Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 gennaio 2019, n. 872

Tributi - Accertamento sintetico art. 38 DPR n. 600/1973 - Incrementi patrimoniali - Simulazione d'acquisto delle quote societarie - Inopponibilità al Fisco

Fatti di causa

Con sentenza del 19.4.2011 la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia ha respinto l'appello proposto dal contribuente indicato in epigrafe avverso la sentenza n. 145/05/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Udine, che aveva respinto il ricorso proposto da A.M. avverso gli avvisi di accertamento con cui erano state recuperate, a suo carico, per gli anni 2002 e 2003, maggiori imposte IRPEF e comunali all'esito di un accertamento sintetico del reddito ex art. 38 DPR 600/1973.

In particolare, l'avviso di accertamento aveva ricostruito il maggior reddito in capo alla ricorrente conseguente alla spesa per incrementi patrimoniali sostenuta per l'acquisto di quote della società M.S. s.r.l. e di una quota indivisa di un immobile.

Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione A.M., affidato a tre motivi.

Con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ... in relazione all'art. 1415 c.c.>>.

Con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., « violazione e falsa applicazione di norme di diritto ... in relazione all'art. 38 commi 4 e 5 del D.P.R. 29.09.1973 n. 600, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 78/2010».

Con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., « insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza».

L'Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, deducendo l'inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale.

 

Ragioni della decisione

 

1.1. Con il primo motivo di ricorso, in primo luogo, si lamenta che la CTR avrebbe erroneamente applicato l'art. 1415 c.c. laddove era stata ritenuta fondata l'eccezione, sollevata dall'Ufficio, di inopponibilità al Fisco della simulazione dell'acquisto delle quote societarie.

1.2. Questa Corte ha avuto modo di chiarire (cfr. Cass. nn. 12782/2016, 1549/2007) che l'ufficio finanziario ha il potere di accertare la sussistenza dell'eventuale simulazione relativa (inerente al prezzo di vendita di un bene) in grado di pregiudicare il diritto dell'amministrazione alla percezione dell'esatto tributo, senza la necessità di un preventivo giudizio di simulazione, spettando poi al giudice tributario, in caso di contestazione, il potere di controllare incidenter tantum, attraverso l'interpretazione del negozio ritenuto simulato, l'esattezza di tale accertamento, al fine di verificare la legittimità della pretesa tributaria.

1.3. Nella specie la CTR non ha in alcun modo escluso che il contribuente possa opporre al Fisco l'inconsistenza del fatto della presunta capacità di spesa provando che a fronte di un trasferimento di beni non ha pagato alcun prezzo.

1.4. Al contrario, nella sentenza impugnata la CTR ha espressamente condiviso il giudizio della CTP, che aveva «correttamente vagliato la rilevanza degli elementi probatori offerti dalla Contribuente a sostegno del proprio assunto ...(ritenendo)... che la giustificazione in quei termini rappresentata non ...(aveva)... trovato riscontri probatori tali da far ritenere univocamente dimostrata la inesistenza in capo alla Contribuente di quei redditi imponibili necessari per sostenere la spesa relativa agli incrementi patrimoniali, la cui acquisizione trova(va)... invece pacifica attestazione negli atti pubblici di trasferimento individuati dalla Agenzia delle Entrate».

1.4. Il motivo di ricorso risulta quindi infondato poiché la motivazione risulta giuridicamente corretta e conforme ai principi di diritto dianzi illustrati.

2.1. E' infondato anche il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione, da parte della CTR, dell'art. 38 cit. sul presupposto, con riguardo all'acquisto delle quote societarie, che il maggior reddito presunto «non si basa(va) su spesa effettiva» ed era stata «preclusa al contribuente la facoltà di contrapporre, anche sul piano indiziarlo, quegli elementi che comprovavano che nessuna spesa ...(era)... stata effettivamente sostenuta e che pertanto nessun reddito ...(era)... stato conseguito».

2.2. L'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 disciplina, fra l'altro, com'è noto, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 e il dl. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall'altro (quinto comma), contempla le "spese per incrementi patrimoniali", cioè quelle - di solito elevate - sostenute per l'acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente.

2.3. Resta salva, in ogni caso, ai sensi del sesto comma dell'art. 38 cit., la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell'intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).

2.4. Tra le prove contrarie è ammessa, per quanto qui direttamente rileva, anche quella che il versamento degli importi contestati non è avvenuto e che, quindi, non sussiste una reale disponibilità economica, essendo questa meramente apparente, per avere l'atto in questione natura simulata: questa Corte ha già affermato, al riguardo, in fattispecie di spese per acquisto di immobili, che è consentito al contribuente dimostrare che manca una disponibilità patrimoniale in quanto il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita, anziché quella onerosa apparente (Cass. nn. 8665 del 2002 e 5991 del 2006).

2.5. Risultano quindi conformi a diritto le affermazioni della CTR laddove ha ravvisato negli <<incrementi patrimoniali costituiti dall'acquisto di quote della società M.S. S.r.l.» la sussistenza di elementi di fatto certi che, comportando una determinata capacità di spesa, presuppongano anche la disponibilità di un corrispondente reddito globale, restando a carico del contribuente l'onere di dimostrare l'inesistenza di una corrispondente capacità reddituale.

2.6. Il Giudice d'appello ha, altresì, correttamente rilevato come <<nessun univoco significato possono assumere le circostanze che il fratello della A.M., che si vuole riconoscere come unico titolare dell'intero capitale sociale della M.S. S.r.l., avesse pendenze nei confronti del Fisco e che colei che risultava, invece, intestataria sig.ra D.R.C.N., avesse conferito, con procura speciale, alla A.M. il potere di disporne, in suo nome e per suo conto, contraendo anche con sé stessa, posto che mancano gli elementi di fatto idonei e sufficienti a raccordare tra loro le predette circostanze ed a far emergere con assoluta certezza l'esistenza di quel dissimulato obbiettivo, per conseguire il quale la Appellante avrebbe solo fittiziamente interposto la propria persona. Dette circostanze non possono sotto il profilo della rilevanza probatoria dalla scrittura privata o dichiarazione ricognitiva, che si vuole riferire alla D.R.C.N. e nella quale quest'ultima confesserebbe che le quote societarie a lei intestate sono invece di esclusiva proprietà del sig. S.M., e ciò in quanto detta scrittura risulta essere inopponibile, mancando dei requisiti di certezza con riferimento alla sua provenienza ed alla data (...di cui è anche priva...) della sua formazione, nonché con riferimento alla veridicità del suo contenuto. Non può, quindi ed all'evidenza, costituire "prova documentale" e la sua produzione può, piuttosto, venir apprezzata come un tentativo di introdurre surrettiziamente una prova testimoniale nel processo tributario; prova testimoniale la cui acquisizione non è consentita dalle normative cui si informa questo contenzioso e che sì adeguano agli indirizzi introdotti dalla Legge 30.12.1991, n. 413 che, all'art. 30, 1° co., lett. d) ha espressamente stabilito la esclusione della "prova testimoniale e del giuramento" nei procedimenti tributari di primo e di secondo grado.

Anche volendo riconoscere alla dichiarazione attribuita alla D.R.C. il valore di un elemento indiziario, non è dato ravvisare tra questo e le altre circostanze indicate dalla Contribuente, quel nesso che porti univocamente ad escludere che l'acquisizione delle quote della M.S. s.r.l. da parte della sig.ra A.M. sia avvenuto senza quella contropartita finanziaria che le parti hanno invece riconosciuto e quietanzato nell'atto rogato dal notaio».

3.1. Il terzo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta la mancata valutazione, da parte della CTR, degli elementi di prova documentale dalla stessa forniti in prova contraria alla tesi dell'Ufficio circa l'esistenza della suddetta spesa, è inammissibile per difetto di autosufficienza.

3.2. Come noto, infatti, qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l'omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l'onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l'irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (cfr. Cass. n. 19885/2017, 17915/2010, 18506/2006).

3.3. Nel caso in esame, il ricorso non offre alcuna documentazione (attraverso apposita trascrizione) del contenuto dei mezzi istruttori che si assumono erroneamente non valutati dalla CTR né delle allegazioni reperibili nel ricorso di primo grado, al che consegue l'inammissibilità del motivo di ricorso.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza con liquidazione come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell'Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.300,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.