Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 aprile 2016, n. 7030

Attività giornalistica - Subordinazione - Accertamento - Obbligo contributivo

 

Svolgimento del processo

 

Il Tribunale di Roma condannava la P.E. s.p.a. a corrispondere all’INPGI la complessiva somma di € 75.451,19 a titolo di contributi omessi in relazione a taluni dipendenti della società editrice, escludendo tuttavia la sussistenza di un obbligo contributivo per i lavoratori P. (di cui non era stata accertata la subordinazione), C. e L. per i quali, pur riconosciuta la subordinazione e l'iscrizione all'Albo dei giornalisti, non era emerso che avessero svolto attività giornalistica; quanto al giornalista M. era invece emerso che le somme su cui l'Istituto reclamava i prescritti contributi, ne erano invece esenti, trattandosi di incentivo all'esodo, come da accordo del 1.6.05.

Avverso tale sentenza proponeva appello l'INPGI. Resistevano la P.E. e I’INPS.

Con sentenza depositata il 20 febbraio 2012, la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'INPGI, affidato a tre motivi.

Resistono la P.E. s.p.a. e l’INPS con controricorso. L'INPGI e la società P. hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 8 del d.lgs. n. 103\1996; 1, 41 e 45 della L n. 69\1963 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente non necessaria, ai fini dell'assoggettamento a contribuzione INPGI, la natura giornalistica dell'attività svolta dal dipendente di casa editrice in base ad una erronea lettura del Regolamento INPGI 21.5.97, reso in attuazione del d.lgs n. 103\1996 (ad avviso della Corte distrettuale riguardante - in tesi - solo i giornalisti svolgenti attività autonoma), laddove il d.lgs n. 503\1992 (art. 17, comma 3) prevedeva espressamente tra i requisiti di iscrizione all'Istituto che il rapporto di lavoro dei dipendenti interessati fosse disciplinato dal c.c.n.I.g., sicché quel che rilevava, oltre all’iscrizione all'Albo, era la natura subordinata della prestazione e l'attività giornalistica svolta dal dipendente.

2. - Con secondo motivo l'Istituto denuncia la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c.e 2727 c.c., lamentando che la sentenza impugnata ritenne irrilevante che per i lavoratori C. e L. la società P. versasse alla gestione separata INPGI per i lavoratori autonomi la prescritta contribuzione del 2%, indicativa della natura giornalistica delle mansioni svolte da costoro.

3. - Con il terzo motivo l'Istituto denuncia una illogica motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamenta che la sentenza impugnata desunse erroneamente dalle prove testimoniali, di cui riporta alcuni brani, che le lavoratrici C. e L., pur iscritte all'Albo dei giornalisti, svolgessero in effetti mansioni impiegatizie e non giornalistiche.

3.1. - I motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, presentano profili di inammissibilità e sono, per il resto, infondati.

Deve premettersi che la presente controversia riguarda unicamente, oltre alla posizione M., la sussistenza di un obbligo contributivo nei confronti dell'INPGI quanto alle lavoratrici C. e L., per le quali la sentenza impugnata, al pari di quanto ritenuto dal Tribunale, ha escluso lo svolgimento di attività giornalistica, circostanza contestata dall’INPGI sulla base di una diversa lettura delle testimonianze escusse e del versamento, da parte della società editrice, dei contributi alla gestione separata INPGI per i giornalisti svolgenti attività autonoma.

E allora evidente che le doglianze dirette a contestare l'apprezzamento delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito sono inammissibili (e plurimis, Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass. 5 maggio 2010 n. 10833, Cass. n. 15205\14), specie ove, come nella specie, non adeguatamente censurate.

Deve poi rimarcarsi che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, indicandone inoltre (ai fini di cui all'art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c.) la sua esatta ubicazione all'interno dei fascicoli di causa (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726

), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto (cfr. ex allis, Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915; Cass. ord. 16.3.12 n. 4220; Cass. 9.4.13 n. 8569).

Per il resto, pur dovendosi ammettere che il giornalista ha l'obbligo di contribuire alla "gestione separata" dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI) se è iscritto nell'elenco dei pubblicisti e svolge attività giornalistica libero-professionale, anche se questa abbia carattere occasionale e non abituale (cfr. Cass. 3.4.2012 n. 5280), non risulta contraddittoria la sentenza impugnata laddove ha ritenuto, in sintonia con quanto affermato dal Tribunale, che il versamento, teoricamente non dovuto, da parte della società editrice della contribuzione dovuta all'INPGI per il giornalista autonomo, non trasformi per ciò solo la natura dell'attività svolta (motivatamente ritenuta non giornalistica in base alle risultanze istruttorie) in attività giornalistica. In sostanza assume rilievo decisivo l'accertamento della natura non giornalistica dell'attività svolta, natura che non può mutare per il solo erroneo versamento, da parte del datore di lavoro, di contribuzione alla gestione separata INPGI.

4. - Con il quarto motivo l’INPGI denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1370, 2113 e 2734 c.c. Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che le somme corrisposte al dipendente M. avessero natura di incentivo all'esodo e come tali non assoggettabili a contribuzione INPGI. Si duole che il tenore letterale dell'accordo, riportato integralmente in ricorso, escludeva trattarsi di mero incentivo all'esodo, posto che ivi era stabilita una successiva (solo probabile e presso altre società del gruppo) assunzione.

Il motivo è infondato.

L'Istituto lamenta che la sentenza impugnata considerò solo la clausola f) (prevedente la cessazione del rapporto), senza considerare la clausola g) (prevedente una riduzione dell'incentivo ove l'esodo fosse stato anticipato): in sostanza la dichiarata volontà delle parti di porre consensualmente fine al rapporto di lavoro era contraddetta dall'impegno della società a trovare una nuova collocazione per il lavoratore.

Deve al riguardo osservarsi che dalle stesse riferite doglianze si evince che il rapporto di lavoro de quo venne in effetti consensualmente risolto con incentivo economico; la circostanza che la società ex datrice di lavoro si sarebbe impegnata a trovare al M. altra occupazione (eventuale:"la società di impegna a favorire la rioccupazione del M....presso imprese terze", punto e), con mansioni ed impegno diversi, come dedotto dallo stesso INPGI a pag. 22 del ricorso, non inficia la riconosciuta natura di incentivo all'esodo del dipendente, essendo certa la cessazione concordata del suo rapporto con la P.E. e solo eventuale, e comunque compatibile, una ricollocazione del M. presso altre imprese (anche non editrici, cfr. punto e).

5. - Il ricorso deve in definitiva rigettarsi.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di entrambi i controricorrenti, in €.100,00 per esborsi, €.3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.