Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 gennaio 2016, n. 1020

Tributi - IVA - Accertamento induttivo - Inottemperanza all'obbligo di dichiarazione annuale - IVA non registrata nelle liquidazioni periodiche - Indetraibilità dell'imposta versata sugli acquisti nello stesso periodo - Pagamento desumibile da altra documentazione - Irrilevanza

 

Osserva

 

La CTR di Palermo ha accolto l’appello di V. A. -appello proposto contro la sentenza n.54/04/2004 della CTP di Messina che aveva respinto il ricorso del contribuente- ed ha così annullato avviso di accertamento relativo ad IVA per l’anno 1991, emesso a seguito di PVC adottato per effetto di omessa (cioè tardiva in termine maggiori di giorni trenta) dichiarazione annuale, avviso improntato a metodo induttivo (e perciò con disconoscimento delle imposte detraibili) atteso che la parte contribuente non aveva ottemperato all’invito di consentire la verifica dell’esistenza delle liquidazioni periodiche.

La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che l’Ufficio non aveva operato un accertamento induttivo ma aveva recepito il volume d’affari indicato dal contribuente per le vendite, sicché avrebbe dovuto ammettere e recepire anche l’IVA versata sugli acquisti.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

La parte contribuente non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c.- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Infatti, con il motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art. 19, 37, 51 e 55 del DPR n.633/1972), l’Agenzia ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice di appello non abbia tenuto conto del fatto che per portare in detrazione crediti riferiti ad un periodo di imposta pregresso per il quale è stata omessa la dichiarazione -ed una volta che l’Ufficio abbia provveduto all’accertamento sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti- è necessario che le imposte detraibili risultino almeno dalle dichiarazioni periodiche, delle quali la parte contribuente aveva - però- impedito che si accertasse l’esistenza.

La censura appare manifestamente fondata, e può essere accolta.

In termini appare concludente il principio altre volte espresso da codesta Suprema Corte in riferimento a circostanze del tutto analoghe a quella qui in esame:"In tema di I.V.A., ai sensi dell'art. 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, l'inottemperanza del contribuente all'obbligo della dichiarazione annuale preclude che l'imposta versata sugli acquisti di beni e servizi nel periodo dell'omessa dichiarazione possa essere detratta, se non risulti dalle dichiarazioni periodiche, e rende legittimo l'accertamento induttivo da parte dell'Ufficio, nel qual caso, però, a seguito dell'impugnazione del contribuente, la detraibilità delle poste dovrà essere valutata dal giudice del merito che, quale giudice del rapporto e non solo dell'atto, deve procedere alla quantificazione della pretesa erariale, annullando eventualmente "in parte qua" il suddetto accertamento" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6334 del 13/03/2009).

Benvero, del tutto legittimamente l'Ufficio ha proceduto ad accertamento induttivo, a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, e perciò desumendo i dati per la ricostruzione del giro d’affari da qualunque elemento a sua conoscenza, ivi compresa la dichiarazione tardivamente presentata dallo stesso contribuente. In tal caso sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'art. 19 risultanti dalle dichiarazioni periodiche effettuate (Cass. 11 gennaio 2008 n. 433; Cass. 20 agosto 2004 n. 16477).

Ne deriva che l'inottemperanza del contribuente all'obbligo della dichiarazione annuale, oltre ad esporre il contribuente all'accertamento induttivo, preclude che l'IVA versata sugli acquisti di beni e servizi nel periodo in contestazione (1992) possa essere dedotta se non registrata nelle liquidazioni periodiche, essendo irrilevante che il pagamento di tali imposte sia evincibile da altra documentazione, inclusa la contabilità d'impresa (Cass. 8602 del 1996 e Cass. n. 8265 del 1991).

Invero, in relazione al loro carattere sanzionatorio, le disposizioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 subordinano la detrazione delle imposte già pagate al fatto che queste risultino dalle dichiarazioni periodiche, rendendo così inutilizzabile ogni diversa documentazione; in relazione allo scopo, attribuiscono all'Ufficio ampi poteri di indagine, esonerandolo per un verso dall'onere di ispezionare la contabilità - la quale "può", non "deve", essere ispezionata - e legittimandolo, per un altro verso, a dedurre l'imponibile da dati e notizie comunque reperiti, senza cioè precostituiti condizionamenti in ordine alla fonte di tali elementi (Cass. n. 8265 del 1991, in motivazione).

Si deve peraltro evidenziare che nella sede del rinvio (ove si procederà a nuovo esame della controversia riguardante l'accertamento per il 1991) ove dovessero risultare poste detraibili in ragione delle liquidazioni periodiche eventualmente prodotte in causa, il giudice di rinvio dovrà procedere alla rideterminazione della pretesa erariale, non potendo eludere l’obbligo che gli incombe di addurre una motivata valutazione sostitutiva e perciò correlata al concreto ammontare di imposta detraibile, senza che si possa ovviare a detto accertamento in ragione di presunzioni generiche.

Va ribadito, infatti, che, sia pure attraverso il veicolo dell’impugnazione di un atto, l'impugnativa davanti al giudice tributario attribuisce a quest'ultimo la cognizione (anche) del rapporto tributario (cd. "impugnazione-merito", orientata, per quanto qui interessa, alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva dell'accertamento) e non solo dell'atto, imponendogli di quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di "parte (Cass. 13 gennaio 2006 n. 614; Cass. 19 febbraio 2004 n. 3309; Cass. 23 gennaio 2001 n. 4280; Cass. 23 dicembre 2000 n. 16171).

In definitiva, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con restituzione della lite al giudice del merito.

Roma, 30 maggio 2015

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto a riguardo del primo motivo, con assorbimento del secondo.

che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Sicilia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.