Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE MILANO - Ordinanza 23 novembre 2015

Riscossione delle imposte - Remunerazione del servizio - Aggio percentuale sulle somme iscritte a ruolo - Imposizione in tutto o in parte a carico del debitore - D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 17, comma 1, come sostituito dall'art. 32, comma 1, lett. a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185

 

Premessa

 

 Con ricorso depositato il 31 gennaio 2013, iscritto al n. 883/2013 RGR, la sig.ra N.M., rappresentata e difesa dagli avv. G.Z., avv. G.M. e avv. I.C., giusta procura in atti, impugnava la cartella di pagamento n. 06820120205054190000, notificata in data 4 dicembre 2012, recante l'iscrizione a ruolo a titolo provvisorio di un terzo delle somme accertate, oltre interessi e diritti di notifica, emessa dalla società Equitalia Nord S.p.A., agente della riscossione per la provincia di Milano, per un ammontare complessivo pari a € 551.585,25, nonché di un importo, richiesto a titolo di compensi di riscossione, pari a € 25.654,61, per l'ipotesi di pagamento entro la scadenza dei sessanta giorni dalla notifica della cartella, ovvero a € 49.648,55 per l'ipotesi di pagamento successivo a tale termine.

 Il ricorso riguarda unicamente gli aggi della riscossione determinati sulla somma iscritta nel ruolo recato dalla predetta cartella.

 A sostegno del ricorso, la ricorrente deduceva i seguenti motivi: 

- illegittimità della cartella di pagamento nella parte in cui è richiesto il pagamento di «compensi di riscossione» a titolo di remunerazione del servizio svolto dall'agente della riscossione ai sensi dell'art. 17, decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, così come modificato dall'art. 2, decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, con legge 24 novembre 2006, n. 286, nonché dall'art. 32, decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con legge 28 gennaio 2009, n. 2, nella formulazione in vigore a partire dal 1° gennaio 2009 e con specifico riferimento alla richiesta di pagamento delle somme accertate a mezzo dell'avviso di accertamento emesso per l'anno 2005, ossia in relazione a fatti imponibili relativi ad un periodo d'imposta precedente rispetto all'entrata in vigore della normativa applicata.

 In merito ai compensi dovuti per la riscossione deduceva, dopo una dettagliata esposizione dell'evoluzione della normativa disciplinante la remunerazione del servizio svolto dall'agente della riscossione, l'illegittimità dell'art. 17, decreto legislativo n. 112/1999, come da ultimo modificato, laddove prevede che tale compenso, a carico del contribuente, spetti all'agente della riscossione nel momento stesso in cui il contribuente ha formale conoscenza della pretesa tributaria nei suoi confronti e ciò anche in ipotesi di pagamento dell'importo recato dalla cartella di pagamento entro le scadenze dalla stessa previste, in assenza di una qualsiasi attività dall'esattore svolta.

 Il compenso di riscossione costituisce la «retribuzione» dell'esattore per il servizio prestato nel recupero delle somme iscritte a ruolo. Tuttavia è evidente che, in ipotesi di pagamento spontaneo, la sola notifica della cartella di pagamento non giustifica un aggravio di tale misura (pari al 4,65%) delle somme già dovute.

In questi termini risulta, dunque, chiaro che il regime attualmente in vigore in materia di remunerazione del servizio svolto dall'agente della riscossione ha una indubbia natura afflittiva, comportando il pagamento di somme a titolo di compensi di riscossione a prescindere da una qualsiasi forma di inadempimento del debitore e in assenza, altresì, di qualsivoglia attività svolta dall'agente della riscossione, ulteriore rispetto alla mera notifica della cartella di pagamento. La ricorrente, pertanto, concludeva nel senso dell'irretroattività del regime che regola la remunerazione del servizio svolto dall'agente della riscossione a seguito delle disposizioni introdotte dalle novelle legislative citate, con riferimento ad asserite violazioni commesse prima (anno 2005) dell'entrata in vigore della norma (3 ottobre 2006).

 Deduceva, inoltre, che il compenso non può essere proporzionato al valore da riscuotere, ma deve essere proporzionato al tipo di prestazione resa o da rendere. Rilevava che la norma di riferimento, citata dalla concessionaria della riscossione, non può fissare una percentuale fissa applicabile a ogni importo perché così facendo creerebbe una disparità di trattamento tra i contribuenti soggetti al servizio in quanto, pur effettuando le stesse operazioni, per il servizio reso, il compenso varia in relazione agli importi dovuti. Inoltre, disparità di trattamento si verifica rispetto al regime remunerativo precedentemente in vigore, giacché in caso di pagamento oltre i termini l'aumento della misura dell'aggio dal 7,58% al 9% per lo stesso periodo d'imposta dipende solo dal momento (arbitrario) della notificazione della cartella di pagamento.

 Richiamava precedenti pronunce conformi di questo giudice e della Commissione tributaria provinciale di Treviso, della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, Commissione tributaria regionale di Milano e della Commissione tributaria regionale di Venezia.

 Concludeva affinché, in via principale, fosse riconosciuta l'illegittimità della pretesa indicata nell'avviso di intimazione di pagamento con suo conseguente annullamento. 

In via subordinata, chiedeva che fosse verificata la costituzionalità dell'art. 17, decreto legislativo n. 112/1999, come modificato, da ultimo, dall'art. 32, decreto-legge n. 185/2008, richiamato dall'agente della riscossione, per violazione degli articoli 3, 53 e 97 della Costituzione, trattandosi di questione non manifestamente infondata, per i motivi sopra esposti e rilevante ai fini del presente giudizio, dato che se venisse accolta determinerebbe l'annullamento della cartella di pagamento dedotta in giudizio nella parte in cui sono richiesti i compensi di riscossione. 

Equitalia Nord S.p.A., costituitasi in giudizio con controdeduzioni in data 18 aprile 2014, chiedeva che fosse accertata e dichiarata la correttezza della sua condotta, oltre che del contenuto della cartella opposta.

 Con articolate controdeduzioni contestava tutti i motivi di ricorso, sostenendo la regolarità dell'intimazione di pagamento impugnata. 

Circa la misura del compenso evidenziava che l'aggio è determinato ai sensi dell'art. 17, decreto legislativo n. 112/1999, quale legittima remunerazione per l'ingente attività svolta dal concessionario della riscossione, attività resasi necessaria in conseguenza del comportamento moroso del contribuente. Pertanto, con riferimento ai fatti di causa, l'agente della riscossione ha agito secundum legem. 

Lamentava l'infondatezza della doglianza di controparte circa l'illegittima applicazione del regime remunerativo del concessionario della riscossione introdotto con legge n. 286/2006 a fatti imponibili riferibili a periodi d'imposta precedenti all'entrata in vigore di tale legge (anno 2005 nel caso di specie), di fatto recante modificazioni in peius a carico del contribuente, giacché il debito per l'attività di riscossione di cui è causa sorgeva solo al momento della esecutività del ruolo, ossia in un momento successivo all'entrata in vigore della normativa di riferimento (anno 2012).

 Richiamava copiosa giurisprudenza a supporto delle proprie ragioni.

 Concludeva, pertanto, nel senso del totale rigetto del ricorso.

 Il ricorso è stato discusso nella pubblica udienza del 16 marzo 2015. Dopo la relazione introduttiva svolta dal relatore, le parti costituite sono state ammesse alla discussione. A seguito di puntuale esposizione dei fatti di causa, i rappresentanti delle parti si richiamavano ai motivi dedotti e concludevano, rispettivamente, il ricorrente per l'accoglimento del ricorso, e l'agente della riscossione per il suo rigetto.

 

Motivi della decisione

 

La Commissione, preso atto della richiesta di remissione sollevata dalla ricorrente secondo cui l'art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 112/1999, così come modificato dall'art. 32, comma 1, del decreto-legge n. 185/2008 presenta profili di incostituzionalità essendo in contrasto con la Carta costituzionale relativamente agli articoli 3, 53 e 97 della Costituzione, ritiene l'eccezione sollevata dal ricorrente rilevante e pertinente ai fini della decisione da parte di questa Commissione, alla controversia in esame dovendosi applicare la disciplina prevista dall'art. 17 citato.

La questione, inoltre, appare non manifestamente infondata, dovendosi quindi escludere il rigetto dell'istanza di remissione alla Corte costituzionale della sollevata questione di legittimità costituzionale per l'aperto contrasto con i principi di ragionevolezza, di capacità contributiva e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3, 53 e 97 della Costituzione.

 In proposito, il collegio osserva che la ricorrente ha ritenuto illegittimo il compenso di riscossione richiesto nella cartella di pagamento impugnata a titolo di remunerazione del servizio svolto dalla società Equitalia Nord S.p.A. Detto compenso, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo n. 112/1999 è pari ad una percentuale dell'importo iscritto a ruolo da determinarsi, per ogni biennio, con decreto ministeriale e che attualmente è fissato nella misura del 4,65% dal decreto ministeriale 17 novembre 2006. 

Originariamente il pagamento dell'importo controverso era richiesto al debitore solo in ipotesi di mancato pagamento della somma dovuta entro i termini di scadenza della cartella di pagamento; con le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 262/2006 detto esborso è stato generalizzato, essendo dovuto anche se il contribuente provvede al pagamento nei termini, di modo che, se l'adempimento è tempestivo, il compenso ammonta al 4,65% delle somme iscritte a ruolo, se invece il pagamento avviene oltre i termini, il compenso aumenta in una misura pari al 9%.

 Da ciò deriva che, a parità di servizio offerto, l'importo del compenso relativo differisce a seconda del valore della lite, in contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale, talché la misura della remunerazione non risulta vincolata all'esercizio di specifiche attività da parte dell'agente della riscossione, come sarebbe ragionevole, ma unicamente all'importo delle somme iscritte a ruolo. 

La Commissione, poi, condivide le osservazioni svolte dalla ricorrente circa l'illegittimità dell'applicazione del regime descritto con riferimento a fatti imponibili che risalgano ad un periodo d'imposta precedente rispetto alla data di entrata in vigore della normativa in questione (3 ottobre 2006), introdotta dall'art. 2 del decreto-legge n. 262/2006. Ciò per la ragione che, da un lato, per quanto suesposto si ritiene debba operare nel caso di specie il principio di irretroattività delle novelle che introducano pene più gravi per i contribuenti, dall'altro determinandosi la discriminatoria conseguenza che, a fronte di identici fatti imponibili, all'identico periodo d'imposta riferibili, quanto all'obbligo di corresponsione del compenso nella misura stabilita dal mutato tasso percentuale o di quello precedentemente in vigore, i contribuenti si troverebbero di fatto in balia del mero arbitrio dell'amministrazione finanziaria, in grado di unilateralmente incidere su detta misura in dipendenza del momento della notificazione dell'intimazione di pagamento. 

Sicché i criteri indicati conducono a una inevitabile distorsione dell'intero sistema fiscale anche sotto il profilo dell'art. 53 della Costituzione, tale sistema essendo di fatto lasciato all'arbitrio delle agenzie, con la conseguenza che la previsione dei compensi nella misura minima del 4,65% non collegata ad alcuna capacità contributiva, paventa un danno sia diretto, privando i contribuenti del diritto di dosare la propria contribuzione in base al reddito, scegliendo l'intensità delle proprie prestazioni lavorative, sia indiretto, determinando una conseguente sfiducia nel sistema fiscale e ostacolando il libero esercizio delle arti e dei mestieri. 

Sotto il profilo dell'art. 97 della Costituzione, ossia del buon andamento della P.A., la frattura con il dettato costituzionale si verifica nel momento in cui il compenso risulti dovuto in assenza di una qualsiasi attività dell'agente della riscossione, a detrito tanto del principio amministrativistico dell'imparzialità e della trasparenza delle scelte della P.A., quanto del principio di natura civilistica (e applicabile all'Equitalia Nord S.p.A. quale soggetto privato) della corrispettività delle prestazioni.   In conclusione, la questione di legittimità costituzionale involge, dunque, l'art. 17, comma 1, decreto legislativo n. 112/1999 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione per violazione del principio di eguaglianza del cittadino di fronte alla legge laddove il compenso viene legato al valore della lite anziché alle prestazioni effettivamente svolte; con l'art. 53 per violazione del principio di capacità contributiva essendo prevista quale compenso per l'attività di riscossione una percentuale fissa sulle somme iscritte a ruolo e con l'art. 97 della Costituzione, la normativa difettando di quei criteri di trasparenza e correlazione con l'attività richiesta e congruità con i costi medi di gestione del servizio, corollari necessari del principio di buon andamento sancito dall'art. 97 della Costituzione.

 In punto di non manifesta infondatezza della questione, la Commissione ricorda che la Corte costituzionale con la sentenza n. 480 del 30 dicembre 1993 ha stabilito che la misura dell'aggio deve ritenersi ragionevole (e quindi costituzionalmente legittima) se essa è contenuta in un importo minimo e massimo che non superi di molto la soglia di copertura del costo della procedura. Nello stesso senso Consiglio di Stato 29 gennaio 2008, n. 272.

 Per cui, condividendo i dubbi della parte ricorrente, questa Commissione ritiene pertanto che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 1, decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come modificato dall'art. 32, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in vigore dal 29 novembre 2008, per contrasto con gli articoli 3, 53 e 97 della Costituzione, sia rilevante nel presente giudizio in quanto esso non può essere definito in assenza di una risoluzione della questione di legittimità costituzionale e che tale questione non sia manifestamente infondata alla luce delle considerazioni suesposte.

 

P.Q.M.

 

Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del decreto legislativo n. 112/1999, testo unico delle disposizioni concernenti il sistema della remunerazione per la riscossione dei tributi per contrasto con gli articoli 3, 53, e 97 della Costituzione.

Sospende il giudizio in corso sino all'esito della questione.

Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, alla quale rimette la anzidetta questione di legittimità costituzionale ritenuta la sua rilevanza ai fini del decidere.

Manda alla segreteria per gli adempimenti di legge affinché la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonché al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

 

---

Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 27 aprile 2016, n. 17.