Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 aprile 2016, n. 7454

Tributi - IRPEF-IRAP-IVA - Avviso di accertamento - Applicazione degli studi di settore - Rettifica dei ricavi

 

Osserva

 

La CTR di Firenze ha accolto l’appello dell’Agenzia - appello proposto contro la sentenza n. 155/04/2001 della CTP di Lucca che aveva accolto il ricorso di N.A. - ed ha perciò confermato l’avviso di accertamento per il periodo di imposta 2004 relativo ad IRPEF-IRAP-IVA, con il quale erano stati rettificati i ricavi del periodo sulla scorta dell’applicazione degli studi di settore. La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando - sulla premessa che la specifica metodologia di accertamento adoperata si fonda su un sistema di presunzioni semplici la cui gravità precisione e concordanza nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio - che il contribuente non si era presentato all’invito rivoltogli dall’Amministrazione, sicché l’Ufficio "era legittimato ad accertare i maggiori ricavi sulla base degli studi di settore, attuando la procedura automatizzata", nel mentre il contribuente nella sede processuale aveva posto la sola questione del legittimo utilizzo di detti "studi", senza produrre alcun argomento o valida documentazione per consentire di "valutare il quadro probatorio della lite".

La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

L’Agenzia non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc - può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

 

Infatti, con il motivo di ricorso (informato alla violazione dell’art. e 62-sexies del D.L. n.331/1993 (ndr art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993), dell’art. 39 del DPR n. 600/1973 e dell’art. 54 del DPR n. 633/1972) la parte ricorrente si duole che la CTR non abbia considerato la violazione del dovere dell’Agenzia di indicare nell’avviso di accertamento gli elementi presuntivi (le gravi incongruenze) su cui il provvedimento medesimo avrebbe dovuto fondarsi, erroneamente supponendo che detto accertamento contenesse elementi gravi precisi e concordanti nel semplice scostamento statistico, atteso che anche in ipotesi di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore occorre avere riguardo alla capacità contributiva effettiva del soggetto verificato, con esclusione di ogni meccanismo automatico di determinazione del reddito imponibile.

Il motivo ora in rassegna appare inammissibile a mente dell’art. 366 cpc, e se ne propone il rigetto, atteso che la decisione impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per modificare l’orientamento ridetto.

A questo proposito non è possibile prescindere dall’indirizzo interpretativo adottato ripetutamente da questa Corte, per tutte Cass Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009 secondo cui: "La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settor costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito".

Alla luce del predetto indirizzo, ed alla luce del fatto che è pacifico in causa che la parte contribuente ha disertato il contraddittorio al quale era stata debitamente invitata da parte dell’Ufficio, è da ritenersi del tutto corretto che il giudice del merito abbia dato conto del fatto che l’iter procedimentale predisposto dall’Ufficio corrisponde alla fattispecie normativa ed abbia poi inquadrato il difetto di collaborazione della parte contribuente nel quadro probatorio rilevante ai fini del processo, pervenendo alla corretta conclusione che l’accertamento doveva ritenersi fondato, alla luce dell’assenza di idonei elementi contrari oggetto dell’onere di prova che incombe alla parte contribuente.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Ritenuto inoltre:

- che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

- che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

- che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

- che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002 (ndr art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002), la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.