Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 marzo 2016, n. 5818

Rapporto di lavoro - Somministrazione - Motivi - Omessa specificazione - Onere probatorio - Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 24 febbraio 2016 - cui è stata differita d'ufficio dal 28.1.2016 -, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:

"Con sentenza del 18.3.2014, la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di primo grado impugnata, condannava la società appellante a risarcire il danno, in favore di M.L., nella misura limitata all’indennità ex art. 32, co. 5, L. 183/2010, pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto e condannava l’appellata alla restituzione della maggiore somma ricevuta in esecuzione della sentenza impugnata; per il resto, confermava la decisione di primo grado, che aveva rilevato un difetto di specificazione delle ragioni di ricorso alla somministrazione relativamente ai contratti intercorsi tra le parti nel periodo dal 10.1.2005 al 25.2.2006, dei quali l’ultimo con proroga fino al 29.7.2006, dichiarato la nullità degli stessi ed accertato che il rapporto di lavoro doveva intendersi costituito sin dall’inizio con l’utilizzatore, condannato dal Tribunale al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data di notifica del ricorso introduttivo.

La Corte di Venezia riteneva l’infondatezza dei motivi gravame riferiti alla contestazione della ritenuta mancanza di specificità dei motivi e della mancanza di motivazione in ordine alla negata ammissione della prova richiesta, rilevando che la tesi dell’appellante sull’inesistenza dell’obbligo di specificazione delle ragioni del ricorso alla somministrazione non era fondata, in quanto le ragioni di ricorso alla stessa, per consolidata giurisprudenza di legittimità, dovevano esse indicate per iscritto nel contratto, con un grado di specificità tale da consentirne la verifica. Osservava che era corretto il rilievo dell’appellante secondo il quale nella specie le causali erano state specificate, in quanto i contratti indicavano le ragioni consistenti in "punte di più intensa attività connesse al ciclo produttivi e a richieste indifferibili del mercato", ragioni ritenute sufficientemente specifiche, in quanto idonee ad essere accertate in sede di verifica di effettività della causale, ma che la concreta utilizzazione della lavoratrice non aveva avuto alcun collegamento con le ragioni indicate nel contratto di somministrazione, in quanto la stessa non era stata impiegata nelle linee produttive per le quali vi era stato un aumento degli ordinativi, ma indifferentemente adibita alle diverse linee, sicché doveva essere esclusa l’effettività di quanto previsto in sede contrattuale e per questo motivo doveva ritenersi costituito il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la lavoratrice e la società utilizzatrice.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la società, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la lavoratrice, che propone ricorso incidentale fondato su due motivi.

Al ricorso incidentale della lavoratrice resiste la società con proprio controricorso.

Con il primo motivo del ricorso principale, viene dedotta la violazione o falsa applicazione degli art. 115, 116, 244 e 420 c.p.c., in relazione all'art. 27, comma 3, del d. Igs. 276/2003, rilevandosi che era stata richiesta la prova testimoniale sulle circostanze dedotte ed allegate anche tramite documentazione prodotta in giudizio e che erroneamente il giudice del merito aveva ritenuto irrilevanti i capitoli di prova, laddove gli stessi erano stati articolati in modo sufficientemente preciso per potere verificare in giudizio sia che le esigenze aziendali, che avevano indotto alla stipulazione dei contratti di somministrazione di manodopera intercorsi, erano effettivamente esistite durante il periodo in cui la lavoratrice aveva prestato la propria attività, sia che la stessa era stata effettivamente impiegata per le ragioni per le quali era stata assunta. Inoltre, rileva che le percentuali di incremento dell’attività produttiva trovavano pieno riscontro nelle tabelle allegate alla memoria difensiva di primo grado, sicché sarebbe bastato raccogliere le testimonianze sui capitoli di prova richiesti per accertare che la lavoratrice era stata adibita a reparto interessato dalle ragioni di ricorso alla somministrazione.

Con il secondo motivo, la società censura la decisione per violazione e falsa applicazione dell’art. 421 c.p.c. e l’omessa insufficiente motivazione circa i motivi del mancato espletamento dell’istruttoria, osservando che in ogni caso, traendo spunto da altri dati non contestati dal ricorrente, il giudice avrebbe dovuto accertare, con i suoi poteri istruttori d’ufficio, le circostanze di fatto oggetto di approfondimento in sede istruttoria.

Con il terzo motivo, viene denunziato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla mancata valutazione di plurimi riscontri probatori rivenienti dalle tabelle sulla produzione allegate, sulle quali non vi era stata alcun commento da parte del giudice del gravame.

Con il ricorso incidentale, viene dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 20 e 21 d.Igs. 276/2003, osservandosi, con articolate motivazioni, che il riferimento a "punte di più intensa attività produttiva connesse a richieste indifferibili del mercato" ovvero per altri contratti intercorsi tra le parti "al ciclo produttivo" doveva ritenersi affatto generico, non essendo dato comprendere a quale vicenda produttiva si facesse riferimento, con impossibilità di verifica in concreto per impossibilità di individuare l’oggetto dell’accertamento giudiziale. Peraltro, la contrattazione di settore, con riguardo alla causale "Punte di più intensa attività" specifica che le stesse possono derivare dall’acquisizione di commesse, dal lancio di nuovi prodotti o essere indotte dall’attività di altri settori, sicché occorreva per ciascun contratto individuare la ragione, ovvero l’ipotesi concreta che legittimava l’assunzione reiterata a termine.

Con il secondo motivo, viene denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 32 I. 183/2010, sostenendosi il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo di liquidazione del danno e quindi l'impossibilità per l'appellante di ripetere le somme pagate in esecuzione del medesimo, sul rilievo che in relazione al decreto monitorio opposto vi era stata successiva rinuncia all'impugnazione, onde il provvedimento era divenuto definitivo ed, acquisendo autorità di giudicato, doveva essere ostativo alla ripetizione delle somme delle quali era ingiunto il pagamento, non essendo stata l’erogazione delle stesse disposta in ottemperanza alla sentenza di primo grado o in assenza di un autonomo titolo giudiziale.

Per motivi di priorità logico giuridica, deve esaminarsi preliminarmente il primo motivo del ricorso incidentale.

Con riguardo ad un concetto di causalità del contatto di somministrazione meno accentuato di quello posto in relazione al contratto a termine è stato ritenuto sufficiente che l'indicazione contrattuale dia conto della ragione in concreto da fronteggiare in modo sufficientemente intellegibile, ferma comunque la possibilità per l'utilizzatore di fornire la prova dell'effettiva esistenza delle ragioni giustificative indicate anche a posteriori in caso di contestazione (vedi Cass. 15 luglio 2011 n. 15610; Cass. 21 febbraio 2012 n. 2521).

Nel pervenire a tali conclusioni, questa Corte ha infatti elaborato una interpretazione sistematica del combinato disposto di cui all’art. 20 comma 4, alla cui stregua "la somministrazione a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività dell'utilizzatore"; di cui all'art. 21, in base al quale il contratto di somministrazione di manodopera deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere, fra gli elementi necessari, "i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui all'art. 20, commi 3 e 4; di cui all'art. 27, che al comma 3, pur precisando che il giudice non può sindacare nel merito le scelte tecniche, organizzative o produttive in ragioni delle quali l'impresa ricorre al contratto di somministrazione, sancisce che il controllo giudiziale è limitato "all'accertamento della esistenza delle ragioni che(la)giustificano". L'opzione ermeneutica del compendio normativo descritto, adottata in conformità ai dettami ed ai criteri sanciti dall'art. 12 preleggi, è quindi volta a valorizzare una indicazione delle ragioni sottese al ricorso alla somministrazione che sia assistita da un grado di specificazione tale da consentire di verificare se esse rientrino nella tipologia cui è legata la legittimità del contratto e da rendere pertanto possibile il riscontro della loro effettività. In tal senso è stato precisato che l'indicazione non può essere tautologica, né può essere generica, dovendo esplicitare, onde consentirne lo scrutinio in sede giudiziaria, il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta (vedi, in tali sensi, Cass. 3 aprile 2013 n. 8021, Cass.15 luglio 2011 n. 15610). Su tali premesse sono state, quindi, considerate ascrivibili alle ragioni di cui all'art. 20, comma 4, le "punte di intensa attività" non fronteggiabili con il ricorso al normale organico ed anche il semplice riferimento alle stesse è stato considerato "valido requisito formale del relativo contratto, ai sensi dell'art. 21, comma 1, lett. c" (così Cass. 3 aprile 2013 n.8120, Cass.21 febbraio 2012, n. 2521).

Con riferimento alla fattispecie considerata, può ritenersi che le ragioni del ricorso al lavoro in somministrazione, indicate in "punte di intensa attività connesse al ciclo produttivo e a richieste indifferibili di mercato", siano state ritenute correttamente assistite da un grado di specificità sufficiente a soddisfare il requisito di forma del contratto di somministrazione sancito dall'art. 21, comma 1, in relazione alla esigenza di dare conto delle ragioni giustificative del ricorso a tale tipologia contrattuale, non essendo all'uopo necessario scendere in ulteriore dettaglio.

Deve essere, pertanto, disatteso il primo motivo del ricorso incidentale. Quanto al primo motivo del ricorso principale, sulla scorta della enunciata premessa, ove l'indicazione contrattuale dia conto della ragione in concreto da fronteggiare in modo sufficientemente intellegibile, va ribadito come l'utilizzatore sia comunque da ritenersi onerato dal fornire la prova dell’effettiva esistenza delle ragioni giustificative, in caso di contestazione,così come avvenuto nella specie. In tal senso appare corretto l'approccio della Corte territoriale la quale, nel sottolineare la necessità che l'utilizzatore dia la dimostrazione della effettività dell'esigenza sottesa alla singola assunzione del lavoratore, l'abbia ritenuta, in concreto, non soddisfatta. Con argomentazione congrua ed immune da vizi di carattere logico-giuridico, il giudice del gravame ha, infatti, evidenziato che "la concreta utilizzazione della lavoratrice non aveva avuto alcun collegamento con le ragioni indicate nel contratto di somministrazione, in quanto la lavoratrice non era stata impiegata nelle linee produttive delle pompe per l’acqua calda e per l'acqua fredda per le quali vi era stato un aumento degli ordinativi, ma era stata adibita indifferentemente alle diverse linee".

Al riguardo deve osservarsi che il giudice del gravame ha evidenziato che, pure ove dimostrato che sussistessero le condizioni legittimanti in astratto il ricorso alla somministrazione, l’onere probatorio non poteva ritenersi assolto in quanto, se pur specificato che per ciascuno dei contratti sottoscritti vi era stato un incremento degli ordinativi di pompe per acqua calda ( per i primi tre contratti) e di pompe per acqua fredda (per il quarto ed il quinto), non era stato allegato che la ricorrente in ciascuno dei rapporti fosse stata impiegata esclusivamente in tali linee produttive ed anzi non era contestato che la stessa fosse stata utilizzata indifferentemente su tutte le linee. Correttamente è stato pertanto evidenziata la mancanza di collegamento rispetto alla causale dedotta della specifica utilizzazione della lavoratrice ed analoga carenza era stata evidenziata allo stesso modo anche in relazione alla documentazione prodotta.

Deve essere disattesa anche la censura di cui al secondo motivo del ricorso principale relativa all'uso dei poteri istruttori d'ufficio.

Se è da ritenere ormai principio acquisito che nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 421 e 437 cod. proc. civ., essi non hanno più carattere discrezionale, ma si presentano come un potere - dovere, del cui esercizio o mancato esercizio il giudice deve dar conto (Cass. S.U. 17 giugno 2004, n. 11353), è però anche vero che al fine dì poter censurare con il ricorso per Cassazione l'inesistenza di alcuna motivazione circa la mancata attivazione di tali poteri occorre dimostrare di averne sollecitato l'esercizio, poiché diversamente si introdurrebbe per la prima volta in sede di legittimità un tema totalmente nuovo rispetto a quelli dibattuti nelle fasi di merito. Del resto, proprio la menzionata sentenza della Sezioni Unite ha avuto cura di precisare, fra l'altro, che "il giudice - in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c. ed al disposto di cui all'art. 111 Cost., comma 1, sul "giusto processo regolato dalla legge" - deve esplicitare le ragioni per le quali reputa di far ricorso all'uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una della parti, ritiene, invece, di non farvi ricorso" e che "Il relativo provvedimento può così, essere sottoposto al sindacato di legittimità per vizio di motivazione al sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 qualora non sia sorretto da una congrua e logica spiegazione nel disattendere la richiesta di mezzi istruttori relativi ad un punto della controversia che, se esaurientemente istruito, avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione della controversia". (Cass. Sez. L, Sentenza n. 14731 del 26/06/2006, Sez. L, Sentenza n. 29006 del 10/12/2008; Sez. L, Sentenza n. 6023 del 12/03/2009).

Non è censurabile quindi con ricorso per cassazione l'omesso esercizio dei poteri Istruttori ufficiosi da parte del giudice di merito ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori. Il che non risulta essere stato effettuato nel caso che ci occupa, laddove la ricorrente si limita solo in questo grado a prospettare la necessità dell'integrazione istruttoria ad opera del giudice.

Quanto al terzo motivo del ricorso principale, è sufficiente rilevare che l’apprezzamento elaborato dalla Corte territoriale sul negativo riscontro in ordine alla effettiva esistenza delle ragioni giustificative del ricorso alla somministrazione si sottrae ad ogni sindacato di legittimità, anche all’esito della rinnovata formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis. Nella interpretazione resa dalle sezioni unite di questa Corte alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi (vedi Cass. S.U. 7 aprile 2014 n.8053), la disposizione va infatti letta in un'ottica di riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, così che in tal modo è stato ritenuto denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza della motivazione in sé, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, esaurendosi nelle ipotesi di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel contrasto irriducibile fra motivazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione. Nello specifico la motivazione, congrua e completa per quanto innanzi detto, appare coerente altresì con i precetti normativi che disciplinano la materia come delineati dalla esegesi elaborata da questa Corte, e si sottrae, pertanto, alle censure formulate sul punto, dalla società ricorrente.

Infine, e con riguardo alle conseguenze restitutorie prese in esame nel secondo motivo del ricorso incidentale, a prescindere dalla censura come formalmente articolata, che non è conferente rispetto alla dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 32 I. 183/2010, è sufficiente rilevare che, in forza del disposto dell’art. 336, 2° comma, c.p.c., la riforma della sentenza concernente l’accertamento del diritto pone nel nulla la sentenza che abbia deciso sul quantum, ancorché su quest’ultima si sia formato il giudicato formale, e la disposizione si applica anche all’ipotesi in cui il provvedimento dipendente sia stato emesso in un diverso processo (cfr. Cass. 12364/2003, Cass. 18698/2007). Tale principio è stato ribadito da recente decisione di questa Corte, nella quale è stato affermato che "L'effetto espansivo esterno del giudicato previsto dall'art. 336, secondo comma, cod. proc. civ., opera anche nel caso in cui il diritto posto alla base di un decreto ingiuntivo - ottenuto in base ad una sentenza immediatamente esecutiva sull’"an debeatur" - sia stato negato a seguito della riforma o cassazione della sentenza che l'aveva accertato e travolge gli effetti anche esecutivi del decreto stesso. L'effetto espansivo esterno del giudicato previsto dall'art. 336, secondo comma, cod. proc. civ., opera anche nel caso in cui il diritto posto alla base di un decreto ingiuntivo - ottenuto in base ad una sentenza immediatamente esecutiva sull’"an debeatur" - sia stato negato a seguito della riforma o cassazione della sentenza che l'aveva accertato e travolge gli effetti anche esecutivi del decreto stesso" (cfr. Cass. 13.6.2014 n. 13492).

Alla luce delle esposte argomentazioni si propone, previa riunione dei ricorsi, il rigetto degli stessi".

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto di entrambi i ricorsi, previa riunione degli stessi ai sensi dell’art. 335 c.p.c.

Al rigetto dei ricorsi consegue, per il principio della reciproca soccombenza, la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

La circostanza che i ricorsi siano stati proposti in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione sia principale che incidentale, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi e li rigetta.

Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.