Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 aprile 2016, n. 6340

Tributi - Avviso di accertamento - Costi derivati da operazioni commerciali intrattenute dalla società contribuente con fornitori fiscalmente domiciliati in Paese a fiscalità privilegiata (cd. "black list") - Non deducibili ai fini irpeg ed irap perché non separatamente indicati in dichiarazione

 

Svolgimento del processo

 

L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia depositata il 17 luglio 2009.

La decisione è intervenuta in controversia scaturita dall'impugnazione di avviso di accertamento, con cui l'Agenzia aveva ritenuto non deducibili ai fini irpeg ed irap per l'anno di imposta 2004 - perché non separatamente indicati in dichiarazione come prescritto dall'art. 76 d.p.r. 917/1986 (vigente ratione temporis) - i costi derivati da operazioni commerciali intrattenute dalla società contribuente con fornitori fiscalmente domiciliati in Paese a fiscalità privilegiata (cd. "black list").

Rigettando l'appello dell'Agenzia e confermando la decisione impugnata (pur correggendone la motivazione), la Commissione regionale - sul presupposto che, in virtù dello ius superveniens (costituito dall'art. 1, commi 301, 302 e 303, l. 296/2006) è venuto meno il previgente regime d'indeducibilità dei costi suddetti, quale conseguenza della semplice mancata indicazione separata degli stessi in dichiarazione, e vi è stato sostituito un regime sanzionatorio coerente con il rango meramente formale della violazione - ha ritenuto venuta meno la ritenuta radicale indeducibilità dei costi dedotti in controversia e ad essa sostituita la sanzione prevista dall'art. 8, comma 1, d.lgs. n.471/97 (sanzione per violazione formale della dichiarazione) nella misura minima di € 258.

Nel proposto ricorso, l'Agenzia sviluppa un unico motivo di doglianza.

La società contribuente non svolge difese.

 

Motivi della decisione

 

Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate - deducendo "violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 302 e 303, legge 296/2006, 2, comma 8, d.p.r. 322/1998 e dell'art. 8, comma 3 bis, d.lgs. 471/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c." - censura la decisione impugnata per non aver considerato che il primo periodo dell'art. 1, comma 303, l. 296/2006 chiarisce espressamente che, alle violazioni commesse prima della sua entrata in vigore, si applica il precedente comma 302, e, dunque, l'art. 8, comma 3 bis, d.lgs. 471/1997, da detto comma introdotto, che prevede sanzione proporzionale nella misura del dieci per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione, per un minimo di € 500 ed un massimo di € 50.000 euro; sanzione che va ad aggiungersi a quella dell'art 8, comma 1, d.lgs. 471/97 che ai sensi del secondo periodo del comma 303 "resta ferma".

Il motivo è fondato

In base alla normativa vigente sino al 31 dicembre 2006, i costi scaturenti da operazioni intercorse con soggetti residenti in Paesi "black list", che non fossero stati separatamente indicati in dichiarazione, non erano deducibili.

In caso fossero stati dedotti nonostante la mancata separata indicazione, si procedeva al relativo recupero nonché all'applicazione della sanzione di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. 471/1997, che connaturalmente accedeva all'indeducibilità, in misura dal cento al duecento per cento della maggior imposta risultante per effetto del recupero.

Con decorrenza dall'1 gennaio 2007, i comma 301 e 302 dell'art. 1 l. 296/2006 (il primo, attraverso la modifica della previsione dell'art. 110, commi 10 e 11, d.p.r. 917/1986; il secondo, mediante l'inserimento del comma 3 bis nell'art. 8 d.lgs. 471/1997) hanno, in combinato, degradato la separata indicazione dei costi suddetti, da presupposto sostanziale di relativa deducibilità (così, nel contempo, precludendo l'applicabilità, in caso di relativa inosservanza, della sanzione di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. 471/1997, in misura dal cento al duecento per cento della maggior imposta risultante per effetto del recupero) ad obbligo di carattere formale, passibile della sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non (separatamente) indicati nella dichiarazione dei redditi, con un mìnimo di € 500 ed un massimo di € 50.000.

In via transitoria, il comma 303 dell'art. 1 l. 296/2006 ha, poi, sancito: a} che la sanzione di cui al comma precedente (del 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi, entro il minimo ed il massimo prescritti) si applica retroattivamente anche alle violazioni commesse prima della data della sua entrata in vigore; b) che resta ferma, "in tal caso" (dunque, con riguardo alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della l. 296/2006) l'applicazione della sanzione di cui all'art. 8, comma 1, d.lgs. 471/1997 (che, per i vizi formali della dichiarazione, prevede la sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 4.000.000).

Poiché la novella del 2006 attribuisce esplicitamente retroattività al solo nuovo regime sanzionatorio (nel comma 303 si legge che solo "il comma 302 si applica anche per le violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della presente legge"), ci si è posti la domanda se anche l'abolizione del sistema di non deducibilità dei costi "black list" non separatamente indicati in dichiarazione (e il conseguente venir meno della connessa sanzionabilità ex art. 1, comma 2, d.lgs. 471/1997, in misura dal cento al duecento per cento della maggior imposta risultante per effetto del recupero) presentasse o meno carattere retroattivo.

Dopo qualche incertezza, ci si è convinti (cfr, Cass. 4030/15, 6205/15, 21955/15) della retroattività anche dell'abolizione di detto sistema. Ciò, in particolare, perché, senza la retroattività anche di tale abolizione, la previsione del comma 303 sfuggirebbe a qualsiasi giustificazione razionale e sarebbe, anzi (in questo caso sì) , assolutamente illegittima, aggravando retroattivamente la posizione del contribuente (già assoggettato al regime d'indeducibilità dei costi non separatamente dichiarati congiunto alle connesse pesanti sanzioni ex art. 1, comma 2, d.lgs. 471/1997) con le ulteriori, anche se più moderate, sanzioni previste dai commi 302 e 303 dell'art. 1 l. 296/2006.

Si è, pertanto, pervenuti ad un'interpretazione sistematica ed unitaria della disciplina articolata nei commi 301, 302 e 303 dell'art. 1 l. 296/2006, ritenendo, che, quanto ai relativi profili di diritto transitorio, essa vada letta nel senso: a) che anche le violazioni dell'obbligo di separata indicazione dei costi "black list" poste in essere prima dell'entrata in vigore della legge l. 296/2006 non comportano (di per se stesse) l'applicazione del regime di assoluta indeducibilità dei costi medesimi e di connessa sanzionabilità ex art. 1, comma 2, d.lgs. 471/1997 (in misura dal cento al duecento per cento della maggior imposta risultante per effetto del recupero); b) che, anche in relazione alle situazioni di diritto transitorio, la separata indicazione dei costi degrada ad obbligo di carattere formale, corrispondentemente sanzionato della sanzione proporzionale (del 10 percento del valore dei costi non separatamente indicate, entro limiti prescritti), disposta, per le situazioni di diritto ordinario dall'art. 8, comma 3 bis, d.lgs. 471/1997, introdotto dal comma 302 dell'art. 1 della l. 296/2006, cui (solo, per le situazioni di regime transitorio e, dunque, già soggette al rigoroso regime d'indeducibilità) si cumula, in forza dell'ultima parte del comma 303, la sanzione prevista dall'art. 8, comma 1, d.lgs. 471/1997 (che, per i vizi formali della dichiarazione, prevede la sanzione amministrativa da l. 500.000 a l. 4.000.000).

Tale lettura della disciplina di cui a 301, 302 e 303 dell'art. 1 l. 296/2006 - che appare l'unica idonea a garantirne la tenuta sul piano della razionalità - non viola il principio di legalità, posto che, sul piano sanzionatorio e degli effetti che ne conseguono, il regime introdotto dalla normativa sopravvenuta è, nel suo complesso, certamente meno gravoso, per il contribuente, rispetto a quello previgente.

Per scrupolo di completezza, mette conto rilevare che sulla fattispecie non incide l'ulteriormente sopravvenuto art. 1, comma 142 lett. a, l. 208/2015, secondo il quale "i commi da 10 a 12-bis dell'articolo 110 sono abrogati". Recitando "le disposizioni di cui ai commi 142 e 143 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015", il successivo comma 144 sembra, infatti, predisporre, in via transitoria, regola legittimamente (v., anche, l'espressa "salvezza" contenuta nella prima parte dell'art. 3, comma 2, d. lgs. 472/1997) derogatoria del principio di cui all'art. 3 d.lgs. 472/1997.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impone l'accoglimento del ricorso.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell'art. 384, comma 1 ult. parte, c.p.c., va decisa nel merito, sancendosi l'applicazione alla società contribuente - oltre che della sanzione di cui all'art. 8, comma 1, d.lgs. 471/1997, nella misura di € 258 incontrastatamente indicata dal giudice del merito - dell'ulteriore sanzione di cui comma 3 bis dell'art. 8 d.lgs. 471/1997, introdotto dal comma 302 dell'art. 1 della l. 296/2006, nella misura di legge (dieci per cento dei costi non separatamente indicati, entro i prescritti limiti, minimo e massimo).

Per la natura della controversia, la sua soluzione in base a norma sopravvenuta e le correlative pregresse incertezze interpretative, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.

 

P.Q.M.

 

L'accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dispone l'applicazione alla società contribuente dell'ulteriore sanzione di cui all'art. 8, comma 3 bis, d.lgs. 471/1997, introdotto dall'art. 1, comma 302, l. 296/2006, nella misura del dieci per cento dei costi non separatamente indicati, entro i prescritti limiti, minimo e massimo. Compensa le spese dell'intero giudizio.