Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 aprile 2016, n. 6358

Tributi - TARSU - Rifiuti speciali - Recupero e smaltimento affidati a società privata autorizzata - Riduzione della tassa

 

Fatto

 

Con sentenza n. 49/17/12, depositata il 10.2.2012 la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l'appello proposto dalla società A.Z. S. s.p.a., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta n. 1210/05/2010 che ha confermato la legittimità della cartella di pagamento relativa alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno di imposta 2009.

L’azienda aveva chiesto l’esenzione dalla Tarsu per l’anno 2009 in quanto non produceva, in prevalenza, rifiuti speciali assimilabili agli urbani ma rifiuti speciali che, per qualità e quantità, non ne consentivano la tassazione ed erano stati gestiti con convenzione stipulata con società privata autorizzata al trasporto, recupero e smaltimento.

Chiedeva, inoltre la disapplicazione del regolamento comunale che classificava la società nella categoria XVII in luogo della XVIII, con le conseguenti statuizioni. Rilevava la Commissione Tributaria Regionale la contribuente non aveva sindacato l’avvenuto risalente inserimento nella tabella XVII di classificazione dei rifiuti del Comune di Marcianise e che il Comune aveva già operato uno sgravio del 20% (€ 42.923,98) "per facilitare l’avvio al recupero diretto da parte delle aziende".

La società propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

a) violazione degli artt. 62 D.lgs 507/1993, 238 D.lgs 152/2006 in relazione all’art. 360,n. 3 c.p.c. e difetto di motivazione, con riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c., con riferimento a un fatto controverso e decisivo per il giudizio (avviamento a recupero dei rifiuti prodotti), rilevando come parte ricorrente non produce rifiuti urbani ma rifiuti speciali che per qualità e quantità non possono essere assimilati agli urbani, rilevando come gli stessi siano avviati a recupero da ditta privata autorizzata mentre il Comune di Marcianise non ha mai attivato o organizzato un efficiente servizio di recupero e/o smaltimento di rifiuti;

b) violazione degli artt. 64, 65, 68 D.lgs 507/1993, 195 e 198 D.lgs 152/2006 in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. e difetto di motivazione, con riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c., rilevando il regolamento comunale, nel differire l’auto smaltimento a successive date o a limitarlo sotto il profilo quantitativo o qualitativo si pone in contrasto con i presupposti della tassa di cui all’art. 62 D.lgs 507/93, rilevando anche come erroneamente la CTR abbia ritenuto non modificabile il regolamento comunale perché non impugnato nelle sedi competenti;

c) omessa pronuncia sui motivi di appello relativi alla nullità della cartella in quanto non preceduta da avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360,n. 4 c.p.c..

Il Comune di Marcianise si è costituito con controricorso nel giudizio di legittimità. Non ha svolto attività difensiva Equitalia Sud s.p.a.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.2.2016, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

 

Motivi della decisione

 

1. In ordine logico va preliminarmente esaminato l’ultimo motivo di ricorso relativo alla nullità della cartella in quanto non preceduta da avviso di accertamento, rilievo formulato già in primo grado, oggetto di censura in appello e su cui la CTR non si è pronunciata.

Va, al riguardo, rilevato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il rigetto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr Cass.Sez. 1, Sentenza n. 10696 del 10/05/2007, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4972 del 01/04/2003). Questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di riscossione delle imposte sui redditi, la cui disciplina è in larga parte applicabile alla riscossione della t.a.r.s.u. in forza di quanto disposto al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 72, commi 4 e 5, la liquidazione e la riscossione delle maggiori imposte dovute da soggetti esercenti attività commerciali, arti o professioni non prescrive che la notifica della cartella di pagamento sia preceduta da un atto di accertamento, costituendo la cartella direttamente l'atto con cui viene legittimamente esercitata la pretesa tributaria, sulla base dei dati contenuti nella dichiarazione presentata dal contribuente o dei dati in possesso dell’amministrazione. (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7347 del 19/03/2008, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8676 del 15/04/2011).

Il motivo va, quindi, disatteso.

2. È fondata, nei limiti indicati, la censura, dedotta nel secondo motivo, relativa all'erronea valutazione della CTR, dedotta anche sotto il profilo del vizio di motivazione, per avere ritenuto non modificabile il regolamento comunale perché non impugnato nelle sedi competenti.

Il potere di disapplicazione degli atti amministrativi costituenti il presupposto dell'imposizione - proprio perché conferito ad un giudice diverso da quello amministrativo, giudice "naturale" della legittimità di tali atti, nell'interesse, di rilevanza pubblicistica, alla loro applicazione in giudizio solo se legittimi - ben può essere esercitato dal giudice tributario purché, però, detti atti siano -nella singola fattispecie sottoposta al suo esame - rilevanti per la decisione. Il che, in concreto, si verifica - com'è del tutto evidente - allorquando gli atti in questione siano stati, in qualche modo, investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all'atto impositivo impugnato (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9631 del 13/06/2012, Cass.15285/11).

Conformerete all’insegnamento delle Sezioni Unite, tale potere di disapplicazione, riconosciuto alle commissioni tributarie dall'art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli atti amministrativi illegittimi, e segnatamente di delibere comunali di approvazione di tariffe della TARSU, "presupposte" agli atti impositivi, non è inibito dal fatto che spetta al giudice amministrativo la cognizione, in sede di legittimità, delle delibere tariffarie: esso sussiste anche qualora l'atto amministrativo disapplicato sia divenuto inoppugnabile per l'inutile decorso dei termini di impugnazione davanti al giudice amministrativo, e risulta precluso solo quando la legittimità di un atto amministrativo sia stata affermata dal giudice amministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6265 del 22/03/2006, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9631 del 13/06/2012).

Nel caso di specie, la CTR ha affermato, sia pure senza alcuna specifica motivazione al riguardo che il regolamento comunale "risulta adottato secondo la normativa vigente", senza tuttavia indicare le ragioni del proprio convincimento senza alcuna esplicitazione al riguardo, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito o esplicitando il ragionamento critico volto a giustificare l'adesione ed il rifiuto alle opposte ragioni di diritto espresse (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012).

3. Gli ulteriori motivi, in quanto logicamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

La questione controversa concerne l’esenzione dalla Tarsu, relativamente al Comune di Marcianise (CE) per l’anno 2009 della società intimata, che svolge attività di produzione e commercializzazione di prodotti da forno S. e in atmosfera modificata, dovendosi accertare se la predetta azienda, in base al regolamento comunale, produceva rifiuti speciali assimilabili agli urbani, quindi tassabili, oppure rifiuti speciali che, per qualità e quantità, non ne consentivano la tassazione.

Ulteriore tematica concerne la possibilità, nel primo caso, di sottrarsi alla privativa comunale, ai sensi del D.Lgs, n. 22 del 1997, per i produttori di rifiuti assimilati che dimostrino di aver avviato al recupero i rifiuti stessi e di usufruire di eventuali riduzioni o esenzioni nel caso in cui il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, non venga svolto nella zona ove è ubicato l’immobile aziendale,ovvero sia stato effettuato in modo irregolare.

Va premesso che l’art. 17 del Regolamento comunale del Comune di Marcianise approvato con delibera di C.C. 4.6.2007 n. 50 stabilisce la non assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani se la quantità prodotta sia superiore ai 24 m.c.

La CTR ha affermato, "come si evince dalla perizia giurata acquisita agli atti" che "in re ipsa il contribuente superava i parametri regolamentari (e ciò non è sconfessato dall’ente locale, tanto da avere assolto i propri obblighi affidandosi a una ditta specializzata (e tanto pure è provato in atti)".(pag. 4 sentenza CTR)

Va escluso, tuttavia, che il cit. art. 17 possa trovare applicazione per l’annualità 2009, oggetto della controversia, in quanto la sua entrata in vigore è stata differita prima al primo gennaio 2010 (con delibera del Commissario straordinario n. 95 del 7.5.2009), poi al 1 gennaio 2011 (delibera C.C. 9.3.2010 n. 4), poi ancora al 1 gennaio 2012 (delibera C.C. 4.4.2011 n. 17) e infine al 1 gennaio 2013 (delibera C.C. 13.4.2012 n. 25), così come previsto dall’art. 75 del regolamento di servizio integrato di gestione dei rifiuti.

Non si ravvisano ragioni di illegittimità delle predette proroghe non oggetto di impugnazione neanche davanti al giudice amministrativo.

Nella fattispecie (relativa all’anno di imposta 2009) trova, quindi, applicazione la delibera del C.C. 23.7.1998 n. 85 che ha disposto l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, senza la previsione di alcun limite quantitativo, ma con l’assimilazione qualitativa che ricomprende anche i rifiuti prodotti dalla società contribuente che non sono da considerare quali speciali tossici o nocivi (classificabili quali pericolosi dal D.lgs 152/1996) ma assimilabili agli urbani(delibera C.C. 23.7.1998 n. 85).

E’ stato accertato nel giudizio di merito e non è controverso che il Comune abbia previsto un importo da sgravare sulla superficie tassabile pari a € 44.186,45 e per l’area in lavorazione di € 7.574,82, pari al 15% di € 50.498,80.

La sentenza impugnata non specifica le superfici relative alla attività commerciale e amministrativa e quelle destinate alla lavorazione dove potrebbero essere anche prodotti rifiuti tossici, né è chiaro se le eventuali superfici produttive di rifiuti pericolosi siano già state escluse dalla tassazione, in quanto è previsto ex lege l’obbligo di smaltimento a carico dei produttori.

Questa Corte ha già statuito, al riguardo, che per effetto dell'art. 17, comma terzo, della legge 24 aprile 1998, n. 128, che ha abrogato l’art. 39 della legge 26 febbraio 1994, n. 146, è venuta meno l'assimilazione "ope legis" ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purché aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, con la conseguenza che è divenuto pienamente operante l'art. 21, comma 2, lettera g), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche Pertanto, con riferimento alle annualità di imposta dal 1997 in poi, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dai regolamenti comunali circa l'assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 21342 del 07/08/2008; Cass Sez. 5, Sentenza n. 14816 del 18/06/2010).

Il D.Lgs. n. 22 del 1997, emanato in attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha previsto, nel Titolo I ("Gestione dei rifiuti"), che:

a) la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci; i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente (art. 2, commi 1 e 2);

b) le autorità competenti favoriscono il recupero dei rifiuti, nelle varie forme previste (reimpiego, riciclaggio, ecc), allo scopo di ridurre lo smaltimento dei rifiuti, che costituisce la fase residuale della "gestione" degli stessi, la quale comprende le operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento ( artt.4 e 5 e art. 6, comma 1, lett. d);

c) sono rifiuti "urbani", tra l'altro, quelli non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quello di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'art. 21, comma 2, lett. g), mentre sono rifiuti "speciali", tra l'altro, quelli "da attività commerciali" (art. 7, comma 2, lett. b e comma 3, lett. e);

d) la responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa (oltre che nel caso di conferimento degli stessi al servizio pubblico di raccolta) "in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di identificazione di cui all'art. 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario" (art. 10, comma 3);

e) i comuni "effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa"; con appositi regolamenti stabiliscono, fra l'altro, "le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio", nonché "l'assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento" (tale potere di assimilazione è divenuto pienamente operante a seguito dell'abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39 ad opera della L. n. 128 del 1998, art. 17); la privativa suddetta "non si applica (.,..) alle attività di recupero dei rifiuti assimilati" (dal 1 gennaio 2003 ), "alle attività di recupero dei rifiuti urbani o assimilati", ai sensi della L. n. 179 del 2002, art. 23) (art. 21, comma 1, comma 2, lett. e) e g) e comma 7).

Il successivo Titolo 2A (specificamente dedicato alla "gestione degli imballaggi"), premesso che la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è disciplinata "sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi, nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza", ai sensi della citata direttiva 94/62/CE (art. 34, comma 1), ha disposto che:

a) gli imballaggi si distinguono in primari (quelli costituiti da "un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore"), secondari o multipli (quelli costituiti dal "raggruppamento di un certo numero di unità di vendita") e terziari (quelli concepiti "in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli") (art.35, comma 1);

b) "i produttori e gli utilizzatoli sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti"; oltre ai vari obblighi in tema di raccolta, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, sono a carico dei produttori e degli utilizzatoti i costi per - fra l'altro - la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio, lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (art.38);

c) "dal 1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata"(art. 43, comma2).

Infine, l'art. 49, compreso nel Titolo 3A, ha istituito la "tariffa per la gestione dei rifiuti urbani" (usualmente denominata TIA, "tariffa di igiene ambientale"), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, "ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e degli utilizzatoli" (comma 10), e disponendo altresì che "sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua" detta attività (comma 14). Va poi ricordato che i termini del regime transitorio per la soppressione della TARSU e l'operatività della TIA - regime introdotto dal D.P.R. n. 158 del 1999, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 33, salva la possibilità per i comuni di introdurre in via sperimentale la TIA - hanno subito varie proroghe e che, infine, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (recante "Norme in materia ambientale") ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova - "tariffa integrata ambientale", come definita dal D.L. n. 208 del 2008, convertito nella L. n. 13 del 2009, cd. TIA 2 -, e l’art. 264 ha abrogato l'intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (sia pur prevedendo anche in questo caso una disciplina transitoria).

Il Comune di Marcianise, con la cit. del. 23.7.1998, n. 85 ha assimilato ai rifiuti urbani quelli speciali a mezzo, con ciò avvalendosi del potere di assimilazione previsto dall’art. 21, comma 2 lett, g del d. lgs. n. 22/1997, norma che consentiva l'assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dallo Stato con Delib. 27 luglio 1984 (punto 1.1.1. lett. a), laddove erano indicati tra i rifiuti assimilabili agli urbani gli imballaggi in genere.

Dall'esame del Titolo 2A del decreto Ronchi si ricava che i rifiuti di imballaggio costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatoli della loro "gestione" (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento) (art. 38 cit.); ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale, mentre per gli imballaggi secondari è ammessa solo la raccolta differenziata da parte dei commercianti al dettaglio che non li abbiano restituiti agli utilizzatori (art.43).

Ne deriva che i rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell'esercizio del potere ad essi restituito dall'art. 21 del decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, e i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario (Cass. n. 627 del 19.10.2011).

Ciò non comporta, però, che tali categorie di rifiuti siano, di per sé, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l'esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali (Cass. n. 5377 del 30.11.2011).

Nel caso di imballaggi secondari è previsto dall'art. 21, comma 7, del decreto Ronchi l'esonero dalla privativa comunale qualora sia provato l’avviamento al recupero. In tal caso l'operatore economico ha l'onere di dimostrare l'effettivo e corretto avviamento al recupero attraverso valida documentazione comprovante il conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati a detta attività in base alle norme del D.Lgs. n. 22 del 1997 e si determina, allora, non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto, a consuntivo, in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dall'art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell'approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU) (Cass. n. 9731 del 8.4.2015).

Ne deriva che il regolamento comunale, adottato con Delib. C.C. n. 85 del 1998, di cui peraltro non è stato riportato il testo integrale nel ricorso, dovrebbe essere disapplicato nella parte in cui, avesse previsto l’assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali in genere, senza prevedere l’esclusione degli imballaggi terziari. In ogni caso, stante la non assimilabilità assoluta degli imballaggi terziari ai rifiuti urbani, la tassa in relazione agli stessi non è dovuta.

Ciò posto, va rilevato che l’art. 62, comma 3, D.Lgs. n. 507 del 1993, prevede che "Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quelli applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l'attività viene svolta".

La CTR è incorsa in violazione di legge nell’affermare tout court che il regolamento comunale "risulta adottato secondo la normativa vigente" ; invero la società risulterebbe produttrice di rifiuti speciali assimilabili, per sua stessa ammissione (pag. 5 ric.) (rifiuti biodegradabili di cucine e mense, scarti organici, prodotti scaduti, fanghi di depurazione, ceneri di legno , nonché imballaggi misti (senza specificare se primari, secondari o terziari).

Solamente per tale ultima categoria, in quanto produttrice di rifiuti speciali non assimilabili (imballaggi terziari) avrebbe potuto solo beneficiare di una di riduzione parametrata alla intera superficie su cui l'attività veniva svolta (tenuto conto che comunque nell’area venivano prodotti anche rifiuti urbani) e la CTR non ha operato i necessari accertamenti sul punto.

Incombe all’impresa contribuente l'onere di fornire all'amministrazione comunale i dati relativi all'esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame - per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale - il principio secondo il quale l'onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria spetta all'amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell'interessato (oltre all'obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l'esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011). Dovrà valutare la CTR se tale onere sia stato adempiuto e se la riduzione sia stata già concessa dal Comune nei limiti spettanti.

Invece i rifiuti speciali assimilati , diversi dagli imballaggi terziari devono essere assimilati ai rifiuti ordinari e, quindi, soggetti al pagamento della tassa, in forza della delibera del C.C. 23.7.1998 n. 85 a prescindere dal fatto che il produttore provveda a proprie spese allo smaltimento.

Tuttavia devono ritenersi sussistenti limitazioni al pagamento integrale della tassa dovendosi verificare, oltre al fatto accertato che la contribuente ha provveduto all'avviamento al recupero dei rifiuti medesimi, se il servizio di raccolta e smaltimento, per l’anno 2009, di fatto fosse stato attivato o meno e se il Comune disponeva dei mezzi tecnici necessari per l'effettivo svolgimento del servizio stesso.

Il D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7 prevede non già l'esenzione dall'imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani (come quelli in esame) vengano avviati a recupero direttamente dal produttore, purché il servizio sia istituito e sussista la possibilità dell'utilizzazione.

Va poi ricordato che i termini del regime transitorio per la soppressione della TARSU e l'operatività della TIA - regime introdotto dal D.P.R. n. 158 del 1999, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 33, salva la possibilità per i comuni di introdurre in via sperimentale la TIA - hanno subito varie proroghe e che, infine, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (recante "Norme in materia ambientale") ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova - "tariffa integrata ambientale", come definita dal D.L. n. 208 del 2008, convertito nella L. n. 13 del 2009, cd. TIA 2 -, e l'art. 264 ha abrogato l'intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (sia pur prevedendo anche in questo caso una disciplina transitoria).

Per quanto interessa in questa sede, non è stata fornita prova e neanche dedotto che il Comune di Marcianise, almeno per gli anni in contestazione, abbia introdotto la "tariffa Ronchi", continuando, quindi, ad applicare la TARSU.

Va, quindi, ribadito che l'esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di comprovato avviamento al recupero dall'art. 21, comma 7, del decreto Ronchi, determina sia la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, citato art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati, come i rifiuti tossici e gli imballaggi terziari), sia il diritto ad una riduzione tariffaria (per i rifiuti speciali assimilati agli urbani) determinata in concreto - a consuntivo - in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dall'art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell'approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU).

Ma anche se non dovesse trovare applicazione alla fattispecie l’art. 49, comma 14 D.lgs 22/97 che pur prevede una riduzione di tariffa in proporzione ai rifiuti speciali autonomamente smaltiti, riferendosi alla TIA e non alla Tarsu. il D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7 prevede non già l'esenzione dall'imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani (come quelli in esame) vengano avviati a recupero direttamente dal produttore, purché il servizio sia istituito e sussista la possibilità dell'utilizzazione (l’art. 7, comma 2. D.P.R. n. 158/1999,

prevede testualmente che "per le utenze non domestiche, sulla parte variabile della tariffa è applicato un coefficiente di riduzione, da determinarsi dall'ente locale, proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato a recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi").

Nel caso di inadempienza del Comune tale coefficiente di riduzione, in presenza dei presupposti indicati dalla norma, può essere individuato dal giudice tributario, non potendosi far ricadere sul contribuente inadempienze ascrivibili al Comune.

Tali accertamenti, previa cassazione della sentenza impugnata, dovranno essere compiuti dai giudici di merito che dovranno anche verificare l'attivazione del servizio da parte del Comune per l’anno 2009, in quanto non risulta chiaro, nella sentenza impugnata, quale sia la natura del "servizio" del quale è stata, rispettivamente, negata e accertata l'esistenza (di raccolta, di smaltimento, ecc.), né l'oggetto del medesimo, in relazione alle varie tipologie di rifiuti; inoltre - considerato anche che appare inverosimile che in un comune di notevoli dimensioni il servizio di raccolta dei rifiuti non sia stato in radice istituito ed attivato - va precisato che una cosa è l'istituzione e l'attivazione del servizio, altra è l'effettività dello stesso, cioè il suo concreto svolgimento nella zona di ubicazione dei locali e delle aree dell'utente.

L'accertamento di fatto compiuto nelle sentenze impugnate, pertanto, deve essere effettuato in modo più congruo ed esauriente, e tenendo conto del principio secondo il quale, se il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, è effettuato in modo irregolare, in violazione delle prescrizioni del regolamento comunale, ciò comporta non già l’esenzione dalla tassa, bensì, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, commi 2 e 4, la conseguenza che il tributo è dovuto nella misura ridotta ivi stabilita, tenuto conto della riduzione già operata dal Comune (sempre che l'utente abbia la concreta possibilità di utilizzazione del servizio) (Cass. nn. 19653 del 2003, 21508 del 2005, 3549 e 3721 del 2010).

La CTR dovrà anche valutare la legittimità del regolamento comunale con riferimento ai profili di illegittimità relativi all’inserimento della ricorrente nella categoria XVII, determinando eventualmente la diversa somma dovuta con riferimento alla diversa effettiva categoria riconosciuta.

Va, conseguentemente, rigettato il terzo motivo, accolti, nei limiti indicati, gli ulteriori cassata l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il terzo motivo, accoglie, nei limiti indicati, gli altri, cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.