esplichi i propri effetti qualora il versamento "promesso" non si verifichi; conf. Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268384), e va limitata agli importi non ancora corrisposti (Sez. 3, n. 42087 del 12/07/2016, Vitale, Rv. 268081).

4. L'ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Venezia, che dovrà verificare, al fine della valutazione della proporzionalità del sequestro, sia l'esistenza di un valido accordo tra la debitrice e l'amministrazione, sia la misura in cui questo sia eventualmente già stato adempiuto, anche allo scopo di consentire alla indagata di poter beneficiare della speciale causa di non punibilità di cui all'art. 13, comma 1, d.lgs. 74/2000.

 

P.Q.M.

 

Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Venezia, Sezione per il riesame.