Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 marzo 2016, n. 6123

Tributi - Accertamento - Imposta di registro - Rettifica del valore dei terreni

 

Fatto

 

Con l'impugnata sentenza n. 546/01/09 depositata il 30 dicembre 2009 la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, rigettato l'appello di C.P. e P.S.S., confermava la decisione n. 318/06/07 della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza che aveva respinto il ricorso proposto dai suddetti contribuenti avverso l'avviso n. 20051T0007 Registro 2005 «relativo all'atto per notar P. del 27.04.2005 rep. con il quale i ricorrenti acquistavano degli appezzamenti di terreno in agro di Reggio Calabria, fraz. Pellaro, loc. Trapezi" e con il quale avviso l'Agenzia delle Entrate «procedeva alla rettifica del valore dei terreni determinando e liquidando l'imposta complementare e relative sanzioni".

Per quanto rimasto d'interesse la CTR, così rigettando le eccezioni sul punto formulate dai contribuenti, affermava "che la rogatoria era un atto interno all'amministrazione e che l'avviso di rettifica e liquidazione conteneva tutti gli elementi essenziali della rogatoria idonei a permettere al contribuente di approntare un'adeguata difesa, pertanto, ai sensi dell'art. 52, comma 2 bis, ("salvo che quest'ultimo ne riproduca il contenuto essenziale"), d.p.r. 131/86, non poteva dichiararsi la nullità dell'atto impositivo perché non risultava allegata la rogatoria dell'Ufficio di Reggio Calabria". Nel merito la CTR riteneva fondata la rettifica, perché il terreno oggetto di controversia era "in larghissima parte edificabile ricadente in "zona omogenea D" e, quindi, che il valore attribuito doveva ritenersi congruo, anche volendo tener presente i costi delle opere da realizzarsi valutati nella perizia di parte allegata» e che l'Ufficio aveva adempiuto «l'onere probatorio» avendo in particolare «tenuto conto del valore degli immobili compravenduti nel triennio precedente» e che questo non significava riconoscere «all'amministrazione presunzioni di legittimità, ma ci si limitava a tener conto di fatti incontrovertibili».

Contro la sentenza della CTR, i contribuenti proponevano ricorso per cassazione preliminarmente deducendo la nullità della stessa per «difetto assoluto» di motivazione e altresì censurandola per altri quattro motivi.

L'Ufficio resisteva con controricorso.

 

Diritto

 

1. Come ricordato in narrativa del presente i contribuenti, con un motivo non numerato, hanno preliminarmente dedotto la nullità della sentenza per «difetto assoluto» di motivazione e per «motivazione apparente».

Anche a prescindere dall'inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza, atteso che i contribuenti nemmeno hanno esplicitato le esatte ragioni per cui la sentenza sarebbe stata motivata in modo «apparente», deve essere evidenziato come la CTR abbia invece respinto l'eccezione di nullità dell'avviso espressamente spiegando che non occorreva l'allegazione della «rogatoria», trattandosi di atto «interno» peraltro riportato nella sua parte essenziale, e nel merito altresì spiegando di ritenere fondata la rettifica con riferimento alle specifiche caratteristiche edilizie del terreno; come anche provate dal valore dichiarato in altri atti di compravendita di immobili registrati «nel triennio».

2. Con il motivo numerato come primo i contribuenti hanno censurato la sentenza denunciando in rubrica «Omessa pronuncia su più di un motivo di gravame - violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione al motivo di cui al comma 1 n. 4 dell'art. 360 c.p.c.», precisamente lamentando che la CTR «nulla aveva deciso in merito all'investitura di documento avente fede privilegiata ai sensi dell'art. 2700 c.c. da attribuire all'atto pubblico redatto dal notaio P., con il quale veniva indicato il valore del terreno compravenduto" e che "nessun passaggio della sentenza si era occupato dell'obbligo, disatteso dall'amministrazione procedente, di esplicitare i criteri utilizzati" e che «nulla era stato detto riguardo l'obiezione sollevata dai ricorrenti e afferente la palese infondatezza in fatto dell'avviso" e infine che la CTR «con comportamento omissivo" non aveva accolto il ricorso sulla scorta di fatti non contestati ai sensi dell'art. 115 c.p.c.

2.1. Il motivo è sotto il primo profilo inammissibile perché quello che viene innanzitutto censurato non è una omessa pronuncia, bensì si lamenta che la CTR abbia fondato il proprio convincimento circa il valore del terreno sulla scorta di argomentazioni giuridiche diverse da quella reputata esatta. E questo perché, secondo i contribuenti, la CTR avrebbe dovuto tener conto della «fede privilegiata» dell'atto pubblico di compravendita dell'area per cui è lite. Sennonché, l'omessa considerazione di un'argomentazione giuridica è irrilevante quando la questione sia stata decisa. E, in effetti, l'errata o omessa argomentazione può essere oggetto di censura soltanto se la stessa abbia condotto ad un error in iudicando da censurarsi esclusivamente ai sensi dell'art. 360, comma 1, n, 3, c.p.c. (Cass. sez. IlI n. 4815 del 2012; Cass. sez. IlI, 18/04/2007, n. 9244 del 2007).

2.2. Sotto il secondo profilo, laddove viene addebitato alla CTR di non aver pronunciato circa gli effetti della mancata enunciazione nell'avviso dei "criteri utilizzati" dall'Ufficio per la stima, il motivo è infondato. Difatti, come ricordato in narrativa del presente, la CTR ha in realtà accertato che l'avviso "conteneva tutti gli elementi essenziali della rogatoria idonei a permettere al contribuente dì approntare un'adeguata difesa».

2.3. Sotto il terzo profilo, laddove si lamenta che la CTR non abbia pronunciato «sul merito" dell'avviso, il motivo è infondato. Invero, come debitamente trascritto in narrativa del presente, la CTR ha giudicato corretta la rettifica del valore del terreno in ragione delle caratteristiche edificatorie dello stesso. Caratteristiche che ha ritenute dimostrate anche a mezzo degli atti di compravendita conclusi «nel triennio».

2.4. Il motivo è sotto il quarto profilo, quello in cui si lamenta la violazione dell'art. 115 c.p.c., inammissibile. E questo perché la violazione dell'art. 115 c.p.c. è diversa dal vizio di omessa pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c.

3. Con il motivo numerato come quarto, ma da esaminarsi preventivamente ai restanti per il suo carattere logico giuridico preliminare, i contribuenti denunciavano in rubrica «Violazione e falsa applicazione dell'art. 52, comma 2 bis, D.p.r. 131/86, in relazione al motivo di cui al primo comma, n. 3, dell'art. 360 c.p.c.". A riguardo i contribuenti deducevano dapprima che la CTR aveva errato a "ritenere del tutto valido e, quindi, non colpito da nullità l'atto di rettifica non accompagnato dall'allegazione del suo atto presupposto, ovvero, nel caso di specie la rogatoria dell'ufficio di Reggio Calabria». E che, comunque, «l'ente amministrativo avrebbe dovuto quantomeno riportare il contenuto della rogatoria» e mentre l'Ufficio si era nell'avviso limitato invece «a menzionare l'esistenza della suddetta rogatoria, senza null'altro aggiungere».

Il motivo è in primo luogo inammissibile per difetto di autosufficienza giacché, in violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., non è stato trascritto almeno nella sua parte essenziale il contenuto dell'impugnato avviso e nemmeno è stato indicato il luogo di produzione dello stesso. Ciò che impedisce alla Corte la verifica di corrispondenza del tenore dell'avviso a quanto affermato dai contribuenti e quindi impedisce in radice ogni tipo di attività nomofilattica (Cass. sez. VI n. 16134 del 2015; Cass. sez. IlI n. 8569 del 2013). Peraltro occorre anche far rilevare che, come debitamente trascritto in narrativa del presente, la CTR ha in contrario accertato che la «rogatoria» era stata riprodotta «nel suo contenuto essenziale». Cosicché, in realtà, il motivo deve essere giudicato altresì inammissibile perché con lo stesso viene contestato un accertamento di fatto compiuto dalla CTR (Cass. sez. I n. 1646 del 2014; Cass. sez. VI n. 3164 del 2012).

4. Con il motivo numerato per secondo i contribuenti denunciavano in rubrica «Violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., in relazione al motivo di cui al primo comma, n. 3, dell'art. 360 c.p.c.», per avere la CTR sbagliato a ritenere che l'atto dell'Ufficio avesse "fede privilegiata», dando cosi luogo a una presunzione favorevole all'Ufficio e che al contrario una identica «fede privilegiata» non fosse stata attribuita al valore indicato nell'atto di compravendita oggetto di rettifica.

Il motivo è inammissibile perché lo stesso non coglie la ratio decidendi dell'impugnata sentenza, che non è stata quella di ritenere il valore del terreno presuntivamente accertato perché l'atto dell'Ufficio avesse una «fede privilegiata» e bensì quella tutt'affatto differente per cui la CTR ha ritenuto congruo il valore accertato in ragione delle caratteristiche edificatorie del terreno, come anche dimostrato dalla prova comparativa valutata in modo favorevole all'Ufficio ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.c. e dell'art. 2729 c.c. (Cass. sez. trib, n. 23946 del 2011; Cass. sez. I n. 15952 del 2007).

5. Con il motivo numerato per terzo i contribuenti denunciavano in rubrica «Omessa, insufficiente e, comunque, contraddittoria motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio», per avere la CTR ritenuto erroneamente valido nella forma l'impugnato avviso in considerazione della natura di "mero atto interno all'Ufficio" della "rogatoria" e per aver altresì ritenuto fondata la rettifica attribuendo erroneamente "fede privilegiata" all'atto preso a comparazione. Per i contribuenti, difatti, la decisione della CTR «non poggiava su alcuna valida argomentazione di diritto».

Il motivo è inammissibile perché con lo stesso non viene censurata l'omessa o insufficiente o contraddittoria spiegazione circa l'accertamento di esistenza di un fatto controverso e decisivo e bensì vengono censurate le argomentazioni giuridiche poste a sostegno della soluzione adottata dalla CTR. Ma, come noto, l'omessa o contraddittoria o insufficiente argomentazione giuridica è irrilevante. Tant'è vero che, quando la decisione è stata conforme a diritto, la Corte ai sensi dell'art. 384, comma 4, c.p.c. è semplicemente tenuta a correggere o a integrare la motivazione mancante o sbagliata (Cass. sez. trib. n. 5123 del 2012; Cass. sez. lav. n. 16640 del 2005).

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna i contribuenti, in solido tra loro, a rimborsare all'Ufficio le spese processuali, queste liquidate in € 2.900,00, oltre a spese prenotate a debito.