Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 marzo 2016, n. 6013

Rapporto di lavoro - Autotrasportatori - Lavoro straordinario - Accertamento - Dischi cronotachigrafi - Conformità delle registrazioni - Prova

 

Svolgimento del fatto

 

1. La Corte d'Appello di Messina, con la sentenza n. 224 del 2012, depositata il 24 febbraio 2012, ha rigettato I'appello proposto dalla società (...) nei confronti di (...) avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Patti n. 336 del 2010.

Il giudice di primo grado aveva condannato la suddetta società, alle cui dipendenze il (...) aveva lavorato come autista dal 22 maggio 1996 al 31 maggio 1998, a corrispondere a quest'ultimo la somma di euro 9.288,85, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di differenze retributive per l'attività di lavoro effettivamente svolta e relativa ad ore di lavoro eccedenti, rispetto alle otto ore giornaliere, e svolte anche di sabato, non considerate in busta paga.

2. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la prospettando sette motivi di ricorso.

3. Resiste con controricorso il lavoratore.

 

Motivi della decisione

 

1. Preliminarmente, va rilevato che l'intervenuta dichiarazione di fallimento della società ricorrente, dedotta all'udienza pubblica, non determina l'interruzione del processo.

Ed infatti, nel giudizio di Cassazione, che è dominato dall'impulso d'ufficio, non sono applicabili le comuni cause di interruzione del processo previste dalla legge in generale, e il sopravvenuto fallimento della parte ricorrente non determina l'interruzione del processo (Cass., S.U., n. 17295 del 2003; Cass., n. 8685 del 2012, n. 17450 del 2013).

2. Può, quindi, passarsi ad esaminare i motivi di ricorso.

3. Con il primo motivo di ricorso è dedotta l'erroneità e la carenza di motivazione della sentenza, in relazione al mancato accoglimento dell'eccezione di prescrizione quinquennale prospettata con riguardo alla ricorrenza, nella specie, del requisito dimensionale di cui all'art. 18 della legge n. 300 del 1970. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.

Espone la ricorrente che era onere del lavoratore, vertendosi in una controversia per recupero somme per lavoro non retribuito e non in una fattispecie di licenziamento, a fronte dell'eccezione di prescrizione quinquennale sollevata da essa datrice di lavoro in ragione della tutela reale del rapporto di lavoro, fornire la prova della non ricorrenza del richiesto requisito dimensionale.

3.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato, in quanto spetta al datore di lavoro che ha eccepito la prescrizione dei crediti del lavoratore con una decorrenza correlata alla stabilità del rapporto, provare detta stabilità (Cass., n. 9662 del 2001).

Questa Corte ha ulteriormente chiarito che in tema di prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore, l'onere di provare la sussistenza del requisito occupazionale della stabilità reale, ai fini della decorrenza del termine in costanza di rapporto di lavoro grava sul datore di lavoro, che tale decorrenza eccepisca, dovendosi ritenere, alla luce della tutela ex art. 36 Cost., che la sospensione in costanza di rapporto costituisca la regola e l’immediata decorrenza l'eccezione. Né, in senso contrario, rileva il diverso principio, operante nelle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa del licenziamento, secondo il quale, a fronte della richiesta di tutela reale del lavoratore, spetta al datore di lavoro la prova dell'assenza della suddetta condizione, che rileva quale fatto impeditivo del diritto del lavoratore alla reintegrazione (Cass., n. 7640 del 2012).

4. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la erroneità e la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla inutilizzabilità dei dischi cronotachigrafici a seguito del disconoscimento da parte del datore di lavoro.

Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

Ad avviso della ricorrente, l'effettività del lavoro prestato non poteva essere dichiarata in ragione dei soli dischi cronotachigrafici, disconosciuti da essa datrice di lavoro, e in mancanza di ulteriori elementi atti a dimostrare l'esercizio dell'attività lavorativa.

La Corte d'Appello, inoltre, non aveva considerato lo stato di incertezza che vi era sulla provenienza degli stessi, in particolare confermando l'errata statuizione del giudice di primo grado, secondo il quale i dischi in questione non sarebbero stati tempestivamente contestati dalla resistente. Richiamava alcune argomentazioni della sentenza di primo grado, ricordava, quindi, la disciplina del Regolamento CE 3821 del 1985, e affermava che, in presenza della suddetta contestazione, la CTU aveva assunto la veste di una consulenza esplorativa, come tale inammissibile.

4.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

Occorre premettere che il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all'art. 360, comma primo, n. 5, cpc; in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass., n. 9233 del 2006).

Ed infatti, in tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l'interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass., n. 13054 del 2014).

Pertanto, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (Cass., sentenza n. 11511 del 2014).

Questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. 10366 del 2014, n. 9006 del 2002) che l'accertamento del lavoro straordinario prestato da un autotrasportatore, e della sua effettiva entità, non può fondarsi unicamente sui dischi cronotachigrafici, prodotti in originale od in copia fotostatica, ove da controparte ne sia disconosciuta la conformità ai fatti in essi registrati e rappresentati, in quanto da soli inidonei ad una piena prova, per la preclusione stabilita dall'art. 2712 cc, occorrendo a tal fine che la presunzione semplice, costituita dalla contestata registrazione o rappresentazione anzidetta, sia supportata da ulteriori elementi, pur se anch’essi di carattere indiziario o presuntivo.

La Corte d'Appello, con congrua e adeguata motivazione che si sottrae ai vizi denunciati, ha preso in considerazione le risultanze istruttorie, e si è attenuta al suddetto principio di diritto, in quanto ha tenuto conto della contestazione effettuata dalla società in ordine ai dischi cronotachigrafici e ha rilevato che gli stessi non erano l'unico elemento di prova, sussistendo in favore della domanda del lavoratore le risultanze della prova per testi.

Osserva il Collegio che è possibile assegnare alla consulenza tecnica d'ufficio ed alle correlate indagini peritali funzione "percipiente", quando essa verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone. Nella specie, tale funzione hanno svolto le CTU espletate nel corso del giudizio, senza esorbitare, dunque, dal proprio ambito. Ed infatti, la prima CTU in ragione di quanto registrato sul singolo dischetto ha rilevato le ore effettive di guida giornaliera, e l'altra ha quantificato, in base a quanto pagato e risultante dalle busta paga e sulla base del contratto collettivo applicabile alla fattispecie, le differenze dovute per il lavoro in più svolto e non considerato dal datore di lavoro.

5. Con il terzo motivo di ricorso la società ricorrente deduce carenza di motivazione della sentenza, in ordine alla condanna del datore di lavoro al pagamento delle somme a titolo di lavoro straordinario. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

Assume la società che chi chiede il riconoscimento della prestazione di lavoro straordinario, ha l'onere di fornire la prova delle concrete modalità di svolgimento delle proprie mansioni, senza limitarsi a prendere in considerazione un arco temporale predefinito e riferibile ad un lungo arco temporale, ma ricostruendo esattamente tutte le attività effettuate in ciascun giorno della settimana, indicandone l'orario di inizio e quello di fine dell'esecuzione di ciascuna singola unità.

5.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

Ed infatti, la Corte d'Appello ha confermato la statuizione di condanna in ragione della CTU contabile che ha quantificato sulla base di quanto pagato e risultante dalle buste paga e sulla base del contratto collettivo applicabile alla fattispecie, le differenze retributive dovute per le ore di lavoro in più svolte e non considerate da parte datoriale.

6. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza per erroneità e carenza di motivazione, in ordine alla sottoscrizione delle buste paga da parte del lavoratore. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

Il giudice di appello non aveva tenuto presente che le buste paga, che contenevano l'indicazione delle giornate lavorate complessive, erano state sottoscritte dal lavoratore, di modo che le stesse costituivano documentazione liberatoria per provare l'importo corrisposto al destinatario. Né il lavoratore aveva dimostrato la non corrispondenza dei prospetti alla reale situazione di fatto, non potendosi ciò dedurre dalla prova testimoniale e dai dischi cronotachigrafici.

6.1. Il motivo non è fondato. Come si è già affermato nell'esaminare i precedenti motivi di ricorso, la Corte d'Appello ha rigettato l'impugnazione in quanto la domanda del lavoratore risultava provata dalle risultanze della prova testimoniale in uno alla documentazione in atti, e le CTU disposte non avevano supplito all'onere della prova gravante sul lavoratore.

Deve essere inoltre considerato che (v. Cass., n. 9588 del 2001) non esiste una presunzione assoluta di corrispondenza della retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella risultante dai prospetti di paga ed è sempre possibile l’accertamento della insussistenza del carattere di quietanza anche delle sottoscrizioni eventualmente apposte dal lavoratore sulle busta paga.

7. Con il quinto motivo di ricorso si prospetta la erroneità e la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine al rigetto della domanda riconvenzionale spiegata dal datore di lavoro. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

La ricorrente censura il quantum della condanna poiché la Corte d'Appello, anche se essa società non aveva chiesto il differimento dell'udienza di comparizione, non aveva tenuto conto di quanto fatto valere in ordine a pagamenti effettuati con gli assegni allegati e non contestati, neanche come eccezione riconvenzionale.

7.1. Il motivo non è fondato.

Premesso che non è contestata la mancanza di domanda di fissazione di una nuova udienza ex art. 418 cpc, per cui la domanda riconvenzionale veniva dichiarata inammissibile, il ricorrente si duole che sarebbe mancata, benché avesse dedotto l'effettuazione di pagamenti, la valutazione delle reciproche pretese. Tale censura non coglie la ratio decidendi della sentenza sul punto.

Il giudice di secondo grado, infatti, ha preso in considerazione la fattispecie della compensazione atecnica - che sussiste allorché i crediti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l’accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un'apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione (Cass., n. 14688 del 2012) - ma ha affermato che la genericità della deduzione della società, effettuata con la memoria di costituzione, non consentiva di configurare la cosiddetta compensazione atecnica, per la quale era necessario verificare che i rispettivi crediti e debiti avessero origine dall'unico rapporto di lavoro. Tale statuizione non è contestata con specifici argomenti con l'odierno motivo di ricorso, che, dunque, a sua volta, si palesa, altresì, generico.

8. Con il sesto motivo di ricorso è dedotta erroneità e carenza di motivazione della sentenza in ordine alla conclusioni cui è pervenuto il CTU. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.

Hanno errato i giudici di merito a far proprie le conclusioni delle CTU, in quanto le stesse erano viziate da errori nelle modalità e metodologie di calcolo.

I conteggi erano frutto di errori, quanto alle modalità di calcolo delle festività infrasettimanali, alla considerazione dei giorni di assenza del lavoratore, a quanto già pagato allo stesso. Le CTU, inoltre non specificavano l’iter logico - giuridico seguito per la quantificazione del lavoro straordinario.

8.1. Il motivo è inammissibile.

Il principio secondo il quale nel giudizio di legittimità non possono essere prospettati temi nuovi di dibattito non tempestivamente affrontati nelle precedenti fasi, trova applicazione anche con riferimento alle contestazioni mosse alla consulenza tecnica e per esse alla sentenza che le abbia recepite, con la conseguenza che dette contestazioni costituiscono ammissibili motivi del ricorso per cassazione a condizione che ne risulti la tempestiva proposizione davanti al giudice di merito e che la tempestività di tale proposizione risulti a sua volta dalla sentenza Impugnata o, in mancanza, da adeguata segnalazione contenuta nel ricorso con specifica indicazione dell'atto del procedimento di merito in cui le contestazioni predette siano state formulate onde consentire al giudice di legittimità di controllare la veridicità dell'asserzione prima di esaminare nel merito la questione sottopostagli (Cass., n. 2207 del 2002, n. 12532 del 2011).

Nella specie, la ricorrente non ha a ciò ottemperato, con conseguente inammissibilità della censura.

Rileva, altresì, il Collegio che il vizio consistente in acritica adesione alla consulenza di primo grado si limita alla generica espressione della doglianza di motivazione inadeguata, senza indicare quali siano le circostanze e gli elementi rispetto ai quali si invoca il controllo di logicità sub specie dell'apprezzamento della "causalità dell'errore", ossia della decisività di tali circostanze.

9. Con il settimo motivo di ricorso la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione (360, n. 3, cpc) in relazione alla condanna dell'appellante alle spese. Vizio di motivazione sull'erroneità della condanna alle spese.

9.1. Il motivo non è fondato atteso che la condanna alle spese veniva disposta dal giudice di appello in applicazione di quanto previsto dall'art. 91 cpc, in ragione della soccombenza della società datrice di lavoro.

10. Il ricorso deve essere rigettato.

11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis, dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro cento per esborsi, euro quattromila per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15%, iva e cpa.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.