Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 aprile 2016, n. 8231

Tributi - Credito d’imposta per incremento dell’occupazione ex art. 7 L. n. 388/2000 - Revoca

 

In fatto e in diritto

 

L’Agenzia delle Entrate di Palermo emetteva a carico della T.M.S. (...) s.r.l. un processo verbale di constatazione in data 8.7.2009 e il successivo 28 luglio notificava alla contribuente un avviso di accertamento relativo al recupero di un credito d’imposta per incremento dell’occupazione fruito ai sensi dell’art. 7 l. n. 388/2000.

La contribuente impugnava l’atto sostenendo, fra l’altro, il mancato rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12 c. 7 l. n. 2012 (ndr art. 12 c. 7 l. n. 212). Successivamente, in data 15.12.2009, lo stesso Ufficio emetteva altro avviso di accertamento d’identico tenore, dando atto che tale atto sostituiva il precedente accertamento, notificato senza il rispetto del termine dilatorio. La contribuente impugnava anche il secondo avviso di accertamento sostenendo il mancato rispetto dell’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000, poiché l’Ufficio non aveva esaminato le contestazione mosse rispetto alla pretesa fiscale esposte nel ricorso proposto innanzi alla CTP di Palermo avverso il primo atto di accertamento.

Il giudice di primo grado annullava l’atto con sentenza confermata in appello dalla CTR della Sicilia (sent. n. 1021/30/14, depositata il 27.3.2014). Secondo la CTR solo il preventivo esame delle difese esposte dal contribuente impugnando il primo atto di accertamento avrebbe consentito di salvaguardare il diritto al contraddittorio dovendo l’ufficio, per come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, invitare il contribuente - anche a mezzo di un avviso bonario - a valutare le proprie determinazioni prima dell’eventuale adozione di un nuovo atto di accertamento.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito la società intimata con controricorso.

La ricorrente deduce la violazione dell’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000. Ha errato la CTR nell’assimilare l’obbligo dell’amministrazione di esaminare le osservazioni e le richieste esposte dalla parte contribuente, posto che quest’ultima non aveva fatto pervenire all’ufficio alcuna osservazione nel termine dilatorio decorrente dal rilascio del pvc. Senza dire che la CTR aveva ipotizzato, per consentire alla società di presentare richieste, modalità operative a carico dell’ufficio - emissione di un avviso bonario - non previste dalla legge. La parte intimata ha chiesto il rigetto del ricorso rilevandone l’infondatezza.

Il ricorso è manifestamente fondato.

La CTR ha annullato il secondo atto di accertamento emesso dall’Ufficio a carico della parte contribuente dopo che alla stessa era stato comunicato il processo verbale di constatazione senza che la stessa avesse, nel termine dilatorio di sessanta giorni, comunicato alcuna osservazione. Ciò ha fatto ritenendo che l’Ufficio, a conoscenza dei motivi di ricorso concernenti anche il merito della pretesa fiscale proposto avverso un atto accertativo di identico tenore notificato alla stessa parte senza il rispetto del termine dilatorio, imponeva all’amministrazione di rispondere alle osservazioni esposte dal contribuente, nel rispetto del principio del contraddittorio. Orbene, tale statuizione, verso la quale si appunta nella sostanza la censura dell’Agenzia, è erronea in diritto.

Ed invero, il fatto che il secondo avviso non replichi alle difese proposte in sede di impugnativa giudiziale del primo avviso non può integrare un vizio di forma sanzionato con la nullità dell'atto.

E’ senz’altro vero che l’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000 prescrive che l'amministrazione deve "valutare" le osservazioni del contribuente. Ma quel che assume portata dirimente rispetto alla questione controversa, senza che qui sia dunque necessario esaminare il tema della nullità dell’atto che non esprime in modo netto la posizione dell’ufficio sulle osservazioni della parte contribuente(per cui v. Cass. n. 25902/2015, ancorché resa con riferimento alla disciplina in tema di studi di settore, non compiutamente sovrapponibile a quella di cui qui si discute), è la circostanza che le osservazioni che la parte contribuente assume non esaminate dall’Ufficio non sono state formulate nell’ambito del procedimento amministrativo e, dunque, nell’ambito della c.d. fase a contraddittorio endoprocedimentale, ma si sono esteriorizzate per la prima volta all’interno del giudizio promosso dal contribuente contro l’atto emesso in assenza del termine dilatorio. Tale evenienza non è affatto secondaria, se appunto si considera che le doglianze formulate dalla parte contribuente erano state indirizzate al giudice chiamato a verificare la legittimità del primo avviso di accertamento.

Questa Corte non ha mancato di rilevare che il termine in oggetto è volto ad assicurare un più efficace esercizio della potestà impositiva nel rispetto del pieno contraddittorio procedimentale, avendo il contribuente possibilità di "comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori" - cfr. Cass. n. 25118/2014.

Pertanto, nessun onere poteva dunque ritenersi esistente a carico dell’ufficio di ‘confutare’ le difese di merito spiegate in ambito processuale dalla parte contribuente, non avendole la parte indirizzate all’Ufficio nel termine dilatorio che la legge gli consentiva. La circostanza che il contribuente abbia impugnato il primo atto ritenendo di non dovere formulare alcuna osservazione al l’interno del procedimento amministrativo in ragione del ricorso proposto all’autorità giudiziaria non è in grado di creare a carico dell’Ufficio, in assenza di una precisa disposizione di legge, un onere di presa in esame delle osservazioni esposte in sede giudiziaria e dunque, a cascata, l’invalidità dell’atto riemesso.

Impregiudicata, ovviamente, la portata intrinseca delle censure esposte dal contribuente in sede giudiziaria, ossia la loro idoneità a convincere il giudice che la pretesa erariale fosse infondata.

Ne consegue che la prospettata equiparazione alle osservazioni e alle richieste del contribuente ai sensi dell’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000 delle difese esposte in ambito giudiziario dalla medesima parte non emerge in alcun modo dal quadro normativo di riferimento né può trovare conferma sul piano comunitario che affida al legislatore interno l’individuazione delle modalità necessarie per garantire il rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale (Corte giust. 3 luglio 2014, C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistic). Regolamentazione che, fermo il paradigma di cui all’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000, non contrasta nemmeno con i principi di effettività e di equivalenza ai quali il legislatore interno deve prestare osservanza, soprattutto per il fatto che la contribuente non ha inoltrato all’Ufficio alcuna osservazione in ambito amministrativo nel termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio del pvc che l’amministrazione ha fatto decorrere prima dell’adozione del secondo atto di accertamento. Solo se la parte contribuente avesse provveduto a formulare in via amministrativa nel detto termine le proprie doglianze si sarebbe dovuto e potuto valutare la condotta dell’Ufficio rispetto ai canoni di buona fede e della correttezza nell’ipotesi in cui la stessa avesse omesso di esaminare tali doglianze.

D’altra parte, parimenti erronea risulta l’affermazione del giudice di appello che ha ipotizzato l’utilizzazione del meccanismo dell’invio di un avviso bonario a cura dell’amministrazione al momento dell’adozione del secondo avviso di accertamento in modo da consentire al contribuente la formulazione di difese e osservazioni avverso il secondo atto, la stessa non trovando alcun pertinente aggancio normativo.

Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi della parte controricorrente, il ricorso va quindi accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.