Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE MILANO - Sentenza 23 marzo 2016, n. 2700

Art. 13 comma 6quater e art. 16 d.P.R. 115/2002 - Illegittimità costituzionale - Eccezione infondata

Svolgimento del processo e richieste delle parti

T.S. ha impugnato "l‘Invito al pagamento", notificato ad istanza della Segreteria della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, con il quale era domandato il versamento dell'importo di euro 1.508,75 e l’irrogazione di sanzioni per l’importo di euro 1.508,75, in materia di Contributo Unificato Tributario.

La ricorrente ha svolto un unico articolato motivo diretto a contestare l'ammontare del Contributo Unificato liquidato nel caso specifico e l'iniquità ed ingiustizia dello stesso, proponendo eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 13, co. 6 quater e 16 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 in relazione alla prevista progressività per scaglioni di valore economico della controversia poiché, da un lato, non vi sarebbe alcuna correlazione fra il valore della causa e la capacità reddituale del singolo contribuente e, dall'altro, al maggior valore di una causa non corrisponderebbe necessariamente un maggior costo per l'Amministrazione della giustizia. Il sistema del Contributo Unificato, inoltre, limiterebbe l'accesso alla giustizia per i meno abbienti.

Ha concluso chiedendo l’annullamento dell'atto impugnato, previa eventuale sospensione del giudizio per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimità costituzionale delineata sopra.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento delle Finanze, Direzione della Giustizia Tributaria, Commissione Tributaria Regionale di Milano, Ufficio di Segreteria, in persona del Direttore pro-tempore, si è costituito in giudizio con memoria in data 14 gennaio 2015, contestando, preliminarmente, l’ammissibilità del ricorso a causa della mancata indicazione degli atti impugnati e dell'oggetto della domanda, nonché per la mancanza di motivi specifici di impugnazione. Sempre in via preliminare ha eccepito l'inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio sotto altro profilo asserendo che l’invito al pagamento sarebbe atto che non rientra fra quelli previsti all'art. 19 del D. Lgs. n. 546 del 1992.

Nel merito, ha eccepito l’infondatezza e la non rilevanza della questione di legittimità costituzionale proposta dalla ricorrente e, comunque, ha illustrato le ragioni in base alle quali la disciplina del Contributo Unificato sarebbe da considerare legittima.

Ha concluso chiedendo di dichiarare l'inammissibilità del ricorso introduttivo ovvero, nel merito, la sua infondatezza.

In data 18 gennaio 2016, T.S. ha depositato una memoria illustrativa diretta a contestare le difese dell’Amministrazione tributaria, rilevando che gli atti impugnati erano prodotti nel fascicolo processuale e, comunque, conosciuti dall'Amministrazione. Ha asserito, inoltre, che secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione l'elencazione degli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario non era tassativa e, comunque, in base all'atto impugnato sarebbero state irrogate sanzioni, rendendo il provvedimento lesivo della posizione della ricorrente. Ha ribadito, inoltre, le ragioni di pretesa incostituzionalità delle norme impugnate.

All'udienza del 29 gennaio 2016 il giudizio è stato deciso come da dispositivo.

 

Motivi della decisione

 

L'oggetto del giudizio è costituito dall'impugnazione effettuata da T.S. "dell’invito al pagamento" per il complessivo importo di euro 1.508,75 in materia di Contributo Unificato Tributario. L'unica ragione dell'impugnazione consiste nel l'asserita illegittimità costituzionale degli artt. 13, co. 6 quater e 16 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 che renderebbe iniquo ed ingiusto il Contributo Unificato liquidato in relazione ad un giudizio proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Milano.

1. Il ricorso è ammissibile, contrariamente a quanto ritenuto dall’Ufficio di Segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano nella memoria di costituzione in giudizio.

Infatti, l'atto introduttivo, nonostante una formulazione non cristallina, individua gli atti impugnati, peraltro prodotti in giudizio, e le ragioni dell'impugnazione, consistenti nella dedotta illegittimità costituzionale degli artt. 13, co. 6 quater e 16 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Inoltre, costituisce orientamento ormai consolidato che l’elencazione contenuta nell'art. 19, del D. Lgs n. 546 del 1992 degli atti impugnabili dinanzi al Giudice tributario non ha carattere tassativo e che è proponibile il ricorso avverso tutti gli atti che abbiano carattere lesivo della posizione giuridica del contribuente. Nel caso di specie, è indubbio che l'atto impugnato in questa sede che contiene la liquidazione del Contributo Unificato e la irrogazione di una sanzione per omesso versamento de! Contributo stesso ha carattere lesivo, pertanto, il ricorso è ammissibile.

2. Con un unico articolato motivo T.S. ha dedotto l'illegittimità dell'atto impugnato ritenendo in contrasto con la Costituzione gli artt. 13, co. 6 quater e 16 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

La prospettata questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata per le ragioni che seguono.

L'articolo 9, primo comma, del D.P.R. n. 115/2002, dispone che "E' dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, nel processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, nel processo amministrativo e nel processo tributario, secondo gli importi previsti dall'articolo 13 e salvo quanto previsto dall'articolo 10".

Quest’ultima norma individua taluni regimi di esenzione dal pagamento del contributo unificato, stabilendo in via generale che "Non è soggetto al contributo unificato il processo già esente, secondo previsione legislativa e senza limiti di competenza o di valore, dall'imposta di bollo o da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, nonché il processo di rettificazione di stato civile, il processo in materia tavolare, il processo di cui all’articolo 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89".

Con l’istituzione del Contributo Unificato il legislatore ha indicato le caratteristiche e le modalità del prelievo ed ha individuato un regime di esenzione di carattere generale in relazione ad alcune specifiche situazioni ritenute meritevoli di particolare tutela.

La natura di "entrata tributaria erariale" del Contributo Unificato è stata analizzata in più occasioni dalla corte costituzionale, senza ravvisare profili di contrasto con le previsioni costituzionali. In particolare ed in linea generale è stato specificato che la natura di entrata tributaria erariale "si desume: a) dalla circostanza che esso è stato istituito in forza di legge a fini di semplificazione e in sostituzione di tributi erariali gravanti anch'essi su procedimenti giurisdizionali, quali l'imposta di bollo e la tassa di iscrizione a ruolo, oltre che dei diritti di cancelleria e di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario (art. 9, commi 1 e 2, della legge n. 488 del 1999); b) dalla conseguente applicazione al Contributo unificato delle stesse esenzioni previste dalla precedente legislazione per i tributi sostituiti e per l'imposta di registro sui medesimi procedimenti giurisdizionali (comma 8 dello stesso art. 9); c) dalla sua espressa configurazione quale prelievo coattivo volto al finanziamento delle "spese degli atti giudiziari" (rubrica del citato art. 9); d) dal fatto, infine, che esso, ancorché connesso alla fruizione del servizio giudiziario, è commisurato forfetariamente al valore dei processi (comma 2 dell’art. 9 e tabella 1 allegata alla legge) e non al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata. Il contributo ha, pertanto, le caratteristiche essenziali dei tributo e cioè la doverosità della prestazione e il collegamento di questa ad una pubblica spesa, quale è quella per il servizio giudiziario (analogamente si sono espresse, quanto alle caratteristiche dei tributi, le sentenze n. 26 del 1982, n. 63 del 1990, n. 2 del 1995, n. 11 del 1995 e n. 37 del 1997), con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante". (Corte cost. 11 febbraio 2005, n. 73).

Sempre la Corte costituzionale, dichiarando inammissibile una questione di legittimità sollevata in ordine al Contributo Unificato, ha ulteriormente specificato che " che in ogni caso, fa questione è inammissibile per la pluralità delle soluzioni che possono essere offerte dal legislatore in una materia, quale quella della determinazione delle spese processuali poste a carico degli utenti della giustizia ed altresì quella tributaria, nella quale vige il principio della sua discrezionalità e della insindacabilità delle opzioni legislative che non siano caratterizzate da una manifesta irragionevolezza" e che nella specie, la norma sul contributo unificato censurata, "introducendo una più articolata distinzione tra diverse categorie di controversie amministrative ed elevando la misura dei contributi per alcune di esse, deve ritenersi frutto di una scelta discrezionale non manifestamente irragionevole".

Occorre ricordare, inoltre, che, su un piano generale, la Corte costituzionale ha tenuto fermo da sempre il principio secondo il quale la Costituzione "non vieta di imporre prestazioni fiscali in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che esse configurino vere e proprie tasse giudiziarie sia che abbiano riguardo all'uso di documenti necessari alla pronunzia finale dei giudici" (sent. n. 45 del 1963 e sentt. n. 91 e n. 100 del 1964) e ha evidenziato che occorre distinguere fra "oneri che siano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione", da ritenersi consentiti, e oneri che invece tendano "alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare gravemente l'esperimento della tutela giurisdizionale, incorrono nella sanzione dell'incostituzionalità" (sent. n. 80 del 1966, sull'illegittimità costituzionale della norma che vietava di rilasciare copie di sentenze non ancora registrate, il cui deposito in giudizio condizionasse la procedibilità dell’impugnazione).

Inoltre, sotto un diverso profilo, ha messo in luce che "l'interesse del cittadino alla tutela giurisdizionale e quello generale della comunità alla riscossione dei tributi sono armonicamente coordinati" (sentt. n. 157 del 1969 e n. 61 del 1970), e che, pertanto, "condizionare l'esercizio del diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale all’adempimento del suo dovere di contribuente non contrasta con la Costituzione, salvo il caso dell'azione giudiziaria diretta a contestare la legittimità del tributo" (sentt. n. 157 del 1969 e n. 111 del 1971), per cui "l'onere fiscale non fede il diritto alla tutela giurisdizionale ove tenda ad assicurare al processo uno svolgimento conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze e non miri, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali" (sentenze n. 333 del 2001 e n. 522 del 2002).

Il richiamo ai principi della Costituzione, così come enucleati dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale evidenzia l'infondatezza delle asserzioni della ricorrente e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata nel ricorso introduttivo, posto che il pagamento del Contributo Unificato non è condizione di ammissibilità o procedibilità della domanda e il criterio della determinazione del suo valore è collegato ad elementi oggettivi, comunque determinati dal legislatore nell'ambito della sua discrezionalità. D'altro canto, l'obbligo del pagamento del Contributo Unificato non condiziona l’accesso alla giustizia dei cittadini meno abbienti poiché è prevista la possibilità di ricorrere al Patrocinio alle spese dello Stato, ove ne ricorrano le condizioni, con la prenotazione a debito del Contributo Unificato.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in applicazione del principio della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 500,00.