Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 marzo 2016, n. 5361

Tributi - Accertamento - Violazione del contraddittorio endoprocedimentale - Avviso di accertamento emesso prima di 60 giorni dal rilascio del Pvc - Notifica successiva - Irrilevante - Atto nullo

 

In fatto e in diritto

 

L’Agenzia delle entrate, dopo avere emesso, in data 26.10.2011 un pvc concernente talune violazioni fiscali a carico di (...), provvedeva all’emissione, in data 21.12.2011, dell’avviso di accertamento a carico dello stesso contribuente per la ripresa a tassazione di vari tributi per l’anno d’imposta 2006, notificando il relativo atto in data 28.12.2011.

Il contribuente impugnava l’atto di accertamento sostenendone l’illegittimità per il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dall’emissione del pvc. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso con sentenza confermata in appello dalla CTR della Liguria n. 339, depositata il 19.3.2014. Secondo la CTR l’Ufficio non aveva rispettato il termine dilatorio previsto dall’art. 12 c.7 l. n. 212/2000 previsto a pena di nullità, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 18184/2013.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

L’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 c.7 l. n. 212/2000. Deduce che ai fini del rispetto del termine dilatorio indicato dalla disposizione anzidetta occorre fare riferimento alla data in cui l’atto di accertamento viene portato a conoscenza del contribuente, a nulla rilevando l’epoca di emissione dello stesso, peraltro non risultando che il contribuente avesse fatto pervenire all’ufficio alcuna memoria difensiva tra la data di emissione e quella di notifica dell’avviso.

La parte intimata, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto del ricorso evocando la violazione dell’art. 380 bis c.p.c. e comunque l’infondatezza della censura.

La censura è manifestamente infondata.

Ed invero, questa sottosezione, con sentenza n. 11088/2015 ha di recente chiarito che la violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dall’art. 12 c.7 I. n. 212/2000 sussiste quando l’avviso di accertamento risulta emesso prima della scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del processo verbale di constatazione indipendentemente dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente.

In questa direzione milita la disposizione di cui all’art. 12, comma 7 della L. 212/2000 che "non può essere intesa come equivalente a "non può essere notificato o, comunque, altrimenti portato a conoscenza legale del contribuente". A tali conclusioni si giunge per due ordini di considerazioni. In primo luogo perché la notificazione è una mera condizione di efficacia, e non un elemento costitutivo, dell’atto amministrativo di imposizione tributaria cosicché, quando l’atto impositivo viene notificato, o comunque portato a conoscenza del destinatario, esso è già esistente e perfetto, il che significa che è già stato "emanato"... In secondo luogo, perché ...la norma in esame tende a garantire il contraddittorio procedimentale, ossia a consentire al contribuente di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà impositiva si forma quando l’atto impositivo è ancora infierì". Ne consegue che l’Ufficio deve attendere il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell’atto, ossia prima che lo stesso venga redatto in forma definitiva e, quindi, datato e sottoscritto dal funzionario che ha il potere di adottarlo; vale a dire, come appunto la legge recita, venga "emanato ",

Sulla base di tali considerazioni, pienamente condivisibili, deve escludersi che la CTR abbia fatto mal governo della disposizione di cui al comma 7 dell’art. 12 l.n. 212/2000, non risultando rispettato il termine dilatorio ivi previsto in ragione dell’emissione dell’avviso di accertamento in epoca anteriore alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica del p.v.c.

Il ricorso va quindi rigettato.

Ricorrono giusti motivi in relazione all’esistenza di precedenti non uniformi per compensare le spese del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.