Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 aprile 2016, n. 17103

Omesso versamento di ritenute previdenziali - Legale rappresentante di società - Sostituzione della pena detentiva breve con quella pecuniaria - Potere discrezionale del giudice - Art. 133 c.p.

 

Ritenuto in fatto

 

La Corte di Appello di Brescia con l'impugnata sentenza ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della medesima città, in composizione monocratica, che condannava (...) (...) alla pena, sospesa, di un mese di reclusione ed euro 80,00 di multa, in ordine al reato di cui all'art. 2, comma 1 bis, L. n. 638 del 1983, perché in qualità di legale rappresentante della ditta (...) ometteva il versamento di ritenute previdenziali e assistenziali relativamente ai mesi di settembre ed ottobre dell'anno 2009, per un Importo complessivo pari ad euro 14.937,00, ed ha concesso all'appellante il beneficio della non menzione della condanna.

Avverso la pronuncia il (...), tramite difensore fiduciario, propone ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo con cui deduce, ai sensi dell'art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e), c.p.p., Inosservanza o erronea applicazione della legge, in relazione agli artt. 53 e 58 L. n. 689 del 1981, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, per non aver la Corte territoriale ritenuto di sostituire la pena detentiva irrogata, indubbiamente breve, con quella pecuniaria, come previsto dalle richiamate disposizioni, in difetto di prova della solvibilità del reo, attesa la natura stessa del reato contestato nel capo d'imputazione. Evidenzia la difesa dei ricorrente che ragguagliando la sanzione pecuniaria sostitutiva nella misura di 38 euro per ciascun giorno di carcere, ai sensi dell'art. 135 c.p., ben difficilmente potrebbe affermarsi l'insostenibilità del pagamento dei relativo Importo (euro 1.140) anche per un soggetto che, come il (...), non dispone di rilevanti risorse economiche, e conclude invocando l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è fondato.

Giova premettere, per quanto qui rileva, che ai sensi dell'art. 3, comma 6, D.lgs. n. 8/2016 recante "Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'art. 2, comma 2, L. n. 28 aprile 2014, n. 67", il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori, per un importo superiore a euro 10.000 annui, continua ad essere punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 (ipotesi non depenalizzata).

Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Brescia, in relazione alla condanna inflitta al ricorrente per avere violato la L. n. 638 del 1983, art. 2, comma 1 bis, ha ribadito il diniego di concessione delle attenuanti generiche, ha confermato il trattamento sanzionatorio applicato dal Tribunale, ha poi riconosciuto al condannato il beneficio della non menzione della condanna, in primo grado non concesso, ed ha invece respinto la richiesta di sostituzione della pena detentiva di mesi uno di arresto con la corrispondente pena pecuniaria.

Il (...) si duole di tale ultima statuizione perché contraria ai disposto degli artt. 53 e 58 L. n. 689 del 1981 e perché sorretta da motivazione manifestamente illogicità e contraddittorietà.

Secondo l'orientamento costante di questa Corte la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta in osservanza dei criteri di cui all’art. 133 c.p., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (Sez. 5, 23.11.06, Rv. 235695) ed è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, poiché la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, L. n. 689 del 1981, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata (Sez. 6, n. 36639 del 10/7/2014, Rv. 260333, Sez. U., n. 24476 del 22/4/2010, Gagliardi, Rv. 247274).

La Corte territoriale invece ha negato la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria sul rilievo, ritenuto assorbente, della mancanza di prova della solvibilità del condannato, della quale, per quanto si legge nell'impugnata sentenza, sarebbe lecito dubitare "attesa la tipologia di reato contestato".

L'omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni del lavoratori, in altri termini, sarebbe di per sé sintomatico dell'incapacità patrimoniale del condannato.

Va al contrario ribadito che non v’è ragione per mettere in discussione il principio secondo cui il beneficio della sostituzione della pena detentiva breve possa essere concesso anche ai soggetti in difficoltà economiche che il Giudice ritenga in qualche modo in condizioni di adempiere (salva ovviamente l'ipotesi di conversione ex art. 660 c.p.p., nel caso di inadempimento).

Come questa Corte ha evidenziato, per esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita Individuale, familiare e sociale dell'imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche (sentenza n. 36639/2014 citata).

La sentenza impugnata va conseguentemente annullata in parte qua con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, che si attera ai principi sopra esposti.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla conversione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.