Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 marzo 2016, n. 4861

Lavoro - Incarico di coordinatore di settore - Concorso - Procedura selettiva - Divieto di cumulo d'incarichi

 

Svolgimento del processo

 

La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale di Roma, accoglieva la domanda di G.R. proposta nei confronti dell'lNPS avente ad oggetto l'annullamento della graduatoria delle procedure selettive interne per titoli professionali e di servizio per l'attribuzione degli incarichi di Coordinatore generale nell'ambito dell'Avvocatura e dei provvedimenti del Direttore Generale con i quali erano stati attribuiti i singoli incarichi di coordinamento con conseguente declaratoria del suo diritto alla nomina di Coordinatore Generale dell'Avvocatura INPDAP e condanna dell'Istituto al pagamento delle relative differenze retributive ed al risarcimento del danno.

La Corte del merito, e per quello che interessa in questa sede, poneva a base del decisimi il rilievo fondante secondo il quale il sub criterio elaborato dalla Commissione esaminatrice, in ragione del quale nel caso di pluralità d'incarichi di coordinatore svolti nel stesso periodo di tempo veniva valutato soltanto l'incarico di livello più elevato, era illegittimo perché connotato da eccesso di potere rispetto al regolamento che non autorizzava la Commissione ad introdurre nuovi criteri ed era stato adottato quando le domande di partecipazione al concorso erano già state presentate. In particolare, osservava la Corte territoriale, nella specie al G. era stato applicato il richiamato sub criterio per il periodo temporale di sovrapposizione dell'incarico di coordinatore di settore e di coordinatore generale con conseguente irrilevanza dell'incarico di coordinatore di settore nel periodo di sovrapposizione nonostante il Regolamento prevedeva, per la valutazione dei titoli di servizio, distintamente gli incarichi di coordinatore generale e quelli di settore senza alcuna specifica previsione con riferimento all'ipotesi di sovrapposizione temporale degli incarichi ricoperti.

Avverso questa sentenza l'INPS ricorre in cassazione in ragione di un’unica censura.

Resiste con controrcorso la parte intimata.

Vengono depositate memorie illustrative.

 

Motivi della decisione

 

Con l'unica censura l'INPS deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1362, 1363 e segg. cc in violazione dell'art. 10 del Regolamento approvato con delibera 1112 del 1999 e successivamente modificato con delibera n. 1510 del 2001, nonché violazione degli artt. 1324, 1362 e 1363 e segg cc in relazione all'art. 5 del bando allegato alla delibera n. 1583 del 2002 nonché in relazione ai verbali della Commissione esaminatrice n. 1 del 26 giugno 2002 e n. 3 del 29 luglio 2002.

Sostiene l'Istituto ricorrente che la Corte del merito senza tener conto del tenore delle delibere n. 1112/99 e 1510/2001 e senza considerare l'ampia motivazione contenuta nel 1° verbale della Commissione ha considerato illegittima la scelta della Commissione di non procedere ad una mera sommatoria dei titoli posseduti dai candidati e tanto sul fondante rilievo che le deliberazioni del C.d.A. avevano attribuito alla Commissione la discrezionalità di calibrare, in considerazione della situazione di prima indizione del bando, i criteri per l'attribuzione dei punteggi per titoli. Altrettanto erronea e violativa dei principi dell'onere della prova, aggiunge l'INPS, è la sentenza impugnata laddove afferma l'illegittimità del criterio dell'incumulabilità in ragione della circostanza dell'avvenuta adozione del relativo criterio quando le domande di partecipazione erano già state presentate, pur in carenza di dimostrazione dell'avvenuto esame delle domande e dei curricula dei candidati.

La censura non è accoglibile.

Ritiene la Corte che non può fondatamente assumersi, anche con riferimento ai soli stralci delle richiamate delibere trascritti nel ricorso, che una interpretazione conforme ai canoni legali di ermeneutica contrattuale possa condurre a ritenere che con le delibere in parola la Commissione sia stata autorizzata, in considerazione della prima indizione delle procedure concorsuali, ad introdurre criteri di valutazione integrativi o modificativi di quelli stabiliti a regime dalle delibere stesse. Né a tanto può indurre il mero rilievo della non spettanza, nel caso di doppio simultaneo incarico, di plurima retribuzione ovvero della non ammissibilità di doppi incarichi di coordinamento.

Siffatte previsioni per vero non rilevano ai fini di cui trattasi in quanto non attengono al profilo della valutabilità del plurimo diversificato e contemporaneo incarico.

Né nella specie non può non venire in considerazione la circostanza che gli incarichi fatti valere attenevano a compiti ben distinti ed esprimevano professionalità diversificate non sovrapponibili fra loro in ordine alle quali il regolamento prevede due distinti punteggi. Infatti, come sottolineato nella sentenza impugnata e non contestato dall'INPS, il coordinatore di generale svolge attività di natura relazionale con gli organi e con i terzi, nonché propositiva ed organizzativa in ordine all'intera struttura e d'indirizzo e controllo nei confronti del singolo settore. Il coordinatore di settore, invece, ha compiti di valenza soprattutto professionale, ossia di controllo e di indirizzo degli avvocati appartenenti al settore.

E' chiaro, quindi, che se il regolamento ed il bando prevedono l'attribuzione di distinti punteggi in relazione agli incarichi di cui trattasi senza alcuna specifica disposizione di assorbimento di punteggio per il caso di contemporaneità d'incarico, palesando in tal modo la volontà di volere valutare, ai fini cui trattasi, separatamente la specifica professionalità al fine di selezionare quella di maggiore spessore per il buon funzionamento dell'organizzazione è del tutto contrario ai criteri legali d'interpretazione ipotizzare che contrariamente a quanto palesato nei suddetti atti la commissione sia stata autorizzata ad introdurre criteri correttivi tali da sottovalutare la maggiore professionalità desumibile dallo svolgimento contemporaneo degli incarichi. D'altro canto non è plausibile che il C.d.A. abbia demandato alla Commissione esaminatrice il compito di sanzionare, attraverso la previsione di criteri di punteggio in deroga a quelli previsti a regime, l’inosservanza del divieto di cumulo d'incarichi.

Sulla base delle esposte considerazioni nelle quali rimangono assorbite le ulteriori critiche il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 qua ter, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l'Istituto ricorrente al pagamento  delle spese del giudizio di legittimità liquidate in E. 100,00 per esborsi ed E. 3500,00 per compensi oltre accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n.228 del 2012 si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.