Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 marzo 2016, n. 6262

Lavoro - Iscrizione gestione commercianti e gestione separata Inps - Espletamento di duplice attività lavorativa - Tutela assicurativa e duplicità di iscrizione - Carattere di prevalenza

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza n. 191 del 2012, depositata il 22 febbraio 2012, riformando la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Milano n. 1742 del 2008, accoglieva l’impugnazione proposta da I.L., nei confronti dell'INPS e di SCCI spa, nonché di Equitalia Esatri spa.

2. La I. aveva proposto opposizione avverso la cartella esattoriale n. 068 2000 200460738 13000.

Il Tribunale di Milano aveva rigettato la domanda.

Il giudice di secondo grado accoglieva l'impugnazione affermando che non poteva procedersi, nei confronti della I., alla iscrizione sia alla gestione separata sia alla gestione commercianti, poiché l'attività svolta dalla stessa era riconducibile solo a quella di amministratrice della società C.I. srl, e non a quella di socia che partecipi al lavoro aziendale in modo abituale e prevalente.

Ed infatti, le risultanze istruttorie non consentivano, come erroneamente ritenuto dal giudice di primo grado, di ravvisare gli elementi richiesti dalla legge per l'iscrizione alla gestione commercianti ovvero la partecipazione del socio al lavoro aziendale con abitualità in prevalenza.

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre l'INPS, anche quale procuratore speciale della SCCI spa, con un motivo di impugnazione.

4. La lavoratrice è rimasta intimata.

5. Anche Equitalia Esatri spa è rimasta intimata.

 

Motivi della decisione

 

1. Con l'unico motivo di ricorso, è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 203 e 208, della legge n. 662 del 1996, così come interpretato dall'art. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, in relazione all'art. 2697 cc (art. 360, n. 3, cpc). Erronea motivazione (art. 360, n. 5, cpc).

Ricorda il ricorrente che la Corte d'Appello, dopo aver richiamato il contenuto delle deposizioni testimoniali (testi C., L.) ha affermato che: "ancorché sia emerso che alle volte anche la ricorrente si recava presso i clienti per alcune riunioni, certamente l'organizzazione dell'azienda prevedeva una struttura composta da dipendenti che si occupavano in modo prevalente della gestione dei vari aspetti operativi ovvero del settore amministrativo e del settore commerciale, limitandosi quindi la sig.ra I. ad esercitare il coordinamento dei medesimi dando indicazioni di massima: tale tipo di attività è del resto ben riconducibile all'attività di amministratore così come del resto delineata anche dalla Suprema Corte con la pronuncia n. 3240 del 2010".

L'INPS assume, quindi, che il giudice di appello, dopo avere aderito ad un orientamento delle S.U. (sentenza n. 3240 del 2010) ormai superato, ha ritenuto  che l'attività svolta dalla I. non sostanziasse il requisito di cui alla lettere c) del comma 203 della legge n. 662 del 1996, ma rientrasse tra i compiti propri dell'amministratore della società.

Tale affermazione non sarebbe condivisibile, in quanto opera una commistione tra le funzioni di amministratore di una srl e l'attività di socio lavoratore all'interno della società. In particolare, invece, il coordinamento dell’attività lavorativa degli impiegati dell'azienda, la gestione del personale, la frequentazione quotidiana dei locali della stessa azienda, il contatto costante con i fornitori per l'attuazione dei contratti e con le banche, la predisposizione e cura della documentazione contabile, erano tutte circostanze sintomatiche dell'espletamento di vere e proprie prestazioni d'opera sia pure di carattere direttivo.

2. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

Questa Corte, con la sentenza a Sezioni unite n. 17076 del 2011 (cui adde, Cass. n. 20519 del 2015), nell'affermare che l'art. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010 costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all'art. 6 CEDU, trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall'art. 70 Cost., ha statuito: «la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è molto chiara: l'esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella gestione separata, che si accompagni all'esercizio di un'attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l'obbligo dell'iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non fa scattare il criterio "dell'attività prevalente"; rimangono attività distinte e (sotto questo profilo) autonome sicché parimenti distinto ed autonomo resta l'obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa».

La suddetta norma interpretativa ha superato il vaglio di costituzionalità. Ed infatti la Corte costituzionale, con la sentenza n. 15 del 23 gennaio 2012, ha dichiarato non fondata la relativa questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., all'art. 24 Cost., comma 1, all'art. 102 Cost., all'art. 111 Cost., comma 2, e all'art. 117 Cost., comma 1, in relazione all'art. 6 della CEDU.

La Corte d'Appello di Milano, nella specie, ha escluso che la I. dovesse essere iscritta anche alla gestione commercianti, in quanto, alla luce delle risultanze istruttorie, non era ravvisabile la relativa attività.

La questione che viene in rilievo, dunque, non è quella della unificazione della posizione previdenziale, in ragione del criterio di prevalenza, bensì quella, logicamente antecedente, della individuazione dei requisiti che devono sussistere per la iscrizione alle diverse gestioni, in una fattispecie nella quale la Corte territoriale ha accertato che il socio amministratore non era in possesso del requisito previsto dalla lettera c) della disposizione sopra richiamata.

Quindi, è consono il richiamo effettuato a Cass., n. 3240 del 2010, poiché lo stesso attiene non alla possibile applicazione del criterio di prevalenze tra le attività ai fini di escludere la doppia iscrizione, criterio ormai superato dalla giurisprudenza di legittimità in ragione della sentenza delle Sezioni unite sopra richiamate, ma alla determinazione degli elementi che valgono a distinguere, per il socio, l'attività di amministratore da quella di partecipazione personale al lavoro aziendale.

La citata sentenza di legittimità n. 3240 del 2010, afferma che «È noto che non esistono disposizioni che indicano in dettaglio quali compiti siano demandati alla figura dell'amministratore nella srl. È vero però che non può farsi rientrare nell'incarico solo il compimento di atti giuridici, perché all'amministratore è affidata la gestione della società, e dunque una attività di contenuto imprenditoriale, che si estrinseca nell'organizzazione e nel coordinamento dei fattori di produzione, comprendendovi sia il momento decisionale vero e proprio, sia quello attuativo delle determinazioni assunte, ancorché quest'ultimo non debba essere caratterizzato dalla abitualità dell'impegno esecutivo».

Si può, altresì, ricordare come la sentenza Cass. n. 11804 del 2012, ha affermato che l'abitualità e la prevalenza della partecipazione al lavoro aziendale, richieste dall'art. 1, comma 203, della legge n. 662 del 1996 ai fini dell'insorgenza dell'obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, si concretano nel carattere continuativo e non occasionale della partecipazione stessa.

Nella specie, la Corte d'Appello ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in ragione dell'esito della congrua valutazione delle risultanze istruttorie. Quest'ultima non è incisa dalla censura proposta che non contrasta le circostanze riferite dai testi riportate in sentenza quali, nel senso di una attività di mero coordinamento dei dipendenti e dei collaboratori da parte della I., il fatto che vi era «un dipendente responsabile degli aspetti contabili che gestiva personalmente tale settore avvalendosi solo della supervisione della sig.ra I. (teste P.), che «vi fossero altri dipendenti, (arrivati sino al numero di cinque nel 2000) che si occupavano direttamente dei clienti svolgendo tutte le pratiche necessarie (teste C., L.), oltre all'ausilio di collaboratori esterni».

3. Il ricorso deve essere rigettato.

4. Nulla per le spese in ragione della mancata costituzione degli intimati.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.