Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 aprile 2016, n. 6442

Sanzioni disciplinari - Rifiuto svolgimento attività di movimentazione dei carichi - Pregresse mansioni impiegatizie - Sproporzione tra fatto addebitato e sanzione inflitta - Predeterminazione pattizia delle ipotesi disciplinarmente rilevanti - Sussiste

 

1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto:

<<Con sentenza n. 419/2012 depositata il 26/7/2012, la Corte di appello di Milano rigettava il gravame proposto da P.I. S.p.A. nei confronti di A. N. e, per l’effetto, confermava la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva respinto la domanda della società intesa ad ottenere (a seguito di comunicazione da parte della lavoratrice della propria intenzione di non aderire alla procedura di conciliazione ed arbitrato ex art. 7 della legge n. 300/1970) la declaratoria della legittimità delle sanzioni disciplinari irrogate in data 13 gennaio 2006 (in relazione a fatti verificatisi in alcuni giorni del mese di novembre 2005), 23 febbraio 2006 (in relazione a fatti verificatisi in alcuni giorni del mese di dicembre 2005), 27 aprile 2006 (in relazione a fatti verificatisi nei mesi di gennaio e febbraio 2006). Riteneva la Corte territoriale che le sanzioni in questione (relative tutte ad un rifiuto della N. di movimentare carrelli e ceste contenenti corrispondenza e solo quella del 27 aprile 2006 anche al mancato utilizzo delle calzature antinfortunistiche e consistenti, la prima, nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un giorno, la seconda e la terza, nella medesima sospensione per due giorni), considerato anche il pregresso svolgimento da parte della lavoratrice di mansioni impiegatizie e l’assegnazione, a seguito del nuovo inquadramento di cui al c.c.n.l. del gennaio 2004, a mansioni nel complesso inferiori a quelle precedentemente svolte (in quanto appunto comportanti anche lo svolgimento di attività materiali di movimentazione dei carichi) fossero sproporzionate rispetto agli addebiti (peraltro riferiti ad episodi cumulati in un’unica contestazione senza il preventivo contraddittorio con la lavoratrice). Quanto alla contestazione relativa al mancato utilizzo delle calzature antinfortunistiche evidenziava che già prima della stessa vi era stata una richiesta di esonero dall’utilizzo di tale presidio per motivi di salute e che tale esonero era stato successivamente accordato.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre P.I. S.p.A. con un motivo.

A. N. resiste con controricorso.

Con l’unico articolato motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del c.c.n.l. per i dipendenti di P.I. S.p.A. dell’11/7/2003 e degli artt. 2014 e 2106 cod. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si duole del giudizio di mancanza di proporzionalità delle sanzioni evidenziando che gli addebiti in questione sono perfettamente riconducibili alle fattispecie delineate dalla norma della contrattazione collettiva. Rileva che il giudizio di proporzione tra fatto addebitato e sanzione inflitta deve essere condotto non già in astratto ma con riferimento al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni oltre che all’entità della mancanza considerata non soltanto nel suo contenuto oggettivo ma anche nella sua portata soggettiva ed evidenzia che, nella specie, tutti i comportamenti ascritti alla N. integrano in se fatti così gravi da non richiedere alcuna ulteriore valutazione e sono ascrivibili alla violazione dell’obbligo di diligenza gravante sul prestatore di lavoro.

Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte territoriale, pur in presenza della invocata predeterminazione pattizia delle ipotesi disciplinarmente rilevanti comportanti l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e della retribuzione fino a quattro ovvero fino a dieci giorni, ha espresso il giudizio di proporzionalità (escludendola) proprio in concreto e, come postulato dalla stessa ricorrente, con specifico riferimento alla natura e qualità del rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento oltre che all’entità delle mancanze, considerate non soltanto nel loro contenuto oggettivo ma anche nella portata soggettiva.

Così ha innanzitutto valorizzato (con argomentazioni che non hanno formato oggetto di rilievo da parte della ricorrente) la condizione della N., trasferita da compiti impiegatizi a mansioni - ‘fisicamente onerose’ - comportanti la movimentazione di carichi e, quindi, sicuramente, sotto questo aspetto, dequalificanti (condizione che connota, da un punto di vista soggettivo, l’inadempienza come se la stessa, almeno nella convinzione della lavoratrice, integrasse una exceptio inadimpleti contractus in dipendenza dell’operato demansionamento). Inoltre ha evidenziato come il cumulo di singoli episodi in un’unica contestazione non potesse, in mancanza del preventivo contraddittorio con la lavoratrice, rendere più grave ciascun addebito. In conseguenza, ad avviso della Corte milanese, il complessivo giudizio aziendale espresso in sede di primo provvedimento sanzionatorio, che di tale cumulo aveva tenuto conto, oltre a risolversi nell’applicazione di una sanzione in sé sproporzionata (si pensi, ad esempio, che l’inosservanza di doveri o obblighi di servizio ben può comportare, nell’ipotesi in cui non sia derivato un pregiudizio al servizio o agli interessi della Società, l’applicazione, a termini dell’art. 53 del c.c.n.l., della sanzione disciplinare della multa non superiore a quattro ore di retribuzione), si rifletteva sulle successive sanzioni che dell’entità della prima avevano tenuto conto. Egualmente, con riguardo al mancato utilizzo delle calzature antinfortunistiche, La Corte territoriale ha fatto riferimento ad una espressa richiesta di esonero della lavoratrice, per morivi di salute, ritenuta evidentemente giustificativa.

La valutazione è da ritenere conforme alle regole del c.c.n.l. che prevedono il contegno non corretto del dipendente attraverso l’individuazione di fattispecie astratte suscettibili di graduazione sul piano del rilievo disciplinare, in rapporto alla incidenza sulla regolarità dei rapporti tra le parti contrattuali, alla intenzionalità del comportamento o al grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell’evento, alla condotta complessiva del lavoratore, con particolare riguardo ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio (cfr. art. 52 del c.c.n.l.).

Tale giudizio di proporzionalità tra violazioni contestate e provvedimenti adottati si sostanzia nell’apprezzamento della gravità dell’inadempimento del lavoratore e dell’adeguatezza della sanzione attraverso la valutazione non solo delle circostanze oggettive, ma anche delle modalità soggettive della condotta in quanto anche esse incidono sulla determinazione della gravità della trasgressione e, quindi, della legittimità della sanzione stessa. Trattasi di questioni di merito che ove risolte dal giudice di appello con apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione, come nella specie, esauriente e completa, si sottraggono al riesame in sede di legittimità (cfr. Cass. 25 maggio 2012, n. 8293; Cass. 7 aprile 2011, n. 7948; Cass. 15 novembre 2006, n. 24349; Cass. 13 aprile 2006, n. 8679; Cass. 17 agosto 2001, n. 11153).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.>>.

2 - Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis cod. proc. civ..

3 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore, contenenti una esaustiva replica alle osservazioni della ricorrente contenute nella memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e che sussista con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo.

4 - Conseguentemente, il ricorso va rigettato.

5 - La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.

6 - Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012), che ha integrato l’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: "Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso".

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in curo 100,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, da distrarsi in favore degli avv.ti R.A. e L.Z. per dichiarato anticipo.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.