Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 marzo 2016, n. 4455

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Scissione societaria - Debiti precedenti la scissione - Patrimonio a garanzia dei creditori - Patrimonio esistente al momento della scissione - Responsabilità solidale della nuova società - Limitatamente al valore del patrimonio assegnato

 

Svolgimento del processo

 

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Bari ha ribadito il rigetto dell'opposizione proposta dalla G. P. & C. s.a.s. e dalle eredi del socio accomandatario avverso la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento il 28 maggio rivennero i giudici del merito che la scissione operata nel 1998, con il trasferimento alla società di nuova costituzione Frost Italia s.p.a. di una parte del patrimonio della G. P. & C. s.a.s., non aveva liberato la società scissa dei debiti trasferiti alla società beneficiaria, ove scaduti e non soddisfatti, sicché anche di tali debiti occorreva tener conto nell'accertamento del suo stato di insolvenza, non essendo necessaria la preventiva escussione della società beneficiaria, mentre era certa la cessazione dell'attività di impresa trasferita alla beneficiaria.

Contro la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione la G. P. & C. s.a.s., R. P. e le eredi di G. P., deducendo quattro motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il fallimento, mentre non ha spiegato difese la banca intimata.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 2504 decies comma 2 c.c., nella formulazione all'epoca vigente, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente riconosciuto una responsabilità solidale, anziché solo sussidiaria, tra la società scissa e la società beneficiaria e abbiano perciò assegnato rilevanza all'ingente credito di C. s.p.a., benché trasferito alla beneficiaria Frost Italia s.p.a., non previamente escussa.

Sostengono che l'interpretazione corretta della norma esclude la solidarietà tra la società beneficiaria e la società scissa, che non può essere chiamata a rispondere dei debiti trasferiti senza la previa escussione della società cui sono stati trasferiti, perché la ratio legis è quella di mantenere integre, non di aumentare le garanzie dei creditori sociali. La solidarietà è limitata al rapporto tra le società cui il debito non fa carico, e non anche al rapporto tra queste società e quella cui il debito è trasferito.

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione degli art. 2504 decies e 2740 c.c., lamentando che i giudici del merito non abbiano limitato la responsabilità della G. P. & C. s.a.s. al valore netto del patrimonio rimastole dopo la scissione.

Sostengono che, ove tale limite quantitativo della responsabilità fosse stato rispettato, non sarebbe stato possibile dichiararne l'insolvenza, perché la società aveva le disponibilità per soddisfare il debito quantificato in £. 324.780.506, corrispondente alla differenza tra l'attivo e il passivo risultante dal progetto di scissione, o in £. 8.828.836.040, secondo l'accertamento del consulente d'ufficio.

Censurano comunque la sentenza impugnata perché ha ritenuto che il limite del patrimonio netto trasferitole non definisca l'entità del debito di cui la società scissa può essere chiamata a rispondere, bensì la misura della garanzia patrimoniale per debiti anche maggiori.

Con il terzo motivo le ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano considerato superflua la questione del limite di responsabilità della società scissa, nonostante la rilevantissima incidenza che la questione aveva nell'accertamento dello stato di insolvenza.

Con il quarto motivo le ricorrenti deducono ancora vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che, ai fini dell'accertamento dell'insolvenza, i giudici del merito abbiano irragionevolmente rapportato la totalità del passivo, trasferito e rimasto, al solo attivo rimasto alla società scissa. Sicché l'insolvenza in realtà non sussisteva, come dimostrato dal fatto che successivamente tutti i debiti trasferiti sono stati effettivamente pagati dalla Frost Italia s.p.a. cui erano stati caricati. I debiti propri della G. P. & C. s.a.s. ammontavano infatti a £. 145.149.272, mentre è del tutto infondato l'assunto che la società avesse cessato l'attività di impresa, essendo stata l'impresa ceduta in realtà alla Frost Italia s.p.a.

2. Il ricorso è solo in parte fondato.

L'art. 2504 decies comma 2, come oggi l'art. 2506 quater comma 3, c.c., prevedono che, nel caso di scissione, «ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico».

L'interpretazione di questa disposizione è qui controversa sia nella parte in cui prevede che la società scissa risponde dei crediti «non soddisfatti dalla società cui fanno carico», sia nella parte in cui limita la responsabilità solidale di ciascuna società al «valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto».

Sotto il primo profilo è ragionevole escludere che la norma riconosca un beneficio di previa escussione, perché, nei casi in cui è previsto, tale beneficio è sempre riferito al patrimonio (art. 563, 1944, 2268, 2304 c.c.) o al debitore da sottoporre a esecuzione forzata (art. 2393 bis e art. 2868 c.c.). Mentre la norma in esame presuppone solo che i crediti da far valere siano rimasti insoddisfatti. Prevede dunque solo un beneficium ordinis, che, secondo la giurisprudenza di questa corte, presuppone esclusivamente la costituzione in mora del debitore (Cass., sez. Ili, 4 giugno 2009, n. 12896, m. 608385).

Ne consegue che del debito trasferito alla Frost Italia s.p.a. poteva già essere chiamata a rispondere la G. P. & C. s.a.s. al momento del fallimento, solo se fosse già intervenuta la costituzione in mora del debitore. E questo accertamento di fatto non è stato compiuto dal giudice del merito.

Vero è che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, si trattava di obbligazione già scaduta al momento della scissione. Ma non essendo indicata la natura del credito, non è possibile stabilire in questa sede se il debitore fosse già in mora.

Quanto al limite del «valore effettivo del patrimonio netto» assegnato o rimasto alla società escussa, hanno ben ragione le ricorrenti a sostenere che esso definisce la misura del credito azionabile nei confronti delle società non beneficiarie, non la misura della garanzia patrimoniale prestata dal debitore. Sicché ciascuna delle società risultanti dalla scissione può essere chiamata a rispondere solidalmente del passivo consolidato, ma solo la società cui il debito è trasferito o mantenuto ne risponde per intero, mentre le altre società ne rispondono solo nei limiti della quota di loro spettanza su quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori. E in questo senso la norma tende appunto, come auspicato dalle ricorrenti, a mantenere integre le garanzie dei creditori sociali, non certo ad accrescerle.

Queste due limitazioni, quella del beneficium ordinis e quella del limite di responsabilità, non escludono affatto la solidarietà tra tutti i debitori, perché, come precisa l'art. 1293 c.c., «la solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse»; e lo stesso art. 2504 decies c.c. prevede espressa- mente la solidarietà tra debitori che per definizione rispondono in misura diversa della medesima prestazione.

D'altro canto l'erroneità dell'interpretazione proposta dai giudici del merito, con riferimento all'incidenza del limite del «valore effettivo del patrimonio netto» assegnato o rimasto alla società escussa, comporta l'esigenza di un accertamento ex novo dello stato di insolvenza, non essendo possibile stabilire in questa sede per quale quota la G. P. & C. s.a.s. potesse essere chiamata a rispondere del debito verso la C. e quale incidenza effettiva avesse tale debito sulla situazione patrimoniale della società.

Definita dunque nel senso indicato la corretta interpretazione dell'art. 2504 decies comma 2 c.c., la sentenza impugnata va cassata con rinvio, perché i giudici del merito accertino se per il credito vantato dalla C. vi fosse stata già costituzione in mora dei debitori e se, considerata l'effettiva incidenza di tale debito sul patrimonio della G. P. & C. s.a.s., sussistesse il suo stato di insolvenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.