Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 aprile 2016, n. 8067

Assistenza obbligatoria - Cumulo di reddito da lavoro e trattamento pensionistico - Inpgi - Art. 76, co. 4, L. n. 388/2000

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza n. 507/2012, depositata il 12 dicembre 2012, la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Milano, accertava il diritto di G.P. al cumulo tra reddito di lavoro e pensione di anzianità, ai sensi dell'art. 44, co. 2, L. n. 289/2002, e conseguentemente condannava l'INPGI a restituire al ricorrente gli importi decurtati da! trattamento pensionistico con interessi legali dal dovuto al saldo.

A sostegno della propria decisione la Corte osservava, aderendo all'indirizzo di Cass. 26 gennaio 2012, n. 1098, che, in tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, agli iscritti all'INPGI doveva ritenersi applicabile la stessa disciplina prevista per gli iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all'INPS, in quanto l'INPGI gestisce, per espresso disposto dell'art. 76 L. n. 388/2000, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall'INPS, mentre gli artt. 72, comma 1, L. citata e 44, comma 1, L. 27 dicembre 2002, n. 289, poi seguiti dall'art. 19 d. I. 25 giugno 2008, n. 112, come convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, parificano il trattamento pensionistico a carico dell'AGO a quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative, della stessa; con la conseguenza che doveva essere disapplicato l'art. 15 del Regolamento INPGI che disciplina la materia del cumulo di reddito da lavoro e trattamento pensionistico in modo diverso da quanto previsto nel regime relativo all'AGO.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l'INPGI con due motivi, Illustrati da memoria; il P. ha resistito con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso l'INPGI denuncia, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 44 L. n. 289/2002, dell'art. 2 d.lgs. n. 509/1994, dell'art. 3 comma 12 L. n. 335/1995, dell'art. 15 del proprio Regolamento, approvato con d.m. 24 luglio 1995.

Il ricorrente ritiene che la Corte territoriale abbia errato là dove ha disposto la disapplicazione dell'art. 15 del Regolamento INPGI in materia di cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico, sul presupposto che, in tale materia, agli iscritti all'INPGI si applichi la medesima disciplina prevista per gli iscritti all'AGO facente capo all'INPS e, in particolare, l'art. 44 L. n. 289/2002, in considerazione della circostanza che l'INPGI gestisce, per espressa previsione di legge, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall'INPS.

Secondo il ricorrente, per effetto dell'art. 1 d.lgs. n. 509/1994, gli enti di cui all'elenco A dello stesso decreto legislativo, trasformati in associazione fondazioni (tra cui l'INPGI), continuano a svolgere - con decorrenza dall'1/1/1995 - le attività previdenziali e assistenziali in atto a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, in base alla disciplina legislativa vigente al momento della privatizzazione. La persistenza di tale complesso normativo troverebbe conferma nel successivo art. 3, comma 4, del medesimo decreto legislativo anche con riferimento alla disciplina relativa alla contribuzione prevista in materia dai singoli ordinamenti.

Il ricorrente ne trae la conseguenza che qualora l'INPGI, mediante l'adozione del Regolamento relativo alla prestazioni previdenziali e assistenziali, approvato con d.m. 24 luglio 1995, non avesse diversamente disciplinato la materia relativa al cumulo tra pensione e redditi di lavoro dipendente o autonomo, nessuna delle modifiche apportate all'art. 10 d.lgs. n. 503/1992 dalla legislazione nazionale successiva avrebbe potuto trovare applicazione, in quanto avrebbe dovuto continuare ad operare, nei confronti dell'ente privatizzato, la disciplina legislativa precedente alla privatizzazione.

L'INPGI, inoltre, muovendo dalla differente formulazione, quanto ai soggetti destinatari, della disciplina di cui agli artt. 71 e 72 L. n. 388/2000 (l'uno rubricato "totalizzazione dei periodi assicurativi" e l'altro "cumulo tra pensione reddito da lavoro"), sostiene che il legislatore avrebbe distinto tra forme pensionistiche a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, sostitutive ed esonerative dalla medesima, da un lato, e tutte le restanti forme pensionistiche gestite dagli enti di cui al d.lgs. n. 509/1994, sostitutive o meno, dall'altro, con la conseguenza che il riferimento legislativo alle forme sostitutive dell'AGO senza ulteriori specificazioni identificherebbe le sole forme non privatizzate; e con l'ulteriore conseguenza che l'art. 72 cit., privo di ogni riferimento agli enti privati, e a fortiori l’art. 44 L. n. 289/2002 non dovrebbero applicarsi all'INPGI.

Con il secondo motivo l'Istituto denuncia, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 76 L. 23 dicembre 2000, n. 388.

Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nel riformare quella di primo grado, non abbia preso in esame le ulteriori ragioni dedotte, ad integrazione delle precedenti, dalla difesa dell'INPGI, fondate sull'art. 76 L. n. 388/2000, che pone a carico dello stesso l'obbligo di "coordinare" la propria disciplina regolamentare alla disciplina di carattere generale prevista per l'Assicurazione Generale Obbligatoria.

Tale norma, infatti, già oggetto di esame da parte della giurisprudenza di legittimità, sia pure con specifico riferimento alla questione dell'immediata operatività nei confronti dell'INPGI della nuova disciplina sanzionatoria introdotta con l'art. 116 L. n. 388/2000, avrebbe implicitamente affermato che tale adeguamento deve transitare attraverso apposite deliberazioni degli organi di amministrazione e di controllo, così da escludere un'immediata e diretta applicabilità della legislazione nazionale relativa all'AGO, sia preesistente, sia sopravvenuta, all'INPGI, al di fuori dei casi in cui l'applicabilità diretta e immediata sia espressamente prevista dalla legge.

I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto relativi a questioni connesse.

E' da premettere che, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, l'INPGI è stato trasformato (con decorrenza 1/1/1995) da ente pubblico previdenziale in una fondazione, avente natura giuridica privata.

Nell'ambito dell'attribuita "autonomia gestionale, organizzativa e contabile", ed "in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta" (art. 2, comma 1, del decreto citato), la "gestione economico - finanziaria" dell'Istituto "deve assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico" (art. 2, comma 2).

Su tale premessa deve essere letta e interpretata la norma di cui all'art. 76, comma 4, L. 23 dicembre 2000, n. 388, per la quale "le forme previdenziali gestite dall'INPGI devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive" e, in particolare, deve essere apprezzato il significato del termine "coordinamento".

Esso infatti esprime, nel suo essenziale contenuto semantico, la relazione che si instaura fra due concetti o enti che si trovano allo stesso livello (nella specie, fra due sistemi di previdenza autonomi in quanto fondati su principi organizzativi diversi) e costituisce una opzione linguistica e concettuale, da parte del legislatore, ben distinta da quella di "conformazione" o di "adeguamento", che l'integrità di tale autonomia avrebbe, invece, posto in dubbio, contraddicendo alle fondamentali premesse ordinamentali racchiuse nella privatizzazione dell'Istituto.

E', pertanto, da condividere il rilievo già svolto nella sentenza n. 11023/2006 di questa Corte, e ripreso in successive pronunce, per il quale la necessità di un "coordinamento", pur costituendo un limite, per il suo stesso contenuto, "è di per sé stessa, su) piano negativo, la negazione d'una diretta e necessaria efficacia delle norme di previdenza sociale nell'ordinamento dell'Istituto, e, sul piano positivo, l’affermazione d'un autonomo potere di adeguare le norme stesse alle interne esigenze, ed in particolare alle esigenze di bilancio".

Tale orientamento riceve conferma dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 4 settembre 2015, n. 17589, nella quale sì pone in rilievo come l'Assicurazione Generale Obbligatoria gestita dall'INPS e le forme di assistenza e previdenza obbligatoria gestite dagli enti gestori dotati di personalità giuridica privata, pur essendo entrambe dirette a garantire ai loro iscritti la tutela assicurativa, sono organizzate con modalità del tutto autonome: la prima, infatti, è assoggettata ad una disciplina di carattere legislativo, mentre le seconde, dopo la riforma introdotta dalla legge delega 24 dicembre 1993, n. 537 e dal decreto delegato 30 giugno 1994, n. 509 ad una disciplina elaborata dagli organi deliberanti degli enti privatizzati, in attuazione di principi enunciati dalla legge, e assoggettata alla vigilanza dei Ministeri competenti.

Le Sezioni Unite hanno precisato che "non può ritenersi che tra le "forme esclusive e sostitutive" dell'AGO, cui è riferita la disciplina del richiamato c. 4, rientri alcuno degli enti privatizzati a seguito del d.lgs. 509 e ricompresi nella tabella ad esso allegata.

Infatti, la circostanza che per indicare le disposizioni dirette ad attuare il contenimento della spesa pensionistica riservate agli iscritti degli enti privatizzati gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza il legislatore abbia indicato una sede specifica (il c. 24 dell'art. 24 d.l. n. 201/2011), diversa da quella riservata alle misure concernenti coloro che sono iscritti all'AGO e alle forme esclusive e sostitutive della medesima (c. 4 e seguenti), è chiaro indice della volontà di adottare due diversi schemi di intervento.

Di modo che deve escludersi che, nonostante l'ambiguità dell'espressione normativa, le disposizioni contenute nell'art. 24, c. 4, possano avere una estensione così ampia da abbracciare anche posizioni assicurative ricomprese nell'ambito del successivo c. 24".

La sentenza sottolinea come tale convinzione nasca "innanzitutto da una fondamentale esigenza di logicità dell'intervento legislativo, in quanto sarebbe incomprensibile la ragione per cui il legislatore dopo aver affermato la rilevata divaricazione, coerente con i principi generali dell’ordinamento previdenziale, al punto da prevedere due differenti sedes materiae, consenta allo stesso tempo una commistione tra i diversi sistemi.

Tale commistione sarebbe tanto più grave ove si consideri che i due sistemi previdenziali sono fondati su principi organizzativi diversi, essendo le contribuzioni, i requisiti soggettivi e le modalità di godimento delle prestazioni per l'AGO fissati direttamente dalla legge, e per gli enti privatizzati rimessi ai rispettivi statuti e regolamenti, seppure sotto la vigilanza dell'Autorità centrale.

Nulla ovviamente avrebbe impedito al legislatore di procedere ad una determinazione autoritativa anche per gli iscritti agli enti privatizzati ma non è questo il caso, atteso che, in considerazione delle rilevate diversità dei sistemi, sarebbe stata necessaria una espressa disposizione derogatoria".

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, per le ragioni indicate.

La rilevata divaricazione dei due sistemi previdenziali, per ciò che riguarda tanto i contributi come le prestazioni pensionistiche, comportando la non confrontabilità dei due regimi, porta a ritenere manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, la quale si atterrà al principio di diritto sopra richiamato.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso come da motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.