Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 maggio 2016, n. 9051

Licenziamento - False registrazioni dell'orario di lavoro - Immediatezza della contestazione disciplinare - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza n. 1206/2013, pubblicata il 10.4.2013, la Corte d'Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal giudice del lavoro del tribunale locale, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato da T. spa in data 3.5.2007 a C.L. ed ha disposto la condanna del datore a reintegrare il lavoratore ed a risarcirgli il danno.

Confermava per il resto la sentenza impugnata. A fondamento della decisione, la Corte sosteneva che il licenziamento intimato al lavoratore violasse il principio di immediatezza della contestazione disciplinare posto che al C. erano stati contestati fatti (relativi a false registrazioni dell'orario di lavoro) risalenti ad oltre un anno; e di cui T. era venuta a conoscenza a seguito di un controllo a campione effettuato nell'anno 2007 sui dipendenti che, come il C., autocertificavano le prestazioni accessorie con il sistema RPA. Osservava, in particolare, la Corte territoriale che il tipo di infrazione contestata, relativa all'espletamento dell'orario di lavoro, non richiedesse alcuna indagine complessa essendo sufficiente allo scopo incrociare i dati contenuti nel sistema informatico collegato ai tornelli (SAP) con le attestazioni dello stesso lavoratore inserite nel sistema RPA. Aggiungeva che la complessità dell'organizzazione aziendale non potesse avere rilevanza in pregiudizio del diritto di difesa del lavoratore; e che il controllo a campione effettuato dalla società non avesse riguardato il periodo a ridosso dello stesso e limitato nel tempo, ma investisse episodi che si collocavano a distanza, rispetto alla stessa contestazione, da un anno a sei mesi; e che pregiudicavano le esigenze di difensive del lavoratore rispetto ai fatti contestati atteso che essi per loro natura richiedevano un preciso ricordo del dipendente dei propri orari di lavoro e di eventuali spostamenti dalle sedi di lavoro T., del tutto impossibile considerato il lungo tempo trascorso tra i fatti addebitati e la loro contestazione.

Per la cassazione di questa sentenza, ricorre T. spa con un unico motivo.

Resiste C.L. con controricorso contenente ricorso incidentale in relazione all'omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stato richiesto il rigetto della domanda riconvenzionale in accoglimento della quale il primo giudice lo aveva condannato a restituire a T. spa la somma di euro 2557,92 indebitamente percepita a titolo di lavoro straordinario.

T. ha replicato al ricorso incidentale con controricorso; ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con l'unico motivo di ricorso T. Spa solleva violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost. e degli artt. 2104 e 2106 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., avendo la sentenza affermato l'illegittimità del licenziamento per violazione del principio di tempestività della contestazione.

Adduce la ricorrente, a sostegno del motivo di gravame, anzitutto che non avesse alcuna possibilità di conoscere l'abuso che si stava perpetrando ai suoi danni; e dunque era da escludere che abbia ritardato rinvio della contestazione senza motivo. Aggiunge che la Corte, invadendo un campo rientrante nell'esclusiva potestà organizzativa del datore di lavoro, avrebbe sindacato il sistema di controllo a campione adottato da T., pretendendo che avvenisse in tempo reale ed ipotizzando che fosse esso a violare il principio di immediatezza; pur essendo in vigore per tutti i dipendenti indistintamente. La sentenza avrebbe perciò censurato non il ritardo nell'invio della contestazione, ma il sistema in sé che, a proprio avviso, era tale da determinare una compressione dei diritti del lavoratore. Senza considerare che ai fini della tempestività della contestazione ciò che rileva non è la astratta conoscibilità ma la conoscenza effettiva dell'illecito. Ed inoltre che il controllo fosse avvenuto in relazione ad attività immediatamente precedenti; mentre solo in seguito al risconto di una serie di irregolarità, si era esteso a giorni precedenti.

2. - Il motivo è inammissibile; e comunque infondato.

Esso, aldilà dell'astratta articolazione, tende, anzitutto, ad un riesame del fatto la cui valutazione è riservata al giudice del merito, salvo il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale delle argomentazioni svolte; che, tuttavia, non conferisce a questa Corte di legittimità il potere di procedere ad una nuova valutazione sul perché, nei fatti, il principio di immediatezza fosse stato rispettato dal datore ricorrente (Cass. 19159/2006; 6228/2004).

2.2. In secondo luogo, il motivo è infondato perché la sentenza non sottopone a sindacato il sistema di controllo aziendale prescelto dall'impresa nell'esercizio di prerogative discrezionali; ma censura esclusivamente l'ampiezza ed il periodo di riferimento del controllo a campione effettuato dal datore.

2.3. Si tratta di una decisione che rispetta il punto di equo contemperamento tra le contrapposte esigenze delle parti, che la giurisprudenza di questa Corte ha inteso più volte affermare in relazione all'esercizio del potere disciplinare.

2.4. Invero, da una parte va osservato che, pur comportando una indagine non complessa, per concorde ammissione delle parti, l’incrocio dei dati relativi al controllo costituiva un'attività che richiedeva una apposita operazione accertativa, perché d'ordinario non veniva espletata da alcun ufficio.

Il datore aveva inoltre diritto di attendersi l'adempimento della prestazione ed a confidare nel suo regolare espletamento. Andava considerato pure che C. era colui che avrebbe dovuto convalidare, in qualità di coordinatore, i dati relativi alla propria prestazione.

2.5. Pertanto, non poteva esistere una pretesa al controllo della prestazione in tempo reale (che però la sentenza impugnata non ha mai inteso affermare). Mentre il trascorrere di un periodo dì tempo, tra l'esecuzione delle prestazioni ed il momento della loro verifica, rientra nella fisiologia dell'attività di controllo, ancor più all'interno di un organizzazione aziendale complessa. E' per questo che, secondo una risalente acquisizione giurisprudenziale di questa Corte, il principio di immediatezza deve intendersi in senso relativo, dovendosi tenere conto delle caratteristiche dell'infrazione e della necessità di un margine temporale per il suo accertamento (Cass. 1248/2016); onde la tardività della contestazione andrebbe apprezzata in relazione all'avvenuta piena conoscenza dell'infrazione.

2.6. Dall'altra parte, però, tale intervallo di tempo non può pregiudicare l'esigenza del lavoratore di difendersi rispetto agli esiti dell'indagine (e di ricostruire, nel caso di specie, le circostanze relative agli orari di lavoro osservati). Ma neppure essere tale da perpetuare incertezza sulla sorte del rapporto, in relazione all'affidamento del lavoratore rispetto alla eventuale tolleranza datoriale in ordine a comportamenti potenzialmente rilevanti sul piano disciplinare, legittimando la ragionevole presunzione dell'essere venuto meno l'Interesse datoriale di recedere dal rapporto. (Cass. 14155/2006, 12141/2003, 14074/2002).

2.7. Talché, quando il datore scelga di effettuare ex post un controllo a campione, esso non può essere prolungato fino a periodi situati a tale distanza di tempo dall'esecuzione delle prestazioni da compromettere il rispetto di tutte le esigenze prima indicate. Né ai fini della violazione del dovere di immediatezza è necessario accertare che la condotta datoriale tenda pure al raggiungimento di una finalità scorretta o sia frutto di un ritardo doloso, trattandosi di una violazione che rileva sul piano oggettivo.

2.8. L'immediatezza della contestazione si configura infatti per il lavoratore come garanzia difensiva di tipo procedurale. Ma essa, prima ancora, costituisce, per il datore, elemento costitutivo del potere di recesso per giusta causa, la cui mancanza esclude il potere sostanziale di recedere dal rapporto (Cass. 1248/2016, 1693/2013, 15649/2010, 14155/2006, 12141/2003, 14074/2002).

3. La sentenza impugnata rispetta tutti i principi formulati da questa Corte. Avendo sostenuto che l'azienda, nell'esercizio del suo insindacabile potere organizzativo, avesse (nella circostanza) adottato "una modalità" (operativa, del controllo a campione prescelto) incompatibile con le esigenze di certezza dei rapporti giuridici. Intendendo così affermare che nei fatti, quello concretamente effettuato, non rispettasse il principio di immediatezza in quanto non aveva riguardato il periodo a ridosso dello stesso, ma aveva investito episodi che si collocavano a lunga distanza (da un anno a sei mesi) rispetto alla contestazione. La Corte non ha mai inteso affermare che il sistema di controllo a campione fosse ontologicamente lesivo del principio di immediatezza. E dentro questi limiti va perciò intesa l'affermazione secondo cui la modalità di controllo e la stessa complessità dell'organizzazione aziendale non possa avere alcuna rilevanza in pregiudizio del diritto di difesa del lavoratore. D'altra parte è evidente che anche il controllo a campione possa essere effettuato con periodicità ed estensione tali da contemperare le diverse esigenze delle parti che il principio di immediatezza, per come declinato dalla giurisprudenza di questa Corte, mira a tutelare.

4. Il ricorso incidentale solleva violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., assumendo che la sentenza sarebbe incorsa in omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stato richiesto il rigetto della domanda riconvenzionale in accoglimento della quale il primo giudice aveva condannato C. a restituire a T. spa la somma di euro 2557,92, oltre accessori, indebitamente percepita a titolo di lavoro straordinario.

Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile e comunque infondato.

In primo luogo perché il vizio di omessa pronuncia può essere dedotto solo ai sensi dell'art. 360 n. 4 ovvero come nullità della sentenza e non certamente come vizio di motivazione. Infatti (Cass. 11801/2013) "la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione "per relationem" resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame; ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 3 o n. 5, cod. proc. civ., anziché dell'art. 360, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all'art. 112 dello stesso codice, il ricorso è inammissibile".

In secondo luogo il motivo è inammissibile ove ad essere invocato fosse il vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. perché esso avrebbe dovuto essere supportato dall'indicazione del fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale, secondo la nuova formula del codice di rito.

Infine il motivo è infondato perché la sentenza impugnata nel riformare quella di primo grado, quanto alla illegittimità del licenziamento, ha pure confermato "nel resto" la medesima pronuncia di primo grado onde la violazione dell'art. 112 c.p.c. avrebbe dovuto Indicare i motivi di censura della soluzione adottata dalla sentenza di primo grado e condivisa dalla Corte d'appello.

5. - Sulla scorta dei motivi fin qui esposti occorre dunque provvedere al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

L'esito del giudizio e l'alternarsi di quelli di merito consente di disporre la compensazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa le spese processuali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale/ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/incidentale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.