Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 aprile 2016, n. 6359

Tributi - TARSU - Rifiuti degli imballaggi terziari e secondari - Riduzione della tassa in caso di assimilazione ai rifiuti urbani - Prova di avvio al recupero con conferimento a terzi - Esenzione in caso di mancata regolamentazione comunale

 

Fatto

 

Con sentenza n. 127/01/12, depositata il 5.3.2012, la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva il ricorso in riassunzione, a seguito della ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. 9675/10), proposto dalla società C. s.p.a avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 137/21/2006, annullando l’avviso di accertamento Tarsu, per l’anno 2005, emesso dal Comune di Giugliano in Campania.

Il Comune impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

a) error in procedendo, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., in mancanza di motivazione alcuna da parte della CTR;

b) violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per difetto assoluto di motivazione;

c) violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., avendo al CTR accolto il ricorso della società senza tenere conto dei principi fissati dalla Corte nella sentenza di rinvio

La società intimata si è costituita con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 24.2.2016, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

 

Motivi della decisione

 

1. E infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività formulata dalla società.

La sentenza impugnata è stata depositata in cancelleria in data 5.3.2012 e il ricorso per cassazione è stato spedito a mezzo posta in data 29.1.2013 come emerge dagli avvisi di spedizione delle relative raccomandate.

Il ricorso va proposto, entro l'ordinario termine di sessanta giorni dalla comunicazione o - se anteriore — dalla notificazione di essa (o, comunque, entro il termine previsto dall'art. 327 cod. proc. civ., vigente ratione temporis, e quindi entro un anno - maggiorato della sospensione feriale, se applicabile - dal suo deposito, se trattasi di giudizio intrapreso in primo grado prima del 4.7.09, come nella fattispecie, o, per quelli intrapresi dopo, entro sei mesi dal deposito, maggiorati della sospensione feriale se applicabile), sia proponibile ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado.

Tenendo conto della sospensione feriale dei termini, il ricorso risulta notificato entro l’anno e deve essere considerato tempestivo.

2. Sono fondati i primi due motivi di ricorso assorbenti del terzo, in relazione al quale vanno effettuati gli opportuni chiarimenti in ordine alla pronuncia di rinvio adottata da questa Corte con l’ordinanza n. 9675/10).

La sentenza impugnata difetta di motivazione in ordine alle questioni devolute dalla S.C nella citata ordinanza di rinvio essendosi limitata a rilevare "l’appello è fondato", senza alcun percorso argomentativo che possa spiegare le ragioni dell’accoglimento dell’appello.

Con riferimento al terzo motivo va rilevato che nella sentenza di rinvio cit. si legge che "alla questione posta dal secondo motivo, può rispondersi richiamando pregresse pronunce di questa Corte, alla cui stregua, in esito al quadro normativo di riferimento vigente, il Comune ha titolo ad assimilare ai rifiuti ordinari urbani quelli speciali, provenienti come nel caso da un mobilificio (Cass. n. 17932/2004; n. 5257/2004), avuto riguardo al fatto che il potere regolamentare dei Comuni di assimilare agli urbani i rifiuti speciali, è stato mantenuto fermo dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, lett. g), che ha introdotto la Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, sicché la deliberazione relativa, ove adottata, costituisce titolo per la riscossione della tassa nei confronti dei soggetti che tali rifiuti producono nel territorio comunale, a prescindere dal fatto che il contribuente ne affidi a terzi lo smaltimento (Cass. n. 27057/2007, n. 17932/2004).

Compito della CTR è quindi accertare se sussista o meno un regolamento comunale che preveda l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani da cui poi trarne le opportune conseguenze in ordine alla Tarsu, per l’anno 2005, in base alla normativa all’epoca vigente.

L’esclusione dalla tassazione è prevista solo per i rifiuti tossici o nocivi mentre, nel caso di rifiuti speciali assimilati agli urbani da parte del Comune, solamente nel caso in cui il Comune abbia adottato apposita delibera di assimilazione, vi è solo la previsione di una possibile riduzioni subordinata alla prova, da parte della società, dello smaltimento in proprio dei rifiuti.

Questa Corte ha già statuito, al riguardo, che per effetto dell'art. 17, comma terzo, della legge 24 aprile 1998, n. 128, che ha abrogato l'art. 39 della legge 26 febbraio 1994, n. 146, è venuta meno l'assimilazione "ope legis" ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purché aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, con la conseguenza che è divenuto pienamente operante l'art. 21, comma 2, lettera g), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche Pertanto, con riferimento alle annualità di imposta dal 1997 in poi, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dai regolamenti comunali circa l'assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 21342 del 07/08/2008; Cass Sez. 5, Sentenza n. 14816 del 18/06/2010).

Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e quindi a partire da tale annualità d'imposta, era stato restituito ai comuni (Cass. nn. 18303/2004, 18382/2004) il potere di assimilare ai rifiuti urbani ordinari alcune categorie di rifiuti speciali, fra cui quelli prodotti da ditte commerciali, anche "per qualità e quantità" (art. 21, comma 2, lett. g).

Tuttavia devono ritenersi sussistenti limitazioni al pagamento integrale della tassa dovendosi verificare se la contribuente ha provveduto all'avviamento al recupero dei rifiuti medesimi, non essendo contestato che il servizio di raccolta e smaltimento, per l’anno 2005, di fatto fosse stato attivato dal Comune.

Il D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7 prevede non già l’esenzione dall'imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali sono assimilati a quelli urbani.

L'art. 49, compreso nel Titolo 3A, del cd. Decreto Ronchi ha istituito la "tariffa per la gestione dei rifiuti urbani" (usualmente denominata TIA, "tariffa di igiene ambientale"), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, "ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e degli utilizzatoli" (comma 10), e disponendo altresì che "sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua" detta attività (comma 14). Va poi ricordato che i termini del regime transitorio per la soppressione della TARSU e l’operatività della TIA - regime introdotto dal D.P.R. n. 158 del 1999, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 33, salva la possibilità per i comuni di introdurre in via sperimentale la TIA - hanno subito varie proroghe e che, infine, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (recante "Norme in materia ambientale") ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova - "tariffa integrata ambientale", come definita dal D.L. n. 208 del 2008, convertito nella L. n. 13 del 2009, cd. TIA 2 -, e l'art. 264 ha abrogato l'intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (sia pur prevedendo anche in questo caso una disciplina transitoria). Dall'esame del Titolo 2A del decreto Ronchi si ricava, inoltre, che i rifiuti di imballaggio costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatoli della loro "gestione" (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento) (art. 38 cit.); ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale, mentre per gli imballaggi secondari è ammessa solo la raccolta differenziata da parte dei commercianti al dettaglio che non li abbiano restituiti agli utilizzatori (art.43).

Ne deriva che i rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli degli imballaggi secondari, ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell'esercizio del potere ad essi restituito dall'art. 21 del decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, e i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario (Cass. n. 627 del 19.10.2011).

Ciò non comporta, però, che tali categorie di rifiuti siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l'esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali (Cass. n. 5377 del 30.11.2011).

Nel caso di imballaggi secondari è previsto dall'art. 21, comma 7, del decreto Ronchi l'esonero dalla privativa comunale qualora sia provato l’avviamento al recupero. In tal caso l'operatore economico ha l'onere di dimostrare l'effettivo e corretto avviamento al recupero attraverso valida documentazione comprovante il conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati a detta attività in base alle norme del D.Lgs. n. 22 del 1997 e si determina, allora, non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto, a consuntivo, in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dall'art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell'approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU) (Cass. n. 9731 del 8.4.2015).

Ne deriva che ove non vi sia prova del Regolamento Comunale (ad eccezione degli imballaggi terziari), che assimila i rifiuti speciali non pericolosi agli urbani, non è dovuta la Tarsu, mentre ove tale assimilazione sia stata prevista dal regolamento comunale incombe all'impresa contribuente l’onere di fornire all'amministrazione comunale i dati relativi all'esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame - per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale - il principio secondo il quale l'onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria spetta all'amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell'interessato (oltre all'obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l'esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011).

Va anche rilevato che l'esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di detto comprovato avviamento al recupero dall'art. 21, comma 7, del decreto Ronchi, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, citato art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati, quali quelli tossici, pericolosi o gli imballaggi terziari), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto - a consuntivo - in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dall’art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell'approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai comuni anche ai fini della TARSU).

Tale accertamento, previa cassazione della sentenza impugnata, dovrà essere compiuto dai giudici di merito.

Vanno, conseguentemente accolti il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassata l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, che si pronuncerà anche in ordine alle pese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.