Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 aprile 2016, n. 7149

Tributi - Accertamento sintetico - Presunzione legale di capacità contributiva - Disponibilità di taluni beni (autoveicoli, residenze principali o secondarie)

 

Osserva

 

La CTR di Firenze ha respinto l’appello dall’Agenzia proposto contro la sentenza n.75/10/2011 della CTP di Firenze che aveva accolto il ricorso di F. M. contro avviso di accertamento per IRPEF 2004-2005, avviso emesso a seguito di accertamento sintetico di genere presuntivo fondato sulla capacità di spesa desunta da indici consistenti in incrementi patrimoniali e spese di gestione di beni mobili registrati ed immobili.

La predetta CTR -dato atto che l’Agenzia appellante aveva riconosciuto la parziale erroneità dell’accertamento per effetto delle giustificazioni rese dal contribuente a riguardo dei contestati incrementi patrimoniali, chiedendo la conferma dell’accertamento nel limite del maggior reddito correlato con gli indici delle spese di gestione - ha motivato la decisione ritenendo che le spese presuntive determinate con il ricorso ai "coefficienti proposti dal D.M. 10.9.1992 e dal direttore dell’Agenzia delle Entrate con provvedimento 17.5.2005 ....sono palesemente eccessive, errate ed inattendibili. In particolare, si ritiene ingiustificata l’applicazione dei coefficienti moltiplicatori dei valori base dei rispettivi beni", comportando il loro utilizzo "una presunzione di spesa assolutamente irreale e fantasiosa, al di fuori di ogni obiettivo riscontro nella realtà economico-sociale" (per esempio, € 37.457,00 per una autovettura a gasolio). Né detti coefficienti possono ritenersi "certi, vincolanti ed indiscutibili", sicché essi "possono essere disattesi e modificati...nei casi in cui sia palese, in concreto, la loro inesattezza ed inattendibilità". La CTR ha perciò rideterminato l’esito dell’accertamento avvalendosi dei soli "valori base" previsti dal predetto D.M., e - atteso che il reddito desuntone risultava inferiore a quello dichiarato - ha ritenuto infondato l’accertamento.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La parte intimata non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c.- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art. 112 c.p.c.) la ricorrente si duole infondatamente di ultrapetizione (per avere il giudicante accolto un’eccezione non proposta dalla parte contribuente), senza tenere conto che nel giudizio di appello l’oggetto della domanda ed i motivi che la sostengono sono quelli determinati dalla parte appellante, sicché non vi può essere ultrapetizione se il giudicante si è limitato a disattendere l’appello, sia pure per ragioni diverse da quelle prospettate dalla parte ricorrente in primo grado.

Con il secondo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art. 38 del DPR n.600/1973 e dei suoi regolamenti attuativi DD.MM 10.9.1992 e 19.11.1992 e dell’art. 2697 cod. civ) la ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto di avere il potere di disattendere (e disapplicare l'utilizzo de) i coefficienti determinati con i detti decreti ministeriali - ed in specie il criterio dei coefficienti moltiplicatori delle spese sostenute per la gestione dei beni indice- per il fatto stesso della loro ritenuta inidoneità a costituire il fondamento della presunzione legale prevista dall’art. 38 e dettagliatamente disciplinata a mezzo del rinvio alla normazione integrativa delegata contenuta nei menzionati decreti ministeriali.

La censura appare fondata e da accogliersi.

Sul punto basti il rinvio alla consolidata giurisprudenza di codesta Corte Suprema, cui non vi è altro da aggiungere, attesa l’esaustività dei principi ricavabili dalle massime:"In tema di accertamento dei redditi, costituiscono - ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel testo applicabile nella fattispecie "ratione temporis" - "elementi indicativi di capacità contributiva", tra gli altri, specificamente la "disponibilità in Italia o all'estero" di "autoveicoli", nonché di "residenze principali o secondarie". La disponibilità di tali beni, come degli altri previsti dalla norma, costituisce, quindi, una presunzione di "capacità contributiva" da qualificare "legale" ai sensi dell'art. 2728 cod. civ., perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una "capacità contributiva". Pertanto, il giudice tributario, una volta accertata l'effettività fattuale degli specifici "elementi indicatori di capacità contributiva" esposti dall'Ufficio, non ha il potere di togliere a tali "elementi" la capacità presuntiva "contributiva" che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19252 del 30/09/2005 seguita e preceduta da molte altre).

Non resta che concludere che l’apprezzamento del giudicante, radicato proprio sull’idoneità della presunzione legale tipica (che si compone non soltanto dell’individuazione dei beni indice ma anche del criterio di computo per la trasformazione della comprovata disponibilità dei detti beni in reddito "virtuale", secondo criteri statistici che sono determinati a monte e che sono anch’essi oggetto dell’esercizio della potestà normativa delegata e perciò risponde anch’essa all’investitura democratica del potere legiferante che ne giustifica l’esercizio all’interno di limiti determinati a monte, senza che ne resti intaccato il principio cardine dell’art.23 Cost. - tra le molte si veda Corte Cost. SENT. num. 0236 del 1994).

In definitiva, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza del secondo motivo, con conseguente rinvio al giudice del merito per il rinnovo dell’esame della materia devoluta con l’appello.

Roma, 30 luglio 2015

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo. Cassa la decisione impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia alla CTR Toscana che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.