Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 aprile 2016, n. 6885

Tributi - Successione - Valore dell’asse ereditario - Crediti per cui pende giudizio civile teso ad accertarne la sussistenza - Esclusione dall’asse ereditario

 

Fatto

 

1. Con la sentenza n. 356/01/10 depositata il 23 giugno 2010 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, respinto l'appello proposto da K. K. D.L.G. T., erede di C.E. in K. K. D.L.G. deceduta il 2 novembre 1998, confermava la decisione n. 293/10/09 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso che il contribuente aveva presentato avverso l'avviso n. 99/18229/000026/01 con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva liquidato le imposte di successione comprendendo nell'imponibile anche crediti ammontanti a £ 1.495.000.00 che nella dichiarazione di successione erano stati indicati invece come esclusi dall'asse ereditario in quanto oggetto di controversia davanti al giudice ordinario.

La CTR, dopo aver negato che l'avviso di liquidazione potesse «essere dichiarato nullo per carenza di motivazione poiché, trattandosi di un atto della riscossione di imposte dovute in conseguenza della denuncia/dichiarazione di parte, lo stesso doveva contenere esclusivamente l'indicazione dell'atto di riferimento e la liquidazione dei tributi dovuti>>, statuiva nel merito che i crediti per cui pendeva civile giudizio dovevano farsi rientrare nell'asse ereditario mancando la prova che «gli stessi potessero accrescere il patrimonio ereditario soggetto a imposizione».

2. L’appena veduta sentenza della CTR n. 356/01/10 veniva impugnata per revocazione ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., revocazione che veniva accolta con sentenza della CTR n. 187/28/11 depositata il 24 novembre 2001 sul presupposto della sussistenza dell'errore revocatorio in particolare consistente nell'errata percezione di quei documenti prodotti in atti che dimostravano che i crediti in discussione <<dovevano essere esclusi dall'attivo ereditario essendo in contestazione, mentre venivano erroneamente inclusi nell'attivo ereditario in violazione dell'art. 11 d.p.r. n. 637/72 e art. 11 d.lgs.». In conseguenza di ciò la CTR, in riforma della sentenza n. 293/10/09 della CTP, accoglieva il ricorso del contribuente avverso l'impugnato avviso di liquidazione statuendo che i ridetti crediti «non potevano essere soggetti a imposizione tributaria in quanto crediti non certi, di dubbia esigibilità in contestazione giudiziale».

Contro la sentenza della CTR n. 187/28/11, l'Ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

I contribuenti resistevano con controricorso.

3. La sentenza della CTR n. 356/01/10 veniva impugnata dal contribuente, anche con ricorso per cassazione affidato a otto motivi.

L'Ufficio resisteva con controricorso.

4. Il contribuente si avvaleva della facoltà di depositare memorie.

 

Diritto

 

1. I due ricorsi per cassazione debbono essere riuniti e per primo deve essere esaminato quello promosso avverso la sentenza che ha deciso la revocazione e questo perché quest'ultimo ricorso assume carattere preliminare (Cass. sez. lav. n. 7568 del 2014; Cass. sez. II n. 14442 del 2008).

2. Con il primo motivo di ricorso l'Ufficio censurava la sentenza della CTR n. 187/28/11 che aveva deciso sulla domanda di revocazione della sentenza della CTR n. 356/01/10, doppiamente denunciando in rubrica <<omessa pronuncia sull'eccezione di inammissibilità del ricorso per revocazione per difetto dei presupposti di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; nullità della sentenza o del procedimento per inammissibilità del ricorso per revocazione proposto in difetto dei presupposti di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.>>, deducendo a riguardo di aver eccepito l'inammissibilità della revocazione atteso che costituiva «punto controverso» il fatto che i crediti giudizialmente contestati facessero o meno parte dell'asse ereditario e tanto che CTR n. 356/01/10 si era in proposito espressamente pronunciata; ma che tuttavia, sulla ridetta eccezione d'inammissibilità, l'impugnata sentenza della CTR n. 187/28/11 aveva omesso di decidere in violazione dell'art. 112 c.p.c. e che ad ogni modo CTR n. 187/28/11 aveva anche errato nel non dichiarare inammissibile la revocazione e così incorrendo nella ulteriore violazione dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c.

Per le ragioni appresso, il motivo è fondato.

Invero non è fondata la denuncia di omessa pronuncia giacché non costituisce violazione dell'art. 112 c.p.c. - e bensì mero errore processuale - quello di non aver dichiarato l'inammissibilità della revocazione per insussistenza delle condizioni a cui la legge subordina la proposizione della domanda (Cass. sez. IlI n. 1701 del 2009; Cass. sez. IlI n. 3667 del 2006). E' però fondata la seconda denuncia perché «l'errata percezione delle risultanze processuali» circa l'appartenenza all'asse ereditario dei crediti per i quali era in corso civile processo, costituiva all'evidenza fatto controverso sul quale CTR n. 356/01/10 aveva anche pronunciato e cosicché CTR n. 187/28/11 avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità della revocazione discendente dal divieto contenuto nell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. di impugnare con il mezzo straordinario questioni oggetto di controversia soltanto impugnabili coi gravami ordinari.

2.1. Assorbiti gli altri motivi del ricorso per cassazione proposto dall'Ufficio avverso la sentenza della CTR n. 187/28/11 che ha deciso la revocazione, sentenza della CTR n. 187/28/11 che deve essere pertanto cassata senza rinvio appunto in ragione della inammissibilità della revocazione (Cass. sez. trib. n. 15179 del 2009).

3. Con il primo motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, veniva denunciato in rubrica «Violazione e falsa applicazione dell'art. 27 d.lgs. 346/90. Decadenza. Art. 360 (3) c.p.c.», deducendosi a riguardo che con l'impugnato avviso l'Ufficio non aveva liquidato l'imposta principale, bensì accertato quella complementare rettificando l'imponibile dichiarato e nonostante l'Ufficio medesimo fosse decaduto a causa dell'inutile trascorrere del termine biennale previsto dall'art. 27, comma 2, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.

Il motivo è inammissibile perché sulla eccezione di decadenza dalla pretesa tributaria, che come noto ha carattere disponibile (Cass. sez. trib. n. 15740 del 2012; Cass. sez. trib. n. 1154 del 2012), la CTR non si è pronunciata e cosicché il contribuente avrebbe dovuto censurare la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell'art. 112 c.p.c. e avendo altresì cura di soddisfare il principio di autosufficienza allegando la non novità della questione e quindi indicando che nel ricorso alla CPT l'eccezione era stata sollevata e altresì riproposta con l'atto d'appello (Cass. sez. lav. n. 22759 del 2014; Cass. sez. trib. n. 9108 del 2012).

3.1. Con il quinto motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, da esaminarsi preventivamente per il suo carattere logico giuridico preliminare, veniva denunciato in rubrica «Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 l. 241 del 1990, dell'art. 7 l. 212 del 2000 "Statuto del contribuente" e degli artt. 27, 33 e 34 d.lgs. 346 del 1990 per vizio di motivazione dell'atto impugnato. Art. 360 n. 3 c.p.c.», nella sostanza deducendosi che siccome l'impugnato avviso di liquidazione aveva natura di atto di accertamento dell'imposta complementare, lo stesso avrebbe dovuto essere dichiarato nullo dalla CTR non bastando in esso l'indicazione del solo <<atto di riferimento».

3.2. Con il sesto motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, da esaminarsi assieme al precedente in ragione della loro unitaria soluzione, veniva denunciato in rubrica «Violazione e falsa applicazione dei principi sull'interpretazione e qualificazione degli atti (amministrativi in particolare) art. 1362 ss. c.c. - omessa motivazione art. 360 n. 5 c.p.c.>>, nella sostanza deducendosi che la CTR aveva accertato la natura semplicemente liquidatoria dell'impugnato avviso di liquidazione senza nulla motivare a riguardo.

3.3. Gli appena riassunti motivi quinto e sesto, che presuppongono la verifica del contenuto dell'impugnato avviso di liquidazione, verifica indispensabile atteso che ogni tipo di esercizio nomofilattico deve fondarsi su fatti certi, sono inammissibili per difetto di autosufficienza e questo perché in violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. il richiamato avviso non è stato riprodotto nel corpo del ricorso per cassazione e nemmeno è stato ivi indicato il luogo e il tempo della sua produzione, necessari per controllare anche il rispetto dell'art. 372, comma 1, c.p.c. per il quale non è ammesso il deposito di nuovi documenti in sede di legittimità (Cass. sez. VI n, 16134 del 2015; Cass. sez. III n. 8569 del 2013).

3.4. Con il secondo motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, veniva denunciato in rubrica «Violazione e falsa applicazione dell'art. 11 d.p.r. 26/10/1972 n. 637 e art. 11 d.lgs. 346/90 - Erronea interpretazione dell'art. 12 d.p.r. 637/1972 e art. 12 d.lgs. 346/90 - Violazione art. 37 d.p.r. 637/72 e art. 29 d.lgs. 346/90>>, deducendosi in particolare che «nessun documento, tra quelli prodotti, comprovava che i crediti in contestazione fossero effettivamente al di fuori dell'asse ereditario».

Il motivo è inammissibile non solamente, come in precedenza, per difetto di autosufficienza; giacché anche in questo caso non è stato riprodotto il contenuto essenziale dei richiamati documenti, di cui nemmeno è stato indicato tempo e luogo di produzione; il motivo è difatti altresì inammissibile anche per l'ulteriore ragione che con lo stesso non si censura in realtà una errata applicazione di legge e bensì un apprezzamento probatorio di documenti che oltre a non poter essere censurato per violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (Cass. sez. I n. 1646 del 2014; Cass. sez. VI n. 3164 del 2012), neanche avrebbe potuto censurarsi ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in quanto una diversa valutazione della forza dimostrativa di prove documentali è come noto estranea al giudizio di legittimità (Cass. sez. II n. 12574 del 2014; Cass. sez. II n. 7330 del 2013).

3.5. Con il terzo motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, veniva denunciato in rubrica «Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., anche in relazione all'art. 111, comma 2 Cost. - extrapetizione - art. 360 n. 3 c.p.c.», deducendosi a riguardo di aver con l'atto d'appello eccepito che l'onere della dimostrazione che i crediti giudizialmente contestati dovessero entrare a far parte dell'imponibile spettava all'Amministrazione, la quale però non l'aveva data; e che la CTR era incorsa nella violazione dell'art. 112 c.p.c. non avendo pronunciato sullo specifico punto; e che, comunque, sarebbe stato lesivo del «giusto processo» porre a carico del contribuente l'onere di provare che i crediti in parola non facessero parte dell'imponibile.

Il motivo è infondato non tanto perché la CTR, quando ha confermato il rigetto del ricorso del contribuente perché agli atti non esisteva prova che i crediti giudizialmente contestati non facessero parte dell'imponibile, lo ha in realtà fatto proprio sull'implicito presupposto che fosse onere del contribuente dare questa dimostrazione; in realtà il motivo è infondato perché la CTR ha pronunciato sull'eccezione proposta dal contribuente secondo cui i ridetti crediti non facevano parte dell'imponibile, solamente che la CTR nello statuire ciò ha applicato una regola di ripartizione dell'onere della prova che il contribuente ritiene sbagliata e che pertanto avrebbe dovuto censurare ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (Cass. sez. lav. n. 6332 del 2014; Cass. sez. IlI n. 15107 del 2013); questione, quella della esatta ripartizione dell'onere della prova, che all'evidenza nulla ha inoltre a che fare con i principi del giusto processo e in particolare con quello della salvaguardia del contraddittorio difensivo.

3.6. Con il quarto motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, veniva denunciato in rubrica «Questione di legittimità costituzionale degli artt. 8-12-29 d. lgs. 346/1990 per contrasto con l'art. 53 Cost.>>, deducendosi a riguardo «in via subordinata>> al precedente motivo che se fosse stata vera la regola utilizzata dalla CTR per cui nell'imponibile dovevano farsi rientrare i crediti oggetto di contestazione giudiziale, la ridetta regola sarebbe stata incostituzionale.

Il motivo è inammissibile perché lo stesso non coglie l'esatta ratio decidendi dell'impugnata sentenza della CTR n. 356/01/10 (Cass. sez. trib. n. 23946 del 2011; Cass. sez. I n. 15952 del 2007), ratio decidendi che non è stata affatto quella per cui ai finì della determinazione dell'imposta di successione dovevano farsi rientrare nell'imponibile anche i crediti devoluti oggetto di contestazione davanti al giudice civile e bensì quella diversa per cui non era provato che i crediti oggetto di lite potessero «accrescere» l'asse ereditario e ciò in quanto sembrava che i crediti una volta devoluti fossero stati soltanto in seguito oggetto di controversia tra gli eredi.

3.7. Con il settimo motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10, veniva denunciato in rubrica «Motivazione contraddittoria su un punto decisivo - Art. 360 n. 5 c.p.c.», deducendosi a riguardo che la CTR, pur avendo per es. accertato che una delle liti giudiziali era stata promossa dalla de cuius contro l'altro coerede, aveva poi contraddittoriamente ritenuto sia che ì crediti contestati dovessero far parte dell'imponibile e sia affermato che «dal tenore del testamento sembrerebbe che tale credito fosse stato rimesso».

Il motivo è fondato perché all'evidenza non può essere considerata successiva alla devoluzione la lite che ha ad oggetto un credito che la de cuius aveva cercato di far giudizialmente accertare e che secondo la CTR forse avrebbe addirittura «rimesso»; ed in effetti l'esito positivo dell'accertamento giudiziale circa l'esistenza del credito - e quindi che lo stesso non fosse stato «rimesso» - è giocoforza destinato ad «accrescere» l'asse ereditario.

3.8. Assorbito l'ottavo motivo di ricorso per cassazione, proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTR n. 356/01/10.

3.9. Alla cassazione della sentenza della CTR n. 356/01/10, deve seguire il giudizio di rinvio per l'accertamento degli ulteriori fatti.

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo di ricorso proposto dall'Ufficio, dichiara assorbiti gli altri, cassa senza rinvio l'impugnata sentenza n. 187/28/11 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio; accoglie il settimo motivo di ricorso proposto dal contribuente, dichiara assorbito l'ottavo, respinge gli altri, cassa l'impugnata sentenza n. 356/01/10 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio e rinvia ad altra sezione della stessa che nel decidere dovrà uniformarsi ai superiori principi e regolare le spese di ogni fase e grado.