Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 aprile 2016, n. 7894

Tributi - Rettifica reddito di società - Presunzione di distribuzione del maggior reddito ai soci - Quantificazione del maggiore reddito presumibile

 

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza del 25/9/2008, la C.T.R. del Lazio ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato l'impugnazione proposta da L.B. avverso l'avviso di accertamento notificatogli per il recupero a tassazione, ai fini Irpef e S.S.N. per l'anno d'imposta 1996, del maggior reddito determinato a seguito di rettifica di quello dichiarato dalla società (B. S.r.l.) dallo stesso partecipata per la quota del 55%.

Conformemente alla valutazione espressa dai giudici di primo grado, la C.T.R. ha infatti ritenuto valida la presunzione di distribuzione del maggior reddito ai soci.

Avverso tale decisione il contribuente propone ricorso per cassazione affidandolo a cinque motivi; resiste l'Agenzia delle entrate depositando controricorso.

 

Motivi della decisione

 

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 comma primo n. 4 c.p.c., violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., lamentando omessa pronuncia da parte della C.T.R. in ordine al primo motivo di gravame con il quale si censurava la decisione di primo grado per aver omesso di rilevare il dedotto vizio di carenza di motivazione dell'avviso di accertamento impugnato.

La censura è infondata.

La C.T.R. ha confermato la decisione di primo grado ritenendo, conformemente alla valutazione espressa dai primi giudici, valida la presunzione - espressamente posta a base dell'accertamento - di distribuzione del maggior reddito ai soci in quanto giustificata dal fatto noto rappresentato dalla ristretta compagine sociale, di tipo eminentemente familiare, della S.r.l. partecipata.

Così motivando la C.T.R. dunque, implicitamente ma univocamente, ha respinto la doglianza proposta con il primo motivo di gravame che tendeva invece a contestare la sufficienza e l'idoneità di quel ragionamento presuntivo.

Non vi è stata dunque omissione di pronuncia bensì pronuncia non conforme alla prospettazione del ricorrente, che è ipotesi certamente diversa e non riconducibile al dedotto error in procedendo.

3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce - ex art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione dell'art. 5 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (ora art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) - oltre che dell'art. 39, comma primo lett. d, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. - per avere la C.T.R. ritenuto applicabile tale norma anche alle società di capitali a ristretta base partecipativa; sostiene di contro che il carattere eccezionale della norma ne preclude un'applicazione analogica e che occorre aver riguardo alle specifiche componenti del reddito d'impresa. Formula quesito di diritto.

La censura è infondata.

Secondo principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, dal quale non si ravvisa ragione per discostarsi, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione, ai soci, degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, per essere stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente nemmeno la eventuale mera deduzione del profilo per cui l'esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (cfr. anche Cass. n. 6197 del 16/03/2007, n. 20851 del 26/10 n. 16885 del 2003) (v. e pluribus Sez. 6 - 5, Ord. n. 17928 del 18/10/2012, Rv. 623933; Sez. 5, n. 18640 dell'08/07/2008, Rv. 605332; Cass. n. 16885/03, n. 10951/02, n. 7174/02).

La censura, mirando a una revisione tout court e in termini ampi e incondizionati di tale principio, senza però offrire alcuna valida ragione che non sia già da ritenere esaminata e confutata dai numerosi precedenti in argomento, deve essere pertanto respinta.

4. Con il terzo motivo L.B. deduce ancora, ai sensi dell'art. 360 comma primo n. 4 c.p.c., violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., lamentando omessa pronuncia da parte della C.T.R. in ordine al secondo motivo di gravame con il quale si era dedotta la necessità di apprezzare, nella specie, le caratteristiche del maggior reddito presunto a carico della società e tener conto in particolare che si trattava di pagamenti effettuati da quest'ultima per far fronte a rate di mutuo relative a beni immobili di proprietà dei soci e, dunque, di prestiti in favore di questi ultimi dei quali era traccia in contabilità (attraverso in particolare l'annotazione nel conto patrimoniale della società dell'importo di lire 245 milioni alla voce «crediti verso soci»). Formula quesito di diritto.

Anche tale censura deve ritenersi infondata, alla stregua di considerazioni analoghe a quelle già svolte con riferimento al primo motivo.

Come può ricavarsi dalla prospettazione dello stesso ricorrente, con il secondo motivo d'appello si contestava, sotto vari profili, di legittimità e di merito, la fondatezza e comunque la pertinenza del richiamato principio in tema di presunzione di riparto tra i soci degli utili extrabilancio in società di capitali a ristretta base partecipativa.

La C.T.R., nell'avallare l'applicazione che di tale principio è fatta dall'ufficio nella fattispecie, si è evidentemente pronunciata su tale motivo, rendendo al riguardo una motivazione non meramente apparente.

Ciò posto, l'avere in tale motivazione omesso di prendere specificamente in esame le circostanze e gli aspetti fattuali indicati a sostegno della tesi contraria non può dunque rappresentare vizio di omessa pronuncia ma semmai vizio, per l'appunto, di motivazione, sindacabile ai sensi e nei limiti di cui all'art. 360 comma prima n. 5 cod. proc. civ., ove si risolva in omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su uno o più fatti controversi e decisivi.

5. Con il quarto motivo, pure esso corredato da quesito di diritto, il ricorrente denuncia ancora - ex art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ. - violazione di legge (e segnatamente delle stesse norme già richiamate con il secondo motivo), per avere ritenuto operante la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili prevista dalla citata norma di cui all'art. 5 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche nel caso di specie così implicitamente escludendo la rilevanza ostativa delle circostanze sopra dedotte in contrasto con l'interpretazione giurisprudenziale che fa salva la facoltà del contribuente di offrire la prova contraria alla presunzione predetta.

Anche tale censura è infondata, per ragioni analoghe a quelle testé esposte con riferimento al terzo motivo.

Posto che con essa il ricorrente torna a dolersi della mancata considerazione delle circostanze di fatto segnalate con il secondo motivo di appello, appare evidente che tale doglianza infondatamente è ricondotta al vizio di violazione o falsa applicazione di legge.

Non si tratta infatti di erronea ricognizione della portata precettiva della norma (violazione di legge) - la C.T.R. non esclude in via di principio, ma anzi afferma la possibilità di una prova contraria - né di una erronea sussunzione del fatto, così come accertato dal giudice di merito, nell'ipotesi normativa (falsa applicazione), ma semmai di erronea o viziata ricognizione del fatto, sindacabile come difetto di motivazione nei limiti e alle condizioni sopra dette.

6. Difetto questo invero dedotto dal ricorrente con il quinto motivo, il ricorrente prospetta, in relazione alle medesime circostanze relative alla imputazione contabile dei maggiori ricavi quali "credito verso soci", vizio di omessa motivazione.

Viene formulato momento di sintesi.

Il motivo è fondato, per quanto di ragione.

Si ricava infatti da quanto esposto in ricorso che: a) l'avviso di accertamento emesso nei confronti della B. S.r.l. contestava maggiori ricavi (utili extrabilancio) per l'ammontare di £. 360.000.000, risultante dalla somma dell'importo di £. 115.000.000 annotato in contabilità nel conto «crediti verso soci» e di quello di £. 245.000.000, importo che risulta pagato dai soci L.B. e A.M.B. a saldo di «quattro rate di mutuo contratto per l'acquisto dei locale dove viene svolta l'attività della società, il cui costo si presume riconducibile ad utili extrabilancio scaturenti dell'attività della società, rappresentante l'unica fonte di reddito dei soci»] b) l'impugnazione proposta dalla società avverso tale accertamento avrebbe trovato parziale accoglimento - secondo quanto dedotto in ricorso - da parte dei giudici di merito aditi, con la riduzione del reddito d'impresa accertato da lire 360 milioni a lire 245 milioni, essendosi rilevato che l'importo di lire 115 milioni, proprio in quanto annotato nella voce «crediti verso soci», non poteva considerarsi ricavo non dichiarato, né, comunque, utile distribuito ai soci.

Poiché l'accertamento del maggior reddito di partecipazione a carico dell'odierno ricorrente muove invece dal presupposto che il maggior reddito d'impresa ammonti a £. 360.000.000, ne discende che tale circostanza assumeva in effetti decisiva rilevanza, quanto meno ai fini della quantificazione del maggiore reddito presumibile a carico del contribuente, e la sua omessa valutazione può in effetti apprezzarsi quale vizio motivazionale.

Né importa che di quanto dedotto (circa l'esito del giudizio relativo all'impugnazione proposta dalla società) il ricorrente non offra in questa sede alcuna conferente documentazione, rilevando solo in questa sede che si trattava di circostanze specificamente dedotte in appello e in effetti non considerate dalla C.T.R..

7. In accoglimento, pertanto, del quinto motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio per nuovo esame sul punto ed anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i primi quattro motivi di ricorso; accoglie il quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione.