Legislazione - CORTE DEI CONTI - Delibera 18 marzo 2016, n. 09/SEZAUT/2016/INPR

Linee di indirizzo per la formazione del bilancio 2016-2018 e per l'attuazione della contabilità armonizzata negli enti territoriali

 

Premesso:

 

Per l'esercizio 2016, alla stessa stregua degli anni precedenti, il termine per l'approvazione del bilancio di previsione - fissato dall'art. 151, comma 1, del decreto legislativo n. 267/2000 (TUEL), al 31 dicembre dell'anno precedente all'esercizio di riferimento, anche in ragione delle difficoltà incontrate dagli enti per definire una programmazione su un arco temporale triennale, nell'incertezza delle risorse finanziarie a disposizione - è stato differito per gli enti locali, inizialmente con decreto ministeriale del 28 ottobre 2015, al 31 marzo 2016 e successivamente è stato ulteriormente prorogato al 30 aprile per i comuni ed al 31 luglio per province e città metropolitane in forza del decreto ministeriale 1° marzo 2016.

Alla luce di quanto disposto dall'art. 43 del decreto legislativo n. 118/2011, alcune regioni non hanno adottato le leggi di bilancio nei termini previsti, facendo così ricorso all'esercizio provvisorio.

L'esercizio 2016 rappresenta momento centrale per l'entrata a regime della riforma contabile per gli enti territoriali, che non avendo partecipato alla fase di sperimentazione, ai sensi dell'art. 78 del decreto legislativo n. 118/2011, hanno rinviato alcuni degli adempimenti richiesti dall'armonizzazione. Si intende fare riferimento, in particolare, all'adozione degli schemi di bilancio armonizzato; all'introduzione per gli enti locali del bilancio di cassa; all'applicazione della codifica della transazione elementare; all'adozione del piano dei conti integrato; all'affiancamento della contabilità economico-patrimoniale a quella finanziaria, per garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali; alla predisposizione del bilancio consolidato. Adempimenti questi ultimi che si sono aggiunti a quelli già previsti per il 2015, riguardanti, principalmente, l'applicazione del principio della competenza finanziaria potenziata, con il conseguente riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi nonché l'individuazione e corretta applicazione del «fondo pluriennale vincolato» e del «fondo crediti di dubbia esigibilità».

Pertanto, sottolineando ancora una volta l'importanza del processo di armonizzazione contabile in atto, si ritiene di accompagnare l'azione degli enti in questa complessa fase di passaggio, fornendo utili indicazioni di principio ed operative su alcuni profili di particolare rilievo, anche al fine di orientare l'applicazione uniforme delle disposizioni in materia.

Le presenti linee di indirizzo riguardano l'intero universo degli enti territoriali, dal momento che il concetto di armonizzazione «deve essere inteso come un complesso normativo unitario e inscindibile, i cui principi si impongono anche alle autonomie speciali», le quali, a norma dell'art. 79, decreto legislativo n. 118/2011, possono stabilire decorrenza e modalità di applicazione (cfr. deliberazione n. 3/SEZAUT/2016/QMIG).

E' stato pure sottolineato che l'utilizzo di tali prerogative «deve quindi avvenire preservando la sostanza dell'ampio e complesso processo di armonizzazione senza ridurne la portata, attraverso l'introduzione di criteri interpretativi che finirebbero per riprodurre aspetti di disomogeneità nei conti degli enti territoriali».

 

Considerato:

 

La Corte dei conti, in più occasioni, ha avuto modo di sottolineare la centralità del processo di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, ai fini di un recupero di trasparenza dei relativi conti.

Nel condividere, sostanzialmente, l'impianto della contabilità armonizzata, la Corte (sezione delle autonomie e sezioni regionali di controllo) si è riservata di procedere ad un sistematico monitoraggio - essenziale anche per garantire la sana gestione finanziaria degli enti territoriali - delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 118/2011, come novellato dal decreto legislativo n. 126/2014.

Non a caso puntuali indicazioni al riguardo sono state fornite, nel corso del 2015, con le delibere n. 4/INPR, n. 31/INPR e n. 32/INPR della sezione delle autonomie. Ciò anche per accompagnare gli enti nella non facile fase di passaggio alle nuove regole contabili e, segnatamente, nell'applicazione degli istituti qualificanti della riforma, in linea con le considerazioni sviluppate nelle audizioni del 29 maggio e 27 novembre 2014, presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

La Corte, in questa sede, ribadisce l'esigenza che si proceda nel percorso intrapreso per migliorare la qualità dei conti degli enti territoriali, che costituiscono una componente primaria del conto della pubblica amministrazione. Proprio in questa prospettiva ritiene di procedere all'adozione di una deliberazione di orientamento per la predisposizione dei bilanci di previsione 2016-2018.

Si intende focalizzare l'attenzione su alcuni temi di particolare rilievo individuati alla luce, da un lato, delle criticità emerse nel primo anno di esperienza fatta dalla generalità degli enti che dal 2015 hanno avviato l'armonizzazione dei bilanci, e dall'altro, dell'avvio del pareggio di bilancio in una forma semplificata per l'esercizio 2016.

A differenza di quanto avvenuto per gli esercizi 2014 e 2015, questa delibera è collegata funzionalmente alle linee guida, che a breve saranno emanate, per la relazione degli organi di revisione economico-finanziaria, sui bilanci di previsione 2016-2018, in cui sarà allargato lo spettro valutativo ad una più ampia prospettiva della gestione.

Un'ulteriore complicazione per il conseguimento della finalità di un'ordinata gestione è rappresentata dall'ormai consolidato ricorso all'esercizio provvisorio, i cui effetti negativi sono stati evidenziati negli anni passati con specifiche delibere della Sezione delle autonomie.

L'esercizio provvisorio riguarda quest'anno anche alcune regioni che, per motivi diversi, non hanno approvato nei termini previsti i bilanci di previsione 2016. Valgono per le predette amministrazioni regionali, con riguardo agli aspetti di principio, gli indirizzi rivolti agli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali, con le deliberazioni n. 23/2013/INPR e n. 18/2014/INPR di questa sezione.

 

Delibera:

 

Di adottare le unite linee di indirizzo per la formazione del bilancio 2016-2018 e per l'attuazione della contabilità armonizzata negli enti territoriali.

Le suddette indicazioni sono rivolte anche alle regioni e agli enti locali operanti nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, nei limiti della compatibilità con gli specifici ordinamenti.

 

Dispone:

 

Che copia della presente deliberazione venga trasmessa, per le pertinenti valutazioni, al Ministro dell'interno e al Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Allegato

LINEE DI INDIRIZZO PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO 2016-2018 E PER L'ATTUAZIONE DELLA CONTABILITA' ARMONIZZATA NEGLI ENTI TERRITORIALI

 

1. Presupposti per l'effettivo avvio della riforma contabile.

La complessità del percorso di introduzione a regime, ancorché graduale, del nuovo sistema contabile e dei relativi nuovi schemi di bilancio, rende necessario analizzare i principali istituti introdotti dalla riforma contabile nella loro attuazione in sede di predisposizione da parte degli enti territoriali del bilancio di previsione 2016-2018.

In particolare, la Corte - nel ribadire la necessità che al nuovo ordinamento contabile sia data corretta ed integrale applicazione - ritiene di soffermare l'attenzione sui temi di cruciale importanza che vengono di seguito succintamente esposti.

a) L'adozione, da parte degli enti e dei loro organismi strumentali in contabilità finanziaria, del nuovo schema di bilancio armonizzato assume valore a tutti gli effetti giuridici, anche con riguardo alla funzione autorizzatoria. In particolare l'anno 2016 è caratterizzato dalla formazione e approvazione del bilancio di cassa autorizzatorio che richiede da parte degli enti, prima un'attendibile programmazione e quindi una veritiera previsione dei flussi di cassa, sia di entrata che di uscita del tutto innovative e per certi aspetti esulanti dalla cultura della dirigenza locale. In tale contesto è necessario il coinvolgimento di tutti i responsabili dei servizi nell'attività di predisposizione degli strumenti di programmazione e previsione, nonché degli amministratori a livello decisionale.

b) Nell'ambito dei numerosi allegati al bilancio di previsione, da adottare obbligatoriamente ai sensi dell'art. 11, comma 3, decreto legislativo n. 118/2011, un ruolo di particolare importanza riveste la nota integrativa, che deve contenere informazioni essenziali, al fine di comprendere i criteri seguiti dall'ente per la predisposizione delle previsioni di bilancio e che deve approfondire l'analisi sulla natura delle voci di entrata, nonché della relativa destinazione in termini di spesa.

Particolare attenzione, tra l'altro, deve essere riservata alle informazioni riguardanti la costituzione e rappresentazione a regime del «fondo pluriennale vincolato», nonché gli accantonamenti per rischi e spese potenziali, per il «fondo crediti di dubbia esigibilità» e per il fondo perdite reiterate negli organismi partecipati. Al riguardo si fa rinvio alla successiva analisi sviluppata nei paragrafi 4, 5 e 8.

c) L'applicazione completa della codifica elementare, come disciplinata dagli articoli 5 e 6 del decreto legislativo n. 118/2011 e definita dall'allegato n. 7 dello stesso decreto, individua una struttura articolata in più codici (economico, Cofog, UE, SIOPE, funzionale, codice unico di progetto per gli investimenti, codice delle entrate e delle spese ricorrenti e codice delle entrate e delle spese non ricorrenti). Per le sole regioni, agli anzidetti codici si aggiungono quelli relativi al perimetro sanitario e quelli che identificano le spese imputate ai programmi comunitari.

Al riguardo, deve rammentarsi quanto stabilito dall'art. 5, comma 3-bis, decreto legislativo n. 118/2011, a proposito della codifica della transazione elementare che, come previsto dagli articoli 54, comma 3 e 58, comma 3, dello stesso decreto per le regioni e dagli articoli 180, comma 3 e 185, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000 (TUEL), deve essere inserita nei campi liberi degli ordinativi di incasso e dei mandati di pagamento.

Il tesoriere non è tenuto a gestire gli anzidetti codici, che rientrano nell'ambito della disponibilità esclusiva delle regioni e degli enti locali. In particolare, per questi ultimi, ai sensi dell'art. 216 TUEL, il tesoriere non è tenuto ad estinguere mandati di pagamento privi delle necessarie codifiche, compresa quella SIOPE.

d) E' da sottolineare l'assoluto rilievo dell'adozione, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 118/2011, del piano dei conti integrato, di cui all'allegato n. 6, raccordato al piano dei conti di cui all'art. 4 del decreto legislativo n. 91/2011, in vista del consolidamento e del monitoraggio dei conti pubblici, nonché al fine di consentire un migliore raccordo dei conti delle amministrazioni pubbliche con il Sistema europeo dei conti nazionali.

Costituisce principio fondamentale del sistema dei conti del settore pubblico (SEC 2010) l'attuazione di una visione integrata della gestione degli enti nella triplice dimensione (finanziaria, economica e patrimoniale) affinché la stessa sia rappresentata in modo da rilevare non solo i risultati finanziari ma, altresì, di valorizzare il risultato economico di periodo ed esporre le conseguenti variazioni del conto patrimoniale del settore pubblico. Il nuovo piano dei conti, attraverso l'adeguamento del sistema informativo degli enti, deve essere strutturato in modo tale da consentire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, correlando le voci del piano finanziario con quelle del piano economico-patrimoniale ed allo stesso tempo, l'elaborazione del conto economico e dello stato patrimoniale, attraverso l'aggregazione delle voci, secondo i criteri riportati nel suddetto allegato n. 6.

e) In tale contesto, per l'esercizio 2016, rappresenta momento basilare, ai fini della completa attuazione della riforma contabile, l'applicazione del principio contabile generale della competenza economica, di cui al punto 17 dell'allegato n. 1 del decreto legislativo n. 118/2011, che richiede di imputare a ciascun esercizio costi sostenuti e ricavi conseguiti (direttamente correlati ad operazioni di scambio sul mercato) nonché proventi/oneri (correlati all'attività istituzionale) relativi allo stesso esercizio, e la contestuale attuazione del principio applicato della contabilità economico-patrimoniale, di cui all'allegato n. 4/3.

E' da richiamare la facoltà prevista per i comuni fino ai 5000 abitanti di rinviare all'esercizio 2017 l'applicazione del principio contabile della competenza economica e conseguentemente del bilancio consolidato, da predisporre nel 2018.

La prima attività richiesta è quella della riclassificazione delle voci dello stato patrimoniale, chiuso al 31 dicembre dell'anno precedente nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 194/1996, secondo l'articolazione armonizzata, dopo aver riclassificato le singole voci dell'inventario.

Per le regioni è necessaria l'adozione di un primo stato patrimoniale, sulla base della situazione rappresentata dal conto del patrimonio dell'esercizio precedente, integrato da una ricognizione straordinaria, applicando i criteri di classificazione e di valutazione armonizzati, di cui al punto 9.3 del principio contabile applicato della contabilità patrimoniale.

Successivamente, è necessario applicare all'inventario ed allo stato patrimoniale i criteri di valutazione dell'attivo e del passivo previsti dal principio applicato, predisponendo a tal fine una tabella per ciascuna voce, che affianchi agli importi di chiusura del precedente esercizio quelli attribuiti a seguito del processo di rivalutazione, con le relative differenze. I prospetti aggiornati al 1° gennaio 2016, unitamente a quelli di raccordo fra la vecchia e la nuova classificazione, devono essere sottoposti all'approvazione del consiglio in sede di rendiconto dell'esercizio di avvio della contabilità economico-patrimoniale. Si ritiene, infatti, quanto mai opportuna una formale approvazione degli anzidetti prospetti, in quanto frutto di una riclassificazione in grado di rideterminare il patrimonio netto dell'ente. Ove, nel corso del primo esercizio di applicazione del principio contabile, non sia stato possibile procedere, secondo la nuova disciplina, alla rivalutazione di beni che siano oggetto di ricognizione o in attesa di perizia, l'attività di ricognizione straordinaria del patrimonio e la conseguente rideterminazione del relativo valore possono protrarsi per un ulteriore esercizio e, comunque, devono concludersi entro il 2017 (con esclusione degli enti che hanno partecipato nel 2014 alla sperimentazione).

In base a quest'ultimo principio deve essere adottato un sistema contabile integrato, atto a garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, sia sotto il profilo finanziario - che resta quello principale a fini autorizzatori e di rendicontazione dei risultati della gestione finanziaria - sia sotto il profilo economico-patrimoniale, per rilevare i costi ed i ricavi derivanti dalle transazioni poste in essere dalle amministrazioni e gli oneri ed i proventi conseguenti alle attività istituzionali ed erogative svolte dall'ente.

Dell'andamento delle attività collegate all'avvio della contabilità economico-patrimoniale deve essere dato conto nella relazione che accompagna il rendiconto dell'esercizio di prima applicazione del principio contabile in questione. Per le regioni valgono le osservazioni formulate al punto precedente.

f) Lo slittamento al 31 dicembre 2015 della presentazione del «documento unico di programmazione» (DUP) ed al 28 febbraio 2016 della nota di aggiornamento (decreto ministeriale 28 ottobre 2015) quale effetto di trascinamento indotto dalla proroga dei termini di approvazione del bilancio di previsione 2015, comporta un «esordio» di questo importante strumento di programmazione in una condizione di anomalia, rappresentata dal fatto di intervenire ad esercizio avanzato. Tuttavia questa evenienza non fa venir meno l'integrale rilevanza della funzione del DUP - anche, ovviamente, nella forma semplificata utilizzata dai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti - sia quale «atto presupposto indispensabile per l'approvazione del bilancio di previsione» (art. 170, comma 5, TUEL) sia quale «strumento che permette l'attività di guida strategica ed operativa degli enti locali e consente di fronteggiare in modo permanente, sistemico ed unitario le discontinuità ambientali ed organizzative» (punto 8 del principio contabile).

In sostanza, non sembra superfluo sottolineare la necessità che questo adempimento, soprattutto nella sua prima manifestazione, sia curato nella piena consapevolezza della sua funzione fondativa di un nuovo criterio di impostazione della gestione; un criterio che, in particolare, esalta l'aspetto della continuità dell'azione amministrativa verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo economico-sociale. Tale continuità si realizza nel pieno rispetto della scansione temporale che il principio contabile sulla programmazione individua nelle scadenze del 31 luglio per la presentazione del DUP, del 15 novembre per la predisposizione dell'eventuale nota di aggiornamento e del 31 dicembre per l'approvazione delle conseguenti previsioni di bilancio: adempimenti questi ultimi che costituiscono il passaggio centrale del ciclo della programmazione, così come individuato dall'art. 7 della legge n. 196/2009, che impegna i responsabili delle politiche pubbliche.

g) In vista dell'adozione del bilancio consolidato (principio contabile applicato di cui all'allegato 4/4 par. 3.1) fra i primi adempimenti deve rammentarsi l'approvazione da parte della giunta di due distinti elenchi: il primo comprende tutti gli organismi che fanno parte del gruppo amministrazione pubblica; il secondo, enucleato dal primo, comprende soltanto quelli oggetto di consolidamento, a seguito di una valutazione di rilevanza e significatività. Per le regioni sono comunque esclusi gli enti del servizio sanitario disciplinati dal titolo II decreto legislativo n. 118/2011 (art. 11-bis, comma 3). Inoltre, in vista dell'avvio della predisposizione del bilancio consolidato, rileva la comunicazione agli enti ricompresi nel secondo elenco delle direttive riguardanti i tempi e modi di trasmissione dei bilanci d'esercizio e dei rendiconti nonché delle informazioni integrative (par. 3.2 dell'allegato 4/4). Sul tema del consolidamento più approfondite considerazioni sono sviluppate nel successivo paragrafo 8.

 

2. Disposizioni concernenti l'esercizio provvisorio 2016.

Anche per l'esercizio 2016, sia pure per un arco di tempo più limitato rispetto agli ultimi anni, si è fatto ricorso all'esercizio provvisorio (autorizzato per il 2016 fino al 30 aprile per i comuni e fino al 31 luglio per province e città metropolitane). In proposito va, innanzitutto, ricordato che, ai sensi dell'art. 11, comma 17, decreto legislativo n. 118/2011, gli enti, in esercizio provvisorio nel 2016, gestiscono per dodicesimi gli stanziamenti di spesa previsti per l'annualità 2016 nel bilancio pluriennale 2015-2017, riclassificati secondo lo schema di bilancio armonizzato e debitamente aggiornati al 30 novembre 2015. Per le province e le città metropolitane, che hanno predisposto il bilancio di previsione per la sola annualità 2015, è stata prevista, altresì, l'applicazione dell'art. 163 del TUEL «esercizio provvisorio e gestione provvisoria» con riferimento al bilancio di previsione definitivo approvato per il 2015. La norma, al riguardo, precisa che tale bilancio dovrà essere riclassificato secondo lo schema contabile armonizzato di cui all'allegato n. 9. Per le regioni e le province autonome, che non abbiano approvato il bilancio entro il 31 dicembre 2015, è stata prevista (principio contabile applicato n. 8.2) la facoltà di autorizzare, con legge di approvazione dell'esercizio provvisorio, la gestione della prima annualità dello schema di bilancio 2016-2018 approvato dalla giunta.

Con riferimento, in particolare, agli enti locali, inoltre, deve rammentarsi che, all'avvio dell'esercizio provvisorio, vanno trasmessi al tesoriere, oltre all'importo del «fondo pluriennale vincolato», anche l'elenco dei residui presunti alla data del 1° gennaio e quello degli stanziamenti di competenza e degli impegni già assunti.

Per quanto riguarda i nuovi impegni, nel corso dell'esercizio provvisorio, gli enti locali possono assumerne per importi non superiori ad un dodicesimo degli stanziamenti del secondo esercizio del bilancio di previsione deliberato l'anno precedente, ridotti delle somme già impegnate in precedenza e dell'importo del «fondo pluriennale vincolato». L'anzidetta gestione per dodicesimi non vale, come è noto, per le spese obbligatorie e per quelle non frazionabili, nonché per le spese a carattere continuativo, finalizzate a garantire il livello quanti-qualitativo dei servizi resi alla collettività amministrata e già impegnate.

E' fondamentale tener conto, ai fini della quantificazione della spesa complessivamente impegnabile in dodicesimi, del «dovuto aggiornamento» delle previsioni del bilancio triennale in relazione all'eventuale ripiano di debiti e disavanzi con il ricorso alle misure di diluizione in trent'anni ancora non pianificate con effetto sul 2016.

Occorre inoltre richiamare il principio contabile applicato della contabilità finanziaria che, al punto 8.11, prevede che nel corso dell'esercizio provvisorio - per garantire la prosecuzione o l'avvio di attività soggette a termini o scadenza (come ad esempio per i trasferimenti dell'Unione europea), il cui mancato svolgimento determinerebbe danno per l'ente (si pensi al rischio di poter vedere revocati finanziamenti già concessi) - è consentito l'utilizzo delle quote vincolate dell'avanzo di amministrazione secondo una puntuale disciplina (articoli 175 e 187, comma 3, TUEL; art. 42, commi 8 e seguenti del decreto legislativo n. 118/2011).

Ciò rappresenta una forma di flessibilità del bilancio in esercizio provvisorio, durante il quale occorre disporre di adeguati strumenti di controllo degli equilibri finanziari del bilancio.

Nessuna remora deve comportare l'esercizio provvisorio ai fini dell'adempimento del riaccertamento ordinario dei residui che costituisce un'attività di natura gestionale alla quale è possibile procedere, anche in tale fase, entro i termini previsti per l'approvazione del rendiconto.

In tal caso, la variazione di bilancio necessaria alla reimputazione degli impegni e degli accertamenti all'esercizio in cui le obbligazioni sono esigibili, è effettuata, con delibera di giunta, dopo avere acquisito il parere dell'organo di revisione a valere sull'ultimo bilancio di previsione approvato.

Per l'anno 2016 lo spostamento del termine per l'approvazione del bilancio di previsione coincide per i comuni con il termine per l'approvazione del rendiconto della gestione.

Ciò rappresenta un'occasione utile per realizzare, entro il 30 aprile 2016, spazi di manovra nella programmazione del bilancio degli enti che consentano l'impiego dell'avanzo di amministrazione, come risulta dal rendiconto 2015, in modo da incentivare anche una ripresa della spesa di investimento. In tale contesto, comunque, la razionalizzazione e il contenimento della spesa corrente rappresentano presupposti irrinunciabili di ogni manovra volta all'impiego dell'avanzo di amministrazione ai fini del rispetto del nuovo saldo di finanza pubblica del 2016, di cui all'art. 1, comma 707 e seguenti della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

Nel particolare caso delle province la scadenza del bilancio al 31 luglio 2016 coincide con il termine per la variazione di assestamento generale (art. 175, comma 8, TUEL) e per il controllo a salvaguardia degli equilibri generali di bilancio (art. 193, comma 2, TUEL), determinando, quindi, la sovrapposizione di termini che nei fatti realizza un accorpamento dei momenti di monitoraggio e valutazione degli andamenti della gestione che, nella normale scansione temporale, sono legati da un nesso funzionale alla verifica della congruenza e coerenza dell'attività di programmazione. Sempre in relazione alle province, il legislatore consente per il solo anno 2016 (art. 1, comma 756, legge di stabilità 2016) di poter predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2016 e, al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, di poter applicare al bilancio di previsione l'avanzo libero e destinato.

Ai fini dell'equilibrio della situazione corrente - e solo dopo l'approvazione del rendiconto 2015 - è applicabile ai bilanci di previsione dei suddetti enti l'avanzo vincolato alle condizioni previste dall'art. 1, comma 758, legge di stabilità 2016. Non è superfluo considerare che il complessivo indebolimento della prospettiva della programmazione della gestione finanziaria delle province si iscrive in una cornice di incertezza della piena attuazione delle riforme ordinamentali.

In questo contesto, la costruzione degli equilibri finanziari ed in particolare di quelli riferiti alla situazione corrente, attraverso l'utilizzo delle quote di avanzo di amministrazione, deve indurre ad una particolare cautela nella valutazione in termini di attendibilità, di tali poste; valutazione che passa attraverso una verifica dell'effettivo realizzo e della stretta congruità della capacità di copertura delle spese che non devono avere proiezione oltre la dimensione annuale della previsione programmatica.

 

3. Il percorso verso gli equilibri di cui alla legge n. 243/2012.

 

3.1. Il saldo di finanza pubblica per il triennio 2016-2018: prospettive e criticità.

L'art. 1, comma 707, della legge di stabilità 2016 dispone che, a decorrere dall'anno 2016, cessano di avere applicazione tutte le norme concernenti la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali; restano fermi gli adempimenti relativi al monitoraggio ed alla certificazione del patto 2015, nonché l'applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto dello stesso relativamente all'anno 2015 o agli anni precedenti, accertato secondo la specifica disciplina normativa.

Ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, gli enti di cui all'art. 9, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate e le spese finali.

La concreta portata di questo nuovo «vincolo» di finanza va vista alla luce dei principi contabili che regolano il riformato sistema di contabilità ed in particolare per gli effetti che producono sulla programmazione e sulla gestione.

In proposito, deve essere, preliminarmente, ricordato che con l'ormai superato patto di stabilità interno, fondato sul criterio della programmata riduzione del saldo finanziario, calcolato con il criterio della competenza mista, negli ultimi anni si è più volte registrata un'eccedenza dei valori del saldo finanziario sull'obiettivo programmatico; fatto questo che, associato alla continua e progressiva riduzione della spesa per gli investimenti, sia per competenza, sia per cassa, e alla sostanziale stabilità, invece, della spesa corrente, induceva ad ipotizzare una verosimile sovrastima delle entrate correnti calcolate, così come le spese, in termini di competenza.

Il nuovo principio di contabilizzazione di entrate e spese secondo il criterio della competenza finanziaria potenziata e cioè secondo esigibilità delle sottostanti obbligazioni attive e passive, impone adeguata e attenta valutazione sulle entrate realmente disponibili e sulle spese effettivamente sostenibili.

In linea di principio, infatti, il pareggio di bilancio, cosiddetto «semplificato», imponendo solo un saldo non negativo tra entrate e spese finali, associa alla finalità propria di strumento di controllo dell'indebitamento netto, la teorica disponibilità di maggiori spazi di spesa che dovrebbero servire a superare il gap della programmazione nel settore degli investimenti. Tuttavia, nel dare concretezza a questa teorica prospettiva devono essere, innanzitutto, considerati, da un lato, gli indirizzi delle politiche fiscali, che per il 2016 impongono il quasi generale blocco della leva fiscale, dall'altro, la rigidità dei bilanci causata da un'incomprimibile livello della spesa corrente che drena gran parte delle risorse disponibili. In quest'ottica diventano essenziali le valutazioni in termini di attendibilità delle entrate previste in bilancio, corrette secondo i criteri della reale esigibilità (costituzione del fondo crediti di dubbia esigibilità) nonché la ponderata allocazione delle risorse, rispettosa dei vincoli imposti soprattutto ai fini della revisione della spesa. Compiti che il TUEL ha presidiato con le attribuzioni ex art. 153 di coordinamento e gestione dell'attività finanziaria al responsabile del servizio finanziario, cui concorrono, su un piano di pari responsabilità, per i rispettivi profili di competenza, i responsabili dei servizi.

Nella nuova formulazione degli articoli 40, decreto legislativo n. 118/2011 e 162, comma 6, TUEL, il pareggio complessivo per la competenza, comprensivo dell'utilizzo dell'avanzo e del recupero del disavanzo di amministrazione, deve garantire un fondo di cassa finale non negativo. Le norme appena richiamate contengono due aspetti di particolare rilievo dei quali occorre tenere conto ai fini della costruzione del pareggio.

Il primo è rappresentato dal nuovo criterio di identificazione del risultato di amministrazione alla luce di quanto dispongono gli articoli 42, comma 1, decreto legislativo n. 118/2011 e 187, comma 1, TUEL. In particolare, secondo quest'ultima disposizione, nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l'ente risulta in disavanzo di amministrazione. In sostanza, laddove prima della riforma contabile si distingueva tra risultato contabile di amministrazione e disavanzo effettivo, integrato proprio dall'insufficienza del risultato a coprire le quote vincolate, ora si parla tout court di disavanzo e del conseguente obbligo di rientro, ai sensi degli articoli 42, comma 12, decreto legislativo n. 118/2011 e 188 del TUEL. Risultato di amministrazione che, ai sensi dell'art. 186, comma 1, (e art. 42 cit.), non comprende il «fondo pluriennale vincolato», alimentato in larga misura dalle fonti di finanziamento delle spese di investimento che, come recitano gli articoli 56, comma 4, decreto legislativo n. 118/2011 e 183, comma 3, TUEL, qualora relative a lavori pubblici e prenotate (la cui gara sia stata formalmente indetta), concorrono alla determinazione del «fondo pluriennale vincolato» e non del risultato di amministrazione, nei termini previsti dal principio contabile. Fatto questo da cui consegue un ridimensionamento della consistenza dell'eventuale avanzo nel quale non c'è più la quota vincolata e impegnata per la spesa di investimento.

Il secondo aspetto, e cioè la necessità di garantire il fondo di cassa non negativo, costituisce un effetto conseguenziale del nuovo principio dell'imputazione di entrate e spese secondo esigibilità, nel senso che, laddove sia garantita coerenza tra la programmazione, previsione e la gestione del bilancio, non può che conseguire un ordinato flusso di cassa. In particolare, sul fronte della spesa assumono importanza le prescrizioni contenute negli articoli 56, comma 6, decreto legislativo n. 118/2011 e 183, comma 8, del TUEL, che impongono ai responsabili della spesa, che adottano provvedimenti che comportano l'assunzione di impegni, di accertare la compatibilità del programma dei pagamenti con gli stanziamenti di cassa.

Nel descritto quadro di valutazioni prudenziali va considerata la specificità normativa che caratterizza il pareggio di bilancio nel 2016. Solo per detto esercizio, infatti, nel meccanismo per la determinazione del saldo la legge (comma 711 della legge di stabilità 2016) contempla che nelle entrate e nelle spese finali, in termini di competenza, è computato il «fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa», al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento. La possibilità di considerare tra le entrate finali rilevanti ai fini del pareggio il «fondo pluriennale vincolato» facilita, per il 2016, il rispetto degli equilibri ed aumenta la capacità di spesa, soprattutto sul versante degli investimenti.

Tuttavia, non devono essere sottovalutate le implicazioni che comporta il computo del «fondo pluriennale vincolato» solo sull'annualità 2016, ai fini della programmazione delle altre annualità del bilancio triennale. Occorre tenere presente, al riguardo, per il rispetto degli equilibri dell'esercizio 2016 e di quelli futuri, che gli effetti sulla spesa 2016 di tale possibilità devono essere prudentemente commisurati, in termini finanziari, a questo limitato arco temporale, salvo reperire idonee risorse per coprire le proiezioni delle obbligazioni assunte oltre il 2016. In sostanza, occorre considerare che il maggior volume complessivo delle risorse, accresciuto dal computo del «fondo pluriennale vincolato» in entrata - pur compensandosi specificamente nel «fondo pluriennale vincolato» in uscita - può generare illusoria capacità di spesa, per gli anni 2017-2018, all'interno dei quattro aggregati che, secondo il prospetto ex comma 712, compongono il saldo finale. Particolare attenzione, pertanto, deve essere posta nella valutazione di attendibilità delle previsioni relative ai successivi esercizi.

 

3.2. La costruzione degli equilibri finanziari di bilancio.

La legge di stabilità 2016 ed il decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 (cd. milleproroghe) - convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21 - hanno rispettivamente introdotto rilevanti novità normative in materia di fonti di finanziamento degli enti locali e confermato (ed in alcuni casi, innovato) misure di flessibilità nella gestione finanziaria. Tali misure hanno rilevanza ai fini della costruzione degli equilibri, in particolare di quelli di parte corrente.

Fermo restando il puntuale rispetto, tra gli altri, dei determinanti principi di veridicità, attendibilità, congruità e prudenza, alcune tra le suddette novità normative sollecitano, ai fini della corretta programmazione degli equilibri di bilancio 2016-2018, brevi riflessioni e puntuali indicazioni sul piano delle opportune cautele da assumere in fase applicativa.

a) Per quanto riguarda il sistema delle fonti di finanziamento, i comuni, ai fini della più attendibile quantificazione delle entrate correnti e per la corretta costruzione degli equilibri di parte corrente, devono tenere conto, in particolare:

1) degli effetti finanziari conseguenti alle esenzioni ed alle agevolazioni IMU e TASI e, in particolar modo per quest'ultima, del livello di adeguatezza dei trasferimenti compensativi rispetto al gettito effettivo. Per garantire tale livello di adeguatezza, rilievo significativo assume la previsione contenuta nell'art. 1, comma 28 della legge n. 208/2015 che contempla la necessità, per il 2016 e per gli immobili non esentati, di deliberare la maggiorazione TASI nella stessa misura applicata per il 2015;

2) della sospensione, per il 2016, dell'efficacia delle delibere che prevedono aumenti di tributi e addizionali rispetto al livello di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015, salve le eccezioni per la tassa rifiuti e per gli enti che deliberano il predissesto;

3) degli effetti finanziari derivanti dall'esclusione dalla determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione produttiva, dei macchinari funzionali al processo produttivo, ivi compresi i cosiddetti «imbullonati», operando, anche qui, una prudenziale stima della reale entità del gettito perso, rispetto ai trasferimenti compensativi a copertura dello stesso. La spesa corrente va modulata o rimodulata tenendo conto della sua sostenibilità alla luce dei predetti effetti.

Sulla effettiva disponibilità delle risorse incidono poi i ritardi che continuano a registrarsi nei trasferimenti dei fondi dovuti agli enti locali, soprattutto da parte dello Stato. In tale contesto, ai fini di una maggiore trasparenza dei rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo, si ribadisce l'esigenza di una revisione complessiva delle ragioni di credito, che gioverebbe alla sistemazione dei flussi debitori e creditori tra lo Stato e le autonomie territoriali, nonché, all'interno di quest'ultimo comparto, tra regioni ed enti locali.

b) Nel contesto di tale rimodulazione della spesa, occorre fare prudente uso della novella normativa introdotta dall'art. 1, comma 737 della legge di stabilità 2016. Tale disposizione, come noto, prevede l'utilizzabilità per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione di opere pubbliche, del cento per cento dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001), ampliando l'analoga facoltà introdotta dall'art. 2, comma 8 della legge n. 244/2007 fino al 2015, ma limitata alla misura del 75 per cento.

La possibilità, prevista dalla legge, di finalizzare tali risorse a spese correnti, deve essere coerente con il dettato che ne individua le specifiche finalità escludendo, quindi, un'indifferenziata destinazione di entrate non correnti a spese di tale natura, tra l'altro non congruente ai fini dell'osservanza del nuovo saldo di finanza pubblica.

c) Con il decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, è stato prorogato anche per il 2016 l'utilizzo dei risparmi derivanti dalla rinegoziazione dei mutui senza vincoli di destinazione, come previsto per il 2105 dall'art. 7, comma 2, decreto-legge n. 78/2015 (per gli enti di area vasta dal comma 759 dell'art. 1 della legge di stabilità 2016); facoltà, questa, già concessa dalla legge di stabilità 2016 agli enti in piano di riequilibrio. Anche in questo caso è opportuno massimizzare l'effetto di miglioramento dell'equilibrio di parte corrente, conseguente ai risparmi di spesa, derivanti dalla minore entità della quota capitale delle rate di ammortamento, destinando i medesimi risparmi, se ne sussistono i presupposti, secondo i criteri di priorità che il TUEL indica nell'utilizzo dell'avanzo libero all'art. 187, comma 2 (cfr. art. 42, comma 6, decreto legislativo n. 118/2011).

d) Specifica misura di flessibilità è riferita agli enti che nel 2013 e 2014 hanno presentato ovvero hanno ottenuto l'approvazione dei piani di riequilibrio ex art. 243-bis TUEL; il comma 714 della legge di stabilità 2016 dà la possibilità a detti enti di ripianare, previa rimodulazione del piano, la quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio e derivante dal riaccertamento straordinario dei residui con le stesse modalità previste dal decreto ministeriale 2 aprile 2015; inoltre, è data facoltà agli enti di restituire in trenta anni le anticipazioni da «fondo di rotazione» ai sensi degli articoli 243-ter (oltre che per le anticipazioni di cassa concesse agli enti sciolti ai sensi dell'art. 143 TUEL ex 243-quinquies TUEL).

e) La richiamata disposizione della legge di stabilità nella sua concreta applicazione per gli enti che hanno già ottenuto l'approvazione del piano, produce l'effetto di liberare risorse in conseguenza della diluizione in un più lungo lasso di tempo dello sforzo finanziario di risanamento. Fermo restando che l'entità del disavanzo deve risultare dai rendiconti approvati per gli esercizi 2013 e 2014, senza ripetere nel 2016 l'operazione di riaccertamento straordinario, la programmazione degli impieghi di tali risorse va opportunamente correlata, nella costruzione dell'equilibrio della gestione finanziaria, alla copertura di spese non ripetitive.

 

4. I fondi di accantonamento nel bilancio di previsione 2016-2018 e loro riflessi sul saldo di finanza pubblica.

4.1. I fondi e gli accantonamenti costituiscono uno strumento contabile preordinato a garantire gli equilibri di bilancio attraverso la preventiva sterilizzazione di una certa quantità di risorse necessarie a bilanciare sopravvenienze che possano pregiudicarne il mantenimento durante la gestione.

a) La previsione di dette poste deve essere congrua per due ragioni: da un lato affinché la copertura del rischio sia efficacemente realizzata, dall'altro affinché lo stanziamento in bilancio non sottragga alla gestione risorse in misura superiore al necessario.

Nella disamina di queste poste la prima riflessione cade sul «fondo crediti di dubbia esigibilità» la cui congruità - dopo il primo accantonamento cui hanno dovuto provvedere alla data del 15 giugno 2015 - per gli enti non sperimentatori, si ha modo di verificare per la prima volta con l'approvazione del rendiconto 2015.

Va, preliminarmente, ricordato, in merito alla novella dell'art. 2, comma 6, decreto-legge n. 78/2015, che l'utilizzo del fondo di sterilizzazione delle anticipazioni di liquidità, ai fini dell'accantonamento del «fondo crediti di dubbia esigibilità», non deve produrre effetti espansivi della capacità di spesa (deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/QMIG).

Si ritiene, poi, utile fare le seguenti puntualizzazioni. La quota dell'importo dell'accantonamento quantificato nel prospetto riguardante il «fondo crediti di dubbia esigibilità», allegato al bilancio di previsione, e risultante dall'applicazione del principio contabile applicato (punto 3.3), deve essere pari almeno, nel 2016, al 55 per cento, nel 2017 al 70 per cento, nel 2018 all'85 per cento. Dal 2019 l'accantonamento al fondo è effettuato per l'intero importo.

Riprendendo quanto già affermato nella deliberazione n. 32/2015/INPR, occorre esaminare attentamente gli effetti che lo stanziamento di bilancio del fondo, nelle percentuali ridotte di cui si è detto, determina sugli equilibri generali della gestione, sia di competenza, sia di cassa.

La regola generale prevede che venga stanziata nel bilancio di previsione un'apposita posta contabile, denominata «accantonamento al «fondo crediti di dubbia esigibilità», il cui ammontare è determinato in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell'esercizio, della loro natura e dell'andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata).

Il principio contabile prevede la possibilità per gli enti che negli ultimi tre esercizi hanno formalmente attivato un processo di accelerazione della propria capacità di riscossione di poter calcolare il «fondo crediti di dubbia esigibilità» facendo riferimento ai risultati di tali tre esercizi.

A questo fine è necessario dare consistenza ai presupposti che devono sussistere per applicare tale modalità di calcolo del fondo, individuando i più attendibili criteri, in base ai quali si possa dichiarare sussistente il miglioramento della capacità di riscossione dell'ente sulle entrate di dubbia e difficile esazione, e fornendo l'analitica documentazione di supporto.

Un andamento non strutturato della capacità di riscossione, in termini di miglioramento, potrebbe ingenerare la formazione di un «fondo crediti di dubbia esigibilità» non idoneo con tutte le conseguenze relative in termini di equilibri gestionali presenti e tendenziali.

Sempre nel senso di monitorare l'adeguatezza del «fondo crediti di dubbia esigibilità», occorre richiamare l'azione di controllo e verifica dell'ammontare del fondo in corso di esercizio, sia nel momento dell'approvazione del rendiconto della gestione, ai fini dell'andamento della capacità di riscossione dei residui attivi, sia al momento della variazione generale di assestamento e del controllo a salvaguardia degli equilibri di bilancio, da realizzare entro il 31 luglio di ogni anno.

Il principio contabile prevede espressamente che sia verificata la congruità del «fondo crediti di dubbia esigibilità» complessivamente accantonato nel bilancio di assestamento, nonché nell'avanzo, in considerazione dell'ammontare dei residui attivi degli esercizi precedenti e di quelli dell'esercizio in corso, in sede di rendiconto e di controllo della salvaguardia degli equilibri.

L'adeguamento del fondo si attua in sede di assestamento operando la variazione dello stanziamento di bilancio riguardante l'accantonamento al «fondo crediti di dubbia esigibilità».

In sede di rendiconto e di controllo della salvaguardia degli equilibri, si opererà vincolando o svincolando le necessarie quote dell'avanzo di amministrazione. Si tratta delle iniziative necessarie ad adeguare il fondo accantonato nel risultato di amministrazione in caso di squilibri riguardanti la gestione dei residui disciplinate, oltre che dal principio contabile, dall'art. 193, secondo comma, del TUEL.

Fino a quando il fondo crediti di dubbia esigibilità non risulta adeguato non è possibile utilizzare l'avanzo di amministrazione.

Al riguardo appare utile richiamare quanto contenuto nella citata deliberazione 32/2015/INPR: «La dichiarazione di adeguatezza del fondo assume, pertanto, una specifica rilevanza giuridica e sostanziale e deve essere attribuita alla competenza dei singoli responsabili della gestione delle entrate di dubbia e difficile esazione, alla correlata competenza di coordinamento e vigilanza del responsabile del servizio economico-finanziario dell'ente e alla necessaria verifica dell'organo di revisione».

b) Altro fondo che necessita di un attento monitoraggio è il «fondo contenziosi» che il principio contabile applicato della contabilità finanziaria introduce come fondo rischi nel caso in cui l'ente, a seguito di contenzioso in cui ha significative probabilità di soccombere, o di sentenza non definitiva e non esecutiva, sia condannato al pagamento delle spese.

Essendo l'obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento (l'esito del giudizio o del ricorso), non è possibile impegnare alcuna spesa. In tale situazione l'ente è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli oneri previsti dalla sentenza, stanziando nell'esercizio le relative spese che, a fine esercizio, incrementeranno il risultato di amministrazione, che dovrà essere accantonato per la copertura delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva.

In occasione della prima applicazione del principio della contabilità finanziaria l'ente deve aver operato una ricognizione del contenzioso formatosi negli esercizi precedenti. Il principio contabile prevede che, in presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l'accantonamento annuale possa essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudente valutazione dell'ente. L'organo di revisione dell'ente deve provvedere a verificare la congruità degli accantonamenti. Resta fermo l'obbligo di accantonare, nel primo esercizio considerato nel bilancio di previsione, il fondo riguardante il nuovo contenzioso formatosi nel corso dell'esercizio precedente.

Anche nel caso del «fondo contenziosi» è richiesto, pertanto, un monitoraggio costante della sua formazione e della relativa adeguatezza per affrontare tempestivamente le posizioni debitorie fuori bilancio che si possono determinare a seguito degli esiti del giudizio.

E' accertato che una delle cause del rischio di squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario è rappresentata da sentenze che determinano per l'ente l'insorgere di oneri di rilevante entità finanziaria e che il bilancio non riesce ad affrontare con risorse disponibili nell'anno o nel triennio di riferimento del bilancio (art. 193 TUEL).

La nota integrativa, allegata al bilancio, deve, anche nel caso del «fondo contenziosi», curare particolarmente l'indicazione dei criteri che sono stati adottati per pervenire alla decisione di accantonamento al «fondo rischi» e fornire valutazioni sulla gestione complessiva dei rischi da contenzioso per l'ente.

Tali valutazioni devono riguardare in modo particolare l'incidenza che il contenzioso in essere può avere sugli equilibri attuali e futuri del bilancio e della gestione e sulla capacità da parte dell'ente di fare fronte agli oneri che potrebbero insorgere dagli esiti dei giudizi in corso.

Altri fondi di accantonamento possono essere costituiti per fare fronte a passività potenziali tenendo conto della specificità della gestione di ogni ente.

Per quanto riguarda il «fondo di accantonamento per perdite negli organismi partecipati» si rinvia al paragrafo 8.

4.2. Una riflessione specifica va fatta sugli effetti conseguenti al disposto dell'art. 1, comma 712, della legge n. 208/2015 in base al quale il saldo di finanza pubblica per l'anno 2016 non considera gli stanziamenti del «fondo crediti di dubbia esigibilità» e dei «fondi spese e rischi futuri» concernenti accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione.

L'esclusione dei fondi di accantonamento dal saldo di finanza pubblica amplia la capacità di spesa degli enti e consente di impiegare l'avanzo di amministrazione libero, destinato e vincolato riferito al precedente esercizio, nei limiti degli stanziamenti previsti per il «fondo crediti dubbia esigibilità», esclusivamente per la quota non finanziata dall'avanzo, e per i «fondi spese e rischi futuri» di ciascun anno di programmazione, destinati a confluire nell'avanzo di amministrazione. La possibilità di utilizzare l'avanzo di amministrazione libero, destinato e vincolato riferito al precedente esercizio, permetterà di avere effetti positivi sulla spesa di investimento degli enti territoriali (cfr. circolare Ministero dell'economia e delle finanze n. 5 del 10 febbraio 2016).

La previsione nel bilancio 2016-2018 di fondi di accantonamento destinati a confluire nel risultato di amministrazione richiede una manovra di riduzione della spesa corrente, a invarianza di pressione tributaria e tariffaria, e ciò consente di liberare risorse a favore della spesa di investimento: tale ottica si pone in coerenza con il principio del pareggio di bilancio di cui alla legge n. 243/2012.

 

5. Fondo pluriennale vincolato: costituzione e rappresentazione a regime.

Con la propria precedente delibera n. 4 del 2015 questa sezione ha avuto modo di richiamare l'istituto del «fondo pluriennale vincolato» come strumento fondamentale per il rafforzamento della funzione programmatoria.

In concreto con il «fondo pluriennale vincolato» si attua una duplice azione di riforma rispetto al precedente ordinamento contabile: la prima riguarda il momento della programmazione e della correlata previsione di bilancio, quando occorre formulare adeguati programmi di impiego delle risorse acquisite, supportati e giustificati da congrui «cronoprogrammi», saldamente ancorati agli esercizi finanziari in cui si prevede che il programma/progetto trovi la sua attuazione, misurata dal perfezionamento delle relative obbligazioni.

Presupposto decisivo per un'efficace attività programmatoria è la sinergia organizzativa e procedimentale tra i responsabili di vertice degli enti territoriali. Se i responsabili degli uffici tecnici che seguono la spesa di investimento non si inseriscono in tale catena organizzativa la sola azione del responsabile del servizio economico-finanziario non consente di formulare previsioni di bilancio congrue ed attendibili in grado di orientare le successive fasi di gestione e di rendicontazione. Ciò vale evidentemente per tutti i responsabili dei servizi che formulano e gestiscono programmi e progetti a valenza pluriennale finanziati da entrate con vincolo di destinazione e che attivano il «fondo pluriennale vincolato».

Le criticità che stanno emergendo in ordine ai risultati del riaccertamento straordinario dei residui e alla previsione e gestione del bilancio triennale evidenziano un margine di miglioramento elevato ancora da realizzare su tale aspetto.

A tale fine si impone una riflessione, eventualmente anche di ordine normativo e di adeguamento dei principi, per ottenere il risultato essenziale della partecipazione effettiva nel procedimento amministrativo, che dà fondamento al processo di programmazione e previsione, di tutti i dirigenti e responsabili di servizio degli enti territoriali e ciò soprattutto nelle fasi di costruzione e formalizzazione dei cronoprogrammi progettuali.

La seconda azione di riforma riguarda la gestione.

Prima di tutto occorre che il «fondo pluriennale vincolato» sia finanziato da entrate regolarmente accertate e imputate in applicazione del principio di competenza finanziaria potenziata.

Ma soprattutto occorre che sia perfezionato il procedimento amministrativo di accertamento dell'entrata che finanzia la spesa con l'adozione del provvedimento amministrativo previsto dai rispettivi ordinamenti (determina, decreto o altro).

Il principio contabile applicato della contabilità finanziaria prevede espressamente che l'attestazione di copertura finanziaria dei provvedimenti che danno luogo a impegni concernenti investimenti finanziati da entrate accertate al titolo 4, 5 o 6, è resa indicando gli estremi del provvedimento di accertamento delle entrate che costituiscono la copertura e la loro classificazione in bilancio.

Occorre altresì, con riferimento agli impegni imputati agli esercizi successivi, precisare se trattasi di copertura costituita da:

entrate accertate e imputate all'esercizio in corso di gestione o agli esercizi precedenti, accantonate nel «fondo pluriennale vincolato» stanziato in spesa dell'esercizio precedente quello di imputazione dell'impegno di cui costituiscono copertura;

entrate accertate esigibili nell'esercizio di imputazione dell'impegno di cui costituiscono copertura, la cui esigibilità è perfezionabile mediante manifestazione di volontà pienamente discrezionale dell'ente o di altra pubblica amministrazione.

Non è conforme al principio contabile pertanto costituire il «fondo pluriennale vincolato» a copertura degli impegni che scadono in esercizi successivi a quello di registrazione e imputazione della relativa entrata, in mancanza dell'atto di accertamento di tale entrata - che ne costituisce la copertura - e della relativa classificazione di bilancio.

Nel corso dell'esercizio, sulla base dei risultati del rendiconto, è determinato l'importo definitivo del «fondo pluriennale vincolato» stanziato in entrata del primo esercizio considerato nel bilancio di previsione e degli impegni assunti negli esercizi precedenti con imputazione agli esercizi successivi, di cui il «fondo pluriennale vincolato» di entrata costituisce la copertura.

Il fondo stanziato in uscita comprende quindi sia le risorse accertate in esercizi precedenti, al netto degli avvenuti utilizzi, e rinviate a esercizi successivi a copertura di obbligazioni giuridiche che in tali esercizi si prevede scadranno in base ai cronoprogrammi progettuali, sia le risorse che si prevede di accertare nell'esercizio di riferimento del bilancio di previsione e che formano la copertura di spese a carattere pluriennale prevedendo quindi la formazione del relativo fondo vincolato.

Il fondo in entrata è già finanziato e formato e rappresenta fonte di copertura, già realizzata, di spese a carattere pluriennale.

Del fondo in uscita si prevede la formazione in corso dell'esercizio di riferimento a seguito dell'accertamento della relativa entrata vincolata o destinata che ne costituisce la copertura.

La contabilità dell'ente deve consentire la rilevazione separata delle due quote del fondo vincolato e tale distinzione deve risultare nella nota integrativa al bilancio nonché dagli strumenti di programmazione operativa dell'ente (bilancio gestionale e piano esecutivo di gestione).

In base all'art. 165, comma 8, gli stanziamenti di competenza relativi alla spesa individuano la quota che è già stata impegnata negli esercizi precedenti con imputazione all'esercizio cui si riferisce il bilancio e la quota di competenza costituita dal «fondo pluriennale vincolato», destinata alla copertura degli impegni che sono stati assunti negli esercizi precedenti con imputazione agli esercizi successivi e degli impegni che si prevede di assumere nell'esercizio con imputazione agli esercizi successivi.

Con riferimento a tale quota non è possibile impegnare e pagare con imputazione all'esercizio cui lo stanziamento si riferisce.

La distinzione del «fondo pluriennale vincolato» nelle due quote di cui al punto precedente rende trasparente il dato complessivo iscritto nello stanziamento di bilancio e costituisce la base del controllo sull'andamento dell'utilizzo del fondo e sulla sua successiva e prevista alimentazione.

Nel contempo il fondo che si prevede si formi nell'esercizio di riferimento consente di monitorare la capacità di realizzazione dei programmi previsti e dei relativi tempi.

Il principio contabile prevede anche la fattispecie, che costituisce oggetto di analisi obbligatoria nella nota integrativa al bilancio, in cui gli stanziamenti riguardanti il «fondo pluriennale vincolato» comprendono anche investimenti ancora in corso di definizione.

La nota integrativa deve indicare le cause che non hanno reso possibile porre in essere la programmazione necessaria alla definizione dei relativi cronoprogrammi.

Il principio disciplina tale fattispecie prevedendo che si ritiene possibile stanziare, nel primo esercizio in cui si prevede l'avvio dell'investimento, il fondo pluriennale vincolato anche nel caso di investimenti per i quali non risulta motivatamente possibile individuare l'esigibilità della spesa.

In tali casi, il fondo è imputato nella spesa dell'esercizio in cui si prevede di realizzare l'investimento in corso di definizione.

Nel corso dell'esercizio, a seguito della formalizzazione del cronoprogramma (previsione dei SAL) della spesa, si apportano le necessarie variazioni a ciascun esercizio considerato nel bilancio di previsione per stanziare la spesa ed il fondo pluriennale negli esercizi di competenza e, quando l'obbligazione giuridica è sorta, si provvede ad impegnare l'intera spesa con imputazione agli esercizi in cui l'obbligazione è esigibile.

Il principio in questo modo conferma la valorizzazione giuridico-amministrativa ed economico-finanziaria del cronoprogramma, talché, se motivatamente non è possibile disporre delle relative informazioni in sede di bilancio di previsione, si può operare una previsione «iniziale» del fondo nel primo anno da rendere effettiva e autorizzatoria in corso d'anno allorché si disporrà delle relative informazioni progettuali sulla tempistica di attuazione della spesa.

Nella medesima ottica va considerato che l'utilizzo del «fondo pluriennale vincolato» costituisce informazione essenziale nella programmazione e previsione dell'esercizio 2016 tenuto conto che, limitatamente all'anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza il fondo stesso va inserito al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento (art. 1, comma 711, legge n. 208/2015).

L'inserimento nel nuovo saldo di finanza pubblica del «fondo pluriennale vincolato», ancorché per il solo anno 2016, rappresenta un segnale chiaro della necessità di ripresa della spesa di investimento da parte degli enti territoriali contenuto nella legge di stabilità 2016.

In ultimo, facendo rinvio alle precedenti deliberazioni di questa sezione n. 4/2015 e n. 32/2015, occorre richiamare la diversa rappresentazione contabile delle risorse già acquisite dall'ente: qualora si tratti di risorse «già impegnate» nella loro destinazione ai sensi del principio generale e applicato della contabilità finanziaria sono evidenziate nel «fondo pluriennale vincolato»; qualora le fonti di finanziamento si riferiscano a spese per le quali non sia stata perfezionata la relativa obbligazione giuridica, affluiscono al risultato di amministrazione.

In particolare, nell'esercizio 2016, risultando rilevante il «fondo pluriennale vincolato» ai fini del nuovo saldo di finanza pubblica di cui alla legge di stabilità 2016, la correttezza della determinazione del fondo al termine dell'esercizio 2015 evita la possibilità di azioni elusive in ordine al rispetto di detto saldo.

 

6. Il riaccertamento ordinario dei residui. Profili essenziali.

Il riaccertamento straordinario ha avuto, come più volte ribadito, lo scopo di adeguare i residui attivi e passivi, conservati al 31 dicembre 2014 in forza delle regole vigenti prima dell'entrata in vigore della riforma contabile, al principio della competenza finanziaria potenziata che, a far data dal 1° gennaio 2015, è divenuto la regola fondamentale da applicare alla gestione finanziaria degli enti e, quindi, anche alla gestione dei residui. Gestione quest'ultima che deve essere ispirata, altresì, al principio di prudenza, in virtù del quale, tutti gli enti sono tenuti ad effettuare, in vista della predisposizione del rendiconto della gestione e con effetti sullo stesso, una ricognizione complessiva dei residui attivi e passivi, ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 118/2011, verificando adeguatamente le ragioni del loro mantenimento. La ricognizione annuale è tesa ad individuare anche le voci che non siano state correttamente appostate in bilancio e che debbano essere oggetto di riclassificazione: si fa riferimento, in particolare, alle partite di giro, nelle quali siano confluite poste in entrata o in uscita, che secondo i nuovi principi contabili, dovrebbero essere diversamente allocate.

Per effetto della gestione ordinaria dei residui, che comporta ogni anno la formazione di nuovi residui attivi e la riscossione o cancellazione di vecchi crediti, lo stock di residui attivi dovrebbe tendere ad una naturale stabilizzazione, mentre i residui passivi devono tendere verso una progressiva riduzione. Non è possibile, infatti, effettuare rettifiche in aumento dei residui passivi, in base all'erroneo convincimento che non fosse prevedibile l'entità delle spese (fra cui quelle di contenzioso) al momento del loro impegno. Dette rettifiche costituirebbero gravi irregolarità contabili. Per contro, è necessario, come precisato al punto 9.1 del principio contabile applicato, procedere, in caso di riscossione di poste attive cancellate, in quanto erroneamente ritenute inesigibili, ad una rettifica in aumento dei residui attivi e non l'accertamento di nuovi crediti di competenza dell'esercizio.

Deve ribadirsi, infine, che la natura gestionale dell'operazione di riaccertamento comporta la sua fattibilità anche in costanza di esercizio provvisorio, entro i termini previsti per l'approvazione del rendiconto ed, in tal caso, le variazioni di bilancio, derivanti dalla reimputazione degli impegni e degli accertamenti, da effettuarsi con delibera di giunta, devono essere trasmesse al tesoriere, attraverso appositi prospetti, contestualmente all'elenco definitivo dei residui iniziali.

 

7. Programmazione e gestione di cassa.

A partire dal 2016 tutti gli enti territoriali sono chiamati a definire le previsioni di bilancio (di entrata e di spesa) in termini sia di competenza che di cassa. Si copre finalmente un gap culturale che in passato aveva determinato una discrasia tra i due profili della gestione.

Con l'applicazione della cd. competenza rafforzata il legislatore intende infatti avvicinare - con la valorizzazione dell'esigibilità delle obbligazioni giuridiche - i due momenti della gestione.

Un'adeguata previsione di cassa richiede l'impegno di tutti i responsabili dei servizi per la determinazione degli effettivi flussi di entrata e di uscita necessari a garantire l'attuazione delle linee programmatiche. Essi dovranno ispirarsi ai principi di veridicità, di attendibilità, di congruità e di prudenza, al fine di rendere credibili le autorizzazioni di spesa in termini di cassa.

Col nuovo principio della competenza finanziaria «realizzativa», gli accertamenti e gli impegni imputati all'esercizio di riferimento formano esclusivamente crediti e debiti scaduti e l'evenienza che alla fine dell'anno si trasformino in residui è ipotesi assai circoscritta e temporalmente limitata.

Nel limitare correttamente gli accertamenti di competenza ai soli crediti esigibili nell'esercizio, la formazione di residui attivi risulterà fisiologica e sarà pressochè circoscritta alle sole ipotesi contemplate dal principio applicato della contabilità finanziaria potenziata.

Gli stanziamenti di spesa di competenza devono riflettere strettamente le provviste finanziarie necessarie a garantire lo svolgimento delle attività e gli interventi programmati che daranno luogo ad obbligazioni esigibili negli esercizi considerati nel bilancio di previsione.

Un impegno conservato a residuo equivale a un debito scaduto e, come tale, deve tendenzialmente trovare esito in tempi utili ad evitare l'insorgenza di ulteriori oneri finanziari. Un residuo passivo risalente a un anno o oltre è indicativo di una patologia, che richiede una attenta disamina delle ragioni che ne sono alla base. La permanenza anomala di somme su una singola posta di bilancio può riferirsi, ad esempio, ad un debito controverso, mentre la larga diffusione del fenomeno può testimoniare uno stato di carenza di risorse finanziarie.

In sostanza, la previsione di cassa, già nel 2016, costituisce un elemento chiave del bilancio che va determinata sulla base dei postulati di veridicità e attendibilità sopra enunciati, calcolando, per ciascuna entrata, l'ammontare che presumibilmente si potrà riscuotere. Se un'entrata presenta un certo grado d'inesigibilità, la previsione di cassa non potrà mai eccedere quanto mediamente si è riscosso negli ultimi esercizi.

Il gettito delle entrate che si presume di riscuotere andrà sommato alla giacenza iniziale di cassa e su tale sommatoria si potranno determinare le previsioni di cassa per la spesa, cioè le autorizzazioni al materiale pagamento per singola unità elementare del bilancio o del PEG.

Si rende necessario, pertanto, eseguire previsioni di entrata attendibili e coerenti al fine di determinare il limite autorizzatorio effettivo entro il quale il titolare del potere di spesa può disporre ex novo sull'esercizio corrente.

Ad accrescere la complessiva efficienza del «sistema di cassa» finora illustrato concorrono le disposizioni in materia contenute nell'art. 9 del decreto-legge n. 78/2009 relativo alla tempestività dei pagamenti e trasfuso nell'art. 56, comma 6, del decreto legislativo n. 118/2011 per le regioni, e nell'art. 183, comma 8 del TUEL, per gli enti locali, nonché il rilievo posto al monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni nonché al rispetto dei tempi di pagamento (cfr. articoli 27, 35 e 41 del decreto-legge n. 66/2014), tema peraltro oggetto di precedenti disposizioni non ancora pienamente osservate (decreto legislativo n. 231/2002).

Ne deriva che la previsione di cassa di fatto viene a costituire il vero limite entro il quale possono disporsi spese, senza incorrere nelle responsabilità disciplinari, amministrative e contabili in capo al funzionario che adotta la determina di spesa e che non abbia accertato di poter tempestivamente onorare il debito.

In definitiva, si raccomanda di iscrivere nel bilancio 2016 previsioni di cassa in entrata e spesa caratterizzate da veridicità, attendibilità e coerenza e di tener conto che l'organo consiliare dovrà deliberare gli stanziamenti di cassa con la consapevolezza che essi costituiranno, per il funzionario deputato alla spesa, vero limite autorizzatorio, anche a prescindere da maggiori disponibilità sugli stanziamenti di competenza che, se impegnate, potrebbero generare nuove obbligazioni che scadranno nell'esercizio in corso e non potranno essere pagate per insufficiente autorizzazione di cassa.

 

8. Il consolidamento dei conti.

 

8.1. Avvio del bilancio consolidato, della contabilità economico-patrimoniale e del Piano dei conti integrato.

Il bilancio consolidato è un obiettivo centrale, nell'ambito degli strumenti previsti dal decreto legislativo n. 118/2011, integrato e corretto dal decreto legislativo n. 126/2014, che, nell'armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle regioni, delle province e degli enti locali, dispone anche il consolidamento dei conti tra gli enti e gli organismi loro partecipati, nell'ottica di una maggiore trasparenza e responsabilizzazione dei diversi livelli di governo e nella prospettiva della salvaguardia degli equilibri complessivi della finanza territoriale.

Nella gradualità dei tempi di attuazione della riforma, l'obbligo del consolidamento non è ancora generalizzato: è prevista la facoltà di rinviarne l'adozione da parte degli enti non sperimentatori, i quali redigeranno il consolidato nel 2017, con riferimento all'esercizio 2016, posto che la facoltà di rinvio si estende alla tenuta della contabilità economico-patrimoniale e al piano dei conti integrato, anche ai soli fini conoscitivi (articoli 3, comma 12 e 11-bis, comma 4, decreto legislativo n. 118/2011).

E', inoltre, da richiamare la facoltà prevista per i comuni al di sotto dei 5000 abitanti di rinviare all'esercizio 2017 la tenuta della contabilità economico-patrimoniale (art. 232, TUEL). Gli enti che si avvalgono di tale facoltà redigeranno il bilancio consolidato nel 2018 con riferimento al 2017 (in tal senso è da intendere la previsione dell'art. 233-bis, TUEL, come precisato dall'allegato 4/4, par. 1, del decreto legislativo n. 118/2011).

Di fatto, il consolidato è stato redatto dai primi sperimentatori nel 2014 con riferimento all'esercizio 2013 e nel 2015 con riferimento all'esercizio 2014 dagli enti entrati nella sperimentazione dal 2014.

Queste prime esperienze di consolidamento hanno dimostrato che, a fronte della previsione normativa (art. 11-bis, decreto legislativo n. 118/2011), nel cui perimetro rientra un gran numero di organismi (aziende, società controllate e partecipate, enti e organismi strumentali degli enti territoriali), l'applicazione della soglia di rilevanza prevista dal principio contabile applicato, di fatto, potrebbe comportare l'effetto distorsivo dell'esclusione dall'area di consolidamento di un gran numero di società, tra cui proprio quelle che godono di affidamenti in house e che, comunque, ricavano dal pubblico le risorse per il proprio sostentamento (cfr. C. conti, sez. Puglia, deliberazione n. 66/2016/PRSP).

Ai fini di una corretta applicazione delle predette disposizioni, si osserva che l'esonero dall'obbligo di consolidamento è rimesso ad una valutazione discrezionale degli enti, i quali non si limiteranno ad eseguire l'operazione di calcolo prevista dal paragrafo 3 dell'allegato n. 4/4 (considerando irrilevanti i bilanci che presentano, con riferimento a ciascuno dei parametri individuati - totale dell'attivo, patrimonio netto e totale dei ricavi caratteristici - una incidenza inferiore al 10% per gli enti locali e al 5% per le regioni e le province autonome rispetto alla posizione patrimoniale, economico e finanziaria della capogruppo), bensì terranno conto degli ulteriori criteri dettati dal principio contabile. E', infatti, precisato che «Al fine di garantire la significatività del bilancio consolidato gli enti possono considerare non irrilevanti i bilanci degli enti e delle società che presentano percentuali inferiori a quelle sopra richiamate». Inoltre, sono considerate irrilevanti le quote di partecipazione inferiori all'1% del capitale sociale della società partecipata.

Il richiamo alla significatività del bilancio consolidato riecheggia quanto disposto per il settore privato dall'art. 27, comma 3-bis, decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, recante l'attuazione delle direttive n. 78/660/CEE e n. 83/349/CEE in materia societaria (comma inserito dall'art. 1, comma 1, lettera a), decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 56 e, successivamente, modificato dall'art. 7, comma 1, lettera d), decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139), ove si sottolinea che l'esonero dall'obbligo di consolidamento è possibile solo con riferimento «ad imprese che, individualmente e nel loro insieme, sono irrilevanti».

In questa prospettiva, l'applicazione del principio di irrilevanza contemperato da quello di significatività è in grado di correggere l'effetto distorsivo sopra evidenziato, nell'ambito di una valutazione che allo stato resta affidata alla discrezionalità degli enti.

 

8.2. Accantonamento di risorse per perdite reiterate negli organismi partecipati e interventi di soccorso finanziario.

La sezione delle autonomie, con deliberazione n. 4/SEZAUT/2014/INPR), ha già richiamato l'attenzione degli enti territoriali sull'obbligatoria costituzione, nel bilancio di previsione 2015, di un fondo vincolato in caso di perdite reiterate nelle aziende speciali, nelle istituzioni e nelle società partecipate (art. 1, commi 551 e 552, legge n. 147/2013); obbligo che viene meno soltanto in caso di consolidamento dei relativi bilanci, essendo finalizzato ad incentivare l'ente proprietario nel perseguimento della sana gestione degli organismi.

Le prime esperienze applicative hanno evidenziato la necessità di chiarire che l'adempimento dell'obbligo di accantonamento non esime l'ente dalla dimostrazione, in caso di soccorso finanziario ai sensi dell'art. 6, comma 19, decreto-legge n. 78/2010, della presenza di un interesse a coltivare la partecipazione nella società in perdita. Occorre sempre valutare, al momento di assumere oneri per la ricapitalizzazione della società in perdita, la capacità della società di tornare in utile (previa valutazione di un piano industriale) nonché l'economicità e l'efficacia della gestione del servizio tramite il predetto organismo, piuttosto che prendere atto dell'avvenuto scioglimento della medesima, a norma dell'art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. (C. conti, Sez. Liguria, deliberazione n. 19/2016/PRSE; Lombardia, deliberazione n. 269/2015/PRSE; id., deliberazione n. 15/2015/PRSE).

Ciò nell'ottica delle regole europee che vietano ai soggetti che operano sul mercato di fruire di diritti speciali o esclusivi, ma anche nel contesto delle disposizioni nazionali sui piani di razionalizzazione e dei relativi criteri dettati dalla legge delega n. 124/2015, ove sono particolarmente attenzionate le società in perdita.

A quest'ultimo riguardo, è opportuno richiamare l'attenzione sulla necessità di una attenta valutazione delle possibili entrate da riduzione delle attività finanziarie da destinare a spese d'investimento, che nel bilancio di previsione potranno essere inserite operando gli opportuni accantonamenti al «fondo crediti di dubbia esigibilità» (art. 3-bis, comma 4, decreto-legge n. 138/2011, sostituito dalla legge n. 190/2014 (stabilità 2015).

Infine, si segnala che, in mancanza di una specifica voce nel Piano dei conti integrato (PDCI), l'accantonamento per ripiano perdite rientra nella categoria «Altri fondi» con evidente maggiore difficoltà di monitorare l'effettiva istituzione del fondo ex legge n. 147/2013.

 

8.3. Conciliazione dei rapporti debitori e creditori.

Nel contesto di una valutazione complessiva degli equilibri degli enti territoriali che tenga conto anche dei risultati degli organismi partecipati, mediante il bilancio consolidato, resta fondamentale la verifica della corrispondenza tra poste debitorie e creditorie tra enti ed organismi. L'obbligo di dare dimostrazione della conciliazione di tali rapporti già previsto per comuni e province è stato esteso a tutti gli enti territoriali con l'art. 11, comma 6, lettera j), decreto legislativo n. 118/2011.

Trattasi di un obbligo informativo che è parte della relazione sulla gestione allegata al rendiconto, rientrando nella responsabilità dell'organo esecutivo dell'ente territoriale illustrare, per una migliore comprensione dei dati contabili, gli esiti della verifica dei debiti e crediti reciproci con i propri enti strumentali e società controllate/partecipate, fermo restando che l'obbligo di asseverazione deve ritenersi posto a carico degli organi di revisione sia degli enti territoriali sia degli organismi controllati/partecipati, per garantire una piena attendibilità dei rapporti debitori e creditori (cfr. C. conti, deliberazione n. 2/SEZAUT/2016/QMIG).

In caso di eventuali discordanze, motivate nella nota informativa, è lo stesso organo esecutivo dell'ente che deve assumere senza indugio, e comunque non oltre il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie, nell'ambito dei poteri di indirizzo e di controllo che sono intestati agli enti controllanti/partecipanti.

E', quindi, necessario che gli enti territoriali eseguano un costante monitoraggio della corrispondenza dei reciproci rapporti debitori-creditori con i propri organismi, anche in vista degli adempimenti richiesti in sede di rendicontazione.

 

9. Conclusioni.

Il superamento delle problematiche coinvolte dall'applicazione della contabilità armonizzata sono di cruciale importanza per il recupero della trasparenza e per la credibilità dei conti degli enti territoriali. In tale ottica la Corte ha ritenuto di mettere in evidenza, in questa sede, le criticità - già emerse o potenziali - connesse all'avviata operatività del nuovo sistema, prefiggendosi, peraltro, di accompagnare l'azione intrapresa dagli enti, attraverso l'esercizio degli ordinari strumenti di analisi e di monitoraggio.

La Corte, infatti, è consapevole delle difficoltà che gli enti - soprattutto quelli di piccole dimensioni - incontrano nell'attuazione, sia pure graduale, di una riforma che richiede anche cambiamenti di ordine culturale e tecnologico.

E' pronta, altresì, a fornire ogni utile indicazione in sede consultiva, per orientare la coerente attuazione del nuovo modello contabile, inscindibilmente legato ad un diverso approccio organizzativo e all'adozione di rinnovati schemi operativi.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. 5 aprile 2016, n. 79.