Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4420

Tributi - IRAP - Accertamento - Professionisti - Autonoma organizzazione - Presupposti

 

Ritenuto in fatto

 

1. L. S., medico pediatra, impugnava il silenzio rifiuto formatosi sulla istanza di rimborso Irap per l'anno 2008 pari ad € 2.208,58.

2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, in quanto la ricorrente non aveva dimostrato di svolgere attività professionale di medico senza avvalersi di una autonoma struttura organizzativa priva di strumenti idonei ad accrescerne la potenzialità produttiva.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava l'appello proposto dalla contribuente, rilevando che si avvaleva di un lavoratore a tempo indeterminato e parziale, che era proprietaria di un immobile di nove locali e che aveva dichiarato oltre 150.000 euro annui.

4. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la contribuente.

5. Resisteva con controricorso l'Agenzia delle entrate.

 

Considerato in diritto

 

l. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "Violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto si è formato il giudicato esterno sulle pronunce della Commissione tributaria provinciale di Napoli, nn. 38, 41, 39, 32 ed 8, emesse il 15-22 novembre 2010, passate in giudicato, con cui si è accertato che negli anni dal 2000 al 2007 erano insussistenti in capo alla contribuente i requisiti della autonoma organizzazione per l'assoggettamento all'irap.

1.1. Tale motivo è infondato.

Invero, si rileva, anzitutto, che le sentenze invocate emesse il 22-11-2010, depositate per la prima volta nel giudizio di Cassazione in data 3-12-2013, sono passate in giudicato, nella pendenza del giudizio di appello, che risulta depositato il 13-2-2013 e definito con la sentenza della Commissione regionale 263/15/2013, in data 15-6-2013.

Pertanto, questa Corte ritiene che nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d'ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell'ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall'art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l'efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo (Cass.Civ., 22 gennaio 2018, n. 1534).

Pertanto, il giudicato cosiddetto esterno, utilizzabile nel processo tributario per la sua capacità espansiva anche nei casi in cui può incidere su elementi riguardanti più periodi di imposta,può essere dedotto e provato anche per la prima volta in sede di legittimità, purché, però,esso si sia formato dopo la conclusione del giudizio di merito o dopo il deposito del ricorso per cassazione (Cass.Civ., sez. 5, 2017/24531).

Peraltro, si rileva che qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petitum" del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell'autonomia dei periodi d'imposta, in quanto l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d'imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (Cass.Civ., Sez.Un., 13916/2006).

Inoltre, si evidenzia che la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta (ad es. le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l'accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli, sicché questa Corte ha escluso l'efficacia esterna di un giudicato di annullamento dell'avviso di rettifica in materia di IVA ed IRAP in una controversia relativa ad un avviso riferito ai medesimi tributi ma per diversa annualità (Cass.Civ., 20029/2011

; Cass., 9 ottobre 2013, n. 22941 e Cass., 14353/2017, entrambe per l'esclusione del giudicato esterno relativo ad un periodo di imposta Irap riguardante altra annualità).

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 d.lgs. 446/1997, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla autonoma organizzazione, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c.", in quanto la presenza di un solo dipendente, sia pure a tempo indeterminato, non integra il requisito della autonoma organizzazione. Inoltre, la dipendente assunta percepisce la somma di circa € 530,00 al mese, per un totale di € 12.953,00 all'anno, con spese per beni di € 10.851,00, rispetto ai ricavi professionali per € 136.395,00.

2.1. Tale motivo è inammissibile sotto il profilo del vizio della motivazione di cui all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in quanto, essendo stata depositata la sentenza dopo l’11-9-2012 (il 19-6-2013), trova applicazione la nuova disciplina della censura di cui all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. (Cass.Civ., 2014/26654), introdotto dal d.l. 83/2012.

2.2. Il motivo è, invece, fondato quanto alla dedotta violazione dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 2 d.lg.s 446/1997.

Invero, la Commissione non ha tenuto conto della circostanza che la contribuente ha assunto solo una dipendente, part time, come segretaria, con un costo annuo di € 12.953,00 e spese annue per beni per € 10.851,00. Trattasi, come si vede, di elementi decisivi per il giudizio, dovendosi tenere conto della consolidata giurisprudenza di legittimità sul tema.

Invero, questa Corte, a sezioni unite, ha affermato che il presupposto dell’autonoma organizzazione" richiesto dall'art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il "minimo indispensabile" all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive, sicché deve essere esclusa l'autonomia organizzativa di uno studio legale dotato soltanto di un segretario e di beni strumentali minimi (Cass.Civ., Sez. Un., 9451/2016

).

In particolare, il presupposto impositivo per il professionista o per il lavoratore autonomo sussiste quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma responsabile dell'organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b)impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che ecceda la soglia di un collaboratore che esplichi mansioni meramente esecutive.

Inoltre, questa Corte, ponendosi sul solco tracciato dalle sezioni unite, ha affermato che non sussiste il presupposto della autonoma organizzazione per il medico convenzionato che si avvale nell'espletamento della propria attività professionale di una dipendente con funzioni di segretaria (Cass.Civ., 19 aprile 2018, n. 9786; analogamente nel caso in cui il professionista si avvalga di un assistente di sedia, ossia di un infermiere generico assunto part time, che si limita a svolgere mansioni di carattere esecutivo; negli stessi termini nel casoin cui il medico utilizzi beni strumentali anche se di valore superiore ai quindicimila euro v. Cass.Civ., 25 luglio 2013, n. 18108).

Nella fattispecie in esame, è pacifico tra le parti che la contribuente (pediatra) ha assunto solo una dipendente part time, come segretaria, con modeste spese per beni strumentali.

Inoltre, va aggiunto che il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell'attività esercitata, e, dall'altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all'aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell'attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all'implementazione dell'aspetto "organizzativo" (Cass., 18 novembre 2016, n. 23557).

Peraltro, questa Corte ha ritenuto che il presupposto dell'autonoma organizzazione, richiesto dall'art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività, sicché anche una spesa consistente per l'acquisto di un macchinario indispensabile all'esercizio dell'attività medesima non è idonea a rivelare l'esistenza dell'autonoma organizzazione ove il capitale investito non rappresenti un fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore costituito dall'attività intellettuale del professionista, ma sia ad essa asservito in modo da non poterne essere distinto (Cass., 18 novembre 2016, n. 23552).

3. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata ma, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., con l'accoglimento del ricorso originario della contribuente.

4. Le spese dei gradi di merito e quelle del giudizio di legittimità vanno compensate per intero tra le parti, in ragione del sopravvenuto consolidamento della giurisprudenza di legittimità.

 

P.Q.M.

 

In accoglimento del secondo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente.

Compensa interamente tra le parti le spese dei giudizi di merito e di quelle del giudizio di legittimità.