Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 febbraio 2016, n. 3746

Rapporto di lavoro - Esposizione all’amianto - Maggiorazione contributiva - Domanda - Termine di decadenza

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 16 dicembre 2015, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.: "Con sentenza del 5 giugno 2013 la Corte di appello di L'Aquila, riformando la decisione resa dal Tribunale di Teramo che l'aveva accolta, dichiarava inammissibile la domanda proposta da O.A. nei confronti dell'INPS intesa al riconoscimento del diritto di esso ricorrente al beneficio di cui alla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, della maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto dal 1974 al 1995 periodo in cui aveva lavorato presso la S., poi divenuta I. ed infine E.

Ad avviso della Corte territoriale alla fattispecie in esame andava applicata "ratione temporis" la normativa introdotta dall'art. 47, co.1° del d.Lgs. n. 269/2003 che aveva stabilito un sistema diverso da quello previgente in cui la previa domanda al detto istituto deputato al rilascio della certificazione tecnica relativa alla sussistenza della esposizione al "rischio amianto" non era in alcun modo necessaria. Nel nuovo regime, infatti, la domanda amministrativa da presentare a pena di inammissibilità del ricorso giurisdizionale era quella all'INAIL e, rispetto a quest'ultima, doveva essere calcolato il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella L. n. 438 del 1992 (tre anni e trecento giorni) e non con riferimento a quella all'INPS. Ciò detto, rilevato che la domanda all'INAIL era stata inoltrata il 15.6.2005 mentre il ricorso era stato depositato il 10.11.2009, la Corte riteneva intervenuta la decadenza.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l'O. affidato ad un unico articolato motivo.

L'INPS ha depositato procura.

Con l'unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 come modificato dall'art. 4 della legge n. 438 del 1992, 13, co. 8, della legge n. 257/1992, 47 del D.L. n. 269/2003 conv. in L. n. 326/2003 e 3, comma 132 della legge n. 350/2003 (ex art. 360, n. 3 c.p.c.) in quanto la Corte di Appello erroneamente aveva fatto decorrere il termine di decadenza previsto dal citato art. 47 dalla domanda all'INAIL e non da quella all'INPS rispetto alla quale il ricorso era stato tempestivamente proposto.

Ed infatti, l'istanza di certificazione rivolta all'INAIL non poteva essere considerata domanda amministrativa dovendo quest'ultima essere indirizzata all'istituto obbligato ad erogare il beneficio richiesto.

Il motivo è fondato.

L'assunto del giudice di appello muove dall'implicito presupposto della non necessità della presentazione all'INPS della istanza amministrativa (nel caso in esame inoltrata in data 25.2.2009), adempimento che ritiene fungibile, sotto il profilo della proponibilità della domanda giudiziale, con la presentazione dell'istanza all'INAIL.

Tale assunto è frutto di errore.

La domanda all'INAIL, sia perché rivolta ad un soggetto diverso da quello tenuto all'erogazione della prestazione, sia perché intesa unicamente a fornire al lavoratore la prova dell'esposizione ad amianto, non rileva al fine della proponibilità della domanda giudiziale di rivalutazione contributiva nei confronti dell'INPS.

Questa Corte ha affermato il principio che la decadenza dall'azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l'accertamento relativo alla consistenza dell'anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all'evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, poiché ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell'ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge "ai fini pensionistici" e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) - in base ai criteri ordinari - il diritto al trattamento pensionistico. È stato, al riguardo, così precisato:

"È opportuno anche rilevare che dal sistema è ricavabile l'onere degli interessati di proporre all'istituto gestore dell'assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all'amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)" ed anche chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto "tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relativa alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell'azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all'amianto sembra non potersi dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia".

A tale orientamento non può validamente opporsi che la legge n. 257/92 non prevede espressamente la necessità di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con riferimento all'I.N.A.I.L., il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.

Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7, (cui è sotteso l'interesse pubblico "ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie" - Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 - che impone alla parte privata di compulsare ante causam l'ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all'amministrazione uno ipatium deliberandi di 120 giorni.

La tesi della generale indispensabilità dell'istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all'art. 442 c.p.c., (nella materia previdenziale e nell'assistenza sociale; nei confronti sia dell'I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex multis: Cass. 28 novembre 2003, n. 18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; si veda, per l'improponibilità della domanda proposta dal datore di lavoro nei confronti dell'ente previdenziale, avente ad oggetto il rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153).

In conformità del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all'ente competente a erogare la prestazione. Presupposto logico e fattuale di tale ragionamento è la necessità che l'assicurato porti a conoscenza dell'Istituto "fatti" la cui esistenza è nota solo all'interessato (si consideri, del resto, che la necessità della domanda è stata ritenuta anche in materia di ripetizione di contributi indebitamente versati - così Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153 - ed in ogni caso in cui occorra fare conoscere all'ente i presupposti del diritto alla prestazione - così Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892 -).

La domanda giudiziale deve, quindi, essere presentata all'I.N.P.S., unico ente legittimato a concedere il beneficio previdenziale in parola; né può fondatamente sostenersi una sostanziale fungibilità rispetto a tale domanda di quella inoltrata all'I.N.A.I.L. attesa al diversità funzionale dell'una rispetta all'altra. Mentre la domanda all'I.N.P.S. è, infatti, necessaria per l'erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all'I.N.A.I.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell'esposizione all'amianto. Si richiama, a conforto, la costante giurisprudenza della Suprema Corte con la quale, a partire dalla sentenza 28 giugno 2001 n. 8859 (e, successivamente, 25 febbraio 2002 n. 2677, 19 giugno 2002 n. 8937, 29 novembre 2002 n. 17000), si è costantemente affermato che nella causa introdotta dal lavoratore per ottenere accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto all'amianto, avvalendosi della disposizione di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, nel testo modificato dal D.L. 5 giugno 1993, n. 169, art. 1, comma 1, e dalla relativa legge di conversione 4 agosto 1993 n. 271, l'I.N.A.I.L. difetta di legittimazione passiva (ad causam), in quanto soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale, che dà titolo a una siffatta domanda, posto che la norma da cui trae fondamento il diritto azionato finalizza il beneficio da essa previsto - consistente nell'incremento dell'anzianità contributiva, attraverso il meccanismo della ipervalutazione di periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dalla esposizione all'amianto - ad agevolare il perfezionamento dei requisiti per le prestazioni pensionistiche (l'ammontare delle quali dovrà essere determinato computando, se spettante, la maggiorazione di legge) e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo diritto, non già a facilitare l'accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all'I.N.A.I.L.

Pertanto è da escludere che possa farsi a tale fine utile riferimento alla domanda amministrativa presentata all'INAIL con l'ulteriore conseguenza che per verificare l'osservanza del termine decadenziale deve aversi riguardo alla data di proposizione del ricorso di primo grado correlata alla domanda amministrativa presentata all'INPS. Orbene, l'impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione del riportati principi nel far decorrere il termine di decadenza della domanda all'INAIL e non dalla domanda all'INPS - pacificamente inoltrata il 25.2.2009 - rispetto alla quale il ricorso proposto dall'O. innanzi all'autorità giudiziaria in data 10.11.2009 era tempestivo.

Alla luce di quanto esposto si propone l'accoglimento del ricorso e la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio ad altro giudice con ordinanza, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ., n. 5". Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della riportata relazione e, quindi, accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di L'Aquila in diversa composizione che anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di L'Aquila in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.