Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 marzo 2016, n. 5191

Tributi - Accertamento - Regolarità formale delle scritture contabili - Irrilevanza - Pagamento documentato di fatture registrate che non trova giustificazione negli atti contrattuali - Noleggio di mezzi di trasporto senza successivo utilizzo

 

Svolgimento del processo

 

Nei confronti di M.S. società cooperativa a r.l. venne emesso avviso di accertamento in rettifica del reddito per l'anno d'imposta 2003, a seguito di p.v.c. nel quale erano stati elevati sette rilievi per indebita detrazione IVA, recupero costi indeducibili, recupero ricavi e recupero costi non spettanti. La CTP rigettò l'impugnazione proposta dalla contribuente. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettò l'appello proposto dalla contribuente sulla base della seguente motivazione.

"E' da tenere presente che il p.v.c. è documento che garantisce la veridicità dei fatti in esso registrati, i quali possono essere smentiti soltanto con la presentazione di idonee prove documentali contrarie; che le valutazioni dei fatti in esso descritti devono invece essere motivate con argomentazioni di carattere logico-giuridico; che la regolarità formale delle scritture contabili non è sufficiente a smontare motivate valutazioni dei fatti riscontrati e descritti nel p.v.c.

Nel caso di specie il collegio, con riferimento ai rilievi di cui ai numeri 3 e 4, osserva che sono stati riscontrati fatti in contrasto con le vigenti disposizioni di legge e che nulla di pertinente ha argomentato in proposito l'appellante; con riferimento al rilievo n. 1 osserva che il pagamento documentato delle fatture registrate non trova giustificazione negli atti contrattuali rinvenuti durante la verifica, come pure i costi di cui ai rilievi nn. 5, 6 e 7 non potendo logicamente giustificarsi l'avvenuto noleggio di mezzi di trasporto senza un loro uso successivo e senza che siano stati rinvenuti documenti che in qualche modo dimostrino la necessità di tale infruttuoso noleggio, come ad esempio il preventivo scritto di un trasporto poi non confermato e quindi non effettuato che potrebbe aver fatto sorgere una aspettativa nel prestatore del servizio".

Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

 

Motivi della decisione

 

Va premessa l'inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze stante il difetto di legittimazione passiva.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 e 2700 c.c. ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. e insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che nell'ipotesi di costi documentati da fatture per operazioni commerciali ritenute inesistenti non spetta al contribuente provare che l'operazione è effettiva, ma spetta all'Amministrazione che adduce la falsità del documento e, quindi, l'esistenza di un maggior imponibile, provare che l'operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d), d.p.r. n. 600/1973 e 54, comma 2, d.p.r. n. 633/1972, nonché insufficiente motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che, avendo l'Ufficio contestato alla società irregolarità contabili a carattere formale (genericità delle fatture e assenza di documentazione di supporto), lo stesso avrebbe dovuto procedere alla rettifica anche mediante l'uso di presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e che il preteso recupero a tassazione è fondato su presunzioni prive dei detti requisiti.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) d.p.r. n. 600/1973, 54, comma 2, d.p.r. n. 633/1972 e 109 d.p.r. n. 917/1986, nonché insufficiente motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che nell’ipotesi di rettifica induttiva, come nel caso di specie, l'Ufficio deve far corrispondere alla ricostruzione dei ricavi una incidenza percentualizzata dei costi e che tutti i costi sostenuti dalla ricorrente medesima sono certi nell'an e nel quantum, perché interamente assistiti da documenti contabili, oltre che correttamente contabilizzati.

I motivi sono inammissibili, stante la loro natura promiscua. E' inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione, o ancora quale violazione processuale. Infatti, l'esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l'apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. 23 settembre 2011, n. 19443). Ai fini dell’ammissibilità del ricorso è necessario che la formulazione del motivo permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. 6 maggio 2015, n. 9100). Nel caso di specie emerge una promiscuità sul piano argomentativo fra violazione di legge e vizio motivazionale che non consente, se non mediante un intervento ortopedico (inammissibile per quanto si è appena detto), di scindere le due censure.

A tale profilo di inammissibilità aggiungasi che, nonostante la proposizione cumulativa dei motivi, risulta proposto un unico quesito ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. In caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinché non risulti elusa la "ratio" dell'art. 366-bis cod. proc. civ., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di Cassazione essere limitata all'oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l'illustrazione (fra le tante Cass. 9 marzo 2009, n. 5624). Anche per questo aspetto i motivi sono inammissibili.

Ciò premesso in punto di comune inammissibilità dei motivi, ciascun motivo contiene ulteriori profili di inammissibilità. Con riferimento al primo motivo si assume che la CTR, in violazione delle regole di riparto degli oneri probatori, avrebbe posto a carico della contribuente l'onere di dimostrare l'effettività dell'operazione, esonerando l'Ufficio dall'onere di provare la non corrispondenza alla realtà di quanto attestato dal documento contabile. Di tale inversione dell'onere della prova non c'è traccia nell'impugnata sentenza. In quest'ultima si fa riferimento al richiamo nel p.v.c. di fatti riscontrati dall'Ufficio e alle relative valutazioni svolte dal medesimo Ufficio, ed in particolare: alle circostanze di fatto riscontrate in relazione ai rilievi 3 e 4, alla mancata corrispondenza ai documenti contrattuali del pagamento documentato dalle fatture registrate e relativo al rilievo n. 1, mentre quanto ai rilievi nn. 5, 6 e 7 la CTR ha valorizzato, evidentemente in funzione di elemento probatorio presuntivo, il mancato uso dei mezzi di trasporto noleggiati e l'assenza di documenti che dimostrassero la necessità di tale infruttuoso noleggio. Le circostanze evidenziate ineriscono all'onere probatorio dell'Amministrazione e, valorizzandole, il giudice di merito ha dato prova di non aver applicato una regola sull'onere probatorio diversa da quella contemplata dall'ordinamento. La censura, in definitiva, non è pertinente alla ratio decidendi dell'impugnata sentenza.

Con riferimento al secondo motivo si denuncia la carenza nella presunzione a base dell'accertamento tributario dei requisiti di legge. L’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso alla presunzione semplice, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito e sono censurabili in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione unitamente all’esistenza della base della presunzione e dei fatti noti, che fanno parte della struttura normativa della presunzione (fra le tante Cass. 6 agosto 2003, n. 11906). La censura in termini di ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge non è quindi ammissibile nella presente sede di legittimità.

Quanto al terzo motivo, esso assume come premessa un presupposto di fatto non oggetto di accertamento da parte del giudice di merito, e cioè che la rettifica svolta avesse carattere di rettifica induttiva. La valutazione del motivo implicherebbe quindi un'indagine di fatto preclusa nella presente sede di legittimità. Aggiungasi che nel motivo si fa riferimento ad un'ulteriore questione di fatto, non valutabile nella presente sede di legittimità, e cioè quella della certezza dei costi asseritamente sopportati dalla contribuente.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dichiara inammissibili i motivi di ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate; condanna la ricorrente al rimborso, nei confronti sia del Ministero dell'Economia e delle Finanze che dell'Agenzia delle Entrate, delle spese processuali che liquida in euro 5.130,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.