Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 settembre 2017, n. 21565

Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato - Qualificazione del contratto come autonomo o subordinato - "Nomen iuris" attribuito dalle parti rilevante solo in concorso con altri validi elementi differenziali - Incarico professionale - Controllo tecnico-contabile ed amministrativo dell'esecuzione dell'intervento - Non rilevante

 

Fatti di causa

 

1. Con la sentenza n. 3620/2013 la Corte di appello di Bari ha rigettato l'appello principale proposto da Z. L., avverso la pronuncia emessa il 22.11.2010 dal Tribunale di Bari, con cui era stata respinta la domanda, del predetto Z., volta ad ottenere la declaratoria di sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, intercorso con la Ferrotranviaria spa dal mese di novembre 2002 al mese di settembre 2003, la nullità, illegittimità e/o inefficacia del licenziamento intimato dalla società e la condanna di quest'ultima al pagamento della somma di euro 147.627,17 per differenze retributive determinate in applicazione del CCNL per i Dirigenti aziende industriali; la stessa Corte distrettuale ha, invece, in parziale riforma della gravata sentenza, accolto l'appello incidentale e condannato L. Z. al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede per l'omissione dei compiti cui era tenuto, nella sua qualità di direttore dei lavori, ai sensi dell'art. 131 DPR n. 554/1999.

2. Per la cassazione ha proposto ricorso L. Z. affidato a quattro motivi.

3. Ha resistito con controricorso la Ferrotranviaria spa.

4. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo L. Z. denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cc, sui criteri legali di interpretazione del contratto in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e con riferimento agli articoli 1374 cc, 1 comma 4 e 17 legge n. 109/1994 nonché degli artt. 7 commi 4 e 6; artt. 123, 128 e 129 comma 1 del DPR n. 554/99 in merito alla natura subordinata della prestazione dello Z.. In particolare, deduce che non vi era stata, da parte dei giudici di merito, una corretta interpretazione né della lettera di conferimento dell'incarico, né delle disposizioni legislative richiamate (art. 128 DPR n. 554/1999), né dalla documentazione in atti dalle quali, invece, era chiaramente evincibile la natura subordinata del rapporto di lavoro de quo.

2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell'omessa e/o errata motivazione, in violazione dell'art. 111, 6° comma, Cost., su di un punto decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.: e cioè del rigetto del capitolo di prova destinato a dimostrare e ad attribuire natura subordinata all'attività da lui espletata presso la società.

3. Con il terzo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2104 cc, con riferimento alle norme in materia di appalto dei lavori pubblici (artt. 131 e 132 DPR n. 554/1999, art. 6 legge n. 241/1990, art. 7 legge n. 109/1994), ex art. 360 n. 3 c.p.c., in merito alla responsabilità dell'Ing. Z. quale Direttore dei lavori per mancato controllo sulla disponibilità delle aree destinatarie dei lavori. Si obietta, al riguardo, che le norme di legge, poste a fondamento dalla Corte territoriale della responsabilità professionale, non erano assolutamente pertinenti perché, in sostanza, l'indisponibilità delle aree destinatarie dei lavori per la mancanza delle necessarie concessioni ed autorizzazioni era un comportamento non riferibile al Direttore dei lavori ma alla società che era stata la destinataria, unitamente al Responsabile del procedimento, delle accuse mosse dalla Regione Puglia. Si conclude, pertanto, nel ribadire che tutta la parte strettamente giuridico-amministrativa, precedente alla nomina del Direttore dei lavori, non era di competenza di quest'ultimo ma del Responsabile del procedimento.

4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 342, 346 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. (mancata contestazione delle circostanze fondanti la responsabilità dello Z. dedotte in sede di appello incidentale), perché in primo grado erano state sollevate specifiche contestazioni sulla domanda riconvenzionale risarcitoria avanzata dalla società in ordine alla quale, però, vi era stata una omessa pronuncia da parte del Tribunale. Rileva che, in modo succinto ma indubbiamente preciso, nell'atto di appello erano state chiaramente esposte le ragioni per cui la manifestazione di volontà concernente la consegna dei lavori rientrava nei compiti del responsabile del procedimento e non del direttore dei lavori.

5. Il primo motivo non è fondato.

6. L'orientamento di questa Corte, pienamente condiviso dal Collegio, è nel senso che, per la qualificazione del contratto come autonomo o subordinato- ai fini della quale il "nomen iuris" attribuito alle parti può rilevare solo in concorso con altri validi elementi differenziali o in caso di non concludenza degli altri elementi di valutazione- occorre accertare se ricorra o no il requisito tipico della subordinazione, intesa come prestazione dell'attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore e perciò con l'inserimento nell'organizzazione di questo, mentre gli altri caratteri della attività lavorativa, come la continuità, la rispondenza dei suoi contenuti ai fini propri dell'impresa e le modalità di erogazione della retribuzione non assicurano rilievo determinante, essendo compatibili sia con il rapporto di lavoro subordinato, sia con quelli di lavoro parasubordinato (tra le altre cfr. Cass. 9.1.2001 n. 224).

7. Quanto alla valutazione delle risultanze istruttorie, si tratta di un apprezzamento di fatto che, in quanto sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici e giuridici, come tale si sottrae al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 27 luglio 2007 n. 16671).

8. Orbene, nel caso in esame, la Corte di merito ha dapprima sottolineato che i dati contenuti nella lettera del 31.5.2002 erano inequivocabilmente orientati nel senso del conferimento di un incarico professionale avulso da qualsivoglia connotazione di natura dipendente. Ciò poteva desumersi dal nomen iuris dell'oggetto del conferimento (prestazione in regime di collaborazione coordinata e continuativa) reiterata anche nella successiva specificazione dell'incarico, nelle modalità tecniche dello svolgimento dell'incarico, negli aspetti fiscali, nelle modalità relazionali del Direttore dei lavori con il Responsabile del procedimento.

9. La Corte territoriale ha, poi, condiviso, l'assunto del primo giudice circa la mancata articolazione di prove idonee a comprovare che l'esecuzione dei lavori fosse avvenuta in termini e con modalità diverse rispetto a quelli desumibili dalla lettera di conferimento dell'incarico. Ha sottolineato l'incongruità della tesi dell'originaria ricorrente secondo la quale l'atto di ricevere l'incarico della consegna dei lavori avrebbe mutato la primigenia caratterizzazione autonoma della prestazione, assumendo la direzione precipua dei lavori alle dipendenze del Responsabile del procedimento, perché già nella lettera di conferimento era espressamente previsto che l'incarico si sarebbe concluso con il controllo tecnico-contabile ed amministrativo dell'esecuzione dell'intervento nel cui ambito andava necessariamente a collocarsi la fase di consegna dei lavori. Ha ritenuto inconferente il richiamo operato alla disciplina pubblicistica dell'appalto, ai fini di desumere la natura subordinata della prestazione perché sia l'art. 123 che gli artt. 128 e 129 DPR n. 554/99 non definivano necessariamente in termini di subordinazione il rapporto delle stazioni appaltanti con il direttore dei lavori. Ha rimarcato che la domanda risarcitoria avanzata dalla società non era collegata al negligente assolvimento delle mansioni dirigenziali ma al mancato rispetto dei doveri dello Z. di direzione dei lavori. Ha, infine, concluso nel sottolineare la inidoneità della documentazione relativa alla procedura e al rapporto di appalto a comprovare lo svolgimento, da parte dello Z., di una attività subordinata, caratterizzata dall'assoggettamento a vincoli di orario e di presenza e all'esercizio organizzativo della Ferrotranviaria spa.

10. La correttezza dei principi applicati dalla Corte distrettuale e la plausibilità logica del ragionamento adottato rendono infondate le censure dello Z. che si risolvono nella pretesa, inammissibile, che questa Corte, all'esito di valutazione di segno diverso, sostituisca il giudizio di merito e ciò, soprattutto, dopo la modifica dell'art. 360 n. 5 c.p.c. ad opera dell'art. 54 del d.l. 22.6.2012 n. 83 conv. in legge 7.8.2012 n. 134 ove la ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manche del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell'essere stata essa articolata su espressioni ed argomenti tra loro manifestamente ed in ammissibilmente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili.

11. Né sussiste la denunziata violazione di legge, in relazione agli artt. 123, 128 e 129 DPR n. 554/1999, ratione temporis applicabili, da parte dei giudici della Corte distrettuale che hanno ritenuto inconferente il richiamo secondo cui, alla disciplina pubblicistica dell'appalto, deriverebbe la natura subordinata della prestazione resa dallo Z..

12. La figura del Direttore dei lavori, infatti, sia che operi come organo tecnico a sé stante sia che agisca come strumento operativo dell'Ufficio tecnico direzionale o dello stesso committente, pur rappresentando l'amministrazione committente è sempre un organo tecnico che può e deve esplicare tutti gli interventi attivi e dispositivi che realizzino l'interesse dell’amministrazione al che i lavori siano eseguiti a regola d'arte e in conformità al progetto e al contratto.

13. Non è automatico, quindi, il rapporto di subordinazione tra direttore dei lavori e responsabile del procedimento, che rappresenta il committente, ma deve essere sempre verificato in concreto con riguardo all'esercizio autonomo dei poteri autoritativi e all'inserimento funzionale nell'apparato della stazione appaltante: e la Corte di appello di Bari, nella fattispecie in esame, con accertamento insindacabile in questa sede perché congruamente motivato, ha escluso tale tipo rapporto.

14. Ciò, del resto, è conforme con le disposizioni dell'art. 7 della Direttiva 92/57/CEE del 24 giugno 1992 che distingue nettamente le figure dei committenti, del responsabile dei lavori e dei datori di lavoro, anche ai fini delle singole responsabilità nell'esecuzione dei compiti, escludendo, quindi, la sussistenza di una necessaria interdipendenza tra i primi due caratterizzata sempre ed esclusivamente da un vincolo di subordinazione gerarchica qualificante il rapporto lavorativo.

15. Il secondo motivo è parimente infondato.

16. Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunziato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la "ratio deciderteli" venga a trovarsi priva di fondamento (cfr. Cass. 17.5.2007 n. 11457).

17. Nel caso di specie, invece, i giudici di seconde cure, in modo logico e coerente e con argomentazioni immuni dai vizi denunciati, hanno ritenuto corretto disattendere il capitolo di prova articolato perché tendente non alla dimostrazione della dimensione subordinata della prestazione lavorativa, quanto alla scansione dei tempi e dei modi dell'espletamento dell'incarico rivestente una valenza asettica rispetto ai tratti della prestazione subordinata.

18. Il terzo motivo è anche esso infondato.

19. Il problema che è stato posto, e che la Corte territoriale ha risolto in modo positivo, è stato quello di verificare se la indisponibilità delle aree, per la mancanza delle necessarie concessioni ed autorizzazioni, potesse essere ipotizzato quale motivo ostativo della consegna dei lavori da parte del direttore dei lavori e se quest'ultimo, che avesse omesso tale verifica o l'avesse taciuta, fosse o meno responsabile di tale condotta.

20. Questa Corte ritiene corretta l'applicazione, operata dai giudici di secondo grado a fondamento del decisimi, dell'art. 131 del DPR n. 554/99, vigente ratione temporis, e delle altre disposizioni richiamate nella censura, secondo cui, nell'ambito dei compiti del direttore dei lavori di cui alla citata norma, ove si prevede che <il direttore dei lavori è responsabile della corrispondenza del verbale di consegna dei lavori all'effettivo stato dei luoghi>, si fa rientrare la verifica sopra indicata.

21. Invero, la valutazione sulla effettività dello stato dei luoghi richiede necessariamente un controllo giuridico e materiale sulla condizione degli stessi: e in particolare sulla loro attitudine ai fini della cd. "consegna dei lavori".

22. Il profilo teleologico di tale consegna è, infatti, la eseguibilità del progetto: se vi sono cause ostative di qualsivoglia natura, il direttore dei lavori o non deve procedere alla consegna oppure procedere ad una consegna parziale, ovvero deve indicare le difformità indicandone la causa e l'importanza e proponendo i provvedimenti da adottare.

23. Le attività del direttore dei lavori si sviluppano in momenti diversi e successivi, interessando non solo la fase esecutiva dell'opera, ma anche una fase preliminare che si pone a monte fin dall'avvio della procedura di scelta del contraente e che non può non riguardare l'accessibilità delle aree e degli immobili interessati dai lavori secondo le indicazioni risultanti dagli elaborati progettuali, l'assenza di impedimenti sopravvenuti rispetto agli accertamenti effettuati prima dell'approvazione del progetto e la conseguente realizzabilità del progetto per tutto quello che occorre per l'esecuzione del progetto.

24. L'obbligazione giuridica del direttore dei lavori, infatti, è quella di porre in essere un comportamento professionalmente adeguato, espressione della diligenza ordinaria e certamente non può essere considerata tale la condotta di colui che non sospenda la consegna dei lavori, in presenza di difformità tra il progetto e le conclusioni necessarie per la sua esecuzione e determinando così le negative conseguenze di una eventuale sospensione per fatto imputabile all'amministrazione.

25. La prevedibilità, poi, che la mancata disponibilità giuridica renda eccessivamente gravoso ovvero inesigibile l'adempimento delle prestazioni dell'appaltatore e del committente connota il comportamento del direttore dei lavori come inadempiente e non come espressione di una mera alterazione economica del contratto rientrante nell'alea normale del contratto.

26. In conclusione, pertanto, anche in assenza di rilievi da parte del Responsabile del procedimento (che nella relazione al Regolamento DPR n. 554/99 è stata definita la figura centrale del sistema di realizzazione dei lavori pubblici ed è il vero dominus e centro unitario di imputazione delle funzioni di scelta, controllo e vigilanza) e da parte dell'appaltatore (che alcuna riserva abbia formulato, pur avendone l'obbligo, nel verbale di consegna dei lavori), il concorso di colpa dei quali potrà essere certamente tenuto in debito conto allorquando si debba individuare il grado delle relative responsabilità, in sede di verifica della corrispondenza dell'effettivo stato dei luoghi, il Direttore di lavori deve valutare la possibilità che le condizioni delle aree interessate impediscano, sotto ogni profilo, l'avvio e la prosecuzione dei lavori e l'omissione di tale controllo, costituendo inadempimento, è fonte di responsabilità, come correttamente affermato dalla Corte distrettuale.

27. Il quarto motivo è inammissibile non rivestendo il carattere di decisività.

28. La gravata sentenza, infatti, quale ulteriore argomentazione della responsabilità dello Z., aveva evidenziato la mancata confutazione delle circostanze fondanti la sua colpa come prospettate dalla società e la generica contestazione di esse.

29. Trattasi, però, di una diversa e aggiuntiva ratio deciderteli rispetto a quella concernente la rilevata responsabilità per violazione degli obblighi cui era tenuto ex art. 131 DPR n. 554/99 che, ritenuta corretta in questa sede, rende inutile, per carenza di interesse, l'esame del predetto motivo.

30. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere respinto.

31. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.