Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 marzo 2016, n. 4268

Fallimento - Stato passivo - Credito privilegiato - Credito vantato da studio legale

 

Svolgimento del processo

 

Il giudice delegato al fallimento della S. s.p.a. dichiarava esecutivo lo stato passivo escludendo il credito vantato dallo studio legale G. e associati col privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, cod. civ., per mancanza di prova in ordine alle prestazioni effettivamente rese a vantaggio della società e in ogni caso per l'evidenza di pagamenti già eseguiti dalla stessa.

Lo studio associato proponeva opposizione che il tribunale di Milano rigettava, con decreto in data 8-3-2010, reputandone carente la legittimazione attiva. Richiamava invero l'orientamento giurisprudenziale secondo cui i professionisti che si associano per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività non trasferiscono per ciò solo all'associazione professionale la titolarità del rapporto di prestazione d'opera, ma conservano la rispettiva legittimazione attiva nei riguardi del proprio cliente, salvo che l'oggetto della prestazione non presupponga l'esistenza di un rapporto impersonale.

Il tribunale sosteneva essere indubbio che il rapporto tra avvocato e cliente era appunto un rapporto personale e professionale, e che il credito era riferibile in prevalenza alla remunerazione di una prestazione lavorativa, per quanto inclusiva di spese organizzative. Aggiungeva che, avendo agito direttamente lo studio professionale, e non il singolo associato esecutore della prestazione, in relazione a un corrispettivo certamente riferibile anche al lavoro del professionista organico, oltre che al capitale, ma solo quale voce di costo complessivo di un'attività imprenditoriale (come documentato nella nota spese), non poteva in ogni caso spettare il privilegio.

Lo studio legale G. e associati ha proposto ricorso per cassazione deducendo quattro motivi.

La curatela fallimentare si è costituita resistendo.

 

Motivi della decisione

 

I. - Col primo motivo di ricorso lo studio legale denunzia la violazione o falsa applicazione dell'art. 75 cod. proc. civ. e degli artt. 18 cost. e 1 della l. n. 1815 del 1939 sostenendo che, in base allo statuto dell'associazione professionale, i "soci ordinari" avevano il dovere di svolgere l'attività nell'interesse dello studio; sicché il diritto alla riscossione del credito per la prestazione svolta dal singolo professionista "socio ordinario" dovevasi ritenere trasferito all'associazione professionale, e la difforme soluzione seguita dal tribunale di Milano avrebbe avuto l'effetto di vanificare il principio di libertà associativa.

Col secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione o falsa applicazione dell'art. 99, 11° comma, della legge fall., e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto il tribunale, dopo aver lasciato intendere che ai fini della determinazione della capacità di stare in giudizio occorreva valutare caso per caso il rapporto instaurato tra il cliente, il professionista e lo studio associato, non aveva proceduto ad alcuna concreta disamina dei fatti di causa, pur avendo riconosciuto, in contraddizione con la premessa, che sia l'avv. D. che altri avvocati avevano svolto l'attività professionale.

Col terzo motivo, lo studio legale denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2751-bis, cod. civ. avendo il tribunale richiamato sentenze che avevano deciso sul riconoscimento del diritto al privilegio per negare tout court la legittimazione attiva dello studio.

Infine col quarto motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 115 cod. proc. civ., non avendo il tribunale considerato la copiosa documentazione depositata in giudizio.

II. - Sono fondati, nel senso che segue, i primi due motivi di ricorso.

Secondo la più recente giurisprudenza di questa corte, qui condivisa, l'art. 36 cod. civ., stabilendo che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, consente di ritenere esistente la legittimazione attiva dello studio professionale associato ove per l'appunto il giudice del merito accerti la suddetta circostanza.

Invero la legge attribuisce all'associazione la capacità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l'incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese e alla gestione congiunta dei proventi (v. Sez. 1A n. 15694-11).

In simile quadro di principi può rinvenirsi un corretto punto di equilibrio rispetto a quanto altre volte affermato circa il fatto che i professionisti, che si associano per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, non trasferiscono per ciò solo all'associazione tra loro costituita la titolarità del rapporto di prestazione d'opera, ma conservano la rispettiva legittimazione attiva nei confronti del proprio cliente (v. Sez. IA n. 6994-07, cui adde Sez. IA n. 13042-03).

III. - Nel caso di specie il tribunale di Milano, sebbene dando conto, nell'incipit del provvedimento, che era stata prodotta a dimostrazione del credito una nota di onorari e spese "emessa dallo studio", sintomo della avvenuta attribuzione all'associazione professionale della titolarità dei rapporti poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, non si è fatto carico di stabilire quale fosse, in concreto, lo statuto interno dell'associazione medesima, onde potersi da ciò desumere la (prova della) legittimazione attiva. La quale legittimazione, in ultima analisi, è stata esclusa apoditticamente, in nome del principio astratto per cui l'associazione può essere costituita anche solo per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi dell'attività.

IV. - I restanti motivi sono assorbiti.

A fronte della ritenuta carenza di legittimazione dello studio associato, non assume dignità di ratio - quanto piuttosto traduce un mero e irrilevante obier - la considerazione ulteriore del tribunale circa l'impossibilità di configurare, in casi simili, il privilegio generale sui beni mobili del debitore previsto dall'art. 2751-bis cod. civ. per le retribuzioni dei professionisti.

V. - All'accoglimento dei primi due motivi di ricorso segue la necessità di cassare il provvedimento impugnato con rinvio al medesimo tribunale, il quale, diversamente composto, provvederà a un nuovo giudizio tenendo conto del principio sopra affermato e dei conseguenti necessari accertamenti di fatto.

Il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa il provvedimento impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Milano.