Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 marzo 2016, n. 5194

Tributi - Interposizione fittizia soggettiva - Società prive di qualsiasi forma organizzativa - Intercettazioni telefoniche - Attribuzione dei ricavi fatturati dalle società fittizie

 

Svolgimento del processo

 

1. A seguito dell'articolata attività di indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Arezzo su alcune società operanti nel campo delle sponsorizzazioni delle competizioni automobilistiche riconducibili alla persona di R.F. e alla di lui P.S. s.r.I., l'ufficio di Montepulciano dell'Agenzia delle Entrate, preso atto delle risultanze emerse dalle intercettazioni telefoniche, delle dichiarazioni rilasciate da alcuni testi, nonché dei dati contenuti in alcuni supporti magnetici oggetto di sequestro, notificava alla T.S. s.r.l. - società riconducibile sempre al F. - un avviso di accertamento con cui contestava l'esercizio dell'attività di sponsorizzazione a mezzo della fittizia interposizione di altre società ed imputava alla medesima i ricavi prodotte da queste ultime.

Accolte in primo grado, le difese della contribuente non trovavano l'adesione della CTR Toscana che, con la sentenza qui in esame, accogliendo l'appello dell'ufficio, riformava la decisione impugnata, richiamando previamente le finalità più generalmente perseguite dall'art. 37, comma terzo, D.P.R. 600/73 ed osservando nel merito che dalle intercettazioni telefoniche eseguite sia nei confronti della T.S. che del F. emergeva che sia la P.S. che la T.S., sebbene offrissero formalmente servizi di contabilità in campo pubblicitario, "in realtà esercitavano in prima persona l'attività di sponsorizzazione, emettevano fatture sfruttando le diverse denominazione sociali delle società prive di qualsiasi forma organizzativa". In sostanza nello schema operativo seguito prima dalla P.S. e poi dalla T.S. ed avvalorato dalle dette intercettazioni telefoniche, dalle dichiarazioni dei soci e dei collaboratori del F. e dai dati contabili (fatture, pagamenti, contratti, movimentazioni bancarie) estrapolati dai supporti magnetici sequestrati ad un suo collaboratore, queste "svolgevano la vera e propria attività di sponsorizzazione" ed emettevano fatture sfruttando le denominazioni sociali delle società interposte che, prive di qualsiasi struttura organizzativa, venivano utilizzate come "parafulmine", imputando ad esse le fatture relative alle sponsorizzazioni, a fronte delle quali, allo scopo di abbattere i ricavi figurativi così conseguiti "venivano contabilizzati in bilancio considerevoli costi per spese fittizie di carburanti".

Per la cassazione di detta sentenza la T.S. si avvale di un ricorso fondato su cinque motivi, cui è seguita memoria ex art. 378 c.p.c.

Resiste con controricorso l'erario.

 

Motivi della decisione

 

2.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'art. 37, comma terzo, D.P.R. 600/73 in cui la CTR è incorsa nel ravvisare nella specie la sussistenza di un interposizione fittizia trascurando "l'elemento soggettivo dell'accordo trilaterale che questa presuppone, tant'è che la motivazione da essa espressa ha soltanto riguardo al profilo oggettivo delle attività svolte dalle presunte interponente ed interposta."

2.2. Il motivo è doppiamente inammissibile.

2.3. Lo è intanto per il difetto ravvisabile nella formulazione del quesito, poiché, premesso che alla specie si rende applicabile ratione temporis l'art. 366-bis c.p.c. - questa Corte ha reiteratamente affermato che allorché si muova alla sentenza impugnata una censura di diritto, il relativo quesito con cui si deve chiudere l'esposizione del motivo deve in particolare compendiare "a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie" (1013/15; 27539/14; 19769/08), in modo tale da "consentire alla Corte di Cassazione l'enunciazione di una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto quello deciso dalla sentenza impugnata" (SS.UU. 26020/08).

Nella specie il quesito che accompagna il motivo in esame - ed in guisa del quale si chiede che la Corte "dica se l'interposizione soggettiva, presupponendo un accordo trilaterale, richieda a chi intenda dimostrala la prova di detto accordo e quindi se la sentenza della CTR avendo trascurato tale prova, tanto da limitarsi ad affermare le prestazioni dell'interponente e dell'interposto, abbia violato la norma indicata in epigrafe" - si risolve in un interrogativo astratto mancando ogni indicazione sulla fattispecie concreta oggetto di giudizio.

2.4. La rilevata inammissibilità consta poi sotto il profilo della conferenza della censura rispetto al motivo.

Com'è noto il giudizio di cassazione postula che l'introduzione del ricorso avvenga attraverso uno dei motivi tassativamente indicati dall'art. 360, comma primo, c.p.c. in accordo con i quali la censura deve essere coerentemente formulata. Nella specie la ricorrente, pur deducendo un errore di diritto, assumendo la contrarietà della decisione da essa impugnata rispetto all'art. 37, comma terzo, D.P.R. 600/73 a suo tempo vigente, non formula alcuna critica conseguente, ma si duole del solo apprezzamento di fatto operato dalla CTR, in guisa del quale proprio in applicazione della norma asseritamente violata la CTR ha potuto ritenere sussistente la fattispecie elusiva, stilando un giudizio di fatto che non si presta a revisione in questa sede sotto il denunciato profilo.

3.1. Il secondo motivo del ricorso dì parte addebita alla sentenza impugnata violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. in relazione all'art. 132 c.p.c. e vizio di insufficiente motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., poiché nel richiamarsi al p.v.c. "la CTR ha omesso di indicare a quali elementi di fatto abbia inteso fare riferimento ai fini della propria decisione, così da non consentire alla ricorrente di esaminare e valutare il ragionamento conseguente".

3.2. Il motivo è affetto da plurime ragioni di inammissibilità.

3.3. Questa Corte ha invero da tempo affermato (398/15; 54/15; 8350/12) che -in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione". E ciò perché, "l'esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l'apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse". (11943/11).

3.4. Quando poi, con riguardo ai motivi c.d. "misti", sia consentita la deduzione in un unico mezzo d'impugnazione di due o più questioni sussumibili sotto diverse categorie di vizi di legittimità, la Corte ha già avuto modo di chiarire - decretandone l'inammissibilità, come si ha ragione di far qui - che "tale modalità di formulazione risulta irrispettosa del canone della specificità del motivo d'impugnazione nei casi in cui, nell'ambito della parte argomentativa del mezzo d'impugnazione non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell'uno o dell'altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l'onerazione di interpretazione e sussunzione delle censure" (SS.U.U. 17931/13).

3.5. In ultimo è insegnamento stabilmente invalso nella giurisprudenza della Corte che, nel caso in cui i motivi sì articolino in plurime ed autonome censure di diritto e, segnatamente, nel caso in cui la loro prospettazione si presenti formalmente unica, occorre procedere alla la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (SS.UU. 5624/09), di modo che si espone al preliminare rilievo dell'inammissibilità per difetto nella formulazione del quesito il motivo che, come quello in esame, sia corredato da un unico quesito di diritto.

4.1. Con il terzo motivo di ricorso la T.S. fa valere ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. errore di diritto nell'applicazione dell'art. 132 in relazione all'art. 111 Cost. dal momento che "la sentenza impugnata non spiega assolutamente come da dette fonti di prova sia pervenuta al suo convincimento e quindi è carente di un requisito essenziale ai fini della motivazione".

4.2. Il motivo è infondato.

Posto invero che l'esatto assolvimento dell'obbligo motivazionale si sostanzia nel far sì che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa rendano possibile la comprensione delle ragioni poste a fondamento della decisione, nella specie il lamentato vizio non ricorre avendo la CTR compiutamente e esaurientemente assolto il proprio dovere, pervenendo, proprio attraverso una circostanziata ricostruzione del quadro fattuale della vicenda e al corretto inquadramento di essa nella pertinente cornice giuridica, a formulare, in ordine alla ravvisata sussistenza delle denunciate condotte illecite, un giudizio ampiamente argomentato e debitamente suffragato da conformi riscontri di prova.

5.1. Violazione di legge ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché in relazione all'art. 132, c.p.c. e vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., si argomenta con il quarto motivo di ricorso, poiché "la sentenza ha dimenticato di dare attenzione alla documentazione prodotta dalla ricorrente, nonostante che questa avesse evidente rilevanza ai fini della decisione giudiziale", e ciò in riferimento all'archiviazione pronunciata dal giudice penale nei confronti del legale rappresentante della T.S., ove si era sottolineato che tutte le responsabilità riguardo alla vicenda dovevano far capo al F. ed in riferimento all'analogo deliberato dell'Ufficio Italiano dei Cambi in materia di riciclaggio.

5.2. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni che inficiano pregiudizialmente la prospettazione del secondo motivo di ricorso. Si tratta invero di motivo, che al pari di quello richiamato, attua un'impropria ed inammissibile mescolanza di censure, realizza, quando mai nella sua formulazione fossero riconoscibili due o più questioni, la fattispecie dei "c.d. motivi misti" in quanto associa le ipotetiche censure in una generica doglianza e prescinde dal dovere di predisporre distinti quesiti.

6.1. Il quinto motivo del ricorso di parte deduce ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. la violazione dell'art. 37, comma terzo, D.P.R. 600/73, poiché la CTR, contravvenendo alla norma in indirizzo e giudicando legittimo il ribaltamento sulla contribuente dei ricavi conseguiti dalle società interposte, "è venuta ad addebitare a quest'ultima un risultato non solo indimostrato, ma evidentemente non corretto ed infine nemmeno realistico, non potendosi a priori ritenere che l'attività di sponsorizzazione sia esente da costi e comunque che la società non subisca nell'esercizio altri costi fiscalmente deducibili".

6.2. Il motivo è inammissibile per novità della questione, trattandosi di questione non precedentemente prospettata nei precedenti gradi di giudizio e non sottoposta perciò al vaglio del giudice di appello.

La sua introduzione per la prima volta in questa sede urta dunque contro il consolidato principio affermato dalla Corte secondo cui "non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito, né rilevabili di ufficio" (17041/13) e ciò perché, com'è noto, il giudizio di cassazione "ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte" (4787/12).

7. Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio. che liquida in curo 12.000,00 - oltre eventuali spese prenotate a debito e accessori.