Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 marzo 2016, n. 5715

Accertamenti basati sugli studi di settore - Motivare il rigetto delle giustificazioni del contribuente - Compete all’Amministrazione Finanziaria

 

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza in data 3.3.2009 la CTR Puglia ha accolto il gravame proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti della decisione di primo grado ed, in riforma della stessa, ha decretato la legittimità dell'avviso di accertamento notificato a S.V. in dipendenza del riscontrato scostamento tra i ricavi da questi dichiarati per l'anno 2004 e quelli determinati in applicazione degli studi di settore.

La CTR, nell'accogliere l'appello dell'erario, si è detta infatti convinta che nella specie non facesse difetto, come eccepito dalla parte e ritenuto pure dal primo giudice, la condizione richiesta dall'art. 10 L. 146/98, posto che il contribuente, oltre che nell'anno 2004, oggetto di accertamento, "era risultato non congruo anche nel 2003 per effetto della dichiarazione di ricavi inferiori a quelli puntuali ed anche a quelli minimi". Né era peraltro condivisibile, perché priva di prova, la censura sollevata dalla parte di "scarsa aderenza dello studio di settore al caso concreto, in riferimento all'attività realmente svolta, consistente prevalentemente nella costruzione di barche da pesca piuttosto che nella riparazione delle stesse".

Nel merito poi andava osservato che "le deduzioni di parte sono state in buona misura accolte in sede di contraddittorio con consistente riduzione delle risultanze degli studi di settore", sicché, ove il contribuente avesse voluto vedere integralmente riconosciute le proprie ragioni, sarebbe stato onere del medesimo "fornire in sede contenziosa la prova contraria alla presunzione riveniente dall'applicazione degli studi di settore".

La cassazione di detta sentenza è ora reclamata dalla parte con un ricorso affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso l'erario.

 

Motivi della decisione

 

2.1. Con il primo motivo di ricorso la parte si duole per gli effetti dell'art. 360, comma primo, n. 3. c.p.c. della violazione e falsa applicazione consumate dalla sentenza impugnata in relazione all'art. 10, comma 3-bis, L. 146/98, in combinato disposto con gli artt. 42 e 39, comma primo, lett. d), D.P.R. 600/73, in quanto, posto che l'avviso avrebbe dovuto dare atto delle ragioni per le quali non si ritenesse di valorizzare il contraddittorio ai fini della determinazione dei ricavi, la CTR, ignorando altresì gli insegnamenti in materia di questa Corte, "aveva omesso di sanzionare, nonostante i motivi esposti dal ricorrente, l'impugnato avviso di accertamento con la declaratoria di nullità per essere venuto meno l'ufficio all'obbligo di esporre le ragioni della reiezione dei rilievi del contribuente", legittimando in definitiva "una presunzione di maggior ricavi priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza in quanto affrancati dall'esame delle risultanze del contraddittorio".

2.2. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento comporta l'assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso intesi a denunciare, il secondo, la contrarietà della decisione all'art. 10, comma 5, L. 146/98, in quanto "la sentenza ha ritenuto legittima la liquidazione dell'IVA con l'aliquota ordinaria del 20%, piuttosto che con l'aliquota media" imposta dalla norma; ed il terzo, l'insufficiente motivazione, non avendo i giudici di appello "esaminato né preso in considerazione" le argomentazioni spiegate dal ricorrente in propria difesa.

2.3. Circa il motivo accolto va invero osservato, come già chiarito dalle SS.UU. di questa Corte (26635/09) - e ribadito dalla giurisprudenza successiva (15633/14; 27822/13; 11633/13), sul presupposto che la gravità, precisione e concordanza dell'accertamento basato sui parametri o degli studi di settore nasce solo in esito al contraddittorio, da attivare obbligatoriamente con il contribuente, a pena di nullità dell'accertamento - che ai fini di soddisfare l'obbligo motivazionale imposto dall'art. 42, comma 2, d.P.R. 600/73 "la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente".

E' dunque affetta dal denunciato errore di diritto l'impugnata sentenza, posto che nel ritenere legittimo l'atto impositivo opposto dal contribuente sulla circostanzia, tra l'altro, che nella sua redazione l'ufficio non avesse tenuto conto delle motivazioni allegate dal contribuente all'atto del contraddittorio - che il medesimo, in ossequio all'onere di autosufficienza, riproduce, senza avversaria contestazione, in questa sede alla pag. 3 del ricorso - disattende manifestamente l'enunciato comando nomofilattico atteso che, come ancora il ricorrente puntualmente documenta senza contestazioni, l'avviso di accertamento notificatogli si limita a dare atto della mancata adesione del contribuente all'accertamento ex art. 5 D.Lg. 218/97 e della parziale riduzione della pretesa senza tuttavia prendere posizione alcuna in ordine all'inidoneità del cluster applicato nella specie, all'insussistenza delle condizioni previste dall'art. 10, comma 2. L. 146/98 e all'erroneità della aliquota, tutte circostanze che il contribuente, nulla eccependo l'ufficio, assume e deduce di aver rapportato al procedente e che in ragione ciò non potevano essere ignorate allorché si fosse inteso dar seguito, come poi avvenuto, all'intenzione di determinare il reddito di impresa presuntivo sulla base di un accertamento standardizzato.

3. Accogliendosi il ricorso la sentenza impugnata andrà conseguentemente cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa potrà essere decisa nel merito ai sensi dell'art. 384, comma secondo, c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo.

4. Le spese seguono la soccombenza in questo giudizio, mentre possono essere compensate per i gradi di merito, avuto riguardo alla stabilizzazione del quadro interpretativo avvenuta successivamente alla proposizione del ricorso.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa l'impugnata sentenza e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo; condanna parte resistente al pagamento delle spese che liquida in euro 4000,00= di cui euro 250,00= per spese borsuali oltre accessori e compensa le spese dei giudizi di merito.