Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 aprile 2016, n. 6500

Lavoro subordinato - Licenziamento disciplinare - Immediatezza della contestazione - Breve durata tra commissione addebiti e contestazione - Diritto di difesa - Semplicità riscontro - Non sussiste.

 

Svolgimento del processo

 

1. Con la sentenza in data 6.8.2012 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso, proposto da P.P.A. nei confronti della società S. srl, volto all'accertamento della nullità, ovvero dell'inefficacia ovvero dell'illegittimità, del licenziamento intimatogli dalla società in data 3.8.2006 e alla pronunzia dei conseguenti provvedimenti restitutori, economici e reali di cui all’art. 18 della legge 300/1970.

2. Questi, per quanto oggi rileva, i passaggi argomentativi che sorreggono la decisione.

3. L'eccezione di giudicato, fondata sul decreto ingiuntivo non opposto, era infondata perché, a prescindere dalla tardività della eccezione stessa, il decreto ingiuntivo non opposto non riguardava la misura oraria della prestazione ma le differenze tra il salario base percepito prima del passaggio del P., dal precedente appaltatore, alla società S. srl.

4. Era pacifico che il decreto ingiuntivo non conteneva alcuna allegazione riferibile alla differenza di retribuzione calcolata su una base oraria diversa rispetto alle ore effettivamente prestate.

5. L'accertamento contenuto nel decreto monitorio non poteva, pertanto, ritenersi incompatibile con gli addebiti contestati in sede disciplinare in ordine alla non corrispondenza tra l'orario di lavoro dichiarato e quello effettivamente osservato e svolto.

6. Non risultava violato il principio di immediatezza della contestazione disciplinare perché questa era stata comunicata al lavoratore in data 20.7.2006, a fronte di condotte realizzate tra il 1 aprile 2006 ed il 30 maggio 2006 e risultanti dai prospetti trasmessi dalla Casa Circondariale alla società datrice di lavoro il 22 giugno 2006.

7. La condotta addebitata risultava provata dai dati desunti dal registro relativo al registro degli accessi e delle uscite alla (e dalla) Casa Circondariale; al registro andava riconosciuto carattere di ufficialità in quanto finalizzato al controllo degli ingressi e delle uscite nel (e dal) carcere; gli errori e le imprecisioni rilevate avevano carattere marginale, avuto riguardo alla deposizione resa dal direttore del Carcere; non aveva trovato alcun riscontro probatorio la circostanza, dedotta dal lavoratore, in ordine alla sua presenza nelle giornate e negli orari contestati alle riunioni aziendali durante l'orario di servizio; la deposizione del teste G. era priva di valenza probatoria.

8. La condotta addebitata costituiva giusta causa di licenziamento attesa la gravità degli illeciti compendiatisi nella indicazione di un numero di ore di lavoro superiore rispetto a quelle effettivamente prestate.

9. Avverso detta sentenza il P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria.

10. Ha resistito con controricorso la S. srl.

 

Motivi della decisione

 

I motivi di ricorso

11. Con il primo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per errata declaratoria di inesistenza di un giudicato rilevante ai fini del giudizio.

12. Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nell'escludere il valore di giudicato al decreto ingiuntivo non opposto e tanto sul rilievo che il giudicato si era formato non solo sull'accertamento del diritto di esso lavoratore al pagamento delle differenze retributive ma anche sull'accertamento delle ore di lavoro effettivamente svolte.

13. Deduce che i documenti allegati al procedimento monitorio e, in particolare, le buste paga evidenziavano non solo la retribuzione ordinaria ma anche le festività lavorate e le ore di lavoro supplementare (gli straordinari), domenicale e festivo prestato.

14. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione del principio di immediatezza della contestazione disciplinare di cui all'art. 7 L. 300/1970.

15. Sostiene che il tempo trascorso tra la comunicazione delle presenze alla datrice di lavoro (22.6.2006) da parte della Casa Circondariale di Varese e quello della contestazione disciplinare del 20.7.2006, aveva condizionato negativamente il suo diritto di difesa in merito alle condotte addebitate, risalenti al periodo compreso tra il primo aprile ed il 30 maggio 2006.

16. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., sostenendo che la Corte territoriale avrebbe errato nella parte in cui aveva ritenuto rilevante a fini probatori il prospetto redatto, sulla scorta dei dati desunti dal registro degli accessi e delle uscite al (e dalla) casa Circondariale di Varese, da soggetti non identificati e non dal direttore dell'Istituto.

17. Deduce che i dati del prospetto non risultavano supportati da alcuna prova testimoniale; che il direttore della casa circondariale aveva riferito che il registro della porta carraia aveva la sola finalità di identificare i soggetti che accedono alla Casa Circondariale, e che era possibile che il registro contenesse errori; che gli errori emersi nel corso dell'istruttoria avevano indotto la Corte territoriale a richiedere il registro tenuto dalle guardie carcerarie addette alla porta carraia, registro che non era stato acquisito al giudizio perché ormai non più disponibile.

18. Esame dei motivi

19. Il primo motivo è inammissibile.

20. In primo luogo, perché il ricorrente si limita, in contrasto con i principi più volte affermati da questa Corte in tema di giudicato cosiddetto esterno, a denunziare la violazione dell'art. 2909 c.c. ma non contesta in maniera specifica e compiuta la ratio della sentenza impugnata, quale evidenziata nei punti 3, 4, e 5 della sentenza.

21. Questa Corte ha affermato che i vizi relativi all'accertamento ed a l'interpretazione del giudicato cosiddetto esterno, deducibili in cassazione solo sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della norma dell'art. 2909 cod. civ. e dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata, nonché per vizi attinenti alla motivazione, devono essere specificamente dedotti, non essendo sufficiente il mero richiamo all'art. 2909 c.c. (Cass. SSUU 277/1999/ 26523/2006).

22. In secondo luogo, perché la mancata trascrizione, nel ricorso per cassazione, del decreto ingiuntivo e dei prospetti paga allegati al fascicolo del procedimento monitorio, quanto meno nel loro passaggi salienti, non consente a questa Corte di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (Cass. 26627/2006, 7825/2006).

23. Il secondo motivo, con il quale il ricorrente si limita, in sostanza, a formulare prospettazioni difensive di mero dissenso rispetto alle argomentazioni motivazionali (riportate nel punto 6 di questa motivazione) con le quali la Corte territoriale ha respinto l'eccezione di tardività della contestazione disciplinare, è infondato.

24. Come ripetutamente affermato da questa Corte, in tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione, va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa far ritardare il provvedimento di contestazione (ovvero di recesso), restando comunque riservata al giudice dei merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano o meno il ritardo (ex multis Cass. 1248/2016, 281/2016, 20719/2013).

25. Nella fattispecie in esame deve escludersi che il tempo trascorso tra la commissione degli addebiti (compresi come già rilevato tra il 1 aprile ed il 30 maggio 2006) e la contestazione disciplinare (20.7.2006) per la sua oggettiva breve durata abbia potuto condizionare e limitare la possibilità per il lavoratore di approntare le proprie difese, relative, per la verità, fatti di estrema semplicità di riscontro (presenza in servizio nei giorni e nelle ore contestati).

26. Il terzo motivo è infondato nella parte in cui denunzia violazione dell'art. 2697 c.c., perché la Corte territoriale non ha operato alcuna inversione dei principio dell'onere probatorio gravante sulla datrice di lavoro ma ha posto a base del decisum proprio le prove offerte da quest’ultima.

27. Il motivo è inammissibile nella parte in cui, sotto l'apparente denunzia di vizio di violazione di legge, prospetta, in realtà, censure relative alla valutazione del materiale istruttorio, valutazione preclusa in sede di legittimità.

28. Il giudice del merito è libero, infatti, di scegliere le risultanze istruttorie ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, e di dare liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla (ex plurimis Cass. SS.UU. 5802/1998 e 2418/2013; Cass. 1014/2006, 18119/2008)

29. Il ricorso va, in conclusione, rigettato.

30. Le spese seguono la soccombenza.

31. Sussistono le condizioni oggettive richieste dall'art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115/2002 per il raddoppio del contributo unificato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio, liquidate in € 4.000,00 per compensi professionali ed € 100,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali forfettarie, IVA e CPA.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto delta sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.