Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE REGGIO EMILIA - Ordinanza 23 settembre 2014

Giurisdizioni speciali - Commissioni tributarie - Attuale assetto organizzativo-gestionale e status economico dei componenti - Difetto dei requisiti di indipendenza (e imparzialità) anche apparente del giudice, prescritti dalla giurisprudenza CEDU - Mancanza di un rimedio nelle norme processuali relative all'astensione dei giudici tributari - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, artt. 2, 13, 15, 29-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 6 - Codice di procedura civile, art. 51

 

1 - Il sig. C.C. ricorre nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia avverso cartella di pagamento contenente iscrizione a ruolo per tassa e sanzioni relative ad un omesso versamento di tassa cc.gg. per telefonia mobile; valore della causa ai fini della nota spese € 98.

2 - Una questione pregiudiziale sulla validità della costituzione del Giudice: le norme parametro.

Il Collegio ritiene di dover esaminare, d'ufficio, una questione pregiudiziale, attinente la validità della costituzione del Giudice, anche ai fini e per gli effetti dell'art. 158 c.p.c., alla luce non tanto delle norme di legge italiana che regolano la materia, ma dei precetti costituzionali rilevanti in materia (in particolare, l'art. 111 Cost. e, sia autonomamente, sia in combinato disposto con quest'ultimo, l'art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti fondamentali dell'Uomo (d'ora innanzi, Cvedu), per come interpretata e applicata dalla Corte di Strasburgo (d'ora innanzi, CEDU).

Questo Collegio non ignora, infatti, che la violazione delle disposizioni di cui alla Cvedu da parte degli Stati aderenti alla Stessa, tra cui l'Italia è destinata a comportare almeno due ordini di conseguenze.

La prima, che non rileva direttamente in questa sede, è la possibile condanna dello Stato a un indennizzo al soggetto leso, in forza dell'art. 41 Cvedu.

La seconda, che qui invece rileva direttamente, è la incidenza della violazione della Cvedu sulla validità e legittimità delle norme interne.

Questo Collegio non ignora che quanto a quest'ultimo profilo si contendono il campo due tesi.

La prima, fatta propria dalla Corte Costituzionale italiana (C. Cost. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, nonché la sentenza 11 marzo 2011, n. 80), assume che le norme Cvedu sarebbero parametri interposti di legittimità costituzionale, tali che la loro violazione determina la illegittimità costituzionale delle norme interne.

La seconda, di recente accolta dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 17892 del 12 agosto 2014), secondo la quale nel contrasto con la Cvedu, il giudice italiano potrebbe direttamente disapplicare la norma interna.

Questo Collegio ritiene di doversi allineare alla soluzione indicata dalla Corte costituzionale, sia per ragioni di prudenza, non ravvisandosi un orientamento consolidato della Corte di Cassazione nel secondo senso, sia perché, come si vedrà oltre, la soluzione della disapplicazione appare comunque inidonea a risolvere il problema giuridico che si pone.

La questione pregiudiziale verrà quindi esaminata sotto il profilo della rilevanza e non manifesta infondatezza.

3. L'applicazione della Cvedu al processo tributario.

Questo Collegio non ignora che, come rilevato dalla dottrina italiana più attenta ai diritti fondamentali in ambito finanziario, a tutta prima, occuparsi della compatibilità del diritto tributario italiano con le previsioni della CEDU può apparire un esercizio di stile. La nota giurisprudenza della CEDU, ha, infatti, finora escluso dalla applicazione della clausola del giusto processo, di cui all'art. 6 CEDU, proprio il giudizio tributario (CEDU 12 luglio 2001, Ferrazzini v. Italia).

La questione, tuttavia, è tutt'altro che priva di motivi di interesse e rilevanza concreta, anche nel presente processo.

In primo luogo, a livello processuale, perché la clausola del giusto processo è comunque applicabile a tutti i processi tributari, quale quello presente, nei quali siano in gioco sanzioni, non importa se qualificate quali penali o amministrative dagli ordinamenti interni (CEDU, 23 novembre 2006, Jussila v. Finlandia).

In secondo luogo, a livello procedimentale, perché le norme, in genere, sulla tutela dei diritti fondamentali sono comunque applicabili ogniqualvolta la attuazione della pretesa tributaria venga a impattare con diritti fondamentali, come nel caso della frizione tra poteri di indagine finanziaria e diritti dell'individuo (CEDU, 21 febbraio 2008, Ravon e altri v. Francia).

In terzo luogo, al livello sostanziale, perché è pacifico nella stessa giurisprudenza CEDU, che la normativa sostanziale tributaria deve essere compatibile con la tutela dei diritti fondamentali presidiati dall'art. 1 del Primo Protocollo.

E poi, in ogni caso, tornando alla materia processuale, perché la disciplina di fonte CEDU, per quanto non direttamente applicabile al processo tributario, costituisce un modello evidentemente cogente di "giusto processo"; modello con il quale, se non altro concettualmente, l'ordinamento italiano deve confrontarsi.

Non solo, ma atteso che, ai sensi dell'art. 111 Cost., non sembrano consentite esclusioni dall'applicazione del principio per nessun tipo di giudizio e, dall'altro, tale principio sembra porsi nello stesso modo rispetto a tutti i giudizi, non pare fuor di luogo ritenere (o almeno argomentare) che, nella misura in cui il concetto di giusto processo di fonte CEDU impatta sui processi non tributari italiani, attraverso il principio di uguaglianza e la portata generale dell'art. 111 Cost., esso finirebbe per interessare anche il processo tributario. Le movenze del sillogismo che qui si propone sono le seguenti.

Premessa maggiore: ai sensi degli artt. 111 e 3 Cost. tutti i processi debbono essere ugualmente "giusti". Premessa minore: le norme CEDU si applicano (come parametri interposti di costituzionalità) ai processi non tributari. Conclusione: le norme CEDU si applicano indirettamente (per la via degli artt. 3 e 111 Cost. e come parametri di costituzionalità) anche al processo tributario, indipendentemente dal fatto che nel processo si controverta di sanzioni.

 In ogni caso, nella presente controversia, sono in gioco sanzioni e, pertanto, la diretta rilevanza del parametro dell'art. 6 Cvedu è da ritenersi pacifica (Corte CEDU, 23 novembre 2006, Jussila v. Finlandia).

4. La giurisprudenza della CEDU sull'art. 6 della Convenzione, in particolare quanto ai requisiti di indipendenza e imparzialità del giudice.

Tanto premesso, risulta conclusione necessitata di un sillogismo elementare quella secondo cui, controvertendosi nel presente processo (anche) di sanzioni tributarie, la costituzionalità delle norme da applicarsi, anche per quanto attiene alla costituzione del giudice, deve essere valutata anche alla luce dell'art. 6 Cvedu, come interpretato dalla CEDU.

La giurisprudenza della CEDU in tema di indipendenza e imparzialità del Giudice è, dal punto di vista generale e definitorio, consolidata. Così come è consolidata la tendenziale trattazione unitaria delle due condizioni. Si è felicemente osservato che in tale giurisprudenza, spesso, i requisiti di indipendenza e imparzialità che il "tribunale" chiamato a decidere le controversie deve soddisfare costituirebbero una "endiadi di contenuto non dissociabile" e, tutto sommato, non particolarmente utile tentare di scindere i due concetti (Corte CEDU 22 giugno 1989, Langborger c/ Suisse, par. 32 e 8 febbraio 2000, Mc Gonnel v. United Kingdom).

Nei limiti, pertanto, di una certa approssimazione, è espressione ricorrente quella secondo cui, andando già nella giurisprudenza meno recente: "In order to establish whether a body can be considered "independent", regard must be had, inter alia, to the manner of appointment of its members and their term of office, to the existence of guarantees against outside pressures and to the question whether the body presents an appearance of independence (see, inter alia, the Campbell and Fell judgment of 28 June 1984, Series A no. 80, pp. 39-40, para. 78). As to the question of impartiality, a distinction must be drawn between a subjective test, whereby it sought to establish the personal conviction of a given judge in a given case, and an objective test, aimed at ascertaining whether the judge offered guarantees sufficient to exclude any legitimate doubt in this respect (see, amongst other authorities, the De Cubber judgment of 26 October 1984, Series A no. 86, pp. 13-14, para. 24)" (Corte CEDU 22 giugno 1989, Langborger v. Suisse, par. 32).

Ne risulta che l'indipendenza va testata, verificando in primo luogo: a) le modalità di selezione del giudicante; b) la durata del mandato; c) l'esistenza di protezioni contro le pressioni esterne e d) l'apparenza di indipendenza. L'imparzialità andrebbe invece verificata sia in esito a un test "soggettivo", volto a verificare l'esistenza di un concreto e personale pregiudizio del Giudice, come fenomeno psicologico individuale, sia di un test "oggettivo", volto a verificare se, comunque, sia garantita l'apparenza di assenza di pregiudizio, indipendentemente dall'accertamento della sussistenza concreta di esso (Corte CEDU 10 gennaio 2012, Pohoskal v. Poland, par. 35 ss.).

Così, quanto alla modalità di selezione, è stata in primo luogo ritenuta legittima la nomina governativa dei Giudici, purché la loro indipendenza sia garantita da un accertamento obiettivo della competenza, la clausola della inamovibilità e l'esclusione di pressioni esterne (Corte CEDU 28 giugno 1984, Campbell and Fell v. the United Kingdom e 27 aprile 2000, Loyen v. France). Al contrario, la nomina governativa diviene pregiudicante ove tali ulteriori garanzie "compensative" non siano assicurate (Corte CEDU 2 settembre 1998, Lauko v. Slovakia, par. 64), come quando sia la selezione, che le regole applicabili, sia la permanenza nell'Ufficio dipendano dalla autorità amministrativa o governativa che designa il Giudicante (Corte CEDU 18 maggio 2010, Szal v. Poland, par. 58-59).

Legittima altresì la creazione di giudici speciali per singole materie con la previsione di requisiti particolarmente restrittivi, se proporzionati alla particolarità dell'oggetto del giudizio (Corte CEDU 21 giugno 2011, Fruini v. Slovakia). Evidentemente incompatibile con l'affermazione di indipendenza invece un tribunale militare nel quale l'Autorità militare che rileva la violazione abbia il potere di formulare l'imputazione, convocare la Corte, designarne i membri, il Pubblico Ministero e persino i difensori (CEDU 25 ottobre 1997, Findlay v. United Kingdom). In un caso meno evidente, è stato ritenuto elemento pregiudicante anche un criterio non obiettivo di assegnazione dei giudici ai singoli organi giudiziari (CEDU 6 settembre 2005, Salov v. Ukraine, par. 83).

Non è stata ritenuta di per sé incompatibile con la sussistenza di indipendenza e imparzialità la circostanza della assenza di preparazione giuridica di alcuni componenti dell'organo giudiziario (CEDU 3 luglio 2012, Ibrahim Gürkan v. Turkey, par. 18), ma è da ritenere che tale compatibilità non sussisterebbe se non vi fossero garanzie di preparazione tecnica di esso nel suo complesso, di tal che sarebbe verosimilmente carente di indipendenza un Giudice unico non tecnico o un Giudice collegiale in cui non sia nel complesso assicurata adeguata preparazione (CEDU, 3 febbraio 2009, Dauti v. Albania). Si è ritenuta legittima la composizione di un organo giudiziario composto di una giuria di soggetti privi di preparazione tecnica destinati ad accertare il fatto, con il complemento di un presidente e giudici professionali per l'inquadramento giuridico della fattispecie (CEDU 13 gennaio 2009, Taxquet v. Belgium). Né è incompatibile con l'indipendenza la presenza di "componenti laici" negli organi giudicanti, soggetti esperti estranei all'organo giudiziario chiamati ad integrarne le competenze con conoscenze speciali. Essi possono determinare un difetto di indipendenza e imparzialità non in quanto tali ma in quanto o espressione o correlati con le parti, o soggetti a particolari vincoli esterni (CEDU 3 maggio 2005, Thaler v. Austria e 28 gennaio 2010, Puchstein v. Austria).

Ugualmente, non è stata ritenuta incompatibile in sé con la garanzia di indipendenza e imparzialità la circostanza della nomina governativa del Giudice, sempre che esso, una volta nominato, goda di una protezione contro la revoca immotivata del mandato (CEDU 30 novembre, Urban v. Poland).

Connesso a tali temi è il profilo della immutabilità del Giudice: la Corte ha rilevato che la reiterata (e non giustificata) sostituzione dei componenti del collegio giudicante può essere indizio obiettivo di attentato alla indipendenza e imparzialità, o, quantomeno, creare una apparenza di lesione di tali valori e principi (CEDU 3 maggio 2011, Sutyagin v. Russia).

Similmente, la Corte non ha ritenuto che violi, di per sé, il canone di imparzialità un criterio di assegnazione delle cause non predeterminato e obiettivo, ma affidato alla discrezionalità del Presidente (CEDU 9 ottobre 2008, Moyseiev v. Russia). Ciò non pare tuttavia escludere che, in particolari circostanze, anche questo elemento possa assumere rilievo. Così, ad esempio, ove ad assegnare gli affari fosse un'autorità estranea all'ordine giudiziario. Ovvero, ove tale assegnazione avvenisse ad opera di un soggetto interno all'ordine, ma con modalità oggettivamente idonee a determinare un ragionevole dubbio.

Allo stesso modo, è stato ritenuto indiziarlo di difetto di indipendenza e/o imparzialità il reiterato rinvio della causa dal Giudice superiore a gradi inferiori non assistito da motivazioni e garanzie procedimentali (CEDU 3 maggio 2007, Bochan v. Ukraine).

Quanto alla protezione da pressioni esterne, è stata ritenuta pregiudicante la nomina da parte dei superiori gerarchici dell'ordinamento militare di provenienza e appartenenza per i giudici delle Corti marziali o Tribunali militari (CEDU 3 luglio 2012, Ibrahim Garkan Turkey e 27 novembre 2008, Miroshnik v. Ukraine) quando tali giudici restino soggetti al potere di gerarchia del superiore gerarchico medesimo (25 ottobre 1997, Findlay v. United Kingdom).

Ugualmente è stata ritenuta incompatibile con l'indipendenza del giudice l'ingerenza del potere esecutivo o legislativo nella singola controversia, manifestatasi con l'invio di "lettere" contenenti l'invito ad assumere determinate decisioni da parte di appartenenti ad assemblee legislative o a organi di governo (CEDU 6 ottobre 2001 Agrokompleks v. Ukraine, par.133).

La CEDU ha, altresì, valorizzato talvolta l'impatto sull'indipendenza del conferimento (già conseguito o auspicato) di incarichi extragiudiziari, rilevando come possa inficiare quantomeno l'apparenza di imparzialità (e indipendenza) il fatto che il giudice ottenga un incarico presso una autorità politica in un contesto temporale prossimo alla adozione di una significativa decisione che tale autorità concerna, o comunque, quando il giudice si occupi di rilevante contenzioso cui l'autorità è interessata (CEDU 9 novembre 2006, Sacilor Lormies v. France, par. 69.

La CEDU, anzi, riconosce che la garanzia di indipendenza, sotto il profilo della esclusione di pressioni "anomale" sul Giudicante, si esplica anche all'interno del corpo giudiziario, come indipendenza interna, tutelando singolo Giudice e la sua libertà di apprezzamento anche nei confronti di altri organi pur appartenenti all'ordine giudiziario. Si deve pertanto escludere che sussista un tribunale indipendente quando il Giudicante sia esposto a ordini o direttive di capi degli uffici: si può affermare che lo stesso concetto di supremazia gerarchica è incompatibile con il concetto di indipendenza (CEDU 6 ottobre 2011, Agrokompleks v. Ukraine, par. 137). E tale incompatibilità sussiste (quantomeno con l'apparenza di indipendenza) anche quando un organo giudiziario dotato di poteri di vigilanza disciplinare si limiti a esprimere censure su un provvedimento giurisdizionale in una lettera inviata al giudicante (CEDU 19 aprile 2011, Khrykin v Russia).

Rilevante è stata considerata anche la disciplina della progressione in carriera per desumere dal suo collegamento primario al criterio oggettivo della anzianità un elemento che esclude pericoli per la indipendenza (interna o esterna) (CEDU 9 novembre 2006, Sacilor Lormines v. France). Il fatto che la progressione in carriera e la valutazione del lavoro sia invece attribuita a un organo superiore è stato ritenuto elemento incompatibile con l'affermazione di indipendenza (CEDU 6 settembre 2005, Salov v. Ukraine, par. 83).

Particolare attenzione è stata data alla funzione di presidio dell'indipendenza del giudiziario attribuibile agli organi di autogoverno della magistratura, rilevando come tale indipendenza sia garantita quando tali organi siano disciplinati dalla legge, che ne preveda i criteri di composizione, le immunità, le cause di cessazione dalle funzioni, le procedure e se sono ad esso assegnate risorse finanziarie autonome e autonomamente gestite. I relativi membri devono essere liberi da direttive esterne ed è stato ritenuto legittimo che essi siano nominati dal Parlamento e prescelti tra componenti del corpo giudiziario, degli organi della Pubblica Accusa, avvocati e professori in diritto, che prestano giuramento di obbedienza alla soia legge e costituzione (CEDU 3 febbraio 2009, Dauti v. Albania) e possono essere rimossi solo con procedure ammantate di garanzie, nei soli casi previsti dalla legge. Nell'esercizio dei loro poteri, infine, tali organi di autogoverno debbono rispettare il principio del giusto processo (CEDU, 5 febbraio 2009, Olujić v. Croatia).

Autonoma rilevanza quale fattore di indipendenza è stata poi attribuita alla autonomia di gestione finanziaria dell'organizzazione giudiziaria, censurando un sistema nel quale era l'organizzazione ministeriale, una volta determinata, a monte, l'entità dello stanziamento annuale, a provvedere alla gestione quotidiana dei mezzi finanziari (CEDU 27 novembre 2008, Miroshnik v. Ukraine).

Similmente, è stato ritenuto contrario al principio di indipendenza che elementi decisivi per il mantenimento di un tenore di vita decoroso del giudice dipendessero da scelte gestionali della autorità governativa, in un sistema nel quale spettava al ministro fornire la sistemazione logistica personale ai giudici (CEDU 27 novembre 2008, Miroshnik v. Ukraine).

5. Valutazione della conformità della disciplina interna italiana ai parametri della giurisprudenza CEDU (la non manifesta infondatezza della questione).

Da quanto precede emerge, in punto di rilevanza della Questione, che i parametri internazionali predetti sono direttamente applicabili nel presente processo, siccome in esso si controverte di sanzioni.

Resta da esaminare, in punto di non manifesta infondatezza, se le norme interne che disciplinano la materia siano o meno conformi ai parametri (interposti) di Costituzionalità individuati nel paragrafo che precede.

In proposito il Collegio condivide e fa sue le conclusioni cui giunge la dottrina più avvertita che si è occupata della materia, espresse in particolare nelle considerazioni che seguono.

5.1 Modalità di selezione del giudice e indipendenza (profilo manifestamente infondato).

Seguendo la falsariga tracciata sopra, in base alla giurisprudenza CEDU, non sembrano esservi ragioni di perplessità quanto alle modalità di selezione. E' vero che il provvedimento di nomina è su proposta ministeriale che proviene dal Ministero cui afferisce la struttura, sia pure autonoma (le Agenzie) i cui atti sono soggetti al controllo giurisdizionale, ma tale atto è sostanzialmente dovuto, in esito a una selezione che è resa oggettiva da criteri predeterminati e di efficacia predeterminata (i punteggi sono previsti a priori in modo prevedibile e oggettivo) (CEDU 28 giugno 1984, Campbell and Feti v. the United Kingdom e 26 agosto 2004, Filippini v. San Marino). Allo stesso modo, la stessa scelta di istituzione e mantenimento di tale corpo di giudici speciali appare giustificata, alla luce della giurisprudenza di Strasburgo, dalla oggettiva particolarità della materia (CEDU 21 giugno 2011, Fruni v. Slovakia). Conforme alla giurisprudenza della CEDU, la previsione di un giuramento dei giudici tributari (CEDU 3 febbraio 2009, Dauti v. Albania).

5.2 L'assegnazione dei giudici agli uffici (profilo manifestamente infondato).

Supera il test europeo anche l'insieme delle regole di assegnazione dei giudici ai singoli organi giudiziari (CEDU 6 settembre 2005, Salov v. Ukraine) atteso che il meccanismo, obiettivo, di selezione concorsuale, concerne le varie sedi giudiziarie e non vi è pertanto un potere superiore di dislocazione. Quanto poi alla formazione delle sezioni e dei collegi e alla assegnazione dei giudici ai singoli collegi la legge prevede alcune garanzie, anche mediante il rinvio alle circolari predisposte in materia dall'organo di autogoverno (Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria).

5.3 La garanzia della preparazione giuridica (profilo manifestamente infondato)

Secondo quel che sopra si diceva, la CEDU ritiene non incompatibile con la sussistenza di indipendenza e imparzialità la circostanza della assenza di preparazione giuridica di alcuni componenti dell'organo giudiziario (CEDU 3 luglio 2012, Ibrahim Gürkan v. Turkey, par. 18) mentre lo sarebbe l'assenza di garanzie di preparazione tecnica di esso nel suo complesso. I requisiti di accesso e composizione delle Commissioni sembrano complessivamente in linea con tali indicazioni. I giudici delle Commissioni Tributarie sono nominati, tra l'altro, tra: a) i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, e gli avvocati e procuratori dello Stato a riposo; b) i dipendenti civili dello Stato, o di altre amministrazioni pubbliche in servizio o a riposo, purché, tra l'altro, in possesso di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o altra equipollente; c) gli ufficiali della Guardia di finanza cessati dalla posizione di servizio permanente effettivo; d) coloro che sono iscritti negli albi dei ragionieri e dei periti commerciali; e) coloro che, in possesso del titolo di studio ed in qualità di ragionieri o periti commerciali;

f) coloro che sono iscritti nel ruolo o nel registro dei revisori ufficiali dei conti o dei revisori contabili; g) coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento in materie giuridiche, economiche o tecnico-ragionieristiche; h) coloro che hanno conseguito da almeno due anni il diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio; i) gli iscritti negli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei periti edili, dei periti industriali, dei dottori in agraria, degli agronomi e dei periti agrari.

Non pare possa affermarsi che non sia garantita l'indipendenza sotto il profilo della preparazione tecnica (tenuto anche conto dei criteri più selettivi di individuazione dei presidenti di sezione, art. 3 d. lgs. 545/1992) e dei meccanismi di aggiornamento professionale, idonei a colmare eventuali lacune, iniziali o acquisite.

5.4 L'indipendenza quanto a tutela da pressioni esterne effettive (profilo manifestamente infondato).

Delicato e complesso il profilo della tutela da pressioni esterne.

Non paiono in effetti esservi profili di attentato diretto alla indipendenza del Giudice Tributario. Esso non è un pubblico impiegato e nell'esercizio di funzioni giurisdizionali non esiste alcuna gerarchia, ai sensi dell'art. 101 Cost. Appare pertanto tutelata, almeno in prima battuta, sia l'indipendenza esterna che quella interna del giudice tributario (CEDU 6 ottobre 2011, Agrokompleks v. Ukraine e 19 aprile 2011, Khrykin v. Russia). Con essa non è incompatibile il semplice riconoscimento di un potere di vigilanza disciplinare del Presidente della Commissione (art. 15 d. lgs. 545/1992), mentre potrebbe essere un attentato alla indipendenza malgoverno, illegale, di tale potere, da parte del Presidente (CEDU 19 aprile 2001, Khrykin v. Russia). Né problemi evidenti sembrano emergere dallo statuto della responsabilità disciplinare del giudice tributario, nel relativo procedimento appaiono provvedimenti e competenze ministeriali (potenzialmente pericolose, se accompagnate da poteri sostanziali) ma sempre presidiate dall'intervento del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria.

I meccanismi concorsuali accompagnati da un sufficiente riferimento a parametri oggettivi sembrano escludere pericoli per la indipendenza anche quanto alla progressione in carriera, che, peraltro, nella Giurisdizione Tributaria, corrisponde esclusivamente, in senso formale, al passaggio dalle funzioni di componente a quelle di presidente di sezione o presidente, ovvero al passaggio alle funzioni presidenziali dell'organo di secondo grado. Non costituisce invece evidentemente progressione in carriera in senso proprio il trasferimento a sedi equiordinate ma più gradite, che comunque ugualmente subordinato a meccanismi concorsuali con un sufficiente grado di oggettività (CEDU 9 novembre 2006, Sacilor Lormines v. France e 6 settembre 2005, Salov v. Ukraine).

5.5. L'indipendenza interna (profilo manifestamente infondato)

Idonea, ad avviso di questo collegio, a superare il test CEDU anche la regolamentazione dell'organo di autogoverno della magistratura tributaria (CEDU 5 febbraio 2009, Olujić v. Croatia). Esso infatti appare fornire (e godere) di adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione, regole di funzionamento, status, autonomia. L'unico aspetto da ponderare è nella previsione secondo la quale le funzioni di Presidenza, a differenza che negli altri organi di autogoverno, non sono riservate né a un appartenente alla giurisdizione di riferimento, né a un organo di garanzia (come il Presidente della Repubblica, per il CSM), ma un componente "laico", espresso dal Parlamento.

5.6 La tutela della apparenza di indipendenza: l'inquadramento ordinamentale del giudice tributario e del personale delle segreterie (profilo non manifestamente infondato).

Se fino a qui non si sono rilevate significative tensioni tra il principio di indipendenza e la regolamentazione della giustizia tributaria, il quadro appare mutare quando si guardi all'inquadramento di tale giurisdizione. La Giustizia tributaria è inquadrata, attraverso una apposita Direzione, in uno dei Dipartimenti del Ministero dell'Economia e delle Finanze e, addirittura, si tratta dello stesso Dipartimento delle Finanze nel quale si trovano altre Direzioni, equiordinate, quali la Direzione agenzie ed enti della fiscalità, la quale ultima, ad esempio: "Analizza e coordina gli aspetti della gestione trasversali alle Agenzie anche in relazione alle attività progettuali ed elabora metodologie e linee guida in materia di pianificazione e monitoraggio".

Questo inquadramento e assimilazione genera in effetti non poche perplessità, giuridicamente rilevanti in questa sede: la Giustizia Tributaria è inquadrata, sia pure con garanzie di autonomia previste da norme dirette, nello stesso plesso ministeriale dell'amministrazione che emana gli atti da controllare e la articolazione amministrativa che vi è preposta è "parallela" a quella preposta alle Agenzie che emanano gli atti da controllare.   Non solo, esaminando le funzioni attribuite a tale Direzione della Giustizia tributaria emergono alcuni profili che paiono ugualmente molto poco armonici con una apparenza di indipendenza, nel senso lumeggiato dalla CEDU e generano ampie e gravi perplessità. Tra i compiti dei vari uffici in cui si articola la Direzione si trovano, infatti, i seguenti:

Ufficio I: "supporto per l'assegnazione degli obiettivi ai dirigenti delle segreterie delle Commissioni tributarie e della Segreteria del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria e per la valutazione dei relativi risultati".

Ufficio II: "Cura la rilevazione e l'esame delle questioni di rilevante interesse o di ricorrente frequenza nelle controversie tributarie. Analizza le pronunce giurisdizionali e segnala agli enti impositori, alle società di riscossione e all'organo di autogoverno dei giudici tributari i casi in cui non vi sia un univoco orientamento giurisprudenziale, anche al fine di assicurare la coerenza nell'applicazione delle norme tributarie da parte degli enti stessi, nel rispetto dei principi di equità, semplicità e omogeneità di trattamento sanciti dalla legge 27 luglio 2000, n. 212. Predispone, in collegamento con l'Ufficio del coordinamento legislativo, le relazioni all'Avvocatura Generale dello Stato in materia di equa riparazione in caso di eccessiva durata del processo, ai sensi della Legge 24 marzo 2001, n. 89."

Ufficio III: "Cura la gestione dei provvedimenti di nomina, di decadenza e di irrogazione di sanzioni disciplinari relativi al personale giudicante (SIC!!!) delle Commissioni Tributarie, ferme le competenze del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Cura la gestione del contenzioso relativo ai provvedimenti emanati nei confronti dei giudici tributari innanzi alla giurisdizione competente. Assicura il supporto alla formazione permanente dei giudici attraverso la Scuola Superiore dell'economia e delle finanze. Analizza le istanze e le proposte di aggiornamento dell'ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria".

Ufficio V: Assicura l'analisi organizzativa dell'attività delle segreterie delle Commissioni Tributarie e propone misure per eventuali adeguamenti necessari ad assicurare l'efficienza, l'efficacia, la trasparenza e l'imparzialità dell'attività svolta dagli Uffici. Svolge attività di vigilanza e di ispezione, con il supporto degli altri Uffici della Direzione, sulle segreterie delle Commissioni Tributarie".

Ufficio VI: "Assicura la gestione del rapporto di lavoro del personale dirigente e non dirigenziale delle segreterie delle Commissioni tributarie e del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria compreso il trattamento giuridico. Definisce, in raccordo con il Dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi, le procedure di mobilità interna ed esterna del personale. Applica i sistemi di valutazione delle prestazioni, del potenziale e delle posizioni del personale dirigenziale e non dirigenziale, nonché i sistemi di incentivazione. Assicura il supporto alla programmazione della copertura del fabbisogno delle risorse umane. Effettua la ricerca e la selezione del personale e cura, in raccordo con il Dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi, la gestione delle procedure finalizzate al reclutamento e l'approvazione delle graduatorie di assunzione. Assicura la gestione della formazione, anche sulla base delle priorità e delle esigenze espresse dalle strutture"

Ne discende che la selezione, formazione, assegnazione, vigilanza, determinazione dello stato giuridico economico, determinazione degli obiettivi, valutazione della produttività, progressione in carriera e giudizio disciplinare del personale amministrativo preposto alla Giustizia Tributaria e la supervisione sulla organizzazione dei relativi uffici dipende dalla stessa Amministrazione che emana gli atti amministrativi soggetti al controllo giurisdizionale.

Ciò è, in evidente contrasto con il canone di indipendenza, anche apparente, di cui alla CEDU: il personale che costituisce il delicato e indefettibile supporto per lo svolgimento della attività giurisdizionale appare completamente "nelle mani" del soggetto autore degli atti oggetto di giudizio (o meglio, nelle mani di uffici soggetti al medesimo controllo).

Ciò non comporta un'effettiva e sistematica lesione della indipendenza della giurisdizione tributaria, ma sicuramente esclude che di indipendenza vi sia apparenza.

E ciò, come sopra visto, costituisce di per sé violazione del canone di indipendenza e imparzialità secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Si tratta di preoccupazioni non sfuggite all'Organo di Autogoverno della Giustizia Tributaria. Nel passato, ne è stata testimonianza la Relazione per l'anno 2000 dello stesso Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, che così afferma: "la collocazione del personale degli uffici di segreteria nell'amministrazione finanziaria finisce per determinare condizionamenti, anche involontari, comunque non corrispondenti alla funzione di garanzia imparziale della giurisdizione e alla par condicio delle parti nel processo".

La Relazione prosegue individuando alcune fattispecie problematiche sotto il profilo dell'imparzialità e, tra esse, quella dei trasferimenti di personale da uffici finanziari alle Commissioni, per cui può capitare che chi abbia fatto parte del reparto che ha svolto l'attività accertativa si trovi a coadiuvare il Giudice che deve vagliare la legittimità degli atti d'accertamento frutto di detta attività. La Relazione per l'anno 2003, poi, lamenta che la dipendenza del personale delle commissioni e degli uffici dal Dipartimento per le politiche fiscali: "oltre a non tener conto della specificità dei compiti del personale amministrativo delle commissioni, appare anche penalizzante a rispetto alle aspirazioni di carriera e all'acquisizione della specifica professionalità richiesta".

E, insegna la CEDU, la preparazione è strumentale all'imparzialità.

5.7 La tutela della apparenza di indipendenza: la (in)disponibilità di mezzi personali adeguati (profilo non manifestamente infondato)

Profilo ulteriore, sempre attinente la gestione dei mezzi materiali e a personali necessari al funzionamento della giustizia tributaria, concerne la questione dei rapporti tra giudici tributari e personale amministrativo. L'attività giurisdizionale non può svolgersi né produrre alcun effetto se non utilizzando mezzi materiali e fruendo della indispensabile collaborazione del qualificato personale amministrativo. Ed è altrettanto evidente che non solo non è un giudizio efficace ma neppure un giudice indipendente quello che non dispone di tali mezzi. Si crea qui pertanto una ulteriore area frizione tra normativa italiana e giurisprudenza CEDU, determinata dal fatto che i rapporti tra giudici e personale delle segreterie non sono disciplinati in alcun modo, né diretto né indiretto, mentre, per quanto attiene i rapporti tra Presidente della Commissione e Dirigente dei servizi di segreteria, all'identica assenza di disciplina espressa corrisponde, quantomeno, la presenza di una regolamentazione delle rispettive attribuzioni.

Quelle del Presidente sono regolate dall'art. 2 d.lgs. 545/1992, quelle delle segreterie dall'art. 31 e quelle del relativo direttore dall'art. 35.

Per quanto i relativi rapporti non siano regolati espressamente, si possono trarre alcune indicazioni di massima dalla stessa normativa e da altre disposizioni. Le norme sulle funzioni del Presidente gli attribuiscono, tra gli altri, il potere di vigilanza sui servizi di segreteria, da un lato, e, si ritiene, la responsabilità diretta della attività della Commissione, anche ai sensi del d. lgs. 29/1993. Al Direttore spetta l'"organizzazione tecnica" delle segreterie (art. 35 d.lgs. 545/1992). I relativi rapporti non sono pertanto espressamente regolati. Il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria è tuttavia giunto alla conclusione che,a ove la collaborazione e il concerto tra giudici e personale d segreteria non sia possibile, debba prevalere il potere del Presidente della Commissione, tenuto conto dei motivi che seguono. Intanto, l'art. 37 del d.P.R. 748/1972 prevedeva che: "Nulla è, altresì, innovato alle disposizioni che attribuiscono la dirigenza degli organi ed uffici giudiziari spetta ai magistrati". Tale norma non è stata abrogata espressamente (l'art. 72, comma 1, lett. b) d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, prevede l'abrogazione delle sole norme incompatibili con detto decreto). In secondo luogo, poiché non vi può essere responsabilità (per la cattiva gestione di un potere) senza che tale potere vi sia, la responsabilità del Presidente implica la sua titolarità di un potere prevalente, in caso di conflitto. In terzo luogo, a opinare diversamente si contraddirebbe l'ovvio rilievo che mezzi e personale sono funziona all'attività giurisdizionale, da un lato, e che essa deve essere svolta da giudici indipendenti nella forma e nella sostanza. Ne consegue che, in caso di conflitto sulla gestione dell'Ufficio, limitatamente alle materie che concernano o impattino, anche indirettamente, sullo svolgimento della attività giurisdizionale, il Presidente ha il potere di adottare provvedimenti urgenti, scritti e motivati, immediatamente esecutivi, da comunicarsi per osservazioni al Direttore della segreteria, alla Presidenza del Consiglio, all'organo di autogoverno, al Ministro dell'Economia, al Direttore generale del Personale e al Presidente della Commissione regionale. Va anche aggiunto che, comunque, la novella all'art 15 cit., introdotta dall'art. 39, comma 2, lettera e), D.L. n. 98/2011, ha comunque chiarito che il Presidente non ha alcun potere nei confronti del Dirigente; infatti mentre la versione originaria del comma 1, recitava nel senso che "Il presidente di ciascuna commissione tributaria esercita la vigilanza sugli altri componenti e sull'andamento dei servizi di segreteria", lo stesso novellato dispone che: "Il presidente di ciascuna commissione tributaria esercita la vigilanza sugli altri componenti. Il Presidente di ciascuna commissione tributaria segnala alla Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, per i provvedimenti di competenza, la qualità e l'efficienza dei servizi di segreteria della propria commissione."; insomma nessun vero, concreto potere di controllo sul personale di segreteria.

Tale immagine di apparente dipendenza, che costituisce violazione della CEDO, esce rafforzata dalla previsione di relazioni e competenze della Direzione della Giustizia tributaria che appaiono ancora più anomale o allarmanti, quali ad esempio: a) il fatto che tra compiti della Direzione vi sia l'osservazione della giurisprudenza dei giudici tributari, con potere di segnalazione di essa al Consiglio di Presidenza; b) che la Direzione curi i provvedimenti sullo status dei Giudici, sia pure determinati da organi indipendenti; c) che essa segua il contenzioso eventualmente instauratosi con i giudici; d) che essa supporti la formazione professionale dei giudici.

Ciascuno di tali profili appare in evidente frizione con la necessaria apparenza di indipendenza del giudice tributario.

L'osservazione degli orientamenti giurisprudenziali è si finalizzata, nelle indicazioni ufficiali, a garantire l'uniformità della giurisdizione. Ma non è chi non veda che la funzione nomofilattica appartiene, propriamente, alla Corte di Cassazione e che questo potere di segnalazione, da parte di organi dell'Amministrazione che emana i provvedimenti impugnati (!) all'organo, sia pure autonomo, investito anche del potere disciplinare (!) appare non del tutto giustificabile.

 Gli altri elementi sono la conseguenza dell'inquadramento del giudice tributario (e dei suoi mezzi personali e materiali) nel plesso della amministrazione finanziaria, che costituisce una evidente ragione di grave preoccupazione per la apparenza di indipendenza del relativo ordine giudiziario. Sembra, in effetti, che sussista anche sotto questo profilo una situazione, non tanto di effettiva dipendenza ma, quanto meno, di non apparente indipendenza, comunque contraria ai principi CEDU.

5.8 La tutela della apparenza di indipendenza: l'assenza di autonoma gestione dei mezzi materiali. (profilo non manifestamente infondato).

Da valutare con attenzione, poi, il profilo della autonomia di gestione finanziaria dell'organizzazione giudiziaria, tenuto conto del fatto che, come sopra rilevato, la CEDU ha censurato un sistema nel quale era l'organizzazione ministeriale, una volta determinata, a monte, l'entità dello stanziamento annuale, a provvedere alla gestione quotidiana dei mezzi finanziari (CEDU 27 novembre 2008, Mlroshnik v. Ukraine). Anche sotto questo profilo non mancano elementi che rendono la relativa questione di legittimità costituzionale non manifestamente infondata.

E' infatti all'Ufficio VIII organicamente rientrante nel Dipartimento delle Finanze (e quindi a pieno titolo nella struttura organica del Ministero della Economia e delle Finanze) che spettano i compiti seguenti: "Assicura la gestione amministrativo-contabile dei capitoli di spesa delle Commissioni Tributarie, ivi compresi quelli relativi al personale giudicante. Assicura la gestione delle attività connesse all'elaborazione dello stato di previsione della spesa, dell'assestamento e del consuntivo. Monitora lo stato di avanzamento del fabbisogno dei capitoli di spesa. Cura il trattamento economico fondamentale ed accessorio, ivi compresi i buoni pasto, del personale delle Commissioni Tributarie. Elabora la programmazione dei fabbisogni delle risorse strumentali e logistiche. Amministra le spese per manutenzione edile ed impiantistica, per manutenzione apparecchiature, per forniture di beni e servizi. Supporta la Direzione sistema informativo della fiscalità, per l'individuazione del fabbisogno di beni e servizi informatici delle Commissioni tributarie. Gestisce le risorse finanziarie relative ai contratti di locazione e il pagamento dei relativi oneri accessori per gli immobili in uso alle Commissioni Tributarie. Svolge funzioni di indirizzo e vigilanza sui consegnatari delle Commissioni Tributarie per assicurare la gestione unitaria in materia di utilizzo delle risorse e degli approvvigionamenti. Aggiorna la banca dati del personale nelle materie di competenza."

In proposito è interessante rilevare come l'Ufficio studi del Dipartimento delle Finanze, nel dossier relativo a "Il bilancio di previsione per il 2013 - A.C. 5535 - Elementi per l'istruttoria legislativa - Profili di competenza della VI Commissione" con riguardo al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 riferisce alla Commissione Finanze che "gli stanziamenti relativi alla "Giustizia tributaria" sono stati, sino all'esercizio 2012, ricompresi nell'ambito della Missione "Politiche economico-finanziarie e di bilancio", Programma "Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità". Nel bilancio 2013 è stato creato il nuovo programma "Giustizia tributaria" nell'ambito della missione n. 27 "Giustizia", con creazione di nuovi capitoli e trasferimento delle risorse dagli originari capitoli."

Si tratta forse, di un passo avanti, che non sembra tuttavia garantire in alcun modo, nella apparenza, che è comunque decisiva ai fini della giurisprudenza Cedu, la necessaria indipendenza della giustizia tributaria.

5.9 La tutela della apparenza di indipendenza: lo status economico del giudice tributario. (profilo non manifestamente infondato)

Ugualmente, non pare superare il test di compatibilità con la CEDU e determinare un autonomo profilo di questione di legittimità costituzionale non manifestamente infondata, il trattamento economico del giudice tributario. E ciò sotto un duplice profilo. Da un lato esso è determinato con provvedimento della stessa amministrazione i cui provvedimenti sono soggetti al controllo giurisdizionale (!), dall'altro esso non appare determinato in misura adeguata.   Sotto il primo profilo la non apparente indipendenza risulta addirittura marchiana se si osserva che il fatto che la retribuzione sia determinata dall'autorità di vertice della amministrazione soggetta a controllo costituisce una apparenza di potere di pressione addirittura manifesta. Inoltre: "la liquidazione dei compensi è disposta dalla direzione regionale delle entrate, nella cui circoscrizione ha sede la commissione tributaria di appartenenza ed i pagamenti relativi sono fatti dal dirigente responsabile della segreteria della commissione, quale funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari" (d.lgs. 545/1992, art. 13 co3).

Il compenso è determinato dal vertice della amministrazione controllata, la liquidazione è disposta dall'organo cui sono imputabile la più gran parte degli atti impugnati e il pagamento effettuato materialmente dall'organo ausiliario del giudice, istituzionalmente dipendente dalla amministrazione controllata (!).

Sotto il secondo profilo, rammentato che, è stato ritenuto contrario al principio di indipendenza che elementi decisivi per il mantenimento di un tenore di vita decoroso del giudice dipendessero da scelte gestionali della autorità governativa (CEDU 27 novembre 2008, Miroshnik v. Ukraine), appare evidente che la corresponsione ai giudici tributari di compensi non adeguati mette a serio rischio l'immagine di relativa indipendenza e soprattutto imparzialità verso l'esterno.

6. La questione di costituzionalità. Le norme parametro.

Da quanto sopra precede risulta che sussiste lo spazio giuridico che non solo consente, ma anzi impone, al Giudice Tributario di sollevare una eccezione di legittimità costituzionale. Non solo è preciso dovere giuridico del Giudice Tributario presidiare il rispetto, da parte della normativa di legge, dei principi fondamentali contenuti nella Carta Fondamentale. Egli ha anche il preciso dovere di tutelare anche l'interesse dello Stato a evitare violazioni del diritto internazionale che comporterebbero un illecito internazionale e l'obbligo per lo Stato di indennizzare le vittime della violazione.

Il Giudice ha anche il dovere di interpretare le norme della Costituzione alla luce delle norme interposte, quali le norme della Cvedu, avvalendosi altresì della interpretazione di essa da parte della Corte di Strasburgo (C. Cost. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, nonché la sentenza 11 marzo 2011, n. 80). Ne consegue il pieno e vincolante dovere di questo Collegio di vagliare la normativa interna italiana alla luce dei seguenti parametri di costituzionalità: art. 101 e 111 Cost. e, per il tramite dell'art. 117 Cost., art. 6 Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, per come interpretata dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (giurisprudenza sopra riassunta, nei limiti di rilevanza nella presente sede, sopra, nel n. 4).

7. La questione di costituzionalità. Sulla applicabilità delle norme parametro e sulla rilevanza e le norme sospettate di illegittimità costituzionale. Non vi è dubbio che nella presente fattispecie intanto, siano direttamente applicabili, come parametro di costituzionalità, le norme della Cvedu, e in particolare l'art. 6. Come sopra dettagliatamente argomentato al n 3 tale parametro è comunque applicabile a tutti i processi tributari, quale quello presente, nei quali siano in gioco sanzioni, non importa se qualificate quali penali o amministrative dagli ordinamenti interni (CEDU, 23 novembre 2006, Jussila v. Finlandia).

Per quanto riguarda le norme sospettate di illegittimità costituzionale va detto che non si tratta ,in effetti, delle norme che disciplinano il merito della controversia da decidere, né, propriamente, delle norme che disciplinano lo svolgimento del processo, ma di due altre tipologie di norme, ugualmente fondamentali e rilevanti: innanzitutto quelle che costituiscono la struttura, ordinamento, inquadramento del giudice e dovrebbero assicurarne la indipendenza e, in secondo luogo, delle norme, queste sì processuali, che dovrebbero, in caso di rilevata violazione della indipendenza consentire il rimedio alla violazione del principio di indipendenza.

E' del tutto evidente che anche queste norme, in particolare quelle del primo tipo appena citato possano e, soprattutto debbano essere oggetto dello scrutinio di legittimità costituzionale.

Altrimenti il legislatore potrebbe costituire una giurisdizione illegittima (perché non indipendente o per altri motivi) sottraendosi al controllo della Corte delle Leggi solo assumendo che le norme considerate non sarebbero norme direttamente applicate dal giudice nel processo ma solo norme che costituiscono il giudice del processo. Altrimenti il legislatore potrebbe, senza freno e controllo della Corte delle Leggi, violare gli obblighi internazionali dello Stato e violare la norma sacrale del giusto processo.

Tanto premesso, le norme che determinano una situazione di non apparente indipendenza e costituiscano un giudice non apparentemente imparziale sono le seguenti (già indicate sopra nei nn. 5.6, 5.7, 5.8 e 5.9.).

In particolare: nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 gli articoli:

a) 2, 15, 31, 32, 33, 34 e 35, in ordine alle attribuzioni di Presidenti, Giudici, Direttore delle Segreterie e Segreterie, anche in correlazione con gli articoli 37 del d.P.R. 748/1972 e 72, comma 1, lett. b) d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e delle norme di cui al D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 240, e articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (e relativa disciplina delegata e attuativa, art. 15, comma 1, D.P.C.M. 27-2-2013 n. 67) per quanto attiene il profilo della indisponibilità da parte del Giudice Tributario dei mezzi personali per esercizio della giurisdizione (la questione sopra delineata nel par. 5.6 e 5.7), nella parte in cui non assicurano, in conformità alla giurisprudenza della CEDU, citata sopra al n. 4, la indipendenza sotto il profilo della possibilità di disporre autonomamente del personale ausiliario, attribuendo, invece, tali poteri alla Amministrazione cui appartengono le autorità che emana gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale;

b) 13, per quanto attiene alla lesione della apparenza di indipendenza sotto il profilo dell'assetto dei poteri di determinazione del trattamento economico (la questione sopra delineata sub n. 5.9) sotto il profilo di prevedere la determinazione, liquidazione e amministrazione del compenso da parte della stessa amministrazione cui appartengono anche gli organi che emettono gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale, con lesione della apparenza di indipendenza in conformità alla giurisprudenza della CEDU citata sopra al n 4;

c) 2, 29-bis, 31, e 35, sotto il profilo della omessa previsione di una autonomia di gestione finanziaria e contabile delle Commissioni tributarie (questione sopra delineata sub 4.8), anche in rapporto con l'articolo 1, comma 404, l. 27 dicembre 2006, n. 296 e relativa regolamentazione delegata (art. 15, comma 8 D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43) e, successivamente, articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (e relativa disciplina delegata e attuativa, art. 15, comma 3, D.P.C.M. 27-2-2013 n. 67) nella parte in cui non assicurano, in conformità alla giurisprudenza della Cedu citata sopra al n 4 la apparenza di indipendenza sotto il profilo della possibilità di disporre autonomamente dei mezzi materiali, invece attribuiti alla gestione dell'autorità che emette gli atti da sottoporre al controllo giurisdizionale.

Sotto il profilo, invece delle norme processuali, denunciate di illegittimità sono gli articoli 6 D.Lgs. 546/1992 e 51 c.p.c. nella parte in cui non prevedono, accanto alla possibilità di astensione individuale del giudice per motivi "personali", un rimedio che consenta di rimediare al difetto di apparenza di indipendenza c.d. ordinamentale del giudice ovvero di evitare che venga adottata una decisione che, per effetto della sua adozione da parte di un giudice non apparentemente indipendente per violazione della clausola del giusto processo, ai sensi dell'art. 111 Cost. e 6 Cvedu, sia nulla per difetto di costituzione del giudice (art. 158 c.p.c.) e, comunque, fonte di responsabilità dello Stato italiano per violazione dei diritti fondamentali dell'uomo.

E' ancora il caso di aggiungere che le norme sopra citate sono tutte applicate nella presente fattispecie, nel senso sopra precisato, e che da esse dipende la decisione della controversia in corso davanti a questo Giudice, non quanto a disciplina del merito o degli atti processuali, ma quanto alla legittima e valida costituzione, nel quadro dello statuto dei diritti fondamentali, anche di fonte CEDU, del Giudice preposto a decidere.

8. La non manifesta infondatezza delle questioni (rinvio).

Per quanto attiene la non manifesta infondatezza essa risulta, dal puntuale e dettagliatamente argomentato confronto tra la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, sunteggiata sopra nel 4, e la disciplina interna compiutamente analizzata sopra nei paragrafi dai n. 5 a n. 5.9.

Per economia di esposizione e migliore leggibilità ad essi si fa integrale rinvio in questa sede, rilevando che questo collegio ritiene manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale relativo ai profili riassunti nei nn. 5.1, 5.2, 5.3, 5.4 e 5.5.

Si ritengono invece non manifestamente infondate le questioni sopra dettagliatamente espresse ai nn. 5.6, 5.7, 5.8 e 5.9 per i motivi dettagliatamente e approfonditamente espressi in quella sede, da intendersi qui espressamente richiamati.

Può solo soggiungersi che le norme denunciate non si prestano a una interpretazione costituzionalmente orientata che eviti l'elevazione della questione di legittimità costituzionale.

Le norme che disciplinano status, struttura e inquadramento ordinamentale del giudice sono inequivoche e solo un intervento del tutto "creativo" certamente sottratto ai poteri del Giudice Tributario potrebbe ipotizzare un inquadramento della giustizia tributaria, definizione dello status, dotazioni e guarentigie diverso da quello cogentemente ed espressamente sancito dalle norme denunciate. Tale diverso inquadramento e definizione, del resto, non è ipotizzata in via interpretativa neppure dalla dottrina più avanzata e pare ermeneuticamente del tutto impossibile.

Le norme che prevedono i rimedi processuali, invece, non solo non si prestano a una interpretazione differente ma essa sarebbe del tutto inutile, atteso che, poiché il vizio di costituzione riguarda non il singolo giudice ma il complesso di essi, anche l'attivazione del rimedio processuale da parte dei singoli componenti di questo Collegio non potrebbe determinare in alcun modo l'eliminazione del sospettato assetto lesivo dei diritti costituzionali e fondamentali sopra denunciato.

 

P.Q.M.

 

Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle seguenti norme:

1-quanto D.Lqs. 31 dicembre 1992, n. 545 gli articoli:

a) 2, 15, 31, 32, 33, 34 e 35, in ordine alle attribuzioni di Presidenti, Giudici, Direttore delle Segreterie e Segreterie, anche in correlazione con gli articoli 37 del d.P.R. 748/1972 e 72, comma 1, lett. b) d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e delle norme di cui al D.lgs. 25 luglio 2006, n. 240, e articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (e relativa disciplina delegata e attuativa, art. 15, comma 1, D.P.C.M. 27-2-2013 n. 67) per quanto attiene il profilo della indisponibilità da parte del Giudice Tributario dei mezzi personali per esercizio della giurisdizione (la questione sopra delineata nel par. 5.6 e 5.7), nella parte in cui non assicurano, in conformità alla giurisprudenza della CEDU, citata sopra al n. 4, la indipendenza sotto il profilo della possibilità di disporre autonomamente del personale ausiliario, attribuendo, invece, tali poteri alla Amministrazione cui appartengono le autorità che emana gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale;

b) 13, per quanto attiene alla lesione della apparenza di indipendenza sotto il profilo dell'assetto dei poteri di determinazione del trattamento economico (la questione sopra delineata sub n. 5.9) sotto il profilo di prevedere la determinazione, liquidazione e amministrazione del compenso da parte della stessa amministrazione cui appartengono anche gli organi che emettono gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale, con lesione della apparenza di indipendenza in conformità alla giurisprudenza della CEDU citata sopra al n. 4;

c) 2, 29-bis, 31, e 35, sotto il profilo della omessa previsione di una autonomia di gestione finanziaria e contabile delle Commissioni tributarie (questione sopra delineata sub 4.8), anche in rapporto con l'articolo 1, comma 404, l. 27 dicembre 2006, n. 296 e relativa regolamentazione delegata (art. 15, comma 8 D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43) e, successivamente, articoli 2, comma 10-ter, e 23-quinquies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (e relativa disciplina delegata e attuativa, art. 15, comma 3, D.P.C.M. 27-2-2013 n. 67) nella parte in cui non assicurano, in conformità alla giurisprudenza della Cedu citata sopra al n 4 la apparenza di indipendenza sotto il profilo della possibilità di disporre autonomamente dei mezzi materiali, invece attribuiti alla gestione dell'autorità che emette gli atti da sottoporre al controllo giurisdizionale.

2-quanto al D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 l'articolo 6 D. Lgs. 546/1992 e 51 c.p.c. nella parte in cui non prevedono, accanto alla possibilità di astensione individuale del giudice per motivi "personali", un rimedio che consenta di rimediare al difetto di apparenza di indipendenza c.d. ordinamentale del giudice ovvero di evitare che venga adottata una decisione che, per effetto della sua adozione da parte di un giudice non apparentemente indipendente per violazione della clausola del giusto processo, ai sensi dell'art. 111 Cost. e 6 Cvedu, sia nulla per difetto di costituzione del giudice (art. 158 c.p.c.) e, comunque, fonte di responsabilità dello Stato italiano per violazione dei diritti fondamentali dell'uomo., il tutto in riferimento agli artt. 101 e 111 Cost. e, per il tramite dell'art. 117 Cost., art. 6 Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, per come interpretata dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo; sospende il giudizio; ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; ordina alla Segreteria che la presente ordinanza sia notificata alla Parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei Deputati.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. del 13 aprile 2016, n. 15