Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 febbraio 2016, n. 3677

Previdenza - Indennità di accompagnamento - Requisito sanitario - Sussistenza - Onere probatorio

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 16 dicembre 2015, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis cod. proc. civ.

La Corte d'appello di Messina, in parziale accoglimento dell'appello dell'INPS e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha condannato l'Istituto di previdenza nazionale a corrispondere a P.A. l'indennità di accompagnamento con decorrenza dal 13 novembre 2010, oltre interessi come per legge. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P.A. sulla base di due motivi. L'INPS ha resistito con tempestivo controricorso.

Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 325 e 326 cod. proc. civ. nonché degli artt. 285 e 170 cod. proc. civ., parte ricorrente ha censurato la decisione per avere respinto la eccezione di tardività dell'appello dell'INPS; ha sostenuto che la notifica della sentenza di primo grado, effettuata alla parte personalmente presso il domicilio eletto dal Presidente, legale rappresentante dell'Ente, era idonea a determinare il decorso del termine breve di impugnazione in conseguenza, l'appello dell'INPS, proposto decorsi trenta giorni dalla effettuazione della richiamata notifica, doveva considerarsi tardivo.

Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 e 112 cod. proc. civ., ha censurato la decisione per avere omesso di motivare sulla eccezione di difetto di specificità del motivo di gravame attinente al requisito sanitario, eccezione formulata da essa appellata nella memoria di secondo grado; in tale sede era stato, tra l'altro, osservato che l'INPS, "aveva irritualmente inserito spillandola all'atto di appello, una consulenza medico legale del proprio sanitario INPS dott. A.M., per altro formata in data successiva alla pronuncia del G.L. del Tribunale" e che i rilievi del consulente non costituivano motivazioni contrapposte a quelle della sentenza di primo grado né incrinavano il fondamento logico giuridico di quest'ultima decisione.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Dall'esame degli atti di causa, richiamati in termini complessivamente autosufficienti nel ricorso per cassazione, si evince che la sentenza di primo grado, corredata di formula esecutiva, è stata notificata, ad istanza della sig. ra A.P. e del suo difensore, Avv. A.D.L., "all'I.N.P.S. in persona del suo legale rappresentante - protempore sede di Roma - elettivamente domiciliato c/o la sede di Messina - via V.E. n. (..) " mediante consegna a persona addetta alla ricezione atti, in data 27 ottobre 2011. La notificazione della sentenza di primo grado è quindi avvenuta senza l'indicazione nominativa dei funzionari dai quali in prime cure l'istituto di previdenza nazionale era rappresentato e difeso. Essa è inidonea a determinare il decorso del termine breve di impugnazione.

Il D.L. n. 203 del 2005, art. 10, comma 6, coordinato con la legge di conversione n. 248 del 2005, così recita: "A decorrere dalla data di effettivo esercizio da parte dell'I.N.P.S. delle funzioni trasferite gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, nonché le sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi devono essere notificati anche all’I.N.P.S. La notifica va effettuata sia presso gli Uffici dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 sia presso le sedi provinciali dell' I.N.P.S. Nei procedimenti giurisdizionali di cui al presente comma l'I.N.P.S. è litisconsorte necessario ai sensi dell'art. 102 cod. proc. civ. e, limitatamente al giudizio di primo grado, è rappresentato e difeso direttamente da propri dipendenti". Alla suddetta norma il D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 5, convertito nella L. n. 102 del 2009, ha apportato le seguenti modificazioni: a) nel primo periodo è soppressa la parola "anche";b) nel secondo periodo sono soppresse le parole "sia presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, sia"; c) nel terzo periodo sono soppresse le parole "è litisconsorte necessario ai sensi dell'art. 102 c.p.c.". Con il successivo D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, nel testo coordinato con la legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35, all'art. 16, comma 9, è stato previsto che al D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 10, comma 6, terzo periodo, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, le parole: "limitatamente al giudizio di primo grado" sono sostituite dalle seguenti: "con esclusione del giudizio di cassazione".

Con riguardo all'assistenza delle Amministrazioni dello Stato da parte di propri funzionari, questa Corte ha già da tempo affermato il principio secondo cui la notifica della sentenza, come quella della successiva impugnazione (quest'ultima con esclusione del caso in cui la difesa personale o con propri dipendenti sia limitata al giudizio di primo grado) vanno effettuate nei confronti del funzionario incaricato della difesa, a norma dell'art. 330 cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 12730 del 2013, id. Cass. n. 2528 del 2009, n. 4690 del 2008). È stato quindi ritenuto che il principio espresso da tali decisioni è analogamente applicabile all'ipotesi in cui l'INPS sia costituito in prime cure a mezzo di propri funzionari, atteso che la previsione in esame, nell'attribuire all' INPS la facoltà di avvalersi dei propri dipendenti nel giudizio di primo grado, non può che essere interpretata, al pari delle disposizioni di analogo contenuto concernenti le Amministrazioni dello Stato (così la L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 4, in materia di opposizioni a sanzioni amministrative, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11 in materia di contenzioso tributario in primo e secondo grado, la L. 14 gennaio 1994, n. 19, art. 6, comma 4, in materia di controversie pensionistiche dinanzi alla Corte dei Conti, la L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 4, comma 3, in materia di contenzioso sul diritto di accesso agli atti amministrativi, il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42 convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, sempre in materia di procedimenti giurisdizionali concernenti l'invalidità civile, la cecità civile, il sordomutismo, l'handicap e la disabilità ai fini del collocamento al lavoro nonché la generale previsione di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 3 che consentiva alle amministrazioni statali, previa intesa con l'Avvocatura dello Stato, di farsi rappresentare da propri funzionali nei giudizi pretorili ed innanzi al conciliatore) nel senso che essa attribuisce in tal modo tutte le capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio, ivi compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione, ancorché tale notificazione si collochi necessariamente in un momento successivo alla conclusione del giudizio stesso (si veda, con riguardo al D.L. n. 269 del 2003, art. 42 convertito nella L. n. 326 del 2003, la già citata Cass. n. 12730 del 2013 e, con riguardo al R.D. 1611 del 1933, art. 3, Cass. 10 agosto 2000, n. 10571 secondo cui la notifica non può essere effettuata a soggetto diverso da quello stabilito dalla legge) (così Cass. ord. n. 21698 del 2014). Né all'applicabilità dell'indicato principio è di ostacolo l'indicazione di una notifica da effettuarsi presso la sede provinciale dell'INPS (così il D.L. n. 203 del 2005, art. 10, comma 6) atteso che nulla è specificato in ordine alle ulteriori modalità di tale notifica, per le quali soccorrono i principi generali sopra richiamati. Del resto, se la ratio della disposizione è quella "semplificatoria" di consentire all'Istituto di costituirsi "personalmente" a mezzo di propri dipendenti, sono proprio tali dipendenti cui va notificata la sentenza ai sensi di quanto previsto dall'art. 170 c.p.c., comma 3.

Premessa quindi la necessità, al fine del decorso del termine breve di impugnazione, che la notifica della sentenza di primo grado sia effettuata al funzionario INPS costituito in quel giudizio, consegue che nel caso di specie il termine di cui all'art. 326 cod. proc. civ. non poteva decorrere, attesa la inidoneità della notificazione della sentenza di primo grado, effettuata alla parte personalmente, senza l'indicazione nominativa del funzionario costituito, restando irrilevante la circostanza che tale notifica fosse stata effettuata nel domicilio eletto (per una ricognizione della giurisprudenza sul tema v. Cass. n. 9431 del 2012). In questa prospettiva è stato osservato che non è sufficiente che il riferimento al procuratore risulti dall'atto notificando, poiché in tal modo non viene in rilievo la volontà acceleratoria connessa alla notificazione della sentenza e, quindi, la distinzione con la notifica a fini esecutivi (distinzione alla quale le Sezioni Unite n. 12898 del 2011 hanno dato rilievo, anche in riferimento all'art. 479 cod. proc. civ., nella formulazione originaria); profilo che può ingenerare incertezze quando la sentenza notificanda è in forma esecutiva in una materia nella quale c'è l'opposta esigenza di assoluta certezza, vertendosi in tema di passaggio in giudicato della decisione (Cas s. n. 9431 cit.).

In base alle considerazioni che precedono il primo motivo deve essere respinto.

Manifestamente infondato è altresì il secondo motivo di ricorso. Secondo i più recenti arresti di questa Corte, quando col ricorso per cassazione venga denunciata la violazione dell'art. 342 cod. proc. civ. (nel testo vigente "ratione temporis", anteriore alle modifiche apportate dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella legge 7 agosto 2012, n. 134) in ordine alla specificità dei motivi di appello, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass. ord. n. 25308 del 2014, Cass. ss.uu. n. 8077 del 2012).

Nel caso di specie l'esame diretto del ricorso di appello non evidenzia le carenze denunziate dall'odierna parte ricorrente posto che le censure attinenti alla sussistenza del requisito sanitario risultano adeguatamente esplicitate mediante richiamo ai rilievi formulati nella richiamata relazione medico legale che, in quanto inserita nel corpo dell'atto di appello, costituisce parte integrante del medesimo. Tali rilievi, corredati da specifici richiami alla documentazione sanitaria in atti ed all'evoluzione del quadro clinico della periziata, sono obiettivamente sufficienti a dare contezza delle critiche mosse alla decisione di primo grado ed alla consulenza di ufficio sulla quale tale questa è stata fondata.

In conclusione, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere integralmente respinto in quanto manifestamente infondato.

Si chiede che il presidente voglia fissare la data per l'Adunanza camerale."

Parte ricorrente ha depositato memoria con la quale ha dichiarato di rinunziare al primo motivo di ricorso. Ha invece insistito per raccoglimento del secondo motivo ribadendo che la consulenza tecnica di parte richiamata nell'atto di appello rendeva inammissibile il motivo di gravame dell'INPS sulla stessa fondato, trattandosi di atto surrettiziamente inserito nel motivo di gravame e formato in data successiva alla pronunzia di primo grado. Ritiene questo Collegio, che la memoria depositata non inficia le conclusioni del Consigliere Relatore. In particolare evidenzia la irrilevanza della formazione successiva al giudizio di primo grado della consulenza di parte, atteso che con l'inserimento di tale consulenza nel ricorso in appello, l'istituto previdenziale ha dimostrato di voler fare propri i rilievi medico legali in essa contenuti sì da conferire specificità alla deduzione in ordine alla insussistenza del requisito sanitario, accertato invece dal primo giudice.

In conclusione, le considerazioni del Consigliere relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell'art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. civ. , per la definizione camerale.

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, come in dispositivo quantificate.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali, € 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.