Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 marzo 2016, n. 4197

Attività turistico-alberghiera - Assenza dell'autorizzazione comunale prescritta per legge - Disciplina applicabile - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso del 15/3/2005 Del G. M., in qualità di direttore della struttura ricettiva B. S. V., sita in Sant’Isidoro di Nardo, proponeva opposizione avversò l'ordinanza ingiunzione n. 7183 del 2004, notificata in data 14/2/2005 con la quale la Regione Puglia, a seguito dell'accertamento da parte della Polizia Municipale di Nardo, conseguente al sopralluogo effettuato in data 26/6/2004, gli aveva ingiunto il pagamento della somma di € 139.962,43, per la violazione dell'articolo 72 della legge regionale n. 11 del 1999 nonché dell'articolo 1 della legge n. 135 del 2001.

Secondo la contestazione, la struttura ricettiva aveva dato avvio alle attività turistiche in assenza dell'autorizzazione comunale prescritta per legge, in quanto era stata iniziata l'attività turistico-alberghiera in data 10/6/2004, a seguito di una mera comunicazione dell'apertura, senza che fosse stato rilasciato il necessario provvedimento autorizzatorio.

Ad avviso dell'opponente, la disciplina regionale risultava inapplicabile nella fattispecie atteso il disposto dell'articolo 19 della legge n. 241 del 990, il quale consente l'avvio dell'attività dopo la semplice denuncia di inizio della medesima da parte dell'interessato all'amministrazione competente. Peraltro la struttura aveva ricevuto successivamente l'autorizzazione a svolgere l'attività ricettiva di somministrazione di alimenti in data 10/8/2004, circostanza questa che confermava il fatto che lo svolgimento dell'attività alberghiera era avvenuto nel pieno rispetto della normativa settoriale.

Si costituiva la Regione Puglia che eccepiva l'incompetenza del Tribunale adito, mentre nel merito concludeva per l'infondatezza dell'opposizione, attesa la prevalenza della legge regionale sulla disciplina generale richiamata.

Al procedimento veniva riunito il diverso giudizio concernente l'opposizione avverso la medesima ordinanza ingiunzione promossa dall'altro soggetto ingiunto, "ING. De N. & C. Costruzioni S.r.l.", quale proprietario della struttura ricettiva medesima, nel quale venivano sviluppati i medesimi motivi di opposizione.

Il Tribunale di Lecce-Sezione Distaccata di Nardo con la sentenza n. 64 del 24/6/2008, riteneva che i caratteri peculiari dell'attività espletata, soggetta alla normativa igienico sanitaria e di sicurezza sociale, non consentivano l'applicazione della disciplina generale in materia di procedimento amministrativo, dovendosi pertanto dare prevalenza alla normativa regionale, così che l'opposizione andava rigettata.

Avverso tale sentenza proponevano appello le originarie parti opponenti le quali riproponevano i motivi posti a fondamento dell'opposizione.

La Corte di Appello di Lecce con la sentenza n. 749 del 13/9/2011 rigettava l'appello.

La Corte salentina, dopo aver dato atto della mancata pronuncia sull'opposizione formulata anche da parte della società, riteneva inapplicabile nella fattispecie il meccanismo della denuncia di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, atteso che l’articolo 29 della medesima legge prevedeva la necessità che la normativa regionale risultasse compatibile con la legge statale.

Nel caso in esame, la previsione in favore dell'amministrazione di un termine di 60 giorni, dalla richiesta di autorizzazione, per provvedere sulla stessa, disponendosi che il meccanismo della denuncia di inizio attività operi solo una volta decorso tale termine, non appariva in contrasto con la normativa statale, occorrendo altresì considerare che lo svolgimento dell'attività alberghiera giustificava una maggiore cautela nella struttura del procedimento di rilascio della relativa autorizzazione.

Inoltre trattandosi di un illecito amministrativo di carattere formale, legato cioè al solo svolgimento dell'attività in assenza dell'autorizzazione, nessuna rilevanza poteva avere la circostanza che successivamente fosse poi effettivamente stata rilasciata l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività alberghiera.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per la cassazione, gli opponenti sulla base di un due motivi, mentre la Regione Puglia ha depositato in cancelleria, oltre il termine per la notifica ed il deposito del controricorso, una memoria al solo fine di poter partecipare alla discussione in pubblica udienza.

Nell’imminenza dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso si denunzia l'erronea applicazione di norme di diritto ad opera della sentenza impugnata.

In particolare si deduce che, una volta ritenuta incontestata la riconducibilità dell'attività svolta da parte dei ricorrenti nell'ambito di quelle per le quali può trovare applicazione la normativa in materia di procedura semplificata, sarebbe illegittima la decisione della Regione di condizionare lo svolgimento della medesima attività ad una previa procedura autorizzativa.

Inoltre sarebbe erroneo il convincimento della Corte distrettuale secondo cui l'articolo 29 della legge n. 241 del 1990, nella formulazione all'epoca vigente, assicurerebbe alla Regione autonomia di regolamentazione, permettendole pertanto di sottoporre ad autorizzazione una procedura che viceversa potrebbe essere svolta mediante una semplice denuncia di inizio attività.

Nell'esposizione del motivo, i ricorrenti dopo aver richiamato le differenze giuridiche esistenti tra l'autorizzazione e la DIA, ed aver evidenziato come l'attività alberghiera rientri propriamente tra quelle per le quali è sufficiente l'inoltro della seconda, denunciano che gli articoli 59 e 60 della legge regionale n. 11 del 1999 si traducono in una chiara violazione dei principi di semplificazione dell'azione amministrativa, comportando un'intrinseca irragionevolezza della normativa regionale.

Peraltro l'autonomia di regolamentazione delle Regioni non si estende alla disciplina del procedimento amministrativo, in quanto le stesse, nel disciplinare le materie di loro competenza, devono attenersi, nel delineare le relative procedure amministrative, ai principi desumibili dalle disposizioni contenute nella legge statale sul procedimento amministrativo.

La Corte di Appello avrebbe omesso di compiere ogni approfondimento in ordine al rapporto tra normativa statale e regionale, trascurando peraltro di verificare le modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, dovendosi ritenere necessario assicurare il rispetto di comuni principi procedimentali da applicare su tutto il territorio nazionale.

Si conclude pertanto nel senso che, al fine di assicurare un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme, i giudici distrettuali avrebbero dovuto reputare che le previsioni normative invocate dalla Regione ricollegassero al termine di 60 giorni la sola possibilità di esercitare un potere di controllo circa il legittimo esercizio dell'attività intrapresa, assimilando sostanzialmente il procedimento ivi delineato a quello previsto per la DIA.

Infine, in via ancor più subordinata, si deduce che ove tale interpretazione non venga ritenuta plausibile, le norme in oggetto dovrebbero essere reputate in contrasto con i principi della Costituzione, invitandosi questo Collegio a sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale.

Ai ricorrenti è stata applicata la sanzione di cui all’art. 72 della L.R. Puglia dell’11 febbraio 1999, in relazione al disposto di cui all’art. 60 della medesima legge, il quale prevede:

Art. 60

Rilascio dell'autorizzazione di esercizio.

1. Fatte salve le procedure in materia igienico-sanitaria, di sicurezza sociale nonché quelle previste dal regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 ed eventuali modificazioni, l'Amministrazione comunale deve decidere sulla domanda entro e non oltre sessanta giorni dalla data di presentazione della stessa. 2. Trascorso il termine di cui al comma 1, si applicano le procedure previste per la semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi previsti dall' art. 19 della legge n. 241 del 1990 come sostituito dall'art. 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. 3. Copia della licenza di esercizio deve essere trasmessa dal Comune oltre che all’interessato anche alla Regione Puglia - Assessorato al turismo, al Prefetto e all'Ente turistico territoriale e alla Provincia territorialmente competente.

I fatti contestati, inoltre risalgono al mese di giugno del 2004, sicché, ai fini della valutazione del quadro normativo di riferimento occorre evidenziare che all’epoca era già vigente la modifica dell’art. 117 Cost. a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, conseguente alla legge costituzionale n. 3 del 2011.

Inoltre sempre all’epoca dei fatti il tenore degli artt. 19 e 29 della legge n. 241 del 1990 era il seguente:

Art. 19

In tutti i casi in cui l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, ad esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi delle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazoni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l'atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall'auto- certificazjone dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. In tali casi, spetta alt amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa.

Art. 29

Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in esso contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico. Tali disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia.

Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bollano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella legge medesima.

Ne consegue che non risultano applicabili gli artt. 19 e 29 della legge n. 241 del 1990 che attualmente così recitano:

Articolo n. 19

Segnalazione certificata di inizio attività - Scia (1) (2).

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmatone settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in Zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria, lui segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti, la segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento , ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione (3).

2. L'attività' oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.

3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività' e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività' intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell'attività' intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure stesse, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata (4) (5).

4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies (6).

4-bis. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (7)

5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi, in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 ° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 . Ogni controversia relativa all'applicatone del presente articolo è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può' riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall'articolo 20.) (8)

6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni.

6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizja, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380 , e dalle leggi regionali (9).

6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (10).

(1) Articolo modificato dall’articolo 3 del D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dall’articolo 21, comma 1, lettera aa), della legge 11 febbraio 2005, n. 15 , dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 dall’articolo 9, della legge 18 giugno 2009, n. 69, dall’articolo 85, comma 1, del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e da ultimo sostituito dall’articolo 49, comma 4-bis, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

(2) Per l’interpretazione delle disposizioni di cui al presente articolo, vedi l’articolo 5, comma 2, lettera c), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70.

(3) Comma modificato dall’articolo 5, comma 2, lettera b), numero 2),del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, dall'articolo 1 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 e dall'articolo 13, comma 1, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

(4) A norma dell'articolo 1, comma 9, dell'O.P.C.M. 26 febbraio 2011, n. 3926, il termine di 60 giorni di cui al presente comma , primo periodo è ridotto a 15 giorni.

(5) Comma modificato dall'articolo dall’articolo 25, comma 1, lettera b-bis), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164 e, successivamente, sostituito dall'articolo 6, comma 1, lettera a) della Legge 7 agosto 2015, n. 124.

(6) Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera a), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; dall'articolo 19-bis, comma 3, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91 , convertito, con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116 e, da ultimo, sostituito dall'articolo 6, comma 1, lettera a) della Legge 7 agosto 2015, n. 124.

(7) Comma aggiunto dall’articolo 2, comma 1-quinques, del D.L. 5 agosto 2010, n. 125.

(8) Comma abrogato, a decorrere dal 16 settembre 2010, dall’articolo 4, comma 1, numero 14), dell’Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

(9) Comma aggiunto dall’articolo 5, comma 2, lettera b), numero 2), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 e successivamente modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera b), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138.

(10) Comma aggiunto dall'articolo 6, comma 1, lettera c), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138

Articolo n. 29

Ambito di applicazione della legge (1)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche (2).

2. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge.

2-bis. Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti (3). 2-ter. Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano (4). 2-quater. Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela (5).

2-quinquies. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione (6).

(1) Articolo sostituito dall'articolo 19, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15, con la decorrenza prevista dall'articolo 22 della medesima legge.

(2) Comma sostituito dall'articolo 10, comma 1, lettera b), numero 1), della legge 18 giugno 2009, n. 69

(3) Comma aggiunto dall'articolo 10, comma 1, lettera b), numero 2), della legge 18 giugno 2009, n. 69

(4) Comma aggiunto dall'articolo 10, comma 1, lettera b), numero 2), della legge 18 giugno 2009, n. 69 e successivamente modificato dall'articolo 49, comma 4, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

(5) Comma aggiunto dall'articolo 10, comma 1, lettera b), numero 2), della legge 18 giugno 2009, n. 69

(6) Comma aggiunto dall'articolo 10, comma 1, lettera b), numero 2), della legge 18 giugno 2009, n. 69

Ed, infatti, così come evidenziato dai riferimenti normativi di cui alle note di corredo ad ogni singolo comma, si riscontra come le varie modifiche apportate al testo degli articoli in esame siano frutto di interventi normativi posti in essere in epoca successiva ai fatti di causa. Una volta posto il quadro normativo di riferimento, reputa il Collegio che la verifica circa la compatibilità della normativa regionale con i principi costituzionali debba essere condotta sulla base delle previsioni scaturenti dalla riforma del 2001, sebbene la legge regionale risulti essere stata promulgata in epoca anteriore.

In tal senso conforta la costante giurisprudenza del giudice delle leggi che in più occasioni ha ribadito, rimettendo gli atti al giudice a quo per il riesame della questione di legittimità sollevata, la necessità di dover tener conto del nuovo quadro di riferimento scaturente dalla novella dell’art. 117 Cost. ( cfr. Corte Cost. 7 maggio 2002 n. 166; Corte Cost. 18 dicembre 2001 n. 416; Corte Cost. 11 dicembre 2001 n. 397; Corte Cost. 30 gennaio 2002 n. 9, 13, 14).

In base al novellato disposto dell’art. 117 Cost., la materia regolamentata dal menzionato art. 60 della L.R. n. 11 del 1999 deve farsi rientrare nell’ambito della disciplina del commercio ovvero del turismo, materie entrambe rientranti tra quelle attribuite alla competenza legislativa residuale delle Regioni, il cui esercizio, relativamente alle norme in tema di procedimento amministrativo, doveva avvenire nel solo rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico (art. 29 l. n. 241/90 citato).

In tal senso, non va poi trascurato che in base all’art. 9 della legge n. 135 del 2001, che dettava i criteri generali in materia di legislazione sul turismo, l’attività alberghiera era soggetta ad autorizzazione rilasciata dal sindaco del comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio, disponendosi al comma 6, quanto ai procedimenti amministrativi, la necessità che la legislazione regionale dovesse conformarsi ai principi di speditezza, unicità e semplificazione.

Ancorché la legge n. 135 del 2001 risulti oggi abrogata per effetto dell’art. 3 co. 1, lett. 1) del D. Lgs. N. 79 del 2011, all’epoca dei fatti rappresentava valida espressione dei principi generali dell’ordinamento nella materia in esame, principi ai quali la legge regionale, di cui si contesta la corretta interpretazione, risulta essersi conformata anche per quanto attiene al rispetto delle regole del procedimento amministrativo.

Anzi, appare possibile affermare che, a fronte di una volontà del legislatore nazionale di prevedere che in ogni caso l’esercizio dell’attività alberghiera fosse preceduto dal rilascio di un’autorizzazione, la previsione regionale in oggetto, nel disporre che, decorsi sessanta giorni dalla presentazione della relativa domanda, si applicasse il regime della DIA di cui all’art. 19 della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge n. 537 del 1993, risulta avere dato piena attuazione ai principi di speditezza e semplificazione richiamati dal sesto comma dell’art. 9 della legge n. 135 del 2001, e quindi nel rispetto della previsione di compatibilità posta dall’art. 29 della legge n. 241 del 1990.

Invero, come si evince dalla lettura delle modifiche apportate al testo di tale ultimo articolo dalla legge n. 69 del 2009, l’attinenza delle previsioni in materia di DIA di cui alla legge n. 241 del 1990, ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117 comma 2 lett. m) della Costituzione, è frutto di una scelta successiva ai fatti di causa da parte del legislatore nazionale ma che non può incidere sulla corretta valutazione della norma regionale più volte richiamata, in relazione ad illeciti amministrativi verificatisi in epoca anteriore alla modifica stessa. Ne discende che l’interpretazione delle previsioni de quibus da parte della Corte distrettuale, tenuto altresì conto della necessità che l’autorizzazione in esame doveva altresì contemperare le disposizioni in materia di pubblica sicurezza, nonché in materia igienico — sanitaria ( le cui procedure sono fatte espressamente salve dall’art. 60 in oggetto) è corretta né si pone in contrasto con i principi ricavabili dalla Carta Costituzionale, dovendosi altresì escludere qualsivoglia profilo di incostituzionalità delle stesse, tale da legittimare, come richiesto dai ricorrenti, una questione di incostituzionalità.

Anzi, proprio in ragione della modifica del Titolo V, e del nuovo riparto di competenze legislative intervenuto tra Stato e Regioni, la ricorrenza nel caso in esame di una materia rientrante nell’ambito della legislazione residuale ed esclusiva della Regione induce a ritenere che alla data di svolgimento dei fatti di causa, e tenuto conto della necessità di dover valutare la costituzionalità della norma alla luce del mutato quadro costituzionale, anche la disciplina del procedimento amministrativo relativo al rilascio di provvedimenti in materia alberghiera fosse attribuito alla piena libertà del legislatore regionale, senza quindi più alcun vincolo imposto dal menzionato art. 29 della legge n. 241 del 1990.

Supporta tale conclusione anche la disamina della giurisprudenza della Corte Costituzionale, occorrendo però porre mente alla rilevanza che nel corso del tempo hanno avuto gli interventi del legislatore nazionale, in tema di individuazione dei livelli delle prestazioni essenziali con il riferimento agli istituti della DIA e successivamente della SCIA.

Ed, infatti, Corte Costituzionale, 12/10/2007, n. 339, (intervenuta prima delle modifiche di cui alla legge n. 69 del 2009 e dell’introduzione dell’art. 49 delle legge n. 122 del 2010 di conversione del decreto legge n. 78 del 2010 ) ha affermato, in relazione all’attività agrituristica, con la quale quella alberghiera presenta evidenti affinità, che la stessa rientra in via immediata nelle materie dell'agricoltura e del turismo, con la conseguente sussistenza della competenza legislativa esclusiva regionale, ex art. 117, comma 4 Cost.

Per l’effetto ha dichiarato illegittime per violazione dell'art. 117, comma 4 Cost., le disposizioni della legge n. 96/2006 che ledono la competenza esclusiva regionale (artt. 4, comma 3 e 4; 6, comma 2 e 3;

In tal senso a fronte della censura mossa dalla Regione Toscana all’art. 6 commi 2 e 3 della suddetta legge, in quanto indicava analiticamente il procedimento necessario all'avvio e all'esercizio dell'attività agrituristica, dalla comunicazione di inizio attività, ai tempi e ai modi per formulare eventuali rilievi da parte del comune, alle ipotesi di sospensione dell'attività, alle modalità di rimozione della causa di sospensione stessa, arrivando fino a definire i tempi entro cui devono essere comunicate le eventuali variazioni dell'attività autorizzata, la Consulta ha dichiarato le norme denunziate incostituzionali, reputando che le medesime, nel disciplinare il procedimento amministrativo che consente l'avvio dell'esercizio di un agriturismo, nonché le comunicazioni delle eventuali variazioni dell'attività autorizzata, attengono unicamente ad aspetti relativi alla attività agrituristica che, in quanto tali, sono sottratti alla competenza legislativa dello Stato (in termini sostanzialmente analoghi si veda anche Corte Costituzionale, 20/03/2009, n. 76; Corte Costituzionale 16 marzo 2007 n. 88).

Sempre in tale prospettiva deve leggersi Corte Costituzionale, 05/04/2012, n. 80 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 1, d.lg. 23 maggio 2011 n. 79, nella parte in cui dispone l'approvazione dell'art. 16 dell'allegato 1. La disposizione censurata - la quale detta norme sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle strutture turistico-ricettive - attiene ai rapporti tra Stato e regioni in materia di turismo e realizza un accentramento di funzioni, che, sulla base della natura residuale della competenza legislativa regionale, spettano in via ordinaria alle regioni (il che rende la questione ammissibile, in quanto l'asserita violazione degli art. 76 e 77, comma 1, Cost. ridonda nella lesione della competenza legislativa residuale regionale in materia di turismo), eccedendo la delega contenuta nella l. 28 novembre 2005 n. 246, in violazione degli art. 76 e 77, comma 1, Cost., in relazione agli art. 117, comma 4, e 118, comma 1, Cost.

Appare quindi confermato il principio per il quale, nelle materie riservate alla legislazione residuale delle Regioni, quali appunto quelle del turismo e del commercio, anche la disciplina dei procedimenti amministrativi attinenti a tali materie rientra nella competenza delle Regioni, necessitando per attribuire immediata rilevanza alla disciplina statale, una valida variazione del riparto delle competenze di cui al Titolo V della Costituzione.

Ciò deve reputarsi che sia peraltro avvenuto per effetto dell’emanazione del menzionato art. 49 del d.l. n. 78 del 2010 (conv. nella l. 122 del 2010), che ha espressamente disposto che la nuova disciplina della SCIA, si sostituiva a quella previgente in materia di DIA, modificando non solo la normativa statale ma anche quella regionale, atteso che con tale novella il legislatore si è premurato altresì di stabilire che la modifica atteneva, non solo alla tutela della concorrenza, ma costituiva altresì livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m) dell’art. 117 Cost. ( per la legittimità costituzionale di tale previsione legislativa, ma solo in riferimento al parametro del livello essenziale delle prestazioni, apparendo invece inappropriato il richiamo del legislatore nazionale alla materia della concorrenza, si veda Corte Cost. 20 luglio 2012 n. 203).

In conclusione può affermarsi che, pur potendo reputarsi che alla data della sua emanazione la legge regionale in esame aveva disciplinato la procedura di rilascio dell’autorizzazione alberghiera in maniera compatibile con i principi, all’epoca vincolanti, di cui all’art. 29 della legge n. 241 del 1990, alla data dei fatti di causa, il mutato assetto costituzionale conferma vieppiù la inconfigurabilità del dedotto vizio di costituzionalità della norma.

Il primo motivo deve pertanto essere disatteso.

Con il secondo motivo di ricorso si sostiene l'erronea applicazione di norme di diritto ad opera della Corte salentina nella parte in cui l'interpretazione delle previsioni della legge regionale offerta dai giudici di merito avrebbe parificato, quanto alle conseguenze sanzionatone, colui che abbia avviato un'attività di carattere alberghiero, non solo in mancanza di un titolo autorizzatorio, ma anche in assenza dei requisiti sostanziali previsti dalla legge, a colui che sia incorso in una violazione di carattere meramente formale, avendo intrapreso la suddetta attività, senza il previo rilascio dell'autorizzazione, ma nel pieno possesso dei criteri e dei requisiti richiesti dalla legge, ipotesi quest'ultima nella quale sarebbero incorsi i ricorrenti, i quali avrebbero beneficiato in data 10/8/2004 dell'autorizzazione n. 23 del 2004 per la prestazione del servizio ricettivo nonché per la somministrazione di alimenti e bevande all'interno del comprensorio alberghiero.

Si aggiunge altresì che l'interpretazione fatta propria dai giudici di merito disapplicherebbe un principio generale dell'ordinamento costituito dalla generale sanabilità, non solo degli atti, ma anche delle attività irregolari.

Anche tale motivo deve ritenersi destituito di fondamento.

Ed infatti, non appare censurabile la considerazione formulata nella sentenza impugnata secondo cui l'articolo 72 della legge regionale n. 11 del 1999 contempla un illecito di carattere formale, rappresentato dall'esercizio di attività alberghiera in assenza di un provvedimento di autorizzazione, prescindendosi pertanto da qualsivoglia indagine circa

l'effettivo possesso o meno in capo al contravventore dei requisiti sostanziali prescritti per l'esercizio dell'attività medesima.

Trattasi di illecito amministrativo avente chiaramente funzione preventiva e finalizzato ad assicurare, nell’ipotesi in cui l’infrazione venga rilevata in danno di chi ha già presentato una domanda di autorizzazione, che nel tempo, indubbiamente contenuto (60 giorni) che l'amministrazione si è riservata per la disamina della domanda stessa, l’attività non venga intrapresa, giustificandosi tale rigore anche in considerazione degli ulteriori interessi pubblici a presidio dei quali è preposto il rilascio dell’autorizzazione, quali quelli di carattere igienico - sanitario ovvero di pubblica sicurezza.

La medesima ratio che sorregge la previsione sanzionatoria de qua rende altresì evidente l’infondatezza del richiamo ad un non meglio delineato, in termini di diritto positivo, principio di sanabilità delle attività irregolari, in quanto, anche il successivo rilascio dell’autorizzazione, non eliderebbe la già intervenuta lesione dell’interesse pubblico, di carattere evidentemente preventivo, cui è preposta la sanzione contemplata dall’art. 72 della suddetta legge regionale.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del presente grado in favore della Regione Puglia che liquida in € 3.200,00 di cui € 200,00 per spese vive ed € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori come per legge.