Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 aprile 2016, n. 7715

Lavoro - Contratto a progetto - Art. 61, D.Lgs. n. 276/2003 - Forma scritta - Prova - Elementi fondamentali - Indicazione

 

Ragioni della decisone

 

1. Con il ricorso per cassazione si chiede l’annullamento della sentenza di appello che ha negato il diritto di parte ricorrente al riconoscimento integrale dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR).

2. La controversia concerne il trattamento giuridico ed economico del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola trasferito dagli end locali al Ministero in base all'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124.

3. Tale norma fu oggetto di contenzioso concernente l'applicazione che della stessa venne data dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 5 aprile 2001, che recepì l'accordo stipulato tra l'ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in data 20 luglio 2000. Le controversie riguardarono in particolare la possibilità di incidere su di una norma di rango legislativo da parte di un accordo sindacale, poi recepito in decreto ministeriale. La giurisprudenza si orientò in senso negativo, sebbene con percorsi argomentativi diversi (ex plurimis, v. Cass., 17 febbraio 2005, n. 3224; 4 marzo 2005, n. 4722, nonché 27 settembre 2005, n. 18829; da ultimo, sul punto, v. Cass., 14 marzo 2012, n. 4045).

4. Intervenne il legislatore, dettando il comma 218 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria del 2006), che recepì, a sua volta, i contenuti dell'accordo sindacale e del decreto ministeriale. Il legislatore elevò, quindi, a rango di legge la previsione dell'autonomia collettiva.

5. Si sostenne, da un lato, che tale norma non avesse efficacia retroattiva e, dall’altro, che se dotata di efficacia retroattiva, fosse incostituzionale sotto molteplici profili. Entrambe le posizioni sono state giudicate non fondate. L'efficacia retroattiva è stata affermata da questa Corte (per tutte, S.u., 8 agosto 2011, n. 17076) e dalla Corte costituzionale (sentenza n. 234 del 2007). L'incostituzionalità è stata esclusa in quattro interventi del giudice delle leggi (Corte cost. n. 234 e n. 400 del 2007; n. 212 del 2008; n. 311 del 2009). Per tali motivi, ricorsi di contenuto analogo a quello qui considerato, furono respinti (v. per tutte, Cass., 9 novembre 2010, n. 22751).

6. E’ poi intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea (Grande sezione) con la sentenza 6 settembre 2011 (procedimento C-108/10, Scattolon), emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale in merito all'interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE.

7. La Corte ha risposto a quattro questioni poste dal Tribunale di Venezia. La prima consisteva nello stabilire se il fenomeno successorio disciplinato dall'art. 8 della legge 124 del 1999, costituisca un trasferimento d'impresa ai sensi della normativa dell'Unione relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori. La soluzione è affermativa ("La riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un'altra pubblica autorità, addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa, costituisce un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, quando detto personale è costituito da un complesso strutturato di impiegati tutelati in qualità di lavoratori in forza dell'ordinamento giuridico nazionale di detto Stato membro").

8. Con la seconda e la terza questione si chiedeva alla Corte di stabilire: -se la continuità del rapporto di cui all'art. 3, n, 1 della 77/187 deve essere interpretata nel senso di una quantificazione dei trattamenti economici collegati presso il cessionario all'anzianità di servizio che tenga conto di tutti gli anni effettuati dal personale trasferito anche di quelli svolti alle dipendenze del cedente (seconda questione); -se tra i diritti del lavoratore che si trasferiscono al cessionario rientrano anche posizioni di vantaggio conseguite dal lavoratore presso il cedente quale l'anzianità di servizio se a questa risultano collegati nella contrattazione collettiva vigente presso il cessionario, diritti di carattere economico (terza questione).

9. Il dispositivo della decisione è: "quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187 porta all'applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente all'anzianità lavorativa, l'art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell'anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all'atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso quest'ultimo. È compito del giudice del rinvio esaminare se, all'atto del trasferimento in questione nella causa principale, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo".

10. Il giudice nazionale è quindi chiamato dalla Corte di giustizia ad accertare se, a causa del mancato riconoscimento integrale dell'anzianità maturata presso l'ente cedente, il lavoratore trasferito abbia subito un peggioramento retributivo.

11. In motivazione la Corte rileva che, una volta inquadrato nel concetto di trasferimento d'azienda e quindi assoggettato alla direttiva 77/187, al trasferimento degli ATA si applica non solo il n. 1 dell'art. 3 della direttiva, ma anche il n. 2, disposizione che riguarda segnatamente l'ipotesi in cui l'applicazione del contratto in vigore presso il cedente venga abbandonata a favore di quello in vigore presso il cessionario (come nel caso in esame). Il cessionario ha diritto di applicare sin dalla data del trasferimento le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti la retribuzione (punto n. 74 della sentenza). Ciò premesso, la Corte sottolinea che gli Stati dell'Unione, pur con un margine di elasticità, devono attenersi allo scopo della direttiva, consistente "nell'impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento" (n. 75, il concetto è ribadito al n. 77 in cui si precisa che la direttiva "ha il solo scopo di evitare che determinati lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano precedentemente").

12. Quindi, nella definizione delle singole controversie, è necessario stabilire se si è in presenza di condizioni meno favorevoli. Con le già sentenze 12 ottobre 2011, n. 20980 e 14 ottobre 2011, n. 21282, cui hanno fatto seguito numerose altre pronunzie, la Corte di cassazione ha cassato le sentenze di appello che aderendo al citato orientamento negatorio di legittimità, avevano rigettato la domanda, rinviando al giudice di appello per una nuova valutazione del merito sulla base dei seguenti criteri.

a) Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (così il n. 75 e, al n. 77, si precisa "posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento". Idem nn. 82 e 83). Al contrario, non ostano eventuali disparità con i lavoratori che all'atto del trasferimento erano già in servizio presso il cessionario (n. 77).

b) Quanto alle modalità, si deve trattare di peggioramento retributivo sostanziale (così il dispositivo) ed il confronto tra le condizioni deve essere "globale" (n. 76: "condizioni globalmente meno favorevoli"; n. 82: "posizione globalmente sfavorevole"), quindi non limitato allo specifico istituto.

c) Quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto all'atto del trasferimento (nn. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: "all'atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza").

13. La quarta ed ultima questione posta dal Tribunale di Venezia atteneva alla conformità della disciplina italiana e specificamente del comma 218 dell’art. 1 della finanziaria 2006, all'art. 6, n. 2 TUE in combinato disposto con gli artt. 6 della CEDU e 46, 47 e 52 n. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, come recepiti nel Trattato di Lisbona.

14. La Corte, dando atto della pronunzia emessa il 7 giugno 2011 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenza Agrati), ha statuito che "vista la risposta data alla seconda ed alla terza questione, non c'è più bisogno di esaminare se la normativa nazionale in oggetto, quale applicata alla ricorrente nella causa principale, violi i principi" di cui alle norme su indicate.

15. In sintesi, pertanto, la Corte di giustizia ha ritenuto che: si verte nell'ambito del diritto dell'Unione europea; di conseguenza, la normativa nazionale in esame deve essere interpretata alla luce del diritto dell'Unione europea; l'interpretazione orientata alla luce del diritto europeo comporta che il passaggio alle dipendenze dello Stato non può determinare per il lavoratore condizioni meno favorevoli; la relativa verifica spetta al giudice nazionale; ulteriore conseguenza di questa impostazione è l'assorbimento del problema della conformità della norma in questione all'art. 6 del TUE in combinato disposto con le norme della CEDU e della Carta di Nizza, come recepite nel Trattato di Lisbona, problema esaminato dalla sentenza Agrati della CEDU, precedente alla sentenza della Corte di giustizia e da quest'ultima considerata.

16. Nel caso di specie Bigelli Grazia, già dipendente del Comune di Civitanova Marche con qualifica di operatore scolastico e trasferita dal 1° gennaio 2000 allo Stato nei ruoli del personale ATA, chiedeva le differenze stipendiali maturate dalla data del nuovo inquadramento tra lo stipendio determinato con il calcolo dell’intera anzianità di servizio ed il minore importo ricevuto a seguito del trasferimento nei ruoli statali.

17. Rigettata la domanda in primo grado e proposto appello dalla dipendente, la Corte d’appello di Ancona con sentenza del 28 novembre 2012, dato atto della menzionata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 6 settembre 2011 ed uniformandosi ai principi di diritto dalla stessa enunziati, con valutazione di merito, escludeva che la dipendente appellante a seguito del trasferimento avesse riportato un sostanziale peggioramento retributivo rispetto al precedente trattamento economico. Rigettava, pertanto, l’impugnazione ritenendo non configurato il paventato pregiudizio economico.

18. Propone ricorso per cassazione Bigelli, la quale, nel ribadire l’obbligo del giudice di attenersi alle pronunzie delle Corti europee, ritiene che la Corte di Ancona non abbia dato adeguata esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia, non rispondendo correttamente ai quesiti posti ai giudici del rinvio dalla Corte di cassazione con la sopra menzionata sentenza 12.10.11 n. 20980. In particolare, nel suo caso non era stato preso in considerazione il depauperamento che a lei sarebbe derivato dalla circostanza che nel passaggio alle dipendenze del Ministero le era stata attribuita una posizione stipendiale che non teneva conto dell’anzianità maturata presso l’ente locale; nel prosieguo del rapporto di lavoro, inoltre ne sarebbero stati condizionati tanto l’importo del T.F.S. che quello della pensione.

19. Il motivo è infondato e deve essere rigettato. Infatti, a proposito della questione sollevata dalla ricorrente, questa Corte già con la sentenza n. 20980 aveva precisato con chiarezza che "il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (così il n. 75 e, al n. 77, si precisa «posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento». Idem nn. 82 e 83)". Successivamente ha affermato che l'assegno ad peno nani, finalizzato alla conservazione del previo trattamento retributivo, si calcola individuando l'eventuale differenza, alla data del transito, fra il trattamento economico erogato dallo Stato, nuovo datore di lavoro, e quello annuo complessivamente in godimento al 31 dicembre 1999 presso l'ente locale di provenienza e, non anche, come ritenuto dalla ricorrente prendendo in considerazione l’incremento retributivo che sarebbe derivato dall’eventuale considerazione dell’anzianità pregressa (Cass. 19.03.12 n. 4316).

20. L’applicazione di tale principio, cui il Collegio intende dare continuità, comporta l’infondatezza del ricorso ed il suo rigetto.

21. Non avendo il Ministero svolto attività difensiva, nulla deve statuirsi in punto di spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, nulla disponendo per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater, del d.P.R. 30.05.02 n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del c. 1 bis dello stesso art. 13.