Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 giugno 2017, n. 15050

Tributi - TARSU - Albergo - Diversificazione tariffaria fra esercizi alberghieri e civili abitazioni - Legittimità

 

Rilevato che

 

- Circa l'impugnazione di cartella TARSU 2009 n. 29620100012073858800 relativa ad esercizio alberghiero in Palermo, A.M.T. s.p.a. ricorre per cassazione con quattro motivi avverso l'accoglimento dell'appello municipale e la conseguente integrale conferma del titolo.

- Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell'art. 2909 cod. civ., per non aver il giudice d'appello tenuto conto del definitivo annullamento della delibera TARSU 2006 da parte del giudice amministrativo.

- Il primo motivo è infondato, essendo pacifico che l'impugnata cartella non abbia quale atto presupposto la delibera annullata (G.M. 165/2006), bensì una successiva (G.M. 120/2008), la quale ultima, a prescindere dal rapporto contenutistico con l'altra, è autonomamente idonea a sorreggere l'atto derivato.

- Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell'art. 13 L.R. Sicilia 7/1992, art. 4 L. 142/1990, art. 49 Statuto Palermo, art. 14 reg. TARSU Palermo, art. 7 d.lgs. 546/1992, per non aver il giudice d'appello rilevato l'illegittimità della delibera tariffaria emanata dalla giunta comunale in luogo del consiglio e per non averla conseguentemente disapplicata.

- Il secondo motivo è infondato, poiché, in materia di TARSU, la determinazione di tariffe diversificate tra esercizi alberghieri e civili abitazioni rientra nella competenza della giunta comunale, trattandosi della mera individuazione di criteri economici applicativi, che non impegnano direttamente l'esercizio della potestà impositiva dell'ente (Cass. 24 aprile 2015, n. 8336, Rv. 635572).

- Il terzo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza, per aver il giudice d'appello reso motivazione apparente sulla legittimità della diversificazione di aliquota tra esercizi alberghieri e civili abitazioni.

- Il terzo motivo è infondato, poiché il giudice d'appello ha motivato con effettività tramite richiamo del principio secondo il quale la delibera comunale che approvi per gli esercizi alberghieri una tariffa TARSU anche notevolmente superiore a quella delle civili abitazioni è legittima a norma dell'art. 68 d.lgs. 507/1993, essendo un dato di comune esperienza che tali esercizi abbiano una maggiore capacità produttiva di rifiuti (Cass. 12 marzo 2007, n. 5722, Rv. 596608; Cass. 3 agosto 2016, n. 16175, Rv. 640649; Cass. 7 dicembre 2016, n. 25214, Rv. 642030).

- La ricorrente solleva eccezione di incostituzionalità dell'art. 68 d.lgs. 507/1993, che, così interpretato, violerebbe i principi costituzionali di uguaglianza, legalità e capacità contributiva.

- L'eccezione di incostituzionalità è manifestamente infondata, poiché la norma di legge, come interpretata, non autorizza l'ente impositore a ignorare l'indice di produttività dei rifiuti, semmai gli consente di esercitare una potestà regolamentare differenziata per categorie e sottocategorie di attività, in base a verificabili dati di comune esperienza.

- Nella memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., la società propone istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per l'interpretazione dell'art. 15 direttiva 2006/12/CE e dell'art. 14 direttiva 2008/98/CE, con riferimento agli artt. 65, 68 e 69 d.lgs. 507/1993.

- I presupposti del rinvio non sussistono, in quanto la norma comunitaria rappresenta acte clair, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia formatasi proprio in tema di esercizi alberghieri; il principio comunitario "chi inquina paga", espresso dall'art. 15 direttiva 2006/12/CE e dall'art. 14 direttiva 2008/98/CE, pone il costo di smaltimento dei rifiuti a carico del produttore o detentore, ma non impedisce al diritto nazionale di differenziare il calcolo della tassa di smaltimento per categorie di utenti, spettando al giudice interno accertare che alle singole categorie non siano imposti "costi manifestamente non commisurati" (Corte giust. 16 luglio 2009, C-254/08, Futura Immobiliare), spettando cioè al giudice interno verificare la concreta osservanza del principio di proporzionalità (Corte giust. 18 dicembre 2014, C-551/13, Setar); il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia presuppone il dubbio interpretativo, essendo il rinvio inutile quando - come nella specie - l'interpretazione della norma comunitaria sia autoevidente o il senso della stessa sia stato già chiarito da precedenti pronunce della Corte di giustizia (Cass., sez. un., 24 maggio 2007, n. 12067, Rv. 597142); non rileva quindi il profilo applicativo "di fatto", che resta affidato al giudice nazionale, laddove - come nella specie - non involga un'interpretazione generale ed astratta (Cass. 24 marzo 2014, n. 6862, Rv. 630701).

- Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 65, 68, 69 d.lgs. 507/1993, art. 7 I. 212/2000, per aver il giudice d'appello dichiarato non necessaria la motivazione della diversificazione tariffaria fra esercizi alberghieri e civili abitazioni.

- Il quarto motivo è inammissibile, poiché non coglie la ratio deciderteli espressa dal giudice d'appello, il quale, lungi dall'escludere a priori la necessità di una motivazione dell'articolazione tariffaria, ha ritenuto specificamente idonea una motivazione basata sul dato di comune esperienza della maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto alle civili abitazioni.

- Il ricorso deve essere respinto; nulla sulle spese del giudizio di legittimità, attesa la mancata costituzione dell'intimato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Dichiara che la ricorrente ha l'obbligo di versare l'ulteriore importo per contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002.