Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 dicembre 2016, n. 26054

Tributi - ICI - Accertamento fiscale - Inagibilità degli immobili - Agevolazioni

 

Svolgimento del processo

 

La controversia concerne l'impugnazione, da parte della società contribuente, degli avvisi d'accertamento e liquidazione per il pagamento dell'ICI per gli anni dal 1999 al 2000; la ricorrente ha evidenziato l'inagibilità degli immobili oggetto d'imposizione, in quanto ancora in corso di costruzione negli anni in contestazione, invocando la riduzione dell'imposta al 50%, ex art. 8 del d.lgs. n. 504/92.

La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, mentre la CTR rigettava l'appello del comune di Roma accogliendo parzialmente l'appello incidentale.

Avverso quest'ultima sentenza, l'ente locale ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione, sulla base di un unico motivo, mentre la contribuente ha resistito con controricorso e ricorso incidentale illustrato da memoria.

 

Motivi della decisione

 

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente di data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con l'unico motivo di ricorso, il comune ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione delle norme in materia tributaria, con particolare riguardo agli artt. 2 e 8 del d.gs. n. 504/92 (v. rubrica), in quanto i giudici d'appello avrebbero ridotto al 50% l'imposta dovuta, trattandosi d'immobile in corso di costruzione, laddove ai fini del presupposto d'imposta ICI (che è l'oggetto della controversia), rileverebbe l'accatastamento del bene e non già il certificato di abitabilità che può essere rilasciato anche successivamente all'accatastamento, come nella fattispecie; infatti, l'accatastamento costituirebbe il momento dell'esistenza dell'immobile ai fini fiscali e, poiché gli immobili oggetto di controversia erano iscritti in catasto dal 1999, senza contestazione avverse, era, pertanto, dovuta tutta l'imposta per come accertata nell'atto impositivo impugnato.

In via preliminare, va disattesa l'eccezione contenuta in controricorso, secondo la quale sarebbe passato in giudicato, per mancata impugnazione, il capo di sentenza d'appello, sull'inesistenza del presupposto d'imposta, in quanto tale questione costituisce l'oggetto del ricorso principale, attraverso il quale l'ente locale contesta anche la riduzione del 50% dell'imposta, in quanto, secondo il comune di Roma, l'immobile non poteva considerarsi inagibile, solo perché il certificato d'abitabilità era stato rilasciato in un periodo successivo al periodo in contestazione.

Il motivo di ricorso principale è fondato.

È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui "In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini dell'assoggettabilità ad imposta di fabbricati di nuova costruzione, il criterio alternativo, previsto dall'art. 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, della data di ultimazione dei lavori ovvero di quella

anteriore di utilizzazione, acquista rilievo solo quando il fabbricato medesimo non sia ancora iscritto al catasto, realizzando tale iscrizione, di per sé, il presupposto principale per assoggettare il bene all'imposta" (Cass. n. 15177/10, 8781/15, ord. n. 5372/09, 24924/08). Nella vicenda, l'immobile risulta pacificamente accatastato dal 1999 e, pertanto, da tale data risulta assoggettabile all'imposta ICI mentre, il certificato di abitabilità non attesta alcuna agibilità dello stesso, ma la sola idoneità-igienico sanitaria del manufatto atta a consentirne l'uso, che non incide, però, sulla sua esistenza (in particolare, ai fini fiscali).

Pertanto, da una parte, l'iscrizione nel catasto edilizio dell'unità immobiliare costituisce di per sé, presupposto sufficiente perché l'unità sia considerata fabbricato e, di conseguenza, assoggettabile all'imposta prevista, laddove per i fabbricati di nuova costruzione i criteri alternativi dell'ultimazione dei lavori o di utilizzazione del fabbricato assumono rilievo solo per l'ipotesi in cui il fabbricato di nuova costruzione non sia ancora iscritto in catasto (Cass. n. 24924/08), mentre, d'altra parte, l'inagibilità (che consente la riduzione d'imposta) è correlata alla temporanea impossibilità di utilizzo dell'immobile, intesa come situazione intrinseca di degrado dello stesso, superabile con interventi di manutenzione straordinaria, e non come qualità giuridica superabile con il rilascio del certificato di abitabilità (secondo Cass. ord. n. 5372/09 "...il rilascio del certificato di abitabilità non costituisce presupposto per l'applicazione dell'imposta, non potendosi desumere il contrario dal tenore dell'art. 8, comma 1, del citato decreto, che si riferisce esclusivamente all'ipotesi di fabbricati dichiarati inagibili e inabitabili a seguito di perizia dell'ufficio tecnico comunale, e di fatto non utilizzati").

Con il primo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente denuncia il vizio di nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 primo comma nn. 3 e 4 c.p.c. e all'art. 62 del d.lgs. n. 546/92, in quanto i giudici d'appello avrebbero completamente omesso di pronunciarsi sul terzo motivo dell'appello incidentale, nel quale si deduceva l'illegittimità dell'accertamento, in quanto i fabbricati di nuova costruzione non erano utilizzabili negli anni 1999 e 2000, per l'assenza delle opere di urbanizzazione, pertanto, la CTR non si doveva limitare a ridurre l'imposta ma doveva annullare integralmente entrambi gli accertamenti, in quanto il tributo non poteva essere applicato a tali manufatti.

Il motivo è infondato, in quanto, da una parte, la CTR avendo attribuito, in favore della società contribuente, la riduzione del 50% dell'imposta, ne ha implicitamente riconosciuto l'assoggettabilità ad ICI, dall'altra, non sussiste l'asserita inutilizzabilità dei fabbricati per gli anni 1999 e 2000, trattandosi di fabbricati per i quali, pur non essendo stato rilasciato il certificato di abitabilità (per finalità igienico-sanitarie), godevano già di una rendita catastale produttiva di reddito e, quindi, suscettibile d'imposizione (l'iscrizione catastale costituisce, di per sé, presupposto d'imposta).

Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'art. 8 del d.lgs. n. 546/92, dell'art. 6 comma 2 del d.lgs. n. 472/97 e dell'art. 10 comma 3 della legge n. 212/2000, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per l'obiettiva condizione d'incertezza circa la portata e l'ambito d'applicazione delle norme tributarie ICI.

Il motivo non merita adesione, in quanto come già statuito dalla CTR, nella vicenda non appare ravvisabile alcuna obiettiva incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle norme tributarie da applicare al caso in esame, di cui agli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 504/92, sulla cui sfera di applicazione, la giurisprudenza non ha registrato significative oscillazioni nel corso degli anni.

Va, conseguentemente accolto il ricorso principale e rigettato l'incidentale, cassata senza rinvio l'impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l'originario ricorso introduttivo.

Sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale e rigetta l'incidentale, cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Spese compensate.