Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 aprile 2016, n. 7419

Rapporto di lavoro - Ritardo nel prendere servizio - Licenziamento - Valutazione della gravità della condotta del lavoratore

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 7/9/2012, ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda avanzata da S.S. nei confronti di S. S.p.A., diretta all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento intimato al predetto e alla reintegra nel posto di lavoro.

Deduceva lo S. che il licenziamento era stato adottato per un suo ritardo il giorno 10/7/2009, allorché avrebbe preso servizio solo alle 11.30.

Secondo l'addebito contestato dalla società la giustificazione addotta dal ricorrente (ritardo nel prendere servizio dovuto al protrarsi della prestazione lavorativa nella sera precedente fino alle 23.30, a causa del ritardo di tre navi della T. e di un incidente verificatosi durante l’imbarco delle autovetture e susseguente sbarco di un ufficiale) sarebbe risultata non vera, con il conseguente venir meno del necessario rapporto fiduciario.

Al lavoratore era anche contestata la recidiva in relazione a una sanzione irrogata il 23/10/2008, pure impugnata.

2. A fondamento del decisum i giudici di merito rilevavano che la circostanza giustificativa addotta dal lavoratore non era emersa dall'istruttoria svolta e che era stato lo stesso lavoratore ad ammettere in una missiva del 17/8/2009 altra causale del ritardo, dovuta a proprie condizioni di salute.

Confermavano, altresì, le circostanze relative alla recidiva contestata.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione lo S. in base a tre motivi.

Resiste S. S.p.A. con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione ed errata applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 5 L. 604/1966, dell'art. 2119 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell'art. 7 L. n. 300/1970 e degli artt. 1362 e segg. c.c. in relazione alla nota di giustificazioni del 17 agosto 2009 per inadeguata, illogica e contraddittoria valutazione delle prove in relazione all'accertamento della sussistenza dei fatti contestati allo S. con nota aziendale 7-12 agosto 2009, nonché alla base del licenziamento di cui alla successiva nota aziendale del 21 agosto 2009; e in ogni caso omessa, insufficiente, inesatta e contraddittoria motivazione ed esame su punto decisivo: in relazione all'art. 360 nn. 3, 4, 5 c.p.c.

Rileva che la decisione era stata emessa prescindendo in toto dalle risultanze processuali, specificamente da quelle relative alla prova testimoniale espletata, adducendo, a sostegno della decisione, una motivazione che, oltre ad essere intrinsecamente contraddittoria, non trova nessun riscontro nelle prove testimoniali raccolte.

Ciò con violazione delle norme in tema di valutazione della prova e in materia di licenziamento.

2. Con il secondo motivo deduce violazione ed errata applicazione dell'art. 4 Cost., degli artt. 1175, 1375, 2104, 2106 e 2119 c.c., dell'art. 5 della L. 604/1966, dell'art. 7 L. n. 300/1970, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell'art. 27 contratto collettivo S., anche in relazione agli artt. 1362-1371 c.c, per inadeguata, illogica e contraddittoria valutazione delle prove agli atti di causa: in ordine all'accertamento della congruenza del licenziamento irrogato al sig. S. con nota aziendale 21 agosto 2009 in relazione agli addebiti ascritti ad esso con nota aziendale del 7-12 agosto 2009: in ogni caso omessa, insufficiente, inesatta e contraddittoria motivazione su punto decisivo, in relazione all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. Rileva che la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere dell'irrimediabile, definitiva negazione totale degli elementi del rapporto di lavoro, ed in particolare dell'elemento della fiducia che deve ineludibilmente sussistere tra le parti. Osserva che era stata del tutto omesso qualsiasi apprezzamento del grado della colpa o anche dell'elemento intenzionale, così come anche una valutazione dell'effettiva gravità e portata della medesima condotta che si assumeva inadempiente in relazione alla specifica posizione-ruolo lavorativo, inquadramento e mansioni di pertinenza del lavoratore.

I giudici del merito non avrebbero in nessun modo motivato in ordine alla rilevanza che potesse avere la condotta inadempiente in ordine alla relazione di fiducia inerente al rapporto di lavoro inter partes. Rileva l'oggettiva inspiegabilità di una pretesa possibile valutazione in forma di giusta causa di licenziamento di un mero ritardo al lavoro e della non veridicità della sua giustificazione, specificamente in punto di pretesa lesione del vincolo fiduciario.

Osserva, affermata l'assoluta priorità della contrattazione collettiva in materia di tipizzazione - graduazione della giusta causa di licenziamento e di sanzioni disciplinari in generale, che la contrattazione collettiva prevede la sanzione massima della multa in misura non superiore a tre ore di retribuzione per il ritardo al lavoro più volte nello stesso mese (art. 27 ccnl), con conseguente evidenza di una sproporzione rispetto alle indicazioni della contrattazione collettiva riguardo all'affermazione della rilevanza in termini di giusta causa dell'unico ritardo imputabile allo S. e delle giustificazioni non veritiere rese, queste ultime neppure prese in considerazione dalla predetta contrattazione come fonte di illecito disciplinare.

3. Con il terzo motivo deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 c.c. degli artt. 2104 e 2106 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. inadeguata illogica e contraddittoria valutazione delle prove degli atti di causa: in relazione all'accertamento della sussistenza dei fatti contestati allo S. con nota 10 ottobre 2008, nonché alla conseguente illegittimità della successiva sanzione disciplinare di cui alla nota aziendale del 23 ottobre 2008 e, in ogni caso, omessa, insufficiente, inesatta e contraddittoria motivazione su punto decisivo in relazione all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.

Osserva che, anche con riferimento alla nota di contestazione del 10 ottobre 2008, cui è seguita la sanzione disciplinare della sospensione di cinque giorni dal lavoro e della retribuzione adottata il 23 ottobre 2008, valutata ai fini della recidiva, in relazione all’addebito contestato, è rimasto assolutamente indimostrato l’esito dell’istruttoria espletata.

Deve essere vagliato, preliminarmente, il rilievo d’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 348 ter 4° e 5° co. c.p.c., fatto valere con il controricorso.

In proposito il controricorrente rileva che il processo ha visto due decisioni, in primo e secondo grado, assolutamente conformi; che la nuova formulazione dell’art. 348 ter si applica al presente giudizio, poiché la legge (art. 54 c. 2 DL 83/2012) fa riferimento, per l’entrata in vigore del suddetto comma, non alla pubblicazione delle sentenze impugnate, ma ai giudizi d’appello introdotti con ricorso la cui notificazione sia stata richiesta dopo il trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.

5. L’eccezione è priva di fondamento.

In primo luogo va rilevato che la norma invocata riguarda i vizi di motivazione, mentre nel caso in disamina le censure investono prevalentemente vizi di violazione di legge, al più commisti con vizi di motivazione.

In secondo luogo deve rilevarsi con la questione posta, pur fondata in linea di principio (così Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014, Rv. 63381.

La previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter, quinto comma, cod. proc. civ., la sentenza di appello "che conferma la decisione di primo grado", non si applica, agli effetti dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11 settembre 2012) non è in concreto suscettibile di valutazione, poiché il ricorso difetta delle allegazioni documentali necessarie a connotarne l’ammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c., mancando al produzione dell’attestazione riguardo alla consegna del ricorso in appello per la notifica in data 5/3/2013, in conformità alle indicazioni su cui si fonda il rilievo contenute nel controricorso.

6. Il primo motivo dì ricorso è infondato e va rigettato. Il ricorrente, infatti, si è limitato a proporre una valutazione delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella offerta in sentenza, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335).

E da rilevare, inoltre, che il tenore della lettera di risposta dello S. alle contestazioni datoriali, riportata a pg. 15 del controricorso, rende vano ogni rilievo, poiché il lavoratore rende altra causale del suo ritardo al lavoro, il che ha reso ininfluente e priva di decisività ogni indagine in ordine al presunto travisamento della prova testimoniale.

7. Il secondo motivo merita accoglimento.

Ed invero, prescindendo dall'ammissibilità del profilo attinente al rispetto delle norme del contratto collettivo per difetto degli adempimenti di cui all'art. 369 n. 4 c.p.c., deve rilevarsi che manca una compiuta analisi in ordine alla gravità del fatto contestato, alla sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario (anche in relazione alla successiva condotta sostanziatasi nella menzogna). In particolare risulta omesso l'apprezzamento del grado della colpa o dell'elemento intenzionale, così come anche la valutazione della rilevanza dell'omissione in relazione al ruolo assegnato al lavoratore e alle mansioni affidategli. Deve in proposito rilevarsi che "l'operazione valutativa compiuta dal giudice di merito nell'applicare le clausole generali come quella di cui all'art. 2119 o all'art. 2106 cod. civ., che dettano tipiche "norme elastiche", non sfugge ad una verifica in sede di giudizio di legittimità, sotto il profilo della correttezza del metodo seguito nell'applicazione della clausola generale, poiché l'operatività in concreto di norme di tale tipo deve rispettare criteri e criteri e principi desumibili dall'ordinamento generale, a cominciare dai principi costituzionali e dalla disciplina particolare (anche collettiva) in cui la fattispecie si colloca" (Sez. L, Sentenza n. 25144 del 13/12/2010, Rv. 615742).

8. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo.

La sentenza, pertanto, deve essere cassata con rinvio al giudice del merito che, nel colmare le lacune riguardo alla valutazione in ordine alla sussistenza della giusta causa sulla scorta dei fatti accertati, si atterrà ai criteri indicati sub. 7, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del terzo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.