Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 aprile 2016, n. 6342

Tributi - Accertamento - Determinazione reddito d’impresa - Bene acquisito in leasing - Indeducibilità ex art. 4, L. n. 383/2001 (cd. legge "Tremonti bis")

 

Svolgimento del processo

 

L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche depositata il 4 novembre 2010, intervenuta in controversia avente ad oggetto avviso di accertamento ex artt. 39 e 40 d.p.r. 600/1973 nonché 54, comma 5, d.p.r. 633/1972 relativo all'annualità 2003.

Per quanto ancora rileva ai fini del presente giudizio di legittimità, la commissione regionale - respingendo il ricorso principale dell'Agenzia e quello incidentale della società contribuente e conseguentemente confermando la decisione di primo grado ha affermato l'illegittimità dell'atto impositivo: a) quanto al recupero a tassazione del costo, dell'importo complessivo di € 619.748,28, del macchinario, linea di rifilatura, acquisito in leasing (costo ritenuto dall'Ufficio indeducibile ai sensi dell'art. 4 L. 383/2001, cd. legge "Tremonti bis", in quanto integrante investimento riferibile all'annualità 2001 e non all'annualità 2002); b) quanto al recupero a tassazione del costo, rispettivamente, di € 27.000,00 e di € 210.000,00, per componenti di reggiatrice e laminatoio (ritenuto dall'Ufficio indeducibile, in quanto integrante, non investimento, ma attività di mera ordinaria manutenzione); c) quanto al recupero a tassazione di costi, per complessivi € 1.858.867,92, derivati da acquisti effettuati presso fornitori domiciliati in Paese a fiscalità privilegiata (costi "black list"), con applicazione tuttavia, in alternativa all'indeducibilità, della sanzione di € 1.000,00 (determinata in via equitativa).

Per converso, la decisione impugnata ha, ritenuto la legittimità dell'atto impositivo: d) quanto al recupero a tassazione di ricavi per complessivi € 5.366,00, asseritamente non contabilizzati né dichiarati; e) quanto al recupero a tassazione del costo (per complessivi € 11.979,00) dei bolli applicati su effetti emessi per l'acquisto di impianto di colata ex lege Sabatini, interamente dedotto nell'anno in contestazione e, secondo l'Agenzia, suscettibili d'imputazione al costo dell'acquisto agevolato ed assoggettato al relativo regime di deduzione.

Nel proposto ricorso, l'Agenzia sviluppa tre motivi di doglianza.

La società contribuente resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale in tre motivi, illustrando le proprie ragioni anche con memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso, L'Agenzia deduce vizio di motivazione in relazione al capo della sentenza impugnata di cui alla precedente lett. a), con il quale, in dissenso dalle conclusioni di cui all'avviso di accertamento, è stata affermata la deducibilità, ai sensi della cd. legge "Tremonti bis" del costo, dell'importo complessivo di € 619.748,28, della linea di rifilatura acquisita in leasing, in base alla seguente motivazione "Sul piano strettamente temporale, risulta chiaramente, in quanto documentato, che l'installazione e le prove per il collaudo del bene acquisito in leasing ... si siano protratte sino al 16.1.2002".

La doglianza è fondata.

La motivazione posta a sostegno del censurato capo della sentenza di appello si risolve, invero, in un'affermazione apodittica e, in quanto tale, insufficiente, giacché, non disvelando alcun iter argomentativo, non consente alcun riscontro dell'esattezza delle conclusioni, per di più in presenza di specifiche circostanze documentali di segno contrario evocate dall'Agenzia alla pp. 9 e 10 dell'atto di appello, riprodotte in ricorso, nel rispetto del criterio dell'autosufficienza, e non contrastate.

Con il secondo motivo di ricorso, L'Agenzia deduce vizio di motivazione in relazione al capo della sentenza impugnata di cui alla precedente lett. b), con il quale, in dissenso dalle conclusioni dell'avviso di accertamento, è stata affermata la deducibilità, del costo di componenti di macchinari sul presupposto della loro natura di investimenti in funzione della relativa documentata capacità d'incidenza sulle tecniche e sui livelli di produzione.

La doglianza è inammissibile. Con essa infatti, apparentemente prospettando vizio carenza di motivazione, l'Agenzia tende, in realtà, a rimettere in discussione l'apprezzamento in fatto del giudice di merito, che, essendo espresso con motivazione coerente in sé e rispetto alle risultanze processuali, si sottrae al sindacato di cui al presente giudizio di legittimità. In questo ambito, non è, infatti, conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03).

Con il terzo motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate - deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 302 e 303, L. 296/2006, e dell'art. 8, comma 3 bis, d.lgs. 471/1997, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c. - censura la decisione impugnata per non aver considerato che il primo periodo del comma 303 della L. 296/2006 chiarisce espressamente che, alle violazioni commesse prima della sua entrata in vigore, si applica comunque il comma 302, che prevede l'irrogazione della sanzione proporzionale, in misura del 10% dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione, con un minimo di € 500 ed un massimo di € 50.000.

Il motivo è inammissibile.

Invero, la determinazione di cui al capo della sentenza impugnato con la censura in rassegna si fonda sull'affermazione della piena efficacia sanante della dichiarazione integrativa proposta dalla società contribuente in sostituzione della precedente dichiarazione viziata per la mancata separata indicazione dei costi derivanti da operazioni intercorse con società di Paese a fiscabilità privilegiata ("... la mancanza è stata rimossa ... attraverso una dichiarazione integrativa").

Non risultando oggetto di alcuna specifica censura nel ricorso dell’Agenzia delle Entrate, tale affermazione deve ritenersi dato non più tangibile, in quanto coperto da giudicato interno e, poiché ne scaturisce, per logica conseguenza, la rimozione (sanatoria) della pregressa violazione, comporta l’infondatezza di ogni maggior pretesa dell’Amministrazione.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, la società contribuente deduce violazione di legge ex art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c., in merito al capo della sentenza impugnata che, in funzione delle emergenze documentali e dell’assenza di valide giustificazioni della società contribuente, ha affermato la legittimità dell'atto impositivo quanto al recupero a tassazione di ricavi per complessivi € 5.366,00, attestati da riscontrate vendite sottocosto nonché dal mancato rinvenimento di merce in magazzino. La censura è inammissibile, perché generica ed indebitamente tesa a sovrapporre diversa valutazione delle risultanze fattuali rispetto a quella, pur coerente, contenuta nella decisione.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la società contribuente, deducendo violazione di legge ex art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c. in relazione all'art. 99 (art. 64 nella formulazione ante 1.1.2004) d.p.r. 917/1986, censura la decisione impugnata quanto al recupero a tassazione del costo (per € 11.979,00) dei bolli applicati sugli effetti emessi per l'acquisto di impianto di colata, suscettibile di agevolazione ex lege Sabatini, dedotto interamente nell'anno in contestazione e invece, secondo l'Agenzia, suscettibile di capitalizzazione, in quanto "oneri accessori di diretta imputazione".

La doglianza è fondata.

L'art. 64 d.p.r. 917/1986, nella formulazione applicabile ratione temporis stabilisce, infatti, che, mentre le imposte sul redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione, le altre imposte - tra cui, in particolare, quella di bollo (cfr. Cass. 13851/10, 10221/03) sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento e, dunque, in base al criterio di cassa.

Il terzo motivo di ricorso incidentale, con cui la società contribuente denunzia omessa pronunzia e vizio di motivazione in merito all'eccepita impossibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria di riprendere a tassazione una perdita fiscale portata a nuovo senza previo accertamento del periodo d'imposta in cui la perdita si è generata, è inammissibile, giacché non conferente rispetto ai residui punti in contestazione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impongono l'accoglimento del primo motivo del ricorso principale dell'Agenzia e del secondo motivo del ricorso incidentale della società contribuente ed il rigetto di tutte le altre doglianze.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese, alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso principale dell’Agenzia ed il secondo motivo del ricorso incidentale della società contribuente e rigetta tutti gli altri motivi di ricorso; cassa, in relazione, e rinvia della causa, anche per la regolamentazione delle spese, alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione.