Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 marzo 2016, n. 4357

Tributi - Condono ex art. 9-bis Legge n. 289 del 2002 - Rateizzazione - Pagamento solo delle prime due rate - Decadenza dal condono

 

Svolgimento del processo

 

1. L'Agenzia delle entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza 96/63/09 del 10.3.2009 con la quale la CTR Lombardia sez. staccata di Brescia, rigettando l'appello dell'ufficio nei confronti della sentenza di primo grado, ha ritenuto che l'efficacia dell'istanza di definizione ex art. 9-bis L. 27.12.2002, n. 289 con conseguente disapplicazione delle sanzioni previste dall'art. 13 D.lg. 471/97, non venga meno nel caso in cui come nella specie il contribuente abbia pagato solo le prime due rate dell'importo dovuto a titolo di condono ed omesso il versamento delle restanti.

La CTR ha motivato il proprio deliberato osservando che "l'art. 9-bis L. 289/02 nulla prevede circa le conseguenze del mancato pagamento nei termini" e che "la ratio della norma non pare discostarsi da quella dei precedenti artt. 8 e 9 [...] che - nel caso del tutto analogo che la somma da versare superi quella normativamente indicata con conseguente rateizzazione - espressamente confermano l'efficacia dell'istanza di definizione. L'assenza di una esplicita previsione in tal senso anche nella norma qui in contestazione pare dovuta a una mera svista del legislatore, che nell'inserire un nuovo articolo nell'impianto normativo già esistente, ha mancato di ribadire quanto previsto nelle altre disposizioni della medesima legge". Il ricorso è affidato ad un unico motivo. Non ha svolto attività difensiva la parte.

 

Motivi della decisione

 

2. Con l'unico motivo di ricorso, svolto ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. l'Agenzia ricorrente deduce errore di diritto in relazione all'art. 9- bis L. 289/02 in quanto, contrariamente all'asserto fatto proprio dalla CTR, "la fattispecie di condono prevista dall'art. 9-bis cit. è differente e non assimilabile ai diversi casi contemplati dalla L. 289/02, con la conseguenza che, se per altre ipotesi di definizione agevolata il mancato pagamento delle rate non pregiudica, per espressa disposizione di legge, il condono a favore del contribuente, a differenti conclusioni bisogna giungere nella fattispecie di cui all'art. 9-bis cit.", sicché se il giudice d'appello avesse rettamente interpretato la norma avrebbe dovuto negare il perfezionamento del condono, non avendo il contribuente pagato le rate dovute entro i termini perentori di legge.

2.2. Il motivo si" palesa fondato per ragioni pregiudiziali rispetto a quelle fatte valere dall'impugnante.

Invero, quanto agli effetti della disciplina agevolativa recata dalla L. 289/02 sull'IVA, come questa Corte ha già osservato le misure clemenziali che in tema di condono comportano una rinuncia definitiva dell'amministrazione alla riscossione di un credito già accertato contrastano con la 6^ direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, in data 17.5.77, così come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17.7.08, in causa C - 132/06. Secondo tale decisione, invero, la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi di cui agli artt. 2 e 22 della predetta sesta direttiva del Consiglio, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in materia di IVA, per avere previsto, con la L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, una rinuncia generale ed indiscriminata all'accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, cosi pregiudicando seriamente il corretto funzionamento del sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto (4630/14; 8351/12; 20068/09).

Ebbene - come si è precisato - deve ritenersi che detta pronuncia abbia una portata generale, estesa a qualsiasi misura nazionale (a carattere sia legislativo che amministrativo), con la quale lo Stato membro rinunci in via generale, o in modo indiscriminato, all'accertamento e/o alla riscossione di tutto o parte dell'imposta dovuta, oltre che delle sanzioni per la relativa violazione, trattandosi di misure di carattere dissuasivo e repressivo, la cui funzione è quella di determinare il corretto adempimento di un obbligo nascente dal diritto comunitario. Ne discende che va disapplicato, per contrasto con il menzionato diritto comunitario cogente, sebbene con riferimento alla sola IVA, l'art. 9-bis, che, consentendo di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento del tributo, comporta una rinuncia definitiva alle sanzioni che, per il loro carattere dissuasivo, oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento dell'obbligo di pagamento del tributo principale (19546/11; 8111/12; 8110/12).

Né può dubitarsi del fatto che la disapplicazione del diritto nazionale confliggente con le norme del diritto comunitario cogente debba essere operata, pure d'ufficio, anche nel presente giudizio di legittimità, onde assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie aventi un rango preminente rispetto a quelle del singoli Stati membri. A tanto induce, invero, il principio di effettività, enunciato nei Trattati istitutivi della Comunità prima e dell'Unione poi, che comporta l'obbligo per il giudice nazionale di applicare il diritto comunitario in qualsiasi stato e grado del processo, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o - nella specie - il carattere chiuso del giudizio di cassazione (SS.UU. 26948/06).

3. Il ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata andrà conseguentemente cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa potrà essere decisa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., secondo comma, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

4. Le spese si regolano secondo la soccombenza in questo giudizio, mentre possono essere compensate quanto ai gradi di merito avuto riguardo al consolidamento della giurisprudenza intervenuto successivamente alla pronuncia della Corte di Giustizia 132/06.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; condanna parte resistente al pagamento delle spese di lite che liquida nella somma di euro 2.000,00=, oltre alle somme prenotate a debito e agli accessori; compensa le spese di lite quanto ai gradi di merito.