Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 aprile 2016, n. 6639

Tributi - ICI - Immobili censiti in categoria D - Base imponibile - Computo dell'imposta in base alla rendita catastale - Dalla data della sua iscrizione in catasto, anziché dalla data di notificazione

 

Svolgimento del processo

 

La s.n.c. E.D.G. di G.G. & c. impugnava la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Brescia aveva respinto i ricorsi proposti nei riguardi di tre avvisi di accertamento notificati dal comune di Visano, relativamente dell'Ici delle annualità 1999, 2000 e 2001. Radicatosi il contraddittorio, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava il gravame.

Per quanto ancora di interesse in questa sede, la Commissione tributaria regionale riteneva:

(i) sanato dall'avvenuto raggiungimento dello scopo il presunto vizio di notifica degli avvisi di accertamento;

(ii) non maturata la decadenza del comune dal potere impositivo, attesa la proroga dei termini di accertamento al 31-12-2004, quanto alle annualità d'imposta 1999 e seguenti;

(iii) applicabile, per gli immobili oggetto di causa (censiti in cat. D), il criterio di computo dell'imposta in base alla rendita catastale - dalla data della sua iscrizione in catasto, anziché dalla data di notificazione - al posto del criterio del valore contabile di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, utilizzato in via precaria in attesa dell'attribuzione di rendita.

Per la cassazione della sentenza la società ha proposto ricorso affidato a quattro motivi.

Il comune ha replicato con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

I. - Col primo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 504 del 1992 in relazione agli artt. 148, 149, 156 e 160 cod. proc. civ., lamenta che, contrariamente a quanto sostenuto dalla commissione tributaria, ove il comune notifichi gli avvisi di accertamento "omettendo di compilare la relata di notifica, senza che il messo notificatore abbia sottoscritto la relata ed inviato tutti gli atti in un'unica busta", sussiste una ipotesi di inesistenza - e non di nullità - della notificazione, insuscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ.

Col secondo motivo di ricorso la società denunzia l'insufficiente motivazione della sentenza su fatto decisivo della controversia, avendo la commissione tributaria apoditticamente assunto che il termine di decadenza dell'accertamento era stato prorogato, senza esaminare se la proroga fosse intervenuta a termine già scaduto.

Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la sentenza in quanto, attesa la nullità della notifica degli avvisi di accertamento, la sanatoria per raggiungimento dello scopo conseguente all'avvenuta impugnazione degli atti dinanzi alla competente commissione tributaria dovevasi ritenere in ogni caso avvenuta dopo la maturazione del termine di decadenza.

Infine col quarto motivo la ricorrente denunzia un'omissione di pronuncia in ordine al profilo di censura relativo alle irrogate sanzioni.

II. - Il primo e il terzo motivo sono tra loro connessi.

Il primo motivo è per un verso inammissibile e per altro verso infondato.

L'inammissibilità deriva dall'essere il motivo in parte incentrato su questione nuova.

Dalla sentenza risulta che gli avvisi di accertamento erano stati impugnati eccependo la "illegittimità della notifica dell'atto (..) perché notificato congiuntamente con altri avvisi mediante un unico plico". Risulta invero che, avverso la decisione di primo grado, la contribuente aveva fatto appello "riproponendo gli stessi motivi dedotti nei ricorsi introduttivi".

Se ne desume che la questione pregiudiziale era stata prospettata in relazione al solo profilo della notifica congiunta, a mezzo cioè di unico plico per tutti gli atti, non anche in relazione a un supposto vizio peraltro come si vedrà completamente irrilevante - di omessa compilazione e/o sottoscrizione della relata da parte del messo notificatore.

Può osservarsi che la circostanza trova altresì conforto nella trascrizione della corrispondente parte dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, che la ricorrente ha riportato nel corpo del ricorso per cassazione in modo da renderlo autosufficiente. Si apprende che in effetti l'eccezione era stata motivata dall'essere avvenuta la notifica "in unica busta" per "quattro distinti avvisi di accertamento", cosa che non avrebbe consentito di ritenere assolta la funzione poiché non poteva "essere verificato a quale atto di riferi (sse) la notifica eseguita".

La questione afferente la presunta inesistenza della notificazione per vizio di compilazione e/o di sottoscrizione da parte del messo notificante è stata quindi per la prima volta prospettata in questa sede di legittimità.

III. - Nella parte ulteriormente insistente sull'unicità del plico, il primo motivo è poi infondato; così come lo è d'altronde il terzo, in rapporto al quale è sufficiente correggere la motivazione della sentenza quanto al profilo preliminare.

Va rammentato che in tema di lei il d.lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2, prevede per la notifica degli avvisi di accertamento e di liquidazione il ricorso al servizio postale, con invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Ciò esclude l'applicabilità delle norme generali di cui agli artt. 137 e seg. cod. proc. civ., atteso l'indiscutibile tenore letterale della norma speciale e tenuto conto del fatto che il legislatore, quando ha voluto che le notificazioni, in materia tributaria, fossero eseguite secondo le norme del codice di procedura civile lo ha detto in modo chiaro (v. Sez. 5^ n. 21309-10, n. 270-12).

A fronte di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell'atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario, non quelle della l. n. 890 del 1982 (v. Sez. 5^ n. 17598-10 e n. 9111-12).

Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, da un lato non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull'avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico e, dall'altro, l'atto comunque pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 cod. civ., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di prenderne cognizione.

In siffatto contesto di massima semplificazione, non costituisce dunque motivo di nullità della notificazione la circostanza che distinti avvisi di accertamento siano notificati a mezzo di un unico plico raccomandato, e il problema si sposta - come detto - sul versante della prova del contenuto del plico in relazione alla citata disciplina sostanziale involgente la presunzione di conoscenza degli atti giunti all'indirizzo del destinatario.

Poiché la stessa ricorrente deduce che la raccomandata di notifica dei distinti avvisi di accertamento, in busta chiusa, era stata "ricevuta in data 12-11-2004", e poiché non risulta neppure dedotta una ipotetica carenza contenutistica del plico in relazione a taluno dei citati avvisi, è ovvio che nessuna decadenza era maturata.

Invero l'art. 2, comma 33, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) aveva già disposto che "in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l’efficacia temporale delle norme tributarie, i termini per la liquidazione e l'accertamento dell'imposta comunale sugli immobili, che scadono il 31 dicembre 2003, sono prorogati al 31 dicembre 2004, limitatamente alle annualità di imposta 1999 e successive".

IV. - Il secondo motivo è inammissibile perché privo della necessaria sintesi volta a specificare il fatto controverso, essendo la doglianza attinente a una questione giuridica insuscettibile di esser dedotta mediante il vizio di insufficiente motivazione della sentenza.

V. - Il quarto motivo è infondato.

La ricorrente lamenta che non sia stata esaminata "la questione attinente alla illegittimità dell'accertamento, con riferimento alle sanzioni, per violazione e falsa applicazione dell'art. 74 legge 342-2000 e art. 6 del d.lgs. 472-92, sebbene tempestivamente dedotta quale censura anche in grado d'appello".

Può osservarsi che il vizio di omessa pronuncia è da escludere allorché sulla specifica questione il giudice di merito si sia pronunciato, anche solo per implicito, disattendola.

Nel caso di specie si apprende dal ricorso che la doglianza relativa alle sanzioni era stata ancorata al rilievo che il già citato art. 74, comma 3, nel prevedere la procedura di recupero dell'Ici pregressa, non consentiva ai comuni l’irrogazione di sanzioni in caso di rendite non notificate.

In vero una simile doglianza è stata dalla commissione tributaria regionale disattesa, con conseguente esistenza della pronuncia che si assume omessa.

Nella parte finale della sentenza risulta apposto il seguente periodo sintattico: "si ritiene inapplicabile alla fattispecie in esame la disciplina contenuta nell'art. 74 della legge n. 342-2000 che disciplina l'efficacia delle rendite catastali per i fabbricati diversi dal gruppo D di cui al comma 3 del citato d.lvo n. 504/1992".

L'affermazione attinge - escludendolo - giustappunto il presupposto argomentativo dell'invocata disapplicazione della sanzione, rendendo così evidente che la questione sottostante era stata considerata, per quanto negativamente.

VI. - Il ricorso è rigettato.

La complessità delle questioni sollevate, in rapporto alla scarsa giurisprudenza esistente all'epoca dell'insorgenza del contenzioso, giustifica la compensazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.