Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 aprile 2016, n. 7289

Tributi - Accertamento - Studi di settore - Obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale - Adeguamento degli standard alla concreta realtà economica del contribuente

 

Fatto

 

P.F., commerciante di articoli religiosi, ha ricevuto un avviso col quale l’Agenzia delle entrate ha rettificato il reddito d’impresa da lui dichiarato per l’anno 2002, adeguandolo ai risultati dello studio di settore SM32U, ai fini irpef, addizionali regionale e comunale, irap ed iva, che ha impugnato per mancanza di motivazione, omessa allegazione di documentazione da lui non conosciuta ed infondatezza della pretesa fiscale. Successivamente, ricevuta notificazione della cartella di pagamento concernente parte della somma, iscritta a titolo di esecuzione provvisoria, il contribuente l’ha impugnata.

La Commissione tributaria provinciale ha annullato avviso e cartella, mentre quella regionale ha accolto l’appello dell’ufficio, facendo leva sull’irrilevanza delle circostanze addotte da F., già considerate dallo studio di settore applicato e comunque prive di supporto probatorio, oltre che di per sé vaghe.

Avverso questa sentenza il contribuente propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a sei motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c., cui l'Agenzia replica con controricorso.

 

Diritto

 

1. - Con i primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perché afferenti alla medesima censura, il contribuente lamenta:

- ex art. 360, comma 1, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli art. 101 c.p.c. e 115, comma 2, disp.att. c.p.c., la violazione del contraddittorio e dei principi regolatori del giusto processo, nonché la conseguente nullità della sentenza e del procedimento, là dove il giudice d’appello non ha accolto la motivata richiesta di rinvio dell’udienza determinata dalla documentata malattia dell’unico difensore costituito nel giudizio di merito, attestata da un certificato di ricovero in ospedale, tempestivamente depositato agli atti del processo - primo motivo;

- ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omessa motivazione sul fatto controverso e decisivo del legittimo e documentato impedimento fisico del difensore, non derivante dalla sua organizzazione professionale, unico difensore costituito in giudizio, a partecipare alla pubblica udienza dinanzi alla Commissione tributaria regionale, al fine di esercitare il diritto di difesa - secondo motivo.

La censura è infondata.

La Corte (Cass., sez.un., ord. 26 marzo 2012, n. 4773; sez.un., 25 maggio 1999, n. 289) ha già avuto occasione di chiarire che l’istanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’art. 115 disp. att. c.p.c., deve fare riferimento all’impossibilità di sostituzione mediante delega conferita ad un collega (facoltà generalmente consentita dall’art. 9 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 e tale da rendere riconducibile all’esercizio professionale del sostituito l’attività processuale svolta dal sostituto), venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza. Ed il principio è stato di recente ribadito anche con riguardo all’art. 9, 2° comma, l. 31 dicembre 2012 n. 247, che ha confermato la facoltà già prevista (Cass., ord. 17 ottobre 2014, n. 22094).

1.1. - Irrilevante è quindi, di per sé, la circostanza che il difensore costituito fosse l’unico e che avesse un legittimo e documentato impedimento fisico a partecipare all’udienza, mancando ogni riferimento alla possibilità di delegare un collega, benché non costituito. Il delegato, difatti, nell'eseguire la delega intervenendo nel processo in forza di essa e senza avere ricevuto direttamente alcun mandato dal cliente del sostituito, opera quale longa manus di quest'ultimo, sicché l'attività processuale da lui svolta è riconducibile soltanto all'esercizio professionale del sostituito ed è come se fosse da lui svolta.

2. - Col terzo e col quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente perché afferenti alla medesima censura, il contribuente denuncia:

- ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli art. 62-sexies, comma 3 e 62-bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge n. 427 del 1993, anche in relazione agli art. 39 del d.P.R. 600/73 e 54 del d.P.R. 633/72, nonché degli art. 2727, 2728, 2729 e 2697 c.c., sostenendo che le risultanze degli studi di settore debbano essere integrate, a cura dell’amministrazione, dalla dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello studio prescelto, da elementi di prova che avvalorino l’attribuzione dei maggiori ricavi o compensi e dall’esplicitazione delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente - terzo motivo;

- ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine agli elementi idonei ad avvalorare lo studio di settore ed il contraddittorio riferimento a standard statistici astratti, ribaltando sul contribuente l’onere della prova contraria - quarto motivo.

Le sezioni unite della Corte (Cass. 26635

, 26636, 26637 e 26638/09) hanno rimarcato che il procedimento di accertamento standardizzato trova il proprio punto centrale nell'obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale, che consente l'adeguamento degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, determinando il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell'elaborazione statistica) alla fase dinamica dell'accertamento (l'applicazione degli standard al singolo destinatario dell'attività accertativa). Contraddittorio procedimentale, lo svolgimento del quale è pacifico in giudizio e che ha propiziato la formazione di un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati, ma, appunto, dalla valutazione delle controdeduzioni del contribuente cui essi sono applicati (in termini, fra varie, Cass. 6 agosto 2014, n. 17646; 31 gennaio 2014, n. 2223; 11 maggio 2013, n. 11633).

A proposito di presunzioni e onere della prova vi è un problema interno di distribuzione dell’onere probatorio: se chi vi ha interesse ha dato la prova di una serie di fatti che possono costituire presunzioni gravi, precise e concordanti del fatto da provare, la controparte ha l’onere - ma anche la possibilità - di provare la non concordanza, semplicemente dando la prova di un controindizio, idoneo a rendere probabile una verità opposta, ma soprattutto a falsificare la prova critica avversaria. In verità quel che prescrive la norma quando richiede che gli indizi siano concordanti è proprio questo: non che sia necessario che vi siano più indizi, ma che non vi siano indizi contrari, poiché è sufficiente una prova contraria a falsificare la prova critica.

2.1. - Ciò posto, l’apprezzamento in ordine alla gravità, precisione e concordanza degli indizi posti a fondamento dell’accertamento effettuato con metodo presuntivo attiene alla valutazione dei mezzi di prova, ed è pertanto rimesso in via esclusiva al giudice di merito, salvo lo scrutinio riguardo alla congruità della relativa motivazione (tra varie, Cass. 30 ottobre 2013, n. 24437). E la deduzione di un vizio di motivazione deve essere formulata con riferimento ad una carente od omessa valutazione del giudice di merito, prospettando una conclusione logica non meramente possibile e plausibile, bensì l’unica applicabile alla fattispecie di cui alla controversia (Cass., ord. 26 novembre 2009, n. 24933

 nonché, tra le più recenti, Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24148).

Nel caso in esame, il giudice d'appello ha passato in rassegna gli elementi dedotti dalla contribuente, come l’assenza di dipendenti e l’ubicazione dei locali in zona, a dire del contribuente, non interessata al traffico veicolare e selezionata, invece, come centro storico, che ha disatteso, di guisa che sul punto la censura, la quale, là dove direttamente si appunta contro la condotta dell’amministrazione e l’avviso nel quale si è espressa, soffre di profili d’inammissibilità, comunque si risolve nell'invito ad una rilettura degli elementi dedotti, inibita alla Corte.

3. - Col quinto e col sesto motivo di ricorso, anch’essi da esaminare congiuntamente, perché relativi alla medesima censura, il ricorrente censura:

- ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omessa motivazione circa il fatto controverso dell’assenza, in allegato all’invito a dedurre da parte dell’ufficio dei dati contabili ed extracontabili utilizzati per la determinazione dei ricavi presunti col sistema GE.RI.CO. - quinto motivo;

- ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per omissione della relativa pronuncia sul punto - sesto motivo.

La complessiva censura è infondata perché verte su fatto non rilevante, giacché il contribuente non ha illustrato come ed in che misura l’omessa allegazione dei dati all’invito al contraddittorio abbia in concreto inciso sull’espletamento della fase del contraddittorio e come essa si sia riverberata sulla motivazione dell’avviso di accertamento successivo.

4. - Il ricorso va in conseguenza respinto e le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la società a pagare le spese sostenute dalla parte costituita, che liquida in euro 3100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.