Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 aprile 2016, n. 6384

Attività giornalistica - Direttore - Licenziamento - Articolo 24 del decreto legge 201/11 - Prosecuzione nel rapporto di lavoro fino al raggiungimento del settantesimo anno di età

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso ex art. 1 comma 48 L. n. 92/2012 F.D.N., dipendente R. dal 1974 assunto con la qualifica di redattore e poi inquadrato come redattore capo nonché dal 2002 come Direttore di R. uno e dal 2008 di R. fiction, esponeva di avere, con lettera dei 7.12.2012, comunicato all'Azienda l'intenzione di avvalersi del trattenimento in servizio sino al settantesimo anno di età ex art. 24 comma quarto legge 22.12.2001, n. 214 (ndr art. 24 comma quarto legge 22.12.2011, n. 214) e che le società con nota del 10.12.2002 aveva replicato al ricorrente l'inapplicabilità dell'art. 24, informandolo che il rapporto sarebbe cessato al 3.1.2013 per raggiungimento del 65° anno di età. Il D.N., sul presupposto che la missiva integrasse un atto di licenziamento, domandava l'annullamento del recesso. Il giudice designato con ordinanza ex art. 1 comma 49 L. n. 92/2012 rigettava la domanda ritenendo non provato che il D.N. svolgesse attività giornalistica di capo redattore essendo pacifica l'assunzione come Direttore R. uno e R. fiction con conseguente inapplicabilità dell'art. 18. Inoltre l'art. 24 comma quarto si applicava" nei limiti ordinamenti dei relativi settori".

Il Tribunale rigettava l'opposizione del D.N. confermando che al momento del recesso lo stesso era un dirigente ed osservando che l'art. 24 non stabilisce un diritto potestativo al trattenimento in servizio.

La Corte di appello di Roma con sentenza del 24.6.2014 rigettava il reclamo del D.N.

La Corte di appello osservava che il D.N. era dirigente, in quanto la cessazione della qualifica di Direttore non privava di tale qualifica, anche se il lavoratore era stato senza consenso dequalificato; la dichiarazione del 22.2.2013 che secondo il reclamante aveva natura confessoria era irrilevante, posto che il mutamento in pejus delle condizioni di lavoro era stata unilaterale e quanto il rapporto si era già risolto.

La Corte territoriale osservava ancora che l’art. 24 comma quarto non si applicava ai lavoratori, come quelli assicurati dall’INPGI, che fruiscono di pensione in regime retributivo, così come interpretata la norma in chiave finalistica.

La condanna della R. al pagamento del preavviso e dell’indennità per ingiustificato licenziamento come dirigente era stata proposta, anche in riferimento alla contrattazione collettiva, solo in sede di opposizione e quindi non si fondava sugli identici fatti costitutivi di cui al ricorso ex art. 48, in quanto si faceva valere una qualifica diversa da quella originariamente esposta.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D.N. con cinque motivi; resiste la R. con controricorso (corredati da memoria).

La causa è stata sospesa in esito alla decisione della Sezione unite della Corte in ordine al significato ed all’applicabilità dell’art. 24 nel settore giornalistico, questione decisa con sentenza n. 17589/2015.

Le parti hanno depositato memoria difensiva ex art. 278 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di legge: art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. del c.p.c.; art. 11 Cost.; art. 24 D.L. 201/11; art. 12 disp. att del c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo.

Con il quarto motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di legge: art. 121 c.p.c., art. 24 co. 4 D.L. 201/2011, art. 12 disp. att. del c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto sono congiuntamente diretti ad affermare l'applicabilità del citato articolo 24 comma quarto agli iscritti all'INPGI ed il connesso diritto potestativo al rimanere in servizio sino al raggiungimento del 70° anno di età. I motivi appaiono infondati per quanto stabilito dalla sentenza n. 17589 /2015 che questo Collegio condivide pienamente e cui intende dare continuità. La Corte ha infatti affermati i principi secondo cui In materia di trattamenti pensionistici, la disposizione dell'art. 24, comma 4, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, non attribuisce al lavoratore il diritto potestativo di proseguire nel rapporto di lavoro fino al raggiungimento del settantesimo anno di età, in quanto la norma non crea alcun automatismo, ma si limita a prefigurare condizioni previdenziali di incentivo alla prosecuzione dello stesso rapporto per un lasso di tempo che può estendersi fino ai settanta anni di età" e "con riferimento alle disposizioni in materia pensionistica di cui all'art. 24 del d.L. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, la disciplina applicabile agli iscritti all'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI) è quella assicurata dalle misure adottate dall'Istituto stesso ai sensi dell'art. 24, comma 24, dello stesso d.l. n. 201, così come previsto per gli iscritti agli altri enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza privatizzati ai sensi del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, come tali indicati nella tabella a quest'ultimo allegata". Alla luce di tale orientamento, cui anche il difensore del ricorrente in sede di memoria autorizzata ex art. 378 c.p.c., ha affermato di volere prestare ossequio i detti motivi vanno respinti. Con il secondo motivo parte ricorrente allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di legge: art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. del c.p.c., art. 118 Cost., art. 12 disp. att. del c.p.c., art. 24 D.L. 201/2011, art. 10 L. n. 604/66, art. 18 Statuto lavoratori, art. 1362 c.c., violazione CCNL, Accordo R. FNSI, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Si contesta con il motivo l'esclusione dalla tutela ex art. 18 L. n. 300/70 posto che il ricorrente non poteva essere considerato Dirigente; il motivo appare assorbito dal rigetto dei primi tre potendo vantare il ricorrente un interesse all'accoglimento del detto motivo solo sulla base della tesi di un diritto potestativo a rimanere in servizio sino al 70° anno d'età che, come si è detto, appare infondata.

Con il terzo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di legge; art. 132 c.p.c., art. 1 co 51 L. n. 92/212; artt. 6 e 27 CCLG, art. 1362 c.c., nonché l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Il ricorrente aveva chiesto nel ricorso in opposizione la tutela indennitaria prevista dal CNLG per le figure apicali in caso di ingiustificato licenziamento. Vale quanto già detto in precedenza: il motivo appare assorbito dal rigetto dei primi tre potendo vantare il ricorrente un interesse all'accoglimento del detto motivo solo sulla base della tesi di un diritto potestativo a rimanere in servizio sino al 70° anno d'età che, come si è detto, appare infondata. La cessazione del rapporto di cui si parla nella lettera inviata dalla R. al ricorrente era coerente con le norme di legge in tema di quiescenza, non vantando il ricorrente alcun diritto a proseguire il rapporto.

Conclusivamente si deve rigettare il proposto ricorso.

Stante la complessità delle questioni risolte solo recentemente con l’arresto delle Sezioni unite del 2015 sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

La Corte ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. La Corte ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.