Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 aprile 2016, n. 7025

Licenziamento per riduzione di personale - Tutela obbligatoria - Ragioni relative all'attività produttiva - Prova

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Catanzaro, con sentenza del 14/5/2012, ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva accolto la domanda avanzata da N.O. nei confronti di A.R. volta a dichiarare illegittimo il licenziamento intimatogli per riduzione del personale. Al lavoratore era riconosciuta la tutela obbligatoria, in ragione del numero di dipendenti risultante dal libro matricola, con condanna del convenuto alla corresponsione di quattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

2. I giudici del merito osservavano che, in forza dell'istruttoria espletata, il licenziamento era da considerare illegittimo, non avendo l'A. fornito alcuna prova delle ragioni relative all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento dell'attività, ragioni che avrebbero motivato la riduzione di personale. Osservavano, inoltre, che dall'esame testimoniale era emerso che, successivamente al licenziamento del N., era stato assunto altro dipendente cui erano state affidate le medesime mansioni del primo. Gli stessi giudici, inoltre, respingevano il rilievo concernente l'omesso esercizio del potere istruttorio officioso in relazione a prova testimoniale per la quale era stata pronunciata ordinanza di decadenza in ragione della mancata intimazione dei testi a comparire all'udienza fissata per l'audizione, stante l'imputabilità della medesima decadenza a inerzia della parte resistente.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione A.A. con unico motivo. Il convenuto non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

1. Con l'unico motivo il ricorrente deduce omesso o insufficiente esame di un fatto decisivo per il giudizio - Violazione e falsa applicazione dell'art. 421 c.p.c. nonché distorto esame e falsa applicazione della giurisprudenza della Suprema Corte prodotta in giudizio dall'odierno ricorrente - Errata e falsa interpretazione delle risultanze istruttorie emerse nei primo grado e poste a base della decisione in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva che la sentenza impugnata ha ritenuto corretta la decisione del giudice di primo grado che lo aveva dichiarato decaduto dalla prova testimoniale, in luogo che espletare la stessa esercitando i poteri conferiti dall'art. 421 c.p.c. Deduce che la sentenza era censurabile sotto il profilo dell'art. 360 n. 5 c.p.c., per non essersi attenuta ai principi enunciati dalla Suprema Corte (SU n. 11353 del 17/6/2004) in punto di esercizio dei poteri istruttori officiosi e per non avere esaminato compiutamente la prova orale.

Rileva che da quest'ultima emergeva che l'assunzione effettuata dal datore di lavoro dopo il licenziamento riguardava un operaio con qualifica diversa e differenti mansioni.

2. La censura è infondata.

3. Quanto al profilo attinente all'omesso esercizio del potere officioso attribuito al giudice dall'art. 421 c.p.c., si osserva che, fermo il fondamentale enunciato di cui alla sentenza citata in ricorso riguardo alla discrezionalità dell'esercizio del suddetto potere ed al sindacato del medesimo in sede di legittimità esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione, il collegio intende dare continuità all'indirizzo formatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità con riguardo al diniego di iniziativa officiosa sollecitata in funzione di supplenza di carenze riferibili alla parte, principio sintetizzato nell'enunciato che segue: "Nel rito del lavoro, i poteri istruttori officiosi di cui all'art. 421 cod. proc. civ. - il cui esercizio è del tutto discrezionale e come tale sottratto al sindacato di legittimità -, non possono sopperire alle carenze probatorie delle parti (nella specie, mancata specifica richiesta, nel ricorso, dell'esperimento probatorio in ordine a fatti e accadimenti dedotti come indici della subordinazione e, correlativamente, della formulazione in capitoli separati e dei testi da escutere su di essi), così da porre il giudice in funzione sostitutiva degli oneri delle parti medesime e da tradurre i poteri officiosi anzidetti in poteri d'indagine e di acquisizione del tipo di quelli propri del procedimento penale" (Sez. L, Sentenza n. 17102 del 22/07/2009 (Rv. 609551), conforme 15899/2011 rv 619414). Nel caso in esame, poi, non risultano neppure allegate le ragioni che sarebbero state rappresentate al giudice del merito come idonee a giustificare l'esercizio del potere istruttorio officioso, così da consentire il superamento della decadenza verificatasi. La prospettazione di un vizio di motivazione per omesso esame sul punto, pertanto, è inammissibile per mancata indicazione dei presupposti per l'esercizio del potere discrezionale.

4. In relazione, poi, al profilo di censura attinente alla diversità delle mansioni svolte dal dipendente assunto dopo il licenziamento di cui si discute rispetto a quelle assegnate al lavoratore licenziato, va rilevato che il ricorrente si è limitato a proporre una valutazione delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella offerta in sentenza, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335).

5. Per le ragioni indicate il ricorso va rigettato. Nulla va disposto in punto di liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità, in mancanza di costituzione del lavoratore, rimasto intimato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.