Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 aprile 2016, n. 7463

Tributi - Accertamento fiscale - Accessi, ispezioni e verifiche

 

In fatto

 

1. L'Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il primo ed il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 12 comma 7 L. 212/2000, nonché dell'art. 32 comma 1° n. 2 DPR 600/1973 e dell'art. 115 c.p.c., sia sotto il profilo della operatività, nella fattispecie, del termine dilatorio di cui all'art. 12 citato, pur non vertendosi in ipotesi di "accessi, ispezioni e verifiche" effettuate presso il domicilio del contribuente, sia sotto il profilo della inattuazione, nella fattispecie, del regolare contraddittorio, instaurato dall'Ufficio.

2. La prima censura é fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato il seguente principio di diritto (Cass. 24823/2015): "Differentemente dal diritto dell'Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi, "armonizzati", avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporla in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto".

Le Sezioni Unite hanno quindi precisato le garanzie fissate nell'art. 12, comma 7, L. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente "in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente", valutati il dato testuale della rubrica ("Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali") e, soprattutto, quello del primo comma dell'art. 12 L. 212/2000 (coniugato con la circostanza che l'intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco), che, esplicitamente, si riferisce agli "accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali",ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d'intervento accertativo dell'Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui all'art. 52, comma 1, d.p.r. 633/1972, richiamato, in tema di imposte dirette dall'art. 32, comma 1, d.p.r. 600/1973 e, in materia di imposta di registro, dall'art. 53 bis d.p.r. 131/1986, ipotesi tutte "caratterizzate dall'autoritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali".

Nella specie, non è contestato che si verteva in ipotesi di controllo fiscale eseguito a seguito di acquisizione documentale ex art. 38 DPR 600/1973 e non a seguito di "accesso, ispezione, verifica" presso il domicilio del contribuente.

Le Sezioni Unite hanno inoltre evidenziato come, nella normativa tributaria nazionale, in relazione ai tributi non armonizzati, non si rinviene alcuna disposizione espressa che sancisca in via generale l'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, al di fuori di precise disposizioni che tale contraddittorio prescrivono, peraltro a condizioni e con modalità ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi, quale "l'articolo 38, comma 7, d.p.r. 600/73 (come modificato dall'art. 22, comma 1. d.l. 78/2010, convertito in L. 122/2010), in tema di accertamento sintetico".

Nella specie, è pacifico che si verte in ipotesi di accertamento sintetico notificato per l'anno d'imposta 2006, in relazione al quale non opera, in ogni caso, la modifica normativa di cui al d.l. 78/2010, convertito in L. 122/2010.

Invero, Il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, ha disposto (con l'art. 22, comma 1) che le modifiche operano in relazione agli "accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto" e quindi la norma ha effetto dal periodo d'imposta 2009.

3. In controricorso e con la memoria ex art. 378 c.p.c., il contribuente solleva profili di illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma 7, L. 212/2000 (come interpretato dalla su menzionata decisione delle S.U. 24823/2015), per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. nonché del canone di ragionevolezza intrinseca ex art. 97 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost, anche in riferimento all'art. 111 Cost.

La questione è manifestamente infondata.

Come evidenziato, invero, dalla stessa sentenza n. 24823/2015 delle Sezioni Unite, il dato testuale del detto art. 12, comma 7, L. 212/2000, univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contraddittorio procedimentale alle sole "verifiche in loco", è da ritenersi [(non irragionevole", in quanto giustificato dalla peculiarità stessa di tali verifiche, caratterizzate dall'autoritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell'interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali" siffatta peculiarità, differenziando le due ipotesi di verifica ("in loco" o "a tavolino"), giustifica e rende non irragionevole il differente trattamento normativo delle stesse, con conseguente manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.

Né una questione di costituzionalità, sempre con riferimento all'art. 3 della Cost. può porsi per la duplicità di trattamento giuridico tra "tributi armonizzati" e "tributi non armonizzati", atteso che, come anche in tal caso evidenziato dalla su menzionata sentenza n. 24823/2015, l'assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell'inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contraddittorio procedimentale.

L'affermata insussistenza, nell'ordinamento tributario nazionale, di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale non viola, inoltre, né l'art. 24 Cost. né l'art. 111 Cost., atteso che, come espressamente affermato da questa Corte, nella su richiamata sentenza a sez. unite 24823/2015, le garanzie di cui all'art. 24 "attengono, testualmente, all'ambito giudiziale", né l'art. 111 Cost., in quanto il giudizio tributario, pur nella sua particolarità, è comunque rispettoso del principio della c.d. "parità delle armi", giacché, fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale sancito dall'art. 7 d.lgs. 546/1992, il potere di introdurre in giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, con il valore probatorio proprio degli elementi indiziati, compete non solo all'Amministrazione finanziaria, che tali dichiarazioni abbia raccolto nel corso d'indagine amministrativa, ma, altresì, con il medesimo valore probatorio, al contribuente.

Con riguardo poi principi di diritto affermati da questa Corte a Sezioni Unite nelle sentenze nn. 19667 e 19668 del 2014, in tema di iscrizione d'ipoteca su beni immobili, ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, le stesse Sezioni Unite, nella sentenza successiva n. 24823/2015, già sopra richiamata, hanno chiarito, con riguardo proprio ai suddetti precedenti del 2014, che va escluso il riconoscimento di una generalizzata espansione della garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione di un principio immanente all'ordinamento nazionale ed a quello europeo, in quanto detto riconoscimento è "rimasto fiori dall'ambito del principio di diritto propriamente enucleabile dalle pronunzie medesime", stante il tema specifico in concreto affrontato (le iscrizioni ipotecarie ex art. 77 d.p.r. 602/1973, per l'appunto).

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Liguria, in diversa composizione, per nuovo esame. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione.